29 dicembre 2011

Auguri. rimpianti (seee…) e letture

Down on Earth (growing tiny peaceful thoughts) by Iguana Jo

Bene! Ora che il Natale è passato posso finalmente farvi gli auguri che il periodo richiede.
(Io non faccio gli auguri di Natale. Lo so, è un atteggiamento puerile, ma lasciatemi almeno questo piccolo gesto. Non che poi mi chiuda in una caverna per uscire col nuovo anno: mi piace la tradizione dello scambio dei regali, come mi piace che ci sia un'occasione per incontrare il resto della famiglia, che quando li vedi, altrimenti? È tutto il contorno catto-comsumista (grazie Marco per l'imbeccata!) che non reggo proprio.)
Non sentirò particolarmente vicino il Natale, ma gli auguri per un nuovo anno sono invece un rito a cui non mi sottraggo e che anzi, mi sta molto più a cuore.

Quindi, per finire in bellezza questo 2011, iniziamo questo post con l'augurio, per me, per voi, per tutti, che l'anno nuovo sia felice, prospero e godurioso come nessun altro prima.



Fine anno è tempo di bilancio, che per me si riassume poi in un'unica considerazione: sono soddisfatto di me, della mia vita? Sono almeno un po' felice per come sono andate le cose a me e a chi mi è vicino? Se la risposta è positiva, allora c'è poco altro da valutare.
Tutto considerato, se il maggior rimpianto per il mio 2011 è stato veder fallire il proposito di commentare volume per volume tutte le letture dell'anno, posso ben dire che questi dodici mesi non sono stati affatto male, no?

In effetti, questa cosa delle note post-lettura mancanti mi brucia un po'. Sono ormai parecchi anni che arrivo alla fine di dicembre con tutte le mie letture regolarmente annotate a futura memoria. Questa volta non ci sono riuscito, e l'elenco che segue vale un po' come nota di demerito, un po' come appunto per il futuro, che spero di riuscire a spendere qualche parola (in qualche caso ben più di qualche parola) sui libri letti negli ultimi mesi.
Ecco dunque i titoli. Se poi ne avete voglia se ne può parlare: Non vogliamo male a nessuno, a cura di Dave Eggers; Il tempo del vuoto, di Peter Hamilton; Matter, di Iain M. Banks; Una passeggiata nei boschi, di Bill Bryson; Toxic, di Hallgrimur Helgason; Il canone occidentale, di Harold Bloom; Dula di Marte, di Joe Haldeman; Nove gradi di libertà, di David Mitchell; A Dance with Dragons, di George R.R. Martin; Anathem, di Neal Stephenson; Alia Anglosfera, a cura di Davide Mana; Robot 61; Magic for Beginners, di Kelly Link; Il ritorno delle furie, di Richard K. Morgan; IASFM 7.



Arrivati a questo punto rimane solo da stilare la consueta classifica delle migliori letture del 2011. Dando un'occhiata ai libri letti negli ultimi 12 mesi, noto che mai come quest'anno la fantascienza l'ha fatta da padrona. Lo so, sembra quasi paradossale evidenziare questo dato, che da queste parti la letteratura di genere ha sempre goduto di particolare attenzione, ma negli ultimi anni le mie letture si dividevano tra genere e mainstream in maniera piuttosto equilibrata. Quest'anno no. Forse per la qualità dei volumi letti, forse per i nomi degli autori che si sono accumulati sugli scaffali in attesa di lettura, forse per gli stimoli ricevuti dall'esterno, ma la fantascienza ha dominato i miei spazi letterari, sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo, tanto che tra i volumi da ricordare per il 2011 solo uno non appartiene al genere.
Ma bando agli indugi, ecco la lista:

The Dervish House, di Ian McDonald
Magic Kingdom, di Stanley Elkin
A Dance with Dragons, di George R.R. Martin
Matter, di Iain M. Banks
Anathem, di Neal Stephenson  
Angeli spezzati, di Richard K. Morgan
The Android's Dream, di John Scalzi
Gomorra e dintorni, di Thomas Disch

Menzione speciale fuori classifica per Mentre morivo, di William Faulkner e Female Man, di Joanna Russ. La qualità e l'importanza di questi due volumi vanno oltre il mero piacere che la loro lettura mi ha regalato. Nel corso dell'anno ci sono stati libri più appassionanti, più stimolanti, più emozionanti di quelli di Faulkner e Russ, però nessuno si è ancora ritagliato l'importanza che questi due titoli hanno nei relativi settori di influenza. E questo è già un motivo più che valido per ricordarli.

Volete sapere anche quali film voglio ricordare per questo 2011? Tra i pochi, pochissimi, che ho avuto la fortuna di vedere, quelli memorabili sono Tree of Life e Un gelido inverno, Source Code e Il Grinta. Magari sono un po' pochini, ma di quell'altra manciata di film visti non me ne vengono in mente altri da segnalare ai posteri.

Bene, direi che è tutto. Finite bene questo 2011 e iniziate al meglio il 2012. Fate a modo e divertitevi. Ci si sente presto!



(Per i curiosi, queste erano le classifiche degli anni scorsi: 2010, 2009, 2008, 2007, 2006, 2005, 2004, 2003.)



(Questo post è dedicato a Massimo, lì sopra, in ricordo del bel tempo passato insieme.)

21 dicembre 2011

Sette link

A photo by Iguana Jo
Sono passate un paio di settimane da quando il giochino ha impazzato nei blog del vicinato. In quei giorni non ho avuto proprio modo di partecipare, ma ora, visto anche il periodo festivo che si avvicina, con conseguente scarsa propensione per approfondimenti e conseguenti discussioni, mi pare un buon momento per un post autoreferenziale come questo. L'elenco che segue è poi un buon modo per dare un'occhiata retrospettiva al percorso del blog, al mio percorso, di questi ultimi anni. Ringrazio quindi Nick e Angelo che mi hanno tirato in ballo. Questi sono i link che ho scelto, e visto che in molti casi non riuscivo a decidermi, ho deciso per una doppia menzione. La prima si riferisce ai post dell'anno che sta per concludersi, la seconda a tutto lo s5torico del blog.

Il post il cui successo mi ha stupito.
Io mi stupisco facilmente, nel senso che già avere qualche commento in calce ai miei post per me è un buon successo. Ma ci son post e post ed è vero che in qualche caso anche poche visite sono una buona soddisfazione. Nel 2011 il post il cui successo mi ha stupito è stato  quello dedicato a Tschai. È curioso, e in qualche modo sintomatico della fase che la fantascienza sta vivendo da 'set parti, che una delle discussioni più partecipate del blog riguardi una serie di romanzi usciti più di 40 anni fa.
Per quanto riguarda la menzione del post il cui successo mi ha stupito in tutta la storia del blog, beh… sicuramente quello dedicato a Non è un paese per vecchi, che per qualche mistero della rete è costantemente visitato nonostante risalga a quasi quattro anni fa.

Il post più popolare.
Il post più popolare dell'anno è stato senza dubbio quello dedicato all'orrore, ma era facile, collegato com'era a un peso massimo della blogosfera come Malpertuis. Ma il Il post più popolare in assoluto, almeno considerando quelli con il maggior numero di visite/commenti, rimane la lista dei migliori romanzi di fantascienza degli ultimi 20 anni.

Il post più controverso.
Questo è facile. Sicuramente la serie di post dedicati a Urania e la fantascienza. La discussione è partita da qui per poi proseguire, proseguire, proseguire…
Quest'anno non mi pare di aver prodotto post particolarmente controversi. Forse l'unico è questo.

Il post più utile.
Credo che il post più utile dell'anno sia stato Scintille e incomprensioni. Certo, l'utilità pubblica del post è discutibile, ma quelle note mi sono state molto utili, perché mi hanno permesso di chiarirmi le idee e di ragionare in maniera stimolante sul mio approccio alla lettura.
Il post più utile in assoluto credo rimanga quello in cui parlo della mia città natale. Magari è un po' invecchiato, ma credo che Bolzano/Bozen: apartheid provinciale rimanga un buon post per chi conosca la realtà altoatesina solo per sentito dire.

Il post che non ha ricevuto l’attenzione che meritava.
Non saprei, che se un post non ha ricevuto l'attenzione che meritava forse è stato giusto così. Se devo citarne un paio, uno per il 2011, l'altro per tutta la storia del blog, forse sono Tree of Life, che raccoglie qualche nota sul film di Malick e Vibrazioni diverse, dedicato all'esplorazione fotografica dell'abbandono.

Il post più bello.
Ogni scarrafone è bello a mamma sua. Detto questo io sono particolarmente affezionato al post che a suo tempo dedicai a  La fortezza della solitudine di Jonathan Lethem e, per quest'anno, a quello in cui parlo di Un gelido inverno.

Il post di cui vado più fiero.
Credo di essere molto fiero de L'espertitudine mi uccide, un post dedicato al mio approccio alla critica letteraria.
Quest'anno la produzione di post di qualità è andata in calando, però sono abbastanza contento delle parole spese riguardo a quello che manca nella fantascienza in Italia e della discussione che ne è seguita.


Arrivati alla fine del giochino, dovrei elencare i sette malcapitati che dovrebbero proseguirlo. Ma credo di essere (fortunatamente!) fuori tempo massimo per quanto riguarda la sopravvivenza del meme in rete, e poi son sempre stato molto critico rispetto a 'ste catene di blog. Per stavolta dovrete accontentarvi del mio elenco, che tanto i blog che frequento li conoscete tutti, no?

19 dicembre 2011

Letture: The Dervish House, di Ian McDonald

© Hakki Ucar
Riprendiamo le trasmissioni con qualche nota su uno dei romanzi migliori mi siano capitati in mano negli ultimi mesi: The Dervish House, di Ian McDonald.

