30 aprile 2008

Rumore di fondo

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Seguendo questo link (o cliccando sull'immagine qui sopra) potrete scaricare il pdf della serie di cartoline che promuovono la presentazione di Frammenti di una rosa quantica (700 Kb) presso la libreria Feltrinelli di Modena.
A breve il comunicato sulla mostra!

23 aprile 2008

La strada


Picture by Iguana Jo.
Dopo le prime pagine de La strada di Cormac McCarthy ero convinto di avere finalmente sotto mano l'esempio perfetto di narrativa di genere sdoganata. Un romanzo paradigmatico della tendenza attuale consistente nel presentare storie di fantascienza senza relegarle nel ghetto cui appartengono, censurando qualsiasi riferimento possa avvicinare il volume al genere cui più propriamente appartiene.

Ma poi sono andato avanti con la lettura. Lungo La strada ho sofferto, ho pianto e mi sono sentito terribilmente vicino a quell'uomo e a quel bambino, profughi in una terra che non ne vuole più sapere di umanità e passione.
Chissenefrega quindi della collocazione letteraria del romanzo, che si fotta l'ansia catalogatoria che ogni tanto mi prende e fanculo anche a tutta la fantascienza buona o meno buona: ne La strada di McCarthy c'è tutto quanto valga la pena di raccontare. Incasellarlo in una categoria precisa è già volerne limitare la portata, le ambizioni e le conseguenze.

Il romanzo è straziante, una fuga senza speranza in mondo senza futuro con la memoria azzerata dal costante assedio del grigio nulla che circonda i protagonisti. Eppure qualche traccia di calore, un sospiro di vita, si continua comunque ad avvertire, flebile, sussurrato ma persistente, nel rapporto tra padre e figlio che accompagna il lettore per tutto il racconto: nel fuoco che conservano, nell'impossibilità della resa, negli struggenti, memorabili piccoli scambi di parole che sottolineano i momenti del loro percorso.

Probabilmente l'aspetto più straordinario de La strada è l'equilibrio e la sobrietà della scrittura di McCarthy. La capacità di raccontare con le sole parole indispensabili il più oscuro dei nostri futuri possibili, senza didascalismi, senza sbrodolamenti morali o concessioni spettacolari all'apocalisse che descrive,. La desolazione quasi metafisica che fa da sfondo alla vicenda e soprattutto i rari dialoghi sono un capolavoro di espressività. Il contrasto assoluto tra la familiarità delle parole e il contesto circostante, la necessità di un'affermazione morale in una situazione totalmente insostenibile, la vita che si trascina con le unghie e coi denti fino alla fine del mondo, scevra da ogni possibilità di nostalgia: La strada racchiude interi universi al suo interno. Arrivati alla fine ci si troverà a osservare la realtà con occhi diversi.


(Un grazie a Dario e Silvia che me lo hanno consigliato)

21 aprile 2008

L'AstraCon che non c'è stata.


Originally uploaded by Iguana Jo.
Vi capita mai di viaggiare con un fuso temporale diverso da quello del mondo circostante?
Quest'ultimo fine-settimana c'era l'Astracon a Villasanta. Dovendo esporre i miei lavori io e Annalisa siamo partiti per tempo venerdì pomeriggio, abbiamo allestito lo spazio a nostra disposizione e poi ci siamo messi in paziente attesa, sia del pubblico che sarebbe accorso a fiumi, sia degli eventi che avrebbero animato la giornata.

Abbiamo temporeggiato.

Abbiamo visitato con calma le altre mostre.

Abbiamo aspettato.

Abbiamo chiacchierato con gli altri artisti.

Abbiamo atteso.

Abbiamo scambiato due parole con due persone in visita.

Siamo andati a fare merenda e siamo tornati.

Abbiamo bevuto un'altra birra.

Abbiamo aspettato ancora un po'.

Intorno alle 20.30 ci sono passati a prendere tre amici e siamo andati a cena.

Alle 21.00 era prevista la proiezione di Dark Resurrection. Vuoi per la compagnia, vuoi per la cena messicana, non ce l'abbiamo proprio fatta a essere presenti. Così ci siamo persi il primo degli appuntamenti clou della tre giorni fanta-connettivista.
Col senno di poi questa scarsa sincronia tra i nostri tempi e quelli della convention è stato il problema principale per tutta la nostra permanenza a Villasanta.
Comunque sia, questo è tutto per il primo giorno all'Astracon. Possiamo dire che abbiamo trascorso giornate più memorabili.


Sabato pomeriggio è trascorso come fosse una fotocopia del venerdì.
Sostituite lo spettacolo teatrale (in cui La Sentinella di Fredric Brown è stata fatta a pezzi da una messa in scena quanto meno incongrua - anche se la soggettiva sulle sabbie era davvero suggestiva, per i primi dieci minuti) alle chiacchiere con gli artisti.
Dopo qualche ora trascorsa in compagnia di Paolo nella vana speranza che qualcosa succedesse Ci siamo dati alla macchia. Spero per chi l'ha vissuta che la serata sia stata un po' più entusiasmante.

Noi domenica siamo ripartiti. I tempi morti delle due giornate precedenti hanno messo a dura prova la nostra resistenza. Sebbene mi fossi ripromesso di fermarmi almeno per il pomeriggio, non ce l'ho proprio fatta. Spero che la giornata e soprattutto l'appuntamento finale con Alan Altieri, Giuseppe Lippi, Silvio Sosio e Paolo Attivissimo, sia stato un successo. Me lo auguro per gli amici che a questa AstraCon credevano davvero, me lo auguro per chi ha fatto i salti mortali per organizzare e partecipare ai vari appuntamenti.
Io sono tornato a casa un po' sconfortato: forse siamo noi che abbiamo fatto fatica a sincronizzarci con i tempi della Con (quante volte ho chiesto cosa prevedeva il programma? proprio non voleva saperne di entrarmi in mente…). Forse era la Con ad essere un po' fuori tempo. A me è rimasta la sensazione di un'occasione mancata. L'anno scorso l'evento era riuscito senza dubbio meglio, pur con tutte le limitazioni sia di orari che di spazi.

Da questa AstraCon di positivo riporto a casa le chiacchiere fatte con Michelangelo Miani e con Gatto, i preziosi consigli e gli scambi di opinioni sulla maniera migliore di presentare il proprio lavoro, sull'esperienza del lavoro creativo e sul come si dovrebbe realizzare e presentare una mostra. Magari per tre giorni di Convention non è tanto, ma è sempre meglio di niente.


15 aprile 2008

Viva l'Italia


Picture by Iguana Jo.
È già qualche giorno che volevo scrivere due righe riguardo agli ultimi film visti. Purtroppo nel frattempo siamo stati travolti dal fine settimana elettorale.
Fate attenzione quindi. Questo post contiene paragoni azzardati tra cinema e società, oltre a una buona dose d'incoscienza e un'irragionevole incapacità di adeguarsi alla realtà.


Ieri la destra ha riconquistato l'Italia. Evidentemente non ci meritiamo niente di meglio. Del resto se una volta eravamo famosi per inventiva e immaginazione, ora il meglio che sappiamo produrre sembra essere una grande nostalgia per il tempo che fu.

Vedi per esempio Mio fratello è figlio unico, uno degli esempi migliori di tipico film italiano degli ultimi tempi. E confrontalo magari con 28 settimane dopo altro film figlio di questi tempi sbandati.
Tra i due film c'è tutta la differenza che contraddistingue l'Italia dal resto del mondo occidentale.
Tanto il primo è controllato ed emozionante, nostalgico senza essere retorico, quasi pedagogico nel voler spiegare ai ragazzi scamarcio-maniaci d'oggi il percorso dei nostri padri, quanto il secondo è efficace ed appassionante nel mostrare come tutti i migliori propositi siano destinati alla devastazione senza speranza. Nel primo si cerca la speranza nelle nuove generazioni, nel secondo le nuove generazioni sono fottute in partenza. Però con il film italiano ci si commuove, mentre con quello inglese ci si diverte.

Certo, si dirà, il primo è un film serio con tutte le sue cose al posto giusto, mica una cagata splatter/ orrorifica /fantascientifica grondante sangue, cliché e morti ammazzati come il secondo. Mio fratello è figlio unico racconta la realtà, la Storia, l'altro è solo cinema.

Però mi chiedo, perché in Italia il modello di cinema popolare non-idiota è quello di Lucchetti mentre in Gran Bretagna si fanno film come 28 settimane dopo o i figli degli uomini o capolavori come Shawn of the Dead? Cos'è che ci impedisce di affrancarci da un immaginario vecchio e risaputo per poter fantasticare (anche nella maniera più sbracata e allucinante) su scenari che non siano la solita riproposizione di ragazzi-che-crescono-in-un-mondo-difficile, crisi-dei-20-o-30-o-40-anni, destra-vs-sinistra tra anonimi quartieri operai / borghesi o fabbrica / ufficietto (come se operai o borghesi fossero ancora categorie reali…)?

Per tornare a bomba sul risultato elettorale, e ribadendo che evidentemente non ci meritiamo di meglio che un governo in cui l'esaltazione acritica della nostra grandezza andrà di pari passo con l'emarginazione di ogni forma di dissenso, non mi rimane che constatare che l'Italia che mi piacerebbe vedere si trova probabilmente in un universo parallelo. Però una cosa vorrei davvero capirla: da dove nasce la totale incapacità della sinistra (ehi! i film che piacciono sono di sinistra! incredibile!) di immaginare un futuro diverso (mica necessariamente migliore, non sono così ingenuo) da quello antico e stantio e retorico delle destre trionfanti?

Io mi fermo qui. Ve l'ho detto, non riesco ad adeguarmi a questa realtà. Preferisco farmi qualche bel viaggio tra le suggestioni dell'ultimo minuto piuttosto che mettermi a ragionare seriamente sui perché e i per come. Se invece volevate leggere un post serio pieno di lucida disperazione e rimpianto e leggerezza sul risultato elettorale, beh… Leonardo è qui per questo.
Viva l'italia.

09 aprile 2008

Dichiarazione di voto.


Picture by Iguana Jo.
Fino a ieri ero convinto che avrei votato PD, non perché apprezzi particolarmente programma e candidati del partito veltroniano, semplicemente perché non c'è niente di meglio all'orizzonte.

In effetti le motivazioni che mi spingevano verso il PD erano più legate a sensazioni di stomaco piuttosto che a elaborate analisi politiche o sociali. Tra l'altro nessuna di queste ragioni dipende particolarmente dal programma politico del partito di Veltroni, il che è tutto dire.
Vediamole un po':

- Mi pare che tra tutti gli elettori impegnati in questa tornata, quelli che voteranno il PD sono quelli che mi danno più garanzie di controllo sull'operato dei propri candidati, quelli che mi pare abbiano l'atteggiamento più costruttivo rispetto allo stato disastroso del paese, quelli più disponibili al dialogo. No, non confondo elettori ed eletti, ma sui secondi non faccio troppo affidamento.

- Le parole, i proclami, i modi della destra (di tutta la destra) rappresentano tutto ciò che non sopporto dello scenario politico e sociale nazionale. A dettare il passo della competizione elettorale c'è l'armata dei predicatori d'odio, dei prendi i soldi e scappa e del panem et circenses a gogo. Gente che cerca il voto facendo leva sugli istinti più bassi del corpo elettorale, sulla paura e il sospetto, piuttosto che sulla bontà della proposta politica. Beh… io 'sta gente vorrei vederla davvero rimossa dal panorama politico nazionale, anche a costo di sopportare Veltroni e compagnia per i prossimi cinque anni.

- L'opzione del non voto, sponsorizzata da Grillo & Co. non è mai stata così presente come quest'anno sulla scena nazionale. Rispetto le opinioni di (quasi) tutti, dopotutto la scelta della fetta di salame nella scheda ha tentato anche me, e parecchio, ma sono arrivato alla conclusione che non votare non rappresenta altro che un'illusione di protesta, oltre a essere per molti l'estremo tentativo di ottenere un'improbabile verginità politica. Come se poi il giorno dopo le elezioni non ci ritrovassimo di nuovo tutti ad avere a che fare con l'amministrazione pubblica, con un lavoro, con la gestione di una famiglia. Insomma, alla fine mi pare che Grillo & Co. siano molto molto bravi a lamentarsi, a sparare nel mucchio, a condannare i loro colpevoli senza preoccuparsi troppo di trovare qualcosa da salvare. Ma non li ho mai visti assumersi una qualche responsabilità, sforzarsi di trovare qualcosa di decente da salvare, lavorare per costruire piuttosto che per distruggere.
In fondo sono convinto che la classe politica che ci ritroviamo rappresenti benissimo i cittadini italiani. O pensate davvero che privilegio, corruzione e sfruttamento siano limitati al Palazzo?

- Rimane da considerare la sinistra. A me comunisti e compagnia son sempre stati simpatici. Probabilmente sono idealmente molto più vicino a loro che non alle altre compagini in gara. Il problema, e non è un problema da poco, è il caravanserraglio che sono diventati. Così come si presentano mi danno l'idea di un'accozzaglia confusa e dispersa, tesa più alla conquista di una qualche poltrona che alla difesa di un'idea o alla realizzazione di un programma. Spero che nei prossimi anni da questa (con)fusione di idee, partiti e personaggi possa nascere qualcosa di nuovo. Nell'attesa sarà gioco che si impegnino di più sui fatti e le proposte piuttosto che non sulle solite dichiarazioni di principio, che suoneranno anche bene, ma portano davvero da qualche parte?


Fino a ieri l'idea era dunque quella di votare PD. Ma oggi ho scoperto grazie al blog di Leonardo questa interessante e convincente analisi sul voto utile regione per regione.
Di conseguenza credo proprio che il mio voto andrà al Partito Democratico per la Camera, alla Sinistra Arcobaleno per il Senato.

(Nel caso ve lo stiate chiedendo, la foto in alto non c'entra nulla. Però mi piaceva.)


08 aprile 2008

Appuntamento all'Astracon!

Dal 18 al 20 aprile sarò anch'io all'Astracon, la convention fantascientifica che si svolgerà presso il cinema teatro Astrolabio a Villasanta, nei pressi di Monza.
Porterò con me una quindicina di tavole per presentare al pubblico alcune delle immagini che corredano l'antologia connettivista Frammenti di una rosa quantica insieme ad altri lavori assimilabili per intenzioni e suggestioni al panorama fantascientifico che si dispiegherà nei tre giorni dell'evento.

Per farsi un'idea dei contenuti e del ricco programma delle giornate monzesi vi rimando all'articolo pubblicato qualche giorno fa su Fantascienza.com.

Per seguire in diretta e interagire con tutti gli eventi dell'Astracon è stato invece creato un blog: astracon.wordpress.com.

Appuntamento all'Astrolabio dunque, da venerdì fino a domenica 20 aprile!

03 aprile 2008

Rapporto letture - Marzo 2008


Picture by Iguana Jo.
Nell'attesa di finire Giochi sacri, le restanti letture di marzo sono tutte made in italy.
Ecco l'elenco:

Christian Raimo (a cura di) - Il corpo e il sangue d'Italia
Per prima cosa lasciatemi dire che è davvero una fortuna che in Italia esistano ancora editori come minimum fax. È soprattutto grazie al loro lavoro (e a quello di pochi altri editori nostrani) che si tenta di percorrere strade (troppo) poco battute, esercitare scelte e proporre progetti che non rientrano nello standard omologato dell'offerta editoriale italiana.
In quest'ottica Il corpo e il sangue d'Italia è un esempio perfetto: un volume che cerca di coniugare le capacità narrative degli autori con l'ambizione, anzi, con la necessità, di spiegare e spiegarsi qualche pezzo del paese in cui siamo immersi.
Operazioni come questa si portano sempre dietro il loro bel carico di incognite. Il rischio connaturato a questo libro, che è prima di tutto la raccolta di una serie di reportage su vari aspetti del nostro paese, è quello di eccedere nel gusto affabulatorio e narcisista degli autori, di esaltare il mestiere dello scrittore piuttosto di approfondire la realtà di cui tratta. In effetti degli otto contributi all'antologia più di uno tende a deragliare dal racconto delle viscere del paese verso un più personale viaggio nella propria incapacità di relazionarsi compiutamente con la realtà circostante.
Per fortuna però tra i diversi contributi presenti ci sono aspetti misconsociuti del nostro paese resi con grande maestria e partecipazione. Penso all'incontro con la realtà quotidiana degli imam nelle nostre metropoli, allo sguardo su uno scorcio di Calabria da cui si intravedono molti nodi di quella che è la vita normale in quelle terre, ma soprattutto a quello che è secondo me il pezzo più memorabile dell'intera raccolta. Mi riferisco a Il responsabile dello stile di Antonio Pascale, una sorta di meta-reportage sulle modalità di rappresentazione della realtà nella sua trasposizione mediatica, che nonostante sia il contributo più off topic del volume è anche quello che più di tutti illumina di consapevolezza l'idea che abbiamo (che ci siamo fatti) dell'Italia che ci circonda. Di certo il pezzo di Pascale è quello che alla fine mi ha lasciato più materia su cui riflettere.
Perché in fondo la mia reazione viscerale alla lettura dei vari squarci aperti dagli autori nel cuore della penisola è stata una sorta di sollievo, prima di tutto per la fortuna che ho avuto nell'essere nato a Bolzano e abitare a Modena, e poi per il fatto di avere un lavoro soddisfacente e una famiglia che non è stata poi così difficile veder crescere. Non mi sento un privilegiato, e non provo neppure sensi di colpa, ci mancherebbe. Ho piuttosto la consapevolezza che poteva andarmi molto molto peggio.

AA. VV. - Robot 49 & Robot 50
Finalmente ho iniziato a colmare il gap tra gli ultimi numeri di Robot letti ormai un paio d'anni fa e le ultime uscite. Il fatto è che sebbene Robot sia l'unica rivista di fantascienza che valga davvero la pena leggere, la qualità media della narrativa delle sue pagine è piuttosto altalenante. Si passa da pezzi da novanta come Neil Gaiman ad esordi narrativi non pienamente riusciti, alla riproposizione di materiale storico che personalmente non riesco ad apprezzare più di tanto.
In effetti i due numeri di Robot letti questo mese non spiccano certo per la qualità dei racconti, piuttosto per la presenza di articoli (che siano saggi critici, approfondimenti o materiale puramente informativo) davvero interessanti. Da segnalare per esempio le interviste a Richard K. Morgan (nel numero 49) e quella a Charlie Stross (nel numero 50). Per tornare alla narrativa, non vorrei aver dato l'impressione che sia tutta da buttar via. Se continuo a seguire Robot è proprio per la sua proposta di narrativa breve. La forma racconto è infatti tra quelle che più apprezzo, oltre ad essere tra le più caratteristiche del genere fantascienza, ma è sempre più difficile ritrovarla in libreria.
Tra le piacevoli sorprese del numero 49 vanno segnalati la riproposizione di Ketama, divertito e divertente racconto hard-boiled uscito dalla tastiera di Silvio Sosio qualche anno fa, il folgorante inizio di Viaggio ai confini della notte di Giovanni De Matteo che se anche poi non si conclude nel migliori dei modi, rimane un ottimo esempio di robusta fantascienza. Nel numero cinquanta spicca la presenza di un Premio Hugo Tk'tk'tk di David D. Levine (piacevole, ma non entusiasmante) e del celebrato Harry Turtledove che ci offre uno scorcio di storia alternativa non troppo esaltante, almeno dal mio punto di vista. Nello stesso numero si segnalano pure il racconto di Alberto Cola vincitore del Premio Italia e la riproposizione di un racconto di Anna Rinonapoli, Gita al pianeta madre che nonostante sia appesantito da un moralismo piuttosto evidente brilla però per un uso del linguaggio davvero effervescente.
Da leggere, come sempre, gli editoriali di Vittorio Curtoni.

AA. VV. - Frammenti di una rosa quantica
Finalmente ho letto Frammenti di una rosa quantica fino in fondo, e sebbene l'abbia finito solo ieri, e Marzo sia ormai già passato, beh… perché perdere l'occasione?
Tra i motivi che mi hanno trattenuto dal leggere preventivamente i racconti che sarebbero poi andati a comporre l'antologia c'era anche il malcelato timore che non fossero all'altezza delle aspettative. La mia esperienza con Supernova Express, la prima raccolta connettivista uscita un anno fa, non era stata delle migliori. Temevo che il livello qualitativo dei racconti proposti in questo nuovo volume fosse paragonabile a quello non certo entusiasmante dell'antologia precedente.
Beh… sono davvero felice di poter dire che mi sbagliavo alla grande.

Insieme ai nomi ormai conosciuti e apprezzati di Dario Tonani o Alberto Cola, vanno citati tra gli autori dei racconti che più ho apprezzato almeno Filippo C. Battaglia, Fernando Fazzari e Marco Milani, che seppur con qualche ingenuità, i primi due per lo meno, danno comunque prova di ottime capacità compositive.
Anche nei Frammenti di una rosa quantica ci sono racconti che non mi hanno soddisfatto (ma trovatemi un'antologia di soli capolavori!), in compenso però, a fronte di un livello medio più che dignitoso, nel corso della lettura ci si imbatte in vere e proprie gemme in grado di illuminare da sole tutto il volume.
Se da un lato si rischia ormai di dare per scontate le capacità di Giovanni De Matteo non si può non rimanere sorpresi dalla densità e dalla ricchezza di suggestioni del suo Orizzonte degli eventi, un racconto che sembra essere uscito dal magico incontro di William Gibson con Greg Egan a casa di Samuel Delany. Spero che Giovanni voglia approfondire l'esplorazione di questa porzione di universo, come lettore non vedo l'ora di poterci tornare.
Altra menzione per il racconto di Alex Tonelli. Me ne avessero parlato prima, avrei scartato l'idea di un racconto come L’ultima stanza del mondo come qualcosa di velleitario o di terribilmente palloso. E invece la scrittura cristallina dell'autore mi ha conquistato con le sue atmosfere tra il claustrofobico, l'onirico e il surreale, con la tensione crescente e l'impossibilità di una risposta. Un racconto davvero splendido.
Ultima citazione per Amiens, 1905 di Simone Conti. Un racconto che mi ha fatto ritornare con la memoria ai pomeriggi spesi da bambino tra le pagine dei romanzi di Giulio Verne. Un racconto emozionato ed emozionante, che non si limita a citare in maniera precisa e partecipata le opere dell'autore francese ma che si esalta nella sua capacità di commuovere e di sorprendere il fortunato lettore.

Arrivato in fondo al volume mi ritrovo assai più speranzoso di prima riguardo al futuro della fantascienza made in italy. Credo sia il risultato migliore che questi Frammenti di una rosa quantica potessero ottenere.

Questo è tutto per il mese appena trascorso. Per il mese prossimo ancora Robot, McCarthy e finalmente l'India di Vikram Chandra.


Seguite il link per le letture di gennaio e febbraio.