30 novembre 2015

Letture: Il Cerchio, di Dave Eggers

Dave Eggers è diventato grande, e a forza di occuparsi di cose serie ha iniziato a preoccuparsi di quel che succede nel mondo, e probabilmente a volerlo cambiare. (Non lo vogliamo tutti? gli scrittori, soprattutto?)

Il Cerchio è un tassello importante in questo percorso che parte dall'Opera struggente di un formidabile genio, passa per Eravamo solo ragazzi in cammino e arriva nel cuore della California tecnologica, dove si progetta un futuro che, piaccia o meno, coinvolge noi tutti.

Eggers prende un'azienda ipotetica, una sorta di moloch futuro in cui convergono le caratteristiche di quelli che adesso sono gli assi portanti della nostra vita online, e porta alle estreme conseguenze le tendenze più sinistre (e al contempo più popolari, almeno per un certo tipi di utente) della gestione delle informazioni personali tanto care ai vari google o facebook di turno. Niente di particolarmente inquietante, a prima vista, ma che nella progressione romanzata della vicenda assume tinte decisamente più fosche e, ahinoi, decisamente realistiche.

Il Cerchio funziona molto bene come strumento di informazione e prevenzione di una catastrofe annunciata. Se Eggers si fosse limitato a scrivere un pamphlet di controinformazione sarebbe stato perfetto. Ma chi li legge, oggi, i pamphlet di controinformazione?

Nell'ottica politico/didattica che sembra guidare la sua tastiera, Eggers ha pensato bene di strutturare la sua denuncia in forma narrativa, innestando sul nucleo ideologico della vicenda personaggi e relazioni che, immagino, dovrebbero aiutare il lettore a immedesimarsi nel progressivo precipitare della situazione.

In questa prospettiva è comprensibile la scelta di un registro narrativo povero (pensando alle capacità compositive di Eggers, chiaro), a personaggi monolitici nel loro ruolo, a situazioni sempre in bilico tra farsa e tragedia, che purtroppo non si decidono mai a precipitare nel vuoto a cui sempre si accompagnano (purtoppo dal mio punto di vista, che avrei preferito un approccio più esplicito e diretto a certe relazioni, che nel romanzo si stemperano sempre in una comoda neutralità - penso a tutti i rapporti che Mae stringe o mantente, dall'amica, ai genitori, ai suoi partner).

Più di una volta mi son chiesto nel corso della lettura a chi fosse indirizzato questo romanzo, quale fosse il suo pubblico ideale. Non sono sicuro di volerlo davvero sapere, perché se mettersi a scrivere  un romanzo che è l'epigono perfetto per il nuovo millennio di opere come 1984, è in un certo senso fondamentale, temo che la scrittura de Il Cerchio suoni troppo scontata e prevedibile per essere davvero allarmante, quasi che l'assuefazione che ormai abbiamo per certi strumenti ci avesse preparati al sonno della ragione cui sottende tutta la storia di Mae, e che il Cerchio sia ormai pronto a essere chiuso.

Siamo così lontani dal considerare la privacy un furto, o i segreti come bugie?