Tra gli scrittori di fantascienza che preferisco, Ian McDonald è quello a cui sono più affezionato. Sarà per la vicinanza che ho sempre avvertito con i temi portanti delle sue storie e il suo particolare approccio alla narrazione fantascientifica, ma nei romanzi e nei racconti dell'autore nord-irlandese mi sembra di ritrovare sapori e atmosfere che riescono a parlarmi come nessun altro, dentro o fuori il genere.

La fantascienza di Ian McDonald è straordinaria per la capacità di coniugare una scrittura brillante, che è al contempo complessa per ricchezza espressiva e tonale ed estremamente comunicativa per ritmo, leggerezza e profondità, a scenari, personaggi e trame unici per tridimensionalità e senso del meraviglioso.
The Dervish House non fa eccezione, m'è parso anzi, tra i suoi romanzi recenti, quello dove Ian McDonald si prende i rischi maggiori e ottieni i migliori risultati, sia nella creazione dei personaggi che, soprattutto, nell'immersione totale in una realtà complicata e aliena come quella rappresentata dalla città di Istanbul, mai come in questo caso crocevia di storie e Storia.
Nella Istanbul di McDonald si incrociano nanotecnologie e attentatori suicidi, Islam e modernità, economia e leggende medievali, start-up di belle speranze e psicogeografia urbana, football e rivoluzione. Tutti elementi potenzialmente in grado di far esplodere o deragliare qualsiasi trama, di schiacciare personaggi e situazioni sotto il peso di infodump e retorica.
Ma McDonald è un maestro nel gestire situazioni complesse, nel far confluire gli elementi più disparati in una trama coerente, nell'esaltare la personalità di protagonisti e comprimari mettendola a confronto con la complessità del reale.
Siamo intorno al 2030. Gli sviluppi più fantascientificamente creativi dell'uso della nanotecnologia fanno da sfondo alle vicende di sei personaggi la cui esistenza ruota. per i motivi più diversi, intorno alla vecchia casa dei Dervisci, nell'attesa dei quarti di Champions League tra Galatasaray e Arsenal, in una progressione narrativa che nell'arco di cinque giorni avvicinerà progressivamente tutti i personaggi al climax finale: c'è il mistero di un'improvvisa rivelazione religiosa; un piano per sovvertire il mercato dell'energia; un vecchio greco che fa i conti col proprio passato e un ragazzino che regola quelli con i limiti fisici del suo stato; c'è una mercante d'arte che esplora i confini dei sogni che circondano la città mentre una giovane provinciale mette alla prova le proprie ambizioni con la grande città e una famiglia piuttosto ingombrante.
E poi, naturalmente, c'è Istanbul.
Non sono mai stato nella città turca, fino a qualche anno fa il mio riferimento più forte a quella realtà era, purtroppo per lei, Fuga di mezzanotte. Poi ho conosciuto la vecchia gloriosa Istanbul del passato grazie a Orhan Pamuk, quella derelitta delle perfierie di Latife Tekin, ma è curioso che ci sia voluto un autore di Belfast per farmela sentire così vicina. Ian McDonald non è nuovo a certi exploit, basti ricordare la Varanasi di River of Gods, o il Brasile pulsante del suo penultimo romanzo. E per quanto mi rimanga il dubbio della reazione che le sue pagine possano provocare in un cittadino di quelle realtà, è altrettanto certo che nessun altro autore di fantascienza sia mai riuscito a rendere con tale forza, entusiasmo e vitalità la sostanza stessa di cui son fatte questi luoghi, così lontani, così vicini.

© Erdem Erciyas
Se sul talento espressivo di Ian McDonald siamo (spero!) tutti concordi, vale forse la pena spendere qualche parola su quelle che sono le caratteristiche specifiche che rendono unica la sua fantascienza.
A me non vengono in mente altri nomi, almeno non all'interno dei confini del genere, capaci di tanta consapevolezza storica nello sviluppo di scenari e trame quanto Ian McDonald ha dimostrato di possedere nel corso di tutta la sua carriera. Partendo da Desolation Road, passando per King of Morning, Queen of Day fino a The Dervish House, la Storia è sempre presenza viva nel corpo della narrazione.
Nella fantascienza di Ian McDonald l'esistenza di un passato storico, per quanto implicita e sotterranea, è fondamentale per infondere profondità alle vicende narrate. La Storia influisce con il suo peso su società e individui. La sua ingombrante presenza è un elemento imprescindibile nell'evoluzione di una comunità. L'inerzia dei conflitti passati che si riverbera costantemente nel presente, riecheggiando nella memoria e nelle trasformazioni del futuro immaginato dall'autore, è un elemento costante delle storie di Ian McDonald.

Conseguenza coerente di tale approccio (che va sottolineato, non è mai didascalico o esplicito, quanto piuttosto interiorizzato e quindi invisibile) è la costruzione dei personaggi che si muovono all'interno dei suoi romanzi.  
Leggendo parecchia fantascienza si è quasi obbligati ad avere a che fare con personaggi che spiccano per la loro eccezionalità rispetto al contesto che li circonda. L'eroe o l'eroina, anche nelle versioni che più si distaccano dalla tradizione popolare del termine, sono la regola nella narrazione di genere. I personaggi di McDonald sono una felice eccezione. Non sono mai il meglio (o il peggio)  di un dato gruppo / comunità, sono semmai rappresentativi di certa modalità di relazione, di una certa espressione culturale.
Sebbene sempre funzionali alla storia narrata dal loro creatore, i personaggi dei romanzi di McDonald spiccano per l'apparente libertà di movimento che posseggono, per l'autonomia che godono rispetto al contesto, per la credibilità del loro rapportarsi con l'ambiente circostante. E soprattutto per la loro perenne ricerca di una qualche forma di controllo sulla propria esistenza, che nel racconto è sempre sull'orlo di una crisi che ben poco ha a che fare con le scelte individuali, ma che è piuttosto in balia della fortuna e della Storia, nel tentativo di non rimanere stritolati dai meccanismi in cui volenti o nolenti sono intrappolati (e anche qui niente di trascendentale: gli ingranaggi contro cui i personaggi lottano possono essere la famiglia piuttosto che la tradizione, il disagio sociale piuttosto che l'ambizione politica).

Per l'attenzione che dedica alle complessità dei rapporti sociali, la fantascienza di Ian McDonald mi pare facilmente accostabile a quanto di meglio proviene dalle isole britanniche. Penso a Iain Banks, a Charlie Stross, a Jon Courtenay Grimwood, a Richard K. Morgan, a China Miéville, autori con cui condivide un certo interesse per etica e politica e un approccio narrativo leggero per tematiche che non rifuggono profondità di pensiero, mantenendo sempre alto il tasso di meraviglia.
A distinguere l'autore di Belfast ci sono la qualità della scrittura (solo Banks tra i nomi citati è altrettanto ricco), la scelta di non allontanarsi mai troppo dal contesto attuale, la subordinazione del cambiamento tecnologico/scientifico a quello umano/sociale, l'attenzione a realtà e situazioni inconsuete trattate con un rispetto e una profondità sempre più sorprendente, la visione di una Storia ancora viva e vitale (la scelta di ambientare i romanzi in India, Brasile, Turchia - ma anche nell'Africa di Chaga - non è solo estetica ma profondamente politica).

Ian McDonald non ha goduto di particolare fortuna in Italia. Della sua produzione lunga sono stati editi tre soli romanzi, mentre alcuni racconti son presenza fissa delle raccolte del meglio dell'anno pubblicate da Urania, oltre ad essere comparsi qua e là in varie antologie. Negli ultimi tempi Delos ha pubblicato il racconto lungo Il circo dei gatti di Vishnu nella collana Odissea e un racconto su Robot (entrambi estratti da Cyberabad Days, antologia di racconti ambientati nell'India futura di River of Gods).
Non ho molte speranze che questa situazione editoriale possa cambiare a breve, ma spero vivamente di essere smentito dai fatti. Nel frattempo vi segnalo che tutti i suoi romanzi sono disponibili in lingua originale.

25 novembre 2011

In movimento

A photo by Iguana Jo on Flickr.

Il blog è ancora fermo, ma fuori le cose continuano a muoversi. Sabato per esempio sarà una giornata piuttosto impegnativa: in mattinata ci incontriamo con una coppia di sposi per decidere quali foto andranno nel loro album, nel pomeriggio l'ormai tradizionale derby con il Bologna per l'ultima partita di rugby dell'anno e poi via, veloce veloce, che alle 17 ci si incontra, a Piacenza, per ricordare Vittorio Curtoni.

Non credo di arrivare puntuale all'appuntamente piacentino, ma visto che l'incontro si protrarrà per tutta la serata ci sarà tutto il tempo per rivedere qualche vecchio amico, per discuter chiacchierare di varia fantascienza e, soprattutto, per gozzovigliare in allegra compagnia come si era soliti fare con il Vic.

Se passate da quelle parti ci si vede a Piacenza, altrimenti rimanere sintonizzati, prima o poi (spero prima!) il blog tornerà a pieno regime.

04 novembre 2011

Storia e storie

Nell'attesa di trovare un po' di tempo libero per organizzare qualche post come si deve, ecco un brano di Neal Stepehenson che trovo stimolante per più di un motivo.
Buona lettura:

"[…] Migliaia di anni prima il lavoro era stato parcellizzato in compiti sempre uguali, in organizzazioni in cui le persone erano parti intercambiabili. Doveva essere così: era la base di un'economia produttiva. Ma era facile individuare una volontà all'opera dietro tutto questo: non esattamente una volontà maligna, ma di certo egoista. Chi aveva creato il sistema era geloso, non dei soldi e non del potere, ma delle storie. Se i dipendenti rientravano a casa alla fine della giornata con storie interessanti da raccontare, significava che qualcosa non aveva funzionato: un blackout, uno sciopero, una strage. Le Autorità Costituite non tolleravano che altri comparissero in storie personali, a meno che non si trattasse di storie false inventate per motivarli. Chi non riusciva a vivere senza storie era finito nei concenti o faceva lavori come quello di Yul. Tutti gli altri dovevano cercare qualcosa al di fuori del lavoro per sentirsi parte di una storia, e immaginai che fosse quello il motivo per cui i secolari erano così assorbiti dallo sport e dalla religione. Altrimenti come avrebbero potuto sentirsi parte di un'avventura? Qualcosa con un inizio, uno svolgimento e una fine, in cui giocare un ruolo importante? Noi avout avevamo l'avventura già pronta per noi, perché nei concenti si fa parte del progetto di imparare cose nuove. […]"
(Neal Stepehenson, Anathem - Il Pellegrino, pag. 437)

26 ottobre 2011

Letture. Fantascienza che fu: Gomorra e dintorni, di Thomas Disch.

Villa a Carpi 06/20 by Iguana Jo
a photo by Iguana Jo on Flickr.
Benvenuti nel lato oscuro. Non provate nemmeno a mettervi comodi. Coltivate disillusione e rinunciate a ogni speranza di salvezza.
Qui si va nel mondo degli uomini, per umiliarli distruggerli e sterminarli, in totale indifferenza e abbandono.

A metà degli anni '60 del secolo scorso la fantascienza a stelle e strisce era ancora tesa all'esaltazione delle magnifiche sorti e progressive del secolo americano. Anche quando affrontava temi oscuri e apocalittici - la bomba, soprattutto - non rinunciava mai a inserire qualche labile speranza o a salvare almeno pochi, ma meritevoli, rappresentanti della razza umana.
C'era qualche eccezione, ma nessuna con l'amara cinica potenza di un Thomas Disch.

Gomorra e dintorni (The Genocides in originale), romanzo d'esordio di Thomas Disch edito negli Stati Uniti nel 1965, è l'anello di congiunzione tra la fantascienza apocalittica britannica a quella pragmatica e meravigliosa di stampo americano.
Gomorra e dintorni racconta dall'interno il disfacimento di una comunità fondata sui valori tradizionali di famiglia, religione, lavoro, che cercando di mantenere intatte le apparenze di una civiltà evoluta, discende progressivamente tutti i gradini dell'evoluzione umana fino a trovarsi ridotta a parassita in un mondo da cui è stata espropriata. Thomas Disch trasferisce in un contesto statunitense la visione dei maestri inglesi (penso a Ballard, soprattutto), spogliandola di ogni connotazione alta (non c'è alcun spazio interno a cui far riferimento, non ci sono memorie psichiche o sperimentazioni artistiche, intorno/dentro ai personaggi di Gomorra e dintorni non c'è proprio nulla, tranne l'anelito tutto americano alla speranza e al progresso) per poi distruggere metodicamente ogni illusione di salvezza il lettore possa nutrire.
Per ottenere questo risultato ricalca nella costruzione della storia quelli che erano i canoni dell'avventura fantascientifica dell'epoca, scardinando via via tutte le convenzioni del genere: la comunità rurale, classica culla del sogno americano che si rivela essere un covo di ipocrisie; la famiglia, in cui si ripropongono esacerbati tutti i meccanismi di competizione sociale esterni; l'uomo tecnologico cittadino, portatore di progresso, che si fa guidare dai più bassi istinti; gli alieni, che da nemico da combattere si trasformano in indifferenti motori di distruzione; il panorama naturale, sfondo magnifico e avventuroso, che diventa prima piatta uniformità, aggressiva e inesorabile, per poi evolvere in grembo e prigione, umiliante e definitiva.
La scrittura di Disch sottende una rabbia assoluta nei confronti del consesso civile, appena modulata da un'ironia nerissima e da una comprensione delle dinamiche di relazione tra esseri umani che non  permette all'autore di distogliere lo sguardo e che lo obbliga ad annotare spassionatamente come anche gli aspetti migliori dell'umanità vengano corrotti dalle consuetudini sociali e piegati alle priorità gerarchiche imposte dal Potere, per quanto misero e derelitto questo Potere si riduca ad essere.

La fantascienza di Thomas Disch è quanto di più nichilista possa capitare di incontrare, ma per quanto caratterizzata da una scrittura senza speranza, non è mai rassegnata, né morbosa o patetica. La fantascienza di Thomas Disch è un punto esclamativo che ti esplode in faccia mentre guardi l'ennesima replica di Star Trek. Sta a te decidere cosa farne.

22 ottobre 2011

consumati.abbandonati.recuperati



Ero qui che stavo sistemando delle cose sul mio Mac quando è saltato fuori questo vecchio progetto che risale a ormai quattro anni fa.  

Consumati.abbandonati.recuperati è nato grazie all'entusiasmo di un paio di compagni di strada flickeriani, che all'epoca misero in piedi una serie di appuntamenti fotografici presso un centro sociale piacentino.
L'evento si chiamava In Pixel We Trust e per me ha rappresentato una delle prime occasioni per mostrare le mie foto dal vivo, non più rinchiuse dentro un monitor ma in grandi dimensioni, proiettate su uno schermo.

All'epoca raccolsi qualche nota su quella serata al Pacio in questo post.
Da allora è passato un po' di tempo. La fotografia da gioco affascinante s'è trasformata in un'attività semi-professionale (se avete bisogno sapete dove trovarmi!), e i bei tempi di flickr sembrano essere ormai definitivamente andati.
Però mi dispiaceva lasciare questi vecchi file perduti nell'hard-disk e così, ecco qua:



19 ottobre 2011

Cronaca di una resa

OPG 20 by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Questo post avrebbe dovuto intitolarsi: Letture. Toxic@ di Dario Tonani, ma purtroppo non sempre le cose vanno secondo i nostri desideri.
Non vedevo l'ora di leggere il seguito di Infect@, tanto che appena acquistata l'ultima fatica dell'autore milanese l'ho messa subito in cima alla pila dei libri in attesa di lettura. In quei giorni ero ancora alle prese con A Dance with Dragons, ma non appena finito il volumazzo di Martin ho iniziato Toxic@ con grandi aspettative e la miglior disposizione d'animo possibile.

Il romanzo parte bene come il suo predecessore, ma poi, procedendo nella lettura, si incappa in tutta una serie di imperfezioni che tolgono via via ogni divertimento e rendono il lettore (questo lettore) sempre più ostile e disincantato nei confronti della sostanza stessa della narrazione.
E allora, per non fare un torto a Dario Tonani, che reputo persona per bene e scrittore capace, ho preferito mollare la lettura, che evidentemente abbiamo opinioni diverse su quel che oggi si può considerare buono e accettabile, si tratti anche solo di letteratura d'intrattenimento.

Spero per lui nel prossimo giro, che mi auguro abbia un trattamento (almeno una lettura preliminare!) più attento e accurato di questo Urania.

13 ottobre 2011

Letture. Fantascienza che fu: Female Man, di Joanna Russ.

Back to Tate by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Vedi cosa vuol dire la confezione? Senti la vocina del pregiudizio?
Female Man è un romanzo vecchio, puzza di ideologia, di femminismo militante, di quell'atmosfera grigia e opprimente che non posso fare a meno di associare agli anni '70. La copertina dell'edizione italiana, uscita nel 1989, quasi 15 anni dopo la pubblicazione originale, non aiuta certo a rendere il romanzo più attraente. Sebbene parecchie persone degne di fiducia me ne avessero parlato bene, l'ovvia conclusione è stata che io 'sto romanzo l'ho dimenticato in libreria per un sacco di tempo.
Poi è successo che Joanna Russ è morta, e beh… ricordarla attraverso la lettura del suo romanzo più conosciuto m'è parso cosa buona e giusta.

Female Man è un vecchio romanzo, ha un evidente contenuto politico, e sì, è indubbiamente straripante di personaggi femminili che si assumono il ruolo di protagoniste e agiscono e reagiscono, riflettono e pensano e discutono e cambiano. Però questo libro di Joanna Russ non ha nulla di grigio e opprimente e, se anche è stato scritto negli anni '70 del secolo scorso, è quanto mai attuale per contenuti, struttura, scrittura e ambizioni.

Female Man sfrutta il multiverso per fare incontrare tre donne provenienti da società piuttosto diverse tra loro. Questi personaggi, che diventano quattro quando si aggiunge la voce narrante dell'autrice, si trovano a relazionarsi tra loro e con il mondo di cui sono ospiti. Ci sono Jeannine, donna sottomessa e omologata di una Terra che non ha mai conosciuto la seconda guerra mondiale; Janet, donna libera e indipendente, originaria di Whileaway, una Terra in cui i maschi si sono estinti; Jael, donna guerriera, proveniente da un mondo in cui la battaglia tra i sessi sì è trasformata in guerra aperta; e infine Joanna, la narratrice, problematica quanto può esserlo una persona consapevole della condizione femminile a cavallo tra i '60 e i '70 del XX secolo.
Presentato in questo modo il romanzo appare quanto meno schematico, con in più tutti i rischi di didascalismo e pesantezza che una narrazione programmaticamente politica porta inevitabilmente con sé. Invece Female Man risulta sorprendentemente emozionante. Il racconto delle vicissitudini delle protagoniste, dei loro spostamenti da una realtà all'altra, dei loro incontri con gli uomini e le donne e le consuetudini sociali che caratterizzano le rispettive comunità, tocca tutti i registri espressivi e passa con facilità dal divertente al drammatico, dall'arrabbiato allo struggente, rimanendo sempre credibile e appassionato.

La struttura sofisticata e complessa del romanzo è parecchio diversa dallo standard cui il lettore di fantascienza è abituato: non c'è linearità spazio-temporale, c'è un continuo rimbalzare del racconto tra voci narranti diverse; non ci sono spiegazioni tecnologiche o scientifiche che possano meravigliare il lettore, ma c'è la consapevolezza dell'uso di convenzioni fantascientifiche consolidate (il multiverso, il viaggio transtemporale, l'invenzione sociale, utopica o distopica che sia) per distillare l'essenza delle idee che l'autrice pone al centro della sua narrazione. E c'è poi, questa sì meravigliosa, la scrittura  di Joanna Russ, capace di evocare con pochi tratti interi universi sociali, raccontando dei rapporti tra uomini e donne, delle gerarchie del potere, della connotazione profondamente sessista del nostro panorama senza indulgere in prediche o lamentazioni, ma giocando piuttosto con i contrasti e le aberrazioni di comportamenti e rapporti che sotto la sua lente fantascientifica emergono espliciti e percepibili più di quanto qualsiasi proclama sulla condizione femminile potrebbe mai riuscire a fare.

L'ambizione politica del testo della Russ è evidente sin dal titolo del romanzo. Nella definizione "Female Man" si dovrebbe trovare la formula semantica per ricollocare anche tassonomicamente l'essere umano femminile nel suo ruolo di Persona, mantenendo le connotazioni di genere che la distinguono dal Male Man, in un ruolo distinto ma paritario, non più ridotta a umile costola nel più vasto corpo dell'umanità. Del resto classificare gli umani in base a criteri arbitrari per poterli poi sottomettere e sfruttare è il gioco preferito del Potere. Rompere il giocattolo e mostrare come funzionano gli ingranaggi è il primo passo per esorcizzarlo. Female Man è un'ottimo romanzo e un grimaldello altrettanto valido per scardinare le illusioni che circondano il nostro agire quotidiano.

06 ottobre 2011

Super 8


J.J. Abrams è un discendente in linea diretta della stirpe dei Lucas, dei Zemeckis, dei Cameron. Proviene dallo stesso stampo, batte gli stessi sentieri: è un tecnico, un imprenditore, un uomo con una visione. Ha studiato, ha visto un sacco di film, ha le idee chiare. La sua carriera si fonda sul credo condiviso della fabbrica dei sogni: quel mondo a parte in cui il dollaro sposa la passione e poi la sfrutta per riprodursi incontrollatamente. La sua produzione lo rende il tipo di cineasta perfetto per Hollywood: inquietudini sotto controllo, emozioni primarie, storie popolari.

E i suoi film funzionano.
Vedi Super 8: i tempi della narrazione sono perfetti, la messa in scena semplice e diretta, i personaggi immediatamente riconoscibili, ognuno a contribuire con la sua brava dose di cliché e identità e identificazione, gli effetti speciali sfolgoranti e ben dosati, una serie di linee narrative che raggiungono ognuna la sua brava conclusione. Cosa chiedere di più?  

Super 8 è l'ennesimo film di pseudo-fantascienza (quel pseudo lo rivediamo più avanti) che con la scusa dell'alieno ci racconta la classica vecchia storia di lutto e redenzione, fine dell'infanzia e amicizia imperitura. Super 8 funziona alla grande perché non fa mai finta di essere altro da quello che è, perché limita improbabilità e incongruenze alla prima mezzora di storia, collocandole comunque sempre marginalmente alla narrazione primaria, perché sfrutta ogni secondo di tutto l'immaginario cinematografico degli ultimi decenni per scavarsi una nicchia comoda comoda negli occhi dello spettatore e in questo modo rassicurarlo, coccolarlo, farlo sentire a casa.

In Super 8 non c'è un solo istante in cui si lasci spazio al dubbio, all'ansia o all'inquietudine: sobbalziamo al momento giusto e sorridiamo in quello successivo, ci schieriamo con i buoni e facciamo il tifo contro i cattivi, arriviamo addirittura a comprendere il mostro, che quando finalmente ci guarda con quegli occhioni da ET riesce perfino a farsi perdonare antropofagia e distruzione.  

Super 8 è l'arma definitiva per uccidere qualsiasi pretesa di indagine del futuro possa avere ancora il cinema di fantascienza. Ne avevo già parlato in questo post: cosa c'è di più significativo che collocare un tema fondante il genere come quello del primo contatto in un contesto nostalgico come quello confezionato da J.J. Abrams?
Del resto la meraviglia e il mistero del film sono tutti nel rapporto tra i giovani protagonisti, nei turbamenti dell'età, nel fascino del cinema dentro il cinema, Non sono mai mai mai nella vicenda dell'alieno, che si ritrova ridotto alle dimensioni narrative di un MacGuffin con le zampe (e gli occhioni! guai a dimenticarsi gli occhioni!), buono solo a muovere la storia, senza alcuna caratterizzazione, dei modi o delle priorità, che lo distingua da un qualsiasi anonimo reduce che tenti un ritorno a casa in campo nemico, Di certo a me è parso più vicino a un Rambo - con ancor meno personalità - che a qualsiasi personaggio fantascientifico abbiate avuto la ventura di riconoscere nella sua ascendenza, da Predator a Wall-e, per non citare solo i parenti più prossimi. (*)

A J.J. Abrams va riconosciuto il merito di aver confezionato una pellicola capace di sbalordire, intrattenere ed emozionare quel branco di tredicenni che abbiamo accompagnato a vedere il film. Beati loro che non possono ancora fare confronti, e si possono godere 'sto genere di film per la prima volta!
Noi ci siamo comunque divertiti, con quella punta di rimpianto e qualche senso di colpa, che ormai godersi lo spettacolo non è più condizione sufficiente per riuscire ad amare questo genere di film.

* Per approfondire questo aspetto del film consiglio la lettura del post che il Grande Marziano ha dedicato a Super 8.

04 ottobre 2011

Ciao, Vic.

Foto di Iguana Jo
Stamattina Vittorio Curtoni ci ha lasciato.
Per chi non lo conosceva basti dire che Vittorio Curtoni è la persona che ha contribuito forse più di tutti - almeno nella sua generazione - a fare e trasformare la fantascienza in Italia. 

Del Vic mi rimarranno il ricordo del sapore inconfondibile dei suoi messaggi, nei primi anni della mia vita in rete. E poi le chiacchierate fatte per strada a Piacenza e le cene. Il fuoco della sua personalità, ingombrante e luminoso, la sua voglia di godere, che la vita è breve, la sua passione, il suo pessimismo, condito con la curiosità e la vitalità di un ragazzino.

Per come l'ho conosciuto io, il Vic era uno scomodo, uno incazzoso, uno che giudicava in fretta (a volte anche troppo), uno pronto a schierarsi, a dare tutto per difendere gli amici. Un uomo smisurato e affascinante, divertito e divertente. Vittorio Curtoni era sempre in bilico tra il suo ruolo storico, quasi istituzionale, di direttore di Robot  e quello di fan appassionato, pronto a incendiarsi quando si dibatteva di romanzi e autori, di fantascienza italiana o di cinema americano. Questa sua incapacità di rimanere nel ruolo che gli altri gli ritagliavano addosso era forse il tratto più genuino e inconfondibile di Vittorio.

Ora che se ne è andato, ora che non c'è più, siamo tutti più poveri, che nonostante tutte le parole spese, tutte le discussioni o le incomprensioni, Vittorio Curtoni era e resta un uomo d'onore, come il suo grande amico Ernesto Vegetti, e ce ne sono sempre meno in giro.

Spero ci sia un bicchiere di quello buono ad attenderli, ovunque siano adesso.

28 settembre 2011

Fantascienza in Italia. Quello che non c'è.

Foto di Iguana Jo
Nello spazio commenti dell'ulitmo post, Vanamonde chiede:
"…secondo voi che cosa manca di più alla fantascienza italiana in Rete? 
Quali sono le aree che un nuovo sito fantascientifico dovrebbe coprire, e che non sono già coperte da fantascienza.com? 
Personalmente a me piacerebbe vedere un sito che avesse una maggiore inclinazione verso la fantascienza letteraria e, in particolare, un atteggiamento critico più severo, senza cadere in eccessi "gamberettistici" ma anche riconoscendo il fatto che la maggior parte della fantascienza italiana che si pubblica è di qualità insoddisfacente. 
 Mi ha sorpreso però di recente un amico, appassionato di fantascienza della zona di Roma, che mi ha detto che per lui e i suoi amici fantascienza.com è troppo serioso e spocchioso, e che a loro piacerebbe un sito più goliardico e caciarone! 
Posso chiedere la vostra opinione?"

Nell'attesa di leggere qualche altra opinione, ecco la mia.

Non potrei essere più d'accordo con Vanamonde.
Fantascienza.com fa un ottimo lavoro per quanto riguarda l'informazione: non c'è praticamente nulla che si muova sulla superficie del mondo fantascientifico internazionale che sfugga ai radar della loro redazione.
Quel che manca - e non solo nella corazzata delosiana, ma nella rete nel suo complesso - è uno spazio critico degno di questo nome dedicato alla produzione fantascientifica nazionale e internazionale.

Quest'assenza del resto non mi stupisce. Dando un'occhiata a quella manciata di luoghi dove la fantascienza gode ancora di un certo apprezzamento mi sono reso conto che a essere interessati al genere siamo davvero in pochi.
All'esiguità del numero va poi aggiunta una caratteristica precipua del frequentatore del genere: nella maggioranza dei casi infatti chi si occupa di fantascienza pare più interessato a scriverla, piuttosto che a leggerla.
Il che crea un curioso cortocircuito.
Dando per scontato che - salvo eccezioni - nella letteratura di genere sia impossibile ottenere buoni risultati senza una costante e assidua frequentazione dello stesso, in Italia ci troviamo al paradosso che pur essendoci pochissima disponibilità di testi, si ha al contempo una produzione enorme (per le dimensioni circoscritte della scena locale) di fantascienza scritta mandata poi allo sbaraglio.

Dal mio punto di vista - che ripeto a scanso di equivoci, è solo quello di un lettore convinto delle potenzialità del genere -  è evidente come non ci possa essere alcuna evoluzione del movimento fantascientifico nazionale senza una contemporanea crescita delle capacità critiche di tutti i soggetti interessati (lettori, autori, appassionati, editori). Per sviluppare una qualche competenza critica sarebbe però necessario consumare un quantitativo di fantascienza di qualità, che qui da noi semplicemente manca, per poi iniziare a confrontare la produzione nazionale con gli standard dettati dai maestri del genere.
In altre parole: come si fa a scrivere buona fantascienza senza avere della buona fantascienza da leggere? E come si può giudicare la buona fantascienza se si ha a disposizione solo un quantitativo miserevole di quanto di buono viene prodotto ogni anno nel resto del mondo?

Non so come si possa uscire da questo circolo vizioso. Non so nemmeno se sia possibile, abituati come siamo ad accontentarci, a distribuire complimenti agli amici ed ignorare tutti gli altri, tanto da arrivare addirittura all'autocensura, per il timore di tagliare quei pochi ponti che ci legano al resto dell'asfittica scena locale.
O precipitando fino all'eccesso opposto, per cui si pontifica e si insulta, si distrugge e si massacra, avendo del tutto perso di vista quello che dovrebbe essere il fine ultimo dell'attività del lettore.

23 settembre 2011

Fantascienza in Italia. Facciamo l'appello?

Foto di Iguana Jo
Nelle ultime settimane non sono stato molto presente in rete. Per questo motivo ho scoperto solo all'ultimo la serie di post che Angelo Benuzzi ha dedicato alla scena fantascientifica italiana. L'obiettivo di Angelo è piuttosto ambizioso: rilanciare la letteratura di fantascienza in Italia.

Per raggiungere lo scopo ha lanciato un concorso per la creazione di un marchio e di uno slogan che riassumano e simboleggino l'idea di una fantascienza italiana. Nell'idea di Angelo marchio e slogan rappresentano il primo passo del progetto. Il secondo sarà la creazione di uno spazio dove tutti, lettori, appassionati, autori, editori,  potranno incontrarsi e discutere del nostro genere preferito.

Frequentando ormai da qualche anno l'ambiente fantascientifico nostrano ho fatto presente ad Angelo che in rete esistono già parecchi luoghi dove poter parlare più o meno liberamente di fantascienza e dintorni. Dopo aver postato quel commento c'ho però pensato un po' su e mi son chiesto: ma dove sono tutto 'sti spazi dedicati alla fantascienza? Siamo sicuri che esistano o le mie sono solo supposizioni basate su qualche beata speranza, se non proprio sul nulla?

Mi sono guardato un po' intorno tra le pagine che frequento abitualmente e mi sono reso conto che di fantascienza, soprattutto di fantascienza scritta, se ne parla proprio pochino.

Per questo chiedo il vostro aiuto.
Riusciamo insieme a stendere un elenco di tutti i siti dove si può parlare liberamente di letteratura fantascientifica in Italia?

I link che seguono sono quelli che conosco io. A parte i primi due, gli altri son tutti blog. 
Provvederò ad aggiornare il post man mano che me ne suggerirete altri.



Ten Forward
Il forum di Fantascienza.com, probabilmente il sito italiano più importante per gli appassionati del genere fantascientifico.Non so che aria si respiri da quelle parti. Salvo qualche sporadica visita non ho mai frequentato i forum, ne questo ne altri.
Non ho idea quanto questo tipo di sito corrisponda a quello che ha in mente Angelo.

Fantascienza Mailing List (FML)
Mailing List storica del fandom italiano. Frequentata da molti operatori professionali e da appassionati. La seguo dal lontanissimo 1997 e nel corso del tempo ha subito parecchi mutamenti, nell'atmosfera, nei discorsi, nelle persone che la frequentano. È comunque un luogo d'incontro che per me mantiene una certa importanza. Affettiva, se non altro. 

Strategie evolutive
Scoperto grazie a google (termine di ricerca "fantascienza"), il blog di Davide Mana è ormai diventata una tappa obbligata dei miei giri in rete. Dalla paleonotolgia alla singolarità, Davide è capace di scrivere un post interessante, documentato e piacevole su qualunque argomento!

Uno strano attrattore
Giovanni De Matteo è stato uno dei primi autori di fantascienza italiana con cui mi sono trovato in sintonia. Abbiamo percorso una parte del cammino insieme, collaborando nella realizzazione di qualche progetto. Vediamo spesso le cose in modo diverso, ma proprio per questo il suo blog  rimane per me un punto di riferimento. Consigliato a chi ama le buone letture e la fantascienza più sensibile al cambiamento.

Variabili futuribili
Vanamonde è un vecchio amico dai bei tempi della lista (vedi sopra), vorrei solo aggiornasse più spesso il suo blog che di cose interessanti da dire ne ha davvero molte.

Nocturnia
Nick ha esordito in rete da poco tempo, ma s'è già costruito un pubblico fedele e affezionato. Merito del suo approccio sempre disponibile, della sua costanza e del contenuto dei suoi post. La fantascienza non è forse tra gli argomenti principali di Nocturnia, ma è ben presente tra i contenuti del blog.

Allontaniamoci da Omelas
Il blog di Vincenzo Oliva non è aggiornato ormai da parecchi mesi, ma vale comunque una visita per le approfondite analisi di autori ed opere che arricchiscono le sue pagine.

Unknown to Million 
Il blog di Piscu s'è ritagliato nel corso del tempo sempre più attenzione e autorevolezza per l'attenzione che dedica alla fantascienza scritta. Il suo è uno dei pochi siti che frequento in cui le recensioni di testi di genere sono una costante. 

Angelo Benuzzi
Appena scoperto, m'è piaciuto per l'entusiasmo che ha messo nella sua iniziativa. Sto esplorando il suo blog in questi giorni, ma già dai primi contatti  mi pare molto interessante.

Ci sono poi una serie di blog, o meglio, una serie di persone blog-munite, che so essere molto vicini alla fantascienza (in ordine sparso Sekhemty blog , Riflessi genuflessiIl blog sull'orlo del mondo , Ferruccio Gianola ). Non li seguo con la costanza che meriterebbero, ma anche nei loro spazi è molto facile trovarsi a scambiare qualche chiacchiera sul nostro genere preferito.



Aggiornamento (26 settembre 2011)
Qui di seguito  altri luoghi e spazi dove è possibile parlare di fantascienza. Grazie a tutti per le segnalazioni.


it.cultura.fantascienza
Il newsgroup dedicato alla fantascienza è unavecchia conoscenza. C'ho trascorso qualche anno in buona compagnia, prima del tramonto di usenet. Ora è parecchio tempo che non ci passo più, sono felice di scoprire che è ancora vivo e vegeto. (Grazie a Paolo per la segnalazione.)

Fantascienza e… Dintorni
Non conoscevo - mea culpa! - il blog di Francesco Troccoli. Vedrò di esplorarlo come si deve! (Grazie a Ferruccio per la segnalazione.)

Su aNobii, è possibile trovare qualche gruppo dedicato alla fantascienza. Piscu mi segnala Fantascienza in Italia e Urania Mondadori, che nonostante il nome è gestito da appassionati, non direttamente dalla casa editrice.
E visto che si parla di aNobii, ne approfitto per segnalarvi qualche utente che recensisce spesso e volentieri opere fantascientifiche: Klytia (romanzi in inglese, spesso nuove uscite. Condivido moltissimo di quel che scrive), Giovanni dell'Orto (parla spesso di fantascienza, Urania per la maggior parte. Non sono sempre d'accordo col suo punto di vista, ma mi pare comunque degno d'attenzione), Kluge (una vecchia conoscenza di usenet, nelle sue pagine c'è quasi solo fantascienza), figura4 (altra buona dose di fantascienza, novità e classici).



Aggiornamento (27 settembre 2011)


Supernova Express e Nexian
Rispettivamente il blog e il forum cui fa rferimento il movimento Connettivista. Da qualche tempo piuttosto silenziosi, ma questo non significa che siano scomparsi.  (Grazie all'anonimo commentatore che me li ha ricordati.)

Kipple.it
Il blog di Kipple Officina Libraria è dedicato alle produzioni della casa editrice, ma dedica anche spazio all'informazione fantascientifica. (Grazie all'anonimo commntatore per la segnalazione.)    
Della stessa sostanza di cui sono fatti i totani
Un blog di gruppo che riserva molto spazio a fantascienza e dintorni. Altro spazio di cui avevo già sentito parlar ma che non ho mai frequentato assiduamente. Da approfondire. (Grazie all'anonimo commntatore per la segnalazione.)





Aggiornamento (7 ottobre 2011)


Ho provveduto a spostare l'elenco (con qualche modifica e integrazione) in una pagina apposita: Fantascienza in Italia.

Ogni ulteriore suggerimento per migliorare pagina e/o contenuti è come sempre il benvenuto.

21 settembre 2011

Il Grinta

True Grit : un western pour les frères Coen by El Allaoui Omar
Originally posted by El Allaoui Omar on Flickr.
Il cinema di Joel ed Ethan Coen mi lascia sempre spiazzato. Dai loro film non so mai cosa aspettarmi, in bilico come sono tra cinismo raccapricciante e dolcissima compassione. Una cosa è certa, ci sono ben pochi registi capaci della loro perfezione formale. Una perfezione che per quanto abbassi costantemente la temperatura delle loro pellicole di una buona decina di gradi, permette loro di trascendere costantemente i limiti del cinema di genere con cui sempre più spesso si cimentano.

I fratelli Coen sono la banda del buco del cinema americano. Lavorano lontano dalle luci della ribalta e scrivono con pazienza dettagliati piani che li portano a scardinare col minimo rumore e il massimo del risultato le fondamenta stesse su cui si fonda Hollywood. Il talento nella scrittura di sceneggiature a prova di bomba va alla pari con l'abilità nella direzione degli attori. che mai come nei loro film recitano fuori dai cliché in cui si è soliti riconoscerli, offrendo spesso ulteriori suggestioni allo sguardo dello spettatore.

La doppia paternità dei film dei fratelli Coen serve forse a spiegare la dimensioni parallele in cui si muove il loro cinema. Vedi ad esempio l'alternanza tra commedie e film drammatici o la costante dicotomia autistico/surreale che mi pare sia una costante della loro filmografia.
Io credo che un'altra possibile chiave di lettura, capace di distinguere l'abbondante produzione dei due cineasti americani in due filoni principali, sia quella del rapporto tra autori e personaggi.
Non so quanto questa suddivisione possa avere senso, ma quando ho visto Il Grinta, uno delle cose che mi ha colpito di più è stato l'incondizionato affetto (non saprei come meglio definirlo) che gli autori hanno riversato sui loro protagonisti. È affetto targato Coen, quindi nulla di melenso o melodrammatico, ma è innegabile l'occhio di riguardo con cui vengono tratteggiate le personalità di Mattie Ross, la testarda ragazzina in cerca di giustizia, di Cogburn, il cocciuto cacciatore di taglie, perfino quella del ranger LaBoeuf. I limiti caratteriali che in altre pellicole della coppia avrebbero condotto alla rovina ognuno di questi personaggi, ne Il Grinta salvano loro la vita. La violenza cinica e spietata, caratteristica principe di buona parte del cinema dei fratelli Coen, si rivela in questa pellicola quasi misericordiosa, e comunque giusta.

Mi sono chiesto se questo aspetto rendesse in qualche modo diverso Il Grinta. Se quest'attitudine nei confronti dei personaggi rappresentasse un cambio di prospettiva nel cinema dei fratelli Coen. Non ho visto tutti i loro film, ma se ripenso a un paio degli ultimi (in particolare a Non è un paese per vecchi o ancor di più a Burn After Reading) mi pare evidente la scarsa considerazione che gli autori sembrano nutrire rispetto ai protagonisti di quelle pellicole.
D'altra parte personaggi come il Lebowsky del film omonimo e l'Ulisse di Fratello dove sei. la poliziotta Marge di Fargo, fino all'indimenticabile Hi di Arizona Junior, sono soggetti che grazie alla loro amabilità salvano il mondo, rendendo in qualche modo tollerabile anche quel cinismo che è la chiave principale e - per me - l'unico limite del cinema dei fratelli Coen.
Il giochino protagonista buono/protagonista cattivo può essere applicato pedissequamente a tutti i loro film: da una parte quelli i cui personaggi sono spregevoli sfigati pronti a tutto, dall'altra… beh… dall'altra uguale, con la differenza che in questo caso gli sfigati vengono osservati con occhio tollerante, rendendo complici gli spettatori dei loro medesimi difetti.
Dopotutto che differenza c'è tra il personaggio di Brad Pitt in Burn After Reading e l'Hi di Arizona Junior? O tra Il grande Lebowsky e L'uomo che non c'era?
Forse c'è la stessa differenza che passa tra un cinismo che diventa scelta di vita e quello che si limita a farsi strategia di sopravvivenza.
Una tenue barriera al dolore del mondo.

15 settembre 2011

september is welcome

september is welcome by Massimo Tomasello
A photo by Massimo Tomasello on Flickr.

Tra le altre cose Massimo era un gran fotografo.
Il suo talento non stava tanto nella competenza tecnica quanto piuttosto nell'occhio e nel cuore che metteva nei suoi scatti.
Tra tutte le sue foto forse questa è quella che preferisco.
La altre le trovate qui e qui.

13 settembre 2011

Massimo

Son giorni che sono sommerso di lavoro, che rimando e rimando sia le risposte ai commenti che gli aggiornamenti del blog, che non riesco nemmeno a fare due passi nel web per tirare un attimo il fiato e vedere cosa combinano gli amici.
E poi ti arrivano notizie che proprio non vorresti ricevere, che ti lasciano incredulo e svuotato, che ti segano le gambe e ti mozzano il respiro.

Massimo se n'è andato.
Qualche giorno prima del suo quarantesimo compleanno. Un arresto cardiaco, mi dicono.

Non so se è giusto parlarne pubblicamente, ma chi se ne frega. Ho conosciuto Massimo in rete, è qui che lo voglio ricordare.

Ci siamo incrociati ai bei tempi di flickr, quando eravamo giovani e ingenui (ehi, è successo solo una mezza dozzina d'anni fa. Sembra una vita…) e imparare qualcosa di nuovo sulla fotografia ai tempi del digitale era tra le cose più entusiasmanti stessero succedendo intorno a noi. Non era solo vedere la qualità delle nostre immagini crescere esponenzialmente, era l'entusiasmo che nasceva dal conoscere persone nuove, persone interessanti, persone capaci di arricchire la tua vita anche solo con la loro presenza dall'altra parte del monitor.

M.10 era il nostro amico ufo. Un siculo trapiantato a Copenhagen, un uomo di teatro, un vagabondo e un rubacuori. Quando alla fine ci siamo incontrati, una sera, da noi, mentre lavorava a un progetto teatrale a Bologna, è stato amore a prima vista. Uno di quei rari incontri in cui senza essersi mai visti prima, sembra di conoscersi da sempre, di condividere un qualche segreto percorso comune. (Che poi con Massimo era facile, tanto era affabile e brillante e gentile).

Dopo quella volta ci siamo rivisti in un'altra manciata d'occasioni. Una volta a Bologna, a vedere lo spettacolo di cui era regista, un'altra volta s'è fermato qualche giorno a casa nostra, e abbiamo festeggiato il suo compleanno insieme a quello di Jacopo.

Nel frattempo gli anni son passati. Anni difficili, una trasferta piena di speranze a New York, un'incredibile serie di lutti, un matrimonio esploso nel nulla, e poi l'esperienza nel deserto e Parigi e chissà quanti altri luoghi lungo la strada.
Massimo non era uno che mollava. L'ultima volta che ho parlato con lui è stata al telefono. Era in Sicilia, dopo la scomparsa di suo padre. Era rimasto solo, ma seppure abbattuto l'avevo sentito comunque alimentare una speranza, con nuovi progetti all'orizzonte, altri viaggi, altri incontri. Stringere i denti e tirare avanti, alla faccia di chi ci vuole male, disponibile alla scoperta, con un sorriso sempre pronto.
Massimo aveva troppa vita addosso e non riusciva a trattenerla, a fermarla, a godersela. Non sono mai riuscito a capire se il suo continuare a muoversi fosse sinonimo di fuga o fosse invece la base per un'inesauribile ricerca. Forse entrambe le cose, forse nessuna delle due. Spero che negli ultimi tempi avesse qualcuno vicino, spero che ora sia in pace.

Ciao.

31 agosto 2011

L'economia rotola

Once We Danced 09 - Hang 'Em High by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Mi scrivono sulla FML "fa caldo, l'economia rotola, e tu hai ancora tutta questa voglia di fare "qualche osservazione" su Robot?"

Normalmente non spenderei due secondi a rispondere a 'sto simpaticone. Ma a quanto pare non viviamo ormai da un po' in tempi normali.

È vero, caro amico di mailing list, che fa caldo, che l'economia rotola, il mondo vacilla e il baratro si avvicina.
Ma io non sono un politico. Non sono un'opinionista, né un economista, né un giornalista. Non sono esperto di nulla.
Certo, potrei aggiungere la mia voce al coro rabbioso che monta in queste ore in giro per la rete, ma la cosa più preziosa che ho è il tempo, e non ho nessuna intenzione di sprecarlo stando qua a piangere e frignare e lamentarmi di quei cattivoni che ci governano.
Se cerchi informazione, analisi e commento, ci sono mille mila luoghi dove trovarli, anche qua a fianco, tra i miei vicini di blog.

Io più che scattare qualche foto e star qua a chiacchierare di fantascienza non sono capace. Questa è l'unica strategia di resistenza che sono riuscito a inventarmi.
Mi spiace averti deluso, ma oh… puoi sempre andare affanculo da qualche altra parte.

30 agosto 2011

Letture. Robot 57, 58, 59, 60 - Seconda parte

Illustrazione di Stephan Martiniere dalla copertina di Robot 57.

Spesi nel post precedente i miei due cent sull'offerta saggistica di Robot, rimane da annotare la componente narrativa della rivista.
Da qualche numero tale proposta si è assestata su una formula standard: due/tre tra romanzi brevi e racconti di provenienza anglosassone, il resto dello spazio a disposizione della produzione nostrana, con il recupero retrospettivo di un autore tra quelli che han fatto la storia del genere in Italia.
Nei numeri di Robot presi in considerazione in questo post la qualità media generale mi pare sia leggermente cresciuta rispetto a quelli precedenti (vedi qui per tutti post che dedicano qualche spazio alla rivista), ma forse più per merito dell'eccezionalità del singolo racconto che per un innalzamento distribuito della qualità della narrativa pubblicata.

Nello specifico il numero più debole del quartetto è il 57, che propone come piatto forte un romanzo breve di Lois McMaster Bujold, in verità piuttosto sciapo, le cui tematiche, che sfiorano quel che a me è parso un velleitario autobiografismo, si collocano ad anni luce dalla verve e dal fascino dei suoi romanzi.
Tra i vari racconti (di Alberto Cola, Lanfranco Fabriani, Robert Reed, oltre al curioso recupero di un pezzo di preistoria anarco-sindacalista di un tal Han Ryner, autore per me del tutto sconosciuto) quel che ho apprezzato di più è La danza degli spiriti, di Douglas Smith, che con i suoi spiriti dei boschi e compagnia ecologico-militante assortita non spicca certo per originalità. Eppure il racconto fila dritto come un treno, merito di una buona caratterizzazione dei personaggi e di un plot semplice ma ben strutturato.

Nel numero 58 si percepisce bene la distanza tra la miglior fantascienza anglosassone e quella italiana. Accostare a distanza di poche pagine un autore premio Urania ad uno premio Hugo non lascia molte speranze sulle capacità nostrane di esprimere fantascienza ad alto livello.
Se poi il premio Hugo in questione è Ted Chiang, con un racconto, Respiro, che è spettacolare per ambizione e prospettiva, beh… non sono solo gli scrittori italiani a doversi inchinare alla maestria dell'autore americano.
In effetti nessuno dei nomi presenti nel volume è all'altezza di Chiang: se Adriana Lorusso, Francesco Verso e Giulio Raiola sono lontanissimi, nemmeno Shelly Li ci fa una gran figura, mentre Mike Resnick raggiunge la sufficienza con un racconto che riprende uno standard classicissimo (il negozio fatato) svolgendolo con piglio deciso e professionale.

Robot 59 parte con un romanzo breve di Lucius Shepard: Radiosa stella verde che non aggiunge granché alla lunga e onorata carriera del suo autore.
Decisamente meglio Storia Illustrata del ventesimo secolo di Kim Stanley Robinson che chiude il volume. Il racconto di Robinson, scritto nel 1991 è un piccolo capolavoro (mi piacerebbe davvero sapere come un racconto simile sia giunto all'attenzione del curatore di Robot, a vent'anni dalla sua prima pubblicazione), capace di unire l'angoscia dello scienziato di fronte al dramma della Storia alla vicenda personale di un uomo messo di fronte alla più pura essenza dell'esistenza.
Tra i due autori americani si collocano tre racconti italiani, di Vittorio Catani, Paolo Aresi e Sandro Sandrelli. Se quello di Sandrelli doveva apparire derivativo già al momento della sua uscita, nel lontano 1963, quelli di Catani e Aresi ricalcano temi e situazioni già lette e rilette, ma svolte, almeno nel caso di Catani, con indubbia carica e passione. Se solo Catani riuscisse a svicolare dall'obbligo dell'impegno ideologico a tutti i costi che anima e al contempo frena la sua narrativa, potrebbe davvero ambire a essere la voce forte e autorevole di cui la nostra fantascienza sembra avere tanto bisogno.

Nel numero 60 di Robot è possibile finalmente trovare un racconto italiano che non ha nulla da invidiare a quelli provenienti dal mondo anglosassone. Mi riferisco a Gli ultimi giorni di Bassavilla, di Danilo Arona.
In passato non ho mai apprezzato l'opera dell'autore piemontese. Lasciando da parte la curatela di Bad Prisma, quella manciata di racconti letti non mi avevano mai convinto del tutto. Invece ne "Gli ultimi giorni di Bassavilla" c'è tutto quello che apprezzo in una bella storia: un'idea in grado di svelarsi progressivamente, personaggi e ambienti credibili, atmosfera resa magistralmente, una tecnica narrativa messa al servizio della storia e soprattutto un controllo sopraffino della scrittura.
Credo sia la prima volta (forse m'era capitato con il racconto di Francesco Rinaldi nel numero 42, ma allora non c'era la concorrenza degli autori stranieri) che mi capiti di leggere su Robot un racconto italiano davvero memorabile. E dire che in questo stesso numero erano presenti il vincitore del premio Hugo Eugie Foster e l'ottimo Guida marziana per gli Escursionisti di Ruth Nestvold, piccolo, freddo, divertito e agghiacciante racconto di sopravvivenza marziana.
Al confronto i pur buoni racconti di Dario Tonani e Francesco Dimitri, che in altri numeri di Robot avrebbero brillato di luce propria, paiono semplicemente buoni, mentre è forse il caso di sorvolare su Choukra, di Nicoletta Vallorani, che con la sua retorica, sospesa tra il patetico e il lamentoso, è l'unico episodio davvero sbagliato del volume.
Il compito di concludere questo Robot è affidato al sempre professionale Mike Resnick, stavolta in coppia con Lezli Robyn, che con Anime Gemelle chiude in modo dignitoso il volume.


27 agosto 2011

Letture. Robot 57, 58, 59, 60 - Prima parte

Inizialmente questo post doveva contenere solo una serie di annotazioni sui racconti contenuti negli ultimi numeri. Poi le cose mi sono sfuggite di mano e visto la lunghezza spropositata raggiunta dal testo (almeno per i miei standard) ho pensato bene di dividerlo in due parti.
In questa prima parte si tratterà della componente non narrativa di Robot. Nella prossima seguiranno alcune note sui racconti contenuti nei quattro numeri presi in considerazione.



Illustrazione di Stephan Martiniere dalla copertina di Robot 56.

Negli ultimi mesi ho cercato di rimettermi in pari con la lettura di Robot. Non ci sono ancora riuscito: qualche settimana fa è uscito il numero 63. Sono comunque arrivato al ventesimo numero della nuova edizione della rivista diretta da Vittorio Curtoni e venti mi pare un buon numero per poter fare qualche osservazione sul progetto editoriale che caratterizza Robot.

Non ho molti dubbi: Robot è la miglior rivista di fantascienza edita in Italia. Lo so, vi leggo nel pensiero (ad alcuni di voi, perlomeno), vi state chiedendo: e Urania?
Urania ha smesso di essere una rivista (se lo è mai stata) un sacco di tempo fa. Ora è una collana di volumi di fantascienza da edicola con qualche articolo messo lì, se c'è spazio, a fare a da tappabuchi.
Robot è invece una pubblicazione che propone, insieme a una buona quantità di narrativa breve, articoli, saggi e interviste che coprono tutta l'estensione dello spettro della produzione fantascientifica internazionale: dalla letteratura al cinema, dalla televisione ai fumetti, dalle fanzine ai giochi.

Definire Robot la "miglior rivista di fantascienza in Italia" è comunque gioco facile. Come sappiamo bene, nel settore non c'è una gran concorrenza. E se è vero che Robot è curata in modo professionale, è anche vero che tra la messe di parole a tema fantascientifico presenti in ogni numero, faccio fatica a trovare articoli che si dimostrino effettivamente interessanti, specie riguardo a letteratura e cinema, che sono poi gli argomenti di cui leggo più volentieri. Quel che lamento non è tanto una mancanza di interesse verso questi argomenti, tutt'altro. Quel che mi pare piuttosto criticabile è l'approccio e il taglio scelto per presentarli ai lettori.

In effetti Robot dedica molto spazio alla fantascienza cinematografica e letteraria.
Le pagine dedicate al cinema sono di solito dedicate a interviste (piuttosto debolucce) ad attori e registi e alla presentazione di pellicole in uscita. Se le prime possono destare una qualche curiosità, delle seconde si potrebbe fare a meno, visto l'insuperabile concorrenza della rete per ciò che riguarda la mera informazione. Quel che manca del tutto è uno spazio critico di approfondimento, o almeno un tentativo di analisi più argomentata, su singole pellicole o argomenti legati al cinema fantascientifico. Un po' come gli articoli che Roberto Taddeucci dedica - sempre su Robot - a singole serie televisive.

Per quanto riguarda la fantascienza letteraria la questione è diversa, e qui temo entrino in gioco più gli interessi personali che non l'effettivo peso delle proposte di Robot. Per farla breve, trovo che l'attenzione che la rivista dedica alla fantascienza declinata al passato, per quanto meritoria, ben poco abbia a che fare con quel che la fantascienza è diventata, qui e ora, anno 2011. Gli articoli di Giuseppe Lippi, o quelli firmati da Salvatore Proietti, sono notevoli esempi di approfondimento. Che trattino di singoli autori, di particolari tematiche o periodi, leggerli è comunque molto istruttivo. Mi piacerebbe che la stessa attenzione fosse dedicata a temi, autori, romanzi scritti negli ultimi anni, piuttosto che durante il secolo scorso. E invece per quel che riguarda il presente ci si deve accontentare di articoli che riassumo, elencano o al massimo accennano, al vasto calderone fantascientifico odierno.

Temo però che questa attenzione al passato sia un po' una scelta obbligata per la redazione della rivista.
Chi legge Robot? Chi sono i lettori di fantascienza in Italia? Frequentando ormai da qualche anno l'ambiente la mia percezione è che gran parte del pubblico italiano di fantascienza sia formato da lettori fondamentalmente nostalgici. Lettori ben oltre la mezza età, pronti a rimpiangere il bel tempo antico in cui edicole e librerie pullulavano di romanzi fantascientifici decisamente migliori di quelli attuali, un tempo in cui si sfornavano capolavori uno dopo l'altro, e dove la fantascienza era fantascienza, il fantasy fantasy, gli uomini erano uomini, le donne non esistevano e gli alieni si comportavano da alieni.
Ovviamente un tempo del genere non è mai esistito, ma vaglielo a spiegare al lettore medio, che si incazza se non gli proponi la sua dose di avventura spaziale mensile!

Ma se c'è un problema di lettori, c'è certamente anche un problema di autori. Chi scrive su Robot? O meglio, chi mai potrebbe scrivere su Robot gli articoli di cui sento la mancanza?
Per scrivere criticamente sulla fantascienza contemporanea bisognerebbe prima leggerla, e sappiamo tutti quale sia lo stato del mercato librario fantascientifico nostrano. Del resto la causa della condizione in cui versa la fantascienza letteraria in Italia non è certo Robot, che è anzi uno dei pochissimo spazi rimasti dove la qualità della produzione fantascientifica recente è sempre in primo piano. E poi, anche a guardarsi attorno, nemmeno in rete - che su carta è impensabile - si trova un granché di solido e approfondito in italiano su testi e autori degli ultimi anni.
Forse (forse!) bisognerebbe recuperare e tradurre qualche pezzo interessante proveniente dall'estero (vedi per esempio l'intervista a Charlie Stross di Michael Lohr, pubblicata su Robot 50), anche se non so proprio a chi potrebbe interessare un qualsiasi approfondimento su testi o autori che non sono poi reperibili in italiano.

La situazione quindi è tutt'altro che rosea, ma nonostante tutto sono convinto che se Robot concedesse più spazio critico alla fantascienza attuale, oltre che dedicarsi alla storia della stessa, farebbe un grosso favore non solo a me, che apprezzerei di certo, ma anche alle sorti generali della fantascienza in Italia.

(continua…)


22 agosto 2011

La settimana scorsa (e le prossime)

Il Catinaccio visto dallo Sciliar by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

La settimana scorsa c'è stato l'Iguana Summer Special, che nonostante le defezioni dell'ultima ora (e della prima e della penultima) ha confermato in pieno le previsioni: bella gente, ottima compagnia, caldo e chiacchiere. Anche il barbecue è andato abbastanza bene nonostante qualche costaiola sia rimasta carbonizzata nel processo.
Siamo rimasti tutti concordi che il prossimo incontro si terrà in una pizzeria sotto casa di Elvezio. I motivi di una tale scelta a noi sul momento sono parsi ovvi. A mente fredda non sono più tanto sicuro che avvicinarsi al malpertugio sarebbe mossa utile e sufficiente, ma oh… staremo a vedere.

Tra le altre cose fatte la scorsa settimana, in ferie, a casa:
- ho messo finalmente mano alle foto scattate durante la nostra settimana a spasso tra le dolomiti (vedi foto qui sopra). Se i miei compagni di avventura mi autorizzeranno vedrò di postare il risultato su youtube, per la gioia di grandi e piccini.
- abbiamo (ri)visto un sacco di film con la figliolanza. Tra i tanti segnalo il successo di Die Hard (McClane è sempre McClane) e la conferma del King Kong di Peter Jackson quale filmone di qualità bestiale. Era dalla sua uscita al cinema che non lo rivedevo, ma oh… che film!
- ho disertato completamente la rete: no blog, no forum, no flickr, no facebook/google+. Ho scoperto però con molto piacere che da qualche giorno è on-line la nuova versione del Vegettalogo.
Una delle più belle sorprese nella mia ormai decennale (sigh…) frequentazione del sottobosco fantascientifico nazionale è stata ricevere il CD originale del Catalogo speditomi da Ernesto Vegetti dopo aver contribuito con una manciata di titoli al suo incredibile database. Vederlo oggi in una forma finalmente accessibile in modo rapido e intuitivo (due cose che, ahimè, non erano certo caratteristiche principali della vecchia incarnazione del Catalogo) è una gran bella notizia. Onore al merito a Silvio Sosio che s'è sobbarcato il non facile lavoro di conversione dei dati.
- non ho ancora ricevuto i libri ordinati dieci giorni fa su amazon, ma nel frattempo ho scoperto che il mese prossimi esce il nuovo romanzo di Greg Egan. Poco male, Egan è uno dei pochi autori che seguo regolarmente i cui libri sono regolarmente tradotti su Urania. Speriamo di non essere smentito.

Finite le ferie, il blog riparte. Le intenzioni di postare regolarmente ci sono tutte. Detto questo, metto subito le mani avanti: le prossime settimane dovrebbero essere molto impegnative sul fronte lavorativo (da un lato lo spero, che qua siamo sempre a rischio, però oh… lavorare stanca!) quindi non è detto che alle intenzioni seguano i fatti.
Comunque vada, tra le varie cose di cui mi piacerebbe parlare ci sono Robot, un paio di romanzi di fantascienza d'epoca (Gomorra e dintorni e Female Man) e un confronto tra la space opera di due autori piuttosto famosi. Più avanti arriveranno anche Ian McDonald e George Martin, ma non trattenete il respiro nell'attesa.

Le vacanze sono finite. Si ricomincia.

10 agosto 2011

Cinquanta Sterline

In Nimes by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Qualche tempo fa m'è capitato di vincere un concorso fotografico indetto da New Scientist. Ora mi è arrivato l'ambito premio: un buono da 50 Pounds da sperperare su Amazon UK.

Dato che non sono abituato a spendere in un colpo siffatti importi in libreria, vi chiedevo aiuto per selezionare al meglio il mio investimento.
Al momento nel carrello ho i seguenti titoli, per un totale di circa 30 sterline:

A Dance With Dragons di George R. R. Martin

Rule 34 di Charles Stross

The City & The City di China Mieville

Surface Detail di Iain M. Banks


Tra i volumi che prima o poi prenderò ci sono anche The Steel Remains di Richard Morgan e The Fallen Blade di Jon Courtenay Grimwood, ma questi due possono aspettare, che ho già un paio di volumi dei rispettivi autori in attesa di lettura.

Cosa aggiungo alla lista?
E vedete di essere convincenti!

Grazie!

09 agosto 2011

Iguana Summer Special

Surfer at Anglet Beach by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Benritrovati! Dopo una pausa (troppo, troppo breve…) di una decina di giorni a zonzo per il sud della Francia e il nord della Spagna siamo tornati all'ovile. Il tempo è stato bello, il traffico accettabile, i luoghi interessanti, la compagnia ottima. Magari uno di questi giorni posto qualcosa di più sostanzioso, che i paesi baschi meritano qualche considerazione in più, e poi, vabbé, ci sarà di che chiacchierare a proposito delle letture che hanno accompagnato la vacanza… (Banks rulez!).
Ma non divaghiamo, che ormai manca solo una settimana all' Iguana Summer Special!
Se n'è parlato alla fine di luglio, ora è tempo di decisioni. Viste le preferenze dei partecipanti (o la mancanza delle stesse), ho pensato bene di fissare il giorno dell'incontro a martedì 16 agosto.
Ora manca solo da decidere il luogo dell'appuntamento e quello del gozzoviglio. Per una migliore valutazione delle possibilità avrei però bisogno di sapere il numero preciso dei partecipanti e la loro motilità(!).
Insomma, venite a piedi? in macchina? in treno? in bicicletta?
Venite con morose/i, compagne/i, amici, parenti?
A che ora pensate di riuscire ad essere a Modena?

Per favore, mandatemi una mail con queste informazioni all'indirizzo iguanajo (at) gmail (punto) com
Una volta raccolte tutte le info vi invierò una risposta con tutte le informazioni logistiche del caso.
Ah… se ci fosse qualche ritardatario che si volesse aggregare sappia che è il benvenuto, sol che si faccia vivo entro due/tre gironi al massimo.

A presto!

27 luglio 2011

Si parte!

Carcassoooooonnnnnnnneee…… by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Domani mattina sveglia alle cinque e poi via, destinazione Bayonne e dintorni, con una sosta a Nîmes lungo la strada.
Oltre a salutare tutti, con questo post volevo anche chiedervi qualche consiglio per il viaggio di ritorno. Non abbiamo ancora deciso la rotta, ma dovremmo avere un tre giorni da trascorrere lungo la strada tra Bayonne e casa. Se conoscete città, paesi, villaggi, parchi o castelli o località di qualsiasi altro genere che valgano la visita, beh… fatevi avanti.
Noi siamo già stati a Bordeaux, Tolouse, Carcassonne e Avignone, e, tra andata e ritorno, una sosta in una di queste città è altamente probabile, ma ogni ulteriore suggerimento è benvenuto!

Ci si sente tra una decina di giorni (anche se stavolta pare riusciremo a rimanere collegati, almeno durante la nostra permanenza in Aquitania) o, per chi c'è, ci si vede a Modena per l'Iguana Summer Special.

Ciao!

26 luglio 2011

Via d'uscita (Sick Building Syndrome)

Headhunter - Urban by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Da qualche minuto è on-line il mio capitolo di Sick Building Syndrome. È il quindicesimo e si intitola Via d'uscita.
Sick Building Syndrome è un esperimento di scrittura condivisa messo in piede da Davide Mana e compagni. Il racconto è partito ormai due mesi fa ed è proseguito grazie alla partecipazione di un'agguerrita banda di autori che hanno offerto, capitolo dopo capitolo, il loro contributo all'evoluzione della vicenda.

Io non sono uno scrittore. Questa è la seconda volta in tutta la mia vita che pubblico un brano di narrativa. Se ho incoscientemente deciso di partecipare è per il clima positivo che circonda il palazzo malato. Le modalità e le regole con cui è stato messo in piedi questo Round Robin mi sono sembrate un ottimo sistema per mettermi alla prova in qualcosa che altrimenti non avrei mai sperimentato (aver preso un impegno con relativa scadenza aiuta!).

Se c'è una cosa che ho imparato in questi giorni di scrittura e riscrittura è che scrivere è faticoso. Ed erano solo 1000 parole!
L'altra cosa che ho imparato è che no, non ho proprio la stoffa dell'autore. Però vedere che tutto 'sto scrivere alla fine produce qualcosa è comunque una soddisfazione. È l'atto della creazione, suppongo.

Tornando a Via d'uscita, non ho idea se quel che ho scritto è all'altezza dei capitoli precedenti: l'ho riletto ormai troppe volte per riuscire a vederlo dall'esterno e giudicarlo con obiettività. Posso dire che sono moderatamente soddisfatto e che qualsiasi nota critica al riguardo mi farebbe sol piacere. Se poi vi rimanesse qualche dubbio o perplessità, beh… non esitate a chiedere.
'mo filate a leggere, poi magari mi fate sapere la vostra opinione. Grazie!