31 ottobre 2017

Letture: Terminus Radioso, di Antoine Volodine

Terminus Radioso è un romanzo pazzesco, uno di quei testi che se lo racconti non ci credi. Una storia che man mano che si dipana toglie qualsiasi riferimento concreto al lettore, lasciandolo a vagare tra le parole, negli spazi vuoti e nei silenzi che costellano la narrazione.
Antoine Volodine accoglie il lettore nell'infinita vastità della pianura russa, subito dopo la fine del mondo, in un futuro che ha visto il crollo della Seconda Unione Sovietica incalzata dalle forze controrivoluzionarie e devastata dal crollo dell’infrastruttura energetica nucleare che ne permetteva il sostentamento. 
E fino a qui Terminus Radioso sembra quasi un romanzo normale.
Fai appena in tempo a trovare qualche punto di riferimento che immediatamente la storia implode su se stessa, quando Kronauer, il personaggio che abbiano iniziato a seguire nel suo peregrinare, scopre il kolchoz Terminus Radioso e i suoi straordinari abitanti. Da qui in avanti le cose si complicano, si perde ogni ragionevolezza, la realtà si sfalda, e la distinzione tra vivi, morti (e cani) diventa del tutto aleatoria e insignificante.

Il padre-padrone di Terminus Radioso è Soloviei, personaggio-mondo, che tutto divora, mastica e sputa, generatore di universi, folle demiurgo e cantore del disastro, immortale spettro che si aggira nelle vite di chiunque gli attraversi la strada. È lui lo specchio di un’umanità nei suoi istanti finali, il destino entropico, la fine dell’universo.
E dal confronto tra Kronauer (solido, semplice, riconoscibile) e Solovei (complesso, contraddittorio, vorace) si muove tutto li romanzo, che intrappola il lettore in una storia incredibile, inestricabile, a tratti incomprensibile, grazie a una scrittura tra le più affascinanti mi sia mai capitato di incontrare. 

Antoine Volodine cala il lettore in un universo metafisico lasciandolo in balia di eventi e personaggi che come lui si trovano a vagare, impossibilitati ad abbandonare il testo, né vivi né morti, in un limbo dove l’atto del narrare è l’unica possibilità di sopravvivenza. Lo fa con un modo di raccontare che a me a ricordato un po’ Bulgakov (per l’abilità di scivolare senza sforzo apparente tra i piani della realtà) e un po’ Perec (per come riesce ad ancorare alle cose, ai particolari, agli elenchi, anche i momenti più straordinari, emozionanti e incredibili del romanzo).
Terminus Radioso è il mondo una volta eliminato tutto il superfluo, con la sua buona dose di allucinazione, di sofferenza (indicibile) e risate (inconcepibili), un vicolo cieco in cui la parola rappresenta l’unica tenue possibilità di salvezza.
Terminus Radioso è un romanzo impossibile, un miracolo di equilibrismo e sapienza, un’epopea fantastica come difficilmente capita di incontrare in libreria. 

Da lettore affamato di storie strane sono molto grato a Antoine Volodine per averlo scritto, ad Anna D’Elia per averlo tradotto in modo magistrale, a 66thand2nd per averlo pubblicato (in una bellissima edizione, tra l'altro). 
E un grazie anche a chi ne ha parlato in rete, facendomelo scoprire (voi sapete chi siete!).