31 maggio 2010

Letture aprile-maggio 2010 - seconda parte


Picture by Iguana Jo.
Charles Stross - Halting State
Decidere di scrivere un romanzo di fantascienza ambientato pochi anni nel futuro e non virarlo in catastrofe o rivoluzione è sempre un grosso rischio. Ma a Charlie Stross piace rischiare, e con Halting State ottiene un grande risultato, riuscendo a coniugare un ottimo giallo fantascientifico con una credibile estrapolazione delle tendenze tecnologico-sociali di questi anni.
Come sempre nelle opere di Stross le idee si sprecano. In Halting State si passa con nonchalance dalle rapine a mano armata ai danni di banche virtuali alle meraviglie della realtà aumentata, dalla Scozia nazione indipendente ai conflitti di competenze tra forze di polizia diverse, alla dura vita di freelancer e dipendenti alle prese con superiori più o meno competenti, il tutto insaporito da una spruzzata di spionaggio internazionale e qualche omicidio assortito. Ma Stross non si accontenta di sfornare trovate e speculazioni a go go, lo fa pure in maniera divertente (e divertita), con più di una strizzatina d'occhio a tutti i nerd qua fuori.
La fantascienza di Charlie Stross sta diventando un riferimento sempre più importante nel panorama internazionale e un romanzo come questo è decisamente inconsueto. Certo, ci sono altri autori che esplorano la normalità del prossimo futuro, ma scelgono solitamente panorami più esotici (penso a Ian McDonald) o abbandonano le caratteristiche più salienti del genere (penso a William Gibson). L'unico altro autore di peso che si muove in ambiti paralleli a quelli strossiani credo sia Greg Egan , almeno prima di darsi alla space opera più spinta (ma che già col prossimo romanzo dovrebbe tornare a frequentare tempi a noi più vicini).
(Sui rischi connessi alla scrittura di fantascienza ambientata nel futuro prossimo potete dare un'occhiata a questo post, che riguarda i problemi che sta incontrando Stross nella stesura del seguito di Halting State.)


Margaret Killjoy - Guida steampunk all'apocalisse
Non so quanti di voi ricordano il leggendario e famigerato Manuale delle Giovani Marmotte. Beh, questa Guida steampunk all'apocalisse ne è la versione riveduta e corretta - decisamente più cool - per questi tempi confusi.
Più che il contenuto manualistico, in realtà piuttosto scarsino, il volumetto è interessante per il tentativo di stabilire qualche punto fermo in materia di Steampunk, intendendo il termine sia nel senso di stile di vita (!!!) che in quello, più limitato, ma certo più conosciuto, di corrente letteraria, prendendo come riferimento il movimento artigianale/artistico riconducibile alla passione per la macchina a vapore (o per meglio dire: alla tecnologia fai da te) e per i formalismi estetici pseudo-proto-tardo-vittoriani.
A parte tutte le belle chiacchiere, a me pare che tolto l'indubbio fascino visivo (dovuto, credo, a un mix di nostalgia analogica e semplicità d'approccio) lo Steampunk sia per questo secolo quello che il medioevo fantastico di derivazione Howard/Tolkeniana è stato per la seconda metà del novecento. Roba che nonostante tutte le buone intenzioni dei suoi sostenitori tenderà a precipitare in un substrato conservativo senza speranza d'innovazione e soprattutto senza alcun futuro frequentabile. Io comunque rimango alla finestra, che (speriamo!) magari mi sbaglio.


Elmore Leonard - Il grande salto
Dopo la scorpacciata western di qualche mese fa ecco il primo romanzo contemporaneo di Elmore Leonard.
Il grande salto è un thriller piuttosto confuso nelle sue premesse e disordinato nella strada che percorre per arrivare alla conclusione, però è graziato da un'ottima scrittura, dalla perfetta padronanza dell'umanità dei vari personaggi e dal taglio unico dei dialoghi. Del resto potete chiederlo a chiunque: Leonard è famoso proprio per questo.
Però il taglio secco ed essenziale dei racconti western era davvero un'altra cosa.

26 maggio 2010

England Tour 2010


Picture by Iguana Jo.
Approfittando di qualche giorno a casa ho dato una sistemata alle foto scattate nel fine settimana britannico.
Ecco la cronaca fotografica della tre giorni rugbistica in terra d'albione.
Buona visione:

Da Modena a Bristol


A Bath


Millennium Stadium


Lydney, le nostre partite


Lydney, gli altri e il terzo tempo


Verso casa



(purtroppo youtube non ha accettato alcune delle scelte musicali che corredavano gli slideshow. Dato che non ho ne la voglia ne il tempo di rifare tutto, sperando poi che la musica scelta non infranga di nuovo qualche regola di copyright, mi sono accontentato di qualche soluzione di ripiego. Spero che i video siano comunque godibili.)


21 maggio 2010

Letture aprile-maggio 2010 - prima parte


picture by TommyOshima.
Greg Egan - La scala di Schild
La scala di Schild è l'ultimo romanzo di Greg Egan pubblicato in Italia, su Urania, ormai quattro anni fa. Lo conservavo intonso in libreria non essendoci grosse prospettive di nuove opere dell'autore australiano. Però ora è ragionevolmente certa la prossima traduzione di Incandescence. Quindi, perché rimandare ulteriormente?
La scala di Schild si muove nei territori prossimi alla space opera sui generis di Diaspora, privilegiando lo scenario cosmico piuttosto che le speculazioni sul prossimo futuro. Il nucleo della vicenda vede un'umanità sparpagliata per tutta la galassia alle prese con un problema di dimensioni eccezionali: una nuova conformazione fisica della realtà che divora progressivamente lo spazio occupato dai discendenti dell'uomo.
In questo scenario. in cui abbondano miracoli (scientifici!) e meraviglie. si dipana la solita trama eganiana, con un protagonista emotivamente incerto, decisamente più a suo agio nello studio scientifico degli eventi piuttosto che nel rapporto con altri esseri umani.
Per quanto io adori Egan questo romanzo non mi ha entusiasmato quanto i suoi precedenti. L'andamento della vicenda è piuttosto schematico e nonostante le estrapolazioni scientifiche diano il consueto capogiro, questa volta mi sono sembrate meno conturbanti, ricche e stupefacenti di quanto solitamente accade con le vertiginose speculazioni di questo autore. Forse il salto dall'immensamente grande all'incredibilmente piccolo che avviene più volte nel corso del romanzo produce un eccessivo disorientamento e un senso d'irrealtà cui si fa fatica ad adeguarsi, o forse sono le dinamiche umane sottese alla trama che risultano troppo didascaliche e in definitiva non risolte, fatto sta che La scala di Schild, per quanto piacevole, è ben distante dal livello di meraviglia di Diaspora o dalla capacità di riflettere sul presente di opere come Teranesia o Distress.
Greg Egan si conferma ai vertici nel ristretto ambito della produzione fantascientifica più rigorosa e scientificamente attendibile, però ecco, io da lui mi aspetto sempre qualcosa di più.


David Mitchell - Sogno Numero 9
Vatti a fidare dei consigli dei vicini di blog! Questo romanzo mi era stato spacciato per quanto di meglio la fantasy attuale possa offrire al lettore e beh… non è mica vero.
Sogno Numero 9 è un gran bel romanzo, una lettura avvincente e stimolante, ma di fantastico non ha praticamente nulla. Detto questo devo comunque ringraziare Davide Mana per aver citato questo romanzo in un suo vecchio post, perché fantasy o non fantasy il romanzo di David Mitchell s'è rivelato un'ottima lettura.
In Sogno Numero 9 riecheggia tutto il Giappone che ho conosciuto nei romanzi di Murakami o nei film di Kitano, incrociato con una concretezza che m'è parsa decisamente occidentale e un gusto per il pastiche fantastico e per il pulp (da intendersi in senso lato, con la narrazione che non procede mai per la via più spedita ma che si diverte tra deviazioni e sorpassi e sogni e risvegli e improvvise svolte narrative) la cui provenienza non saprei bene dove collocare sull'atlante ma che rende la lettura di questo romanzo un'esperienza a tratti entusiasmante.
David Mitchell è più giapponese di quanto credevo possibile per un occidentale la qual cosa pone alcuni interessanti interrogativi: quanto della mia idea del Giappone corrisponde alla realtà di quel paese? come è stato recepito questo romanzo in terra nipponica? quanto conta l'esperienza di David Mitchell nel contesto in cui s'è trovato a vivere - lui è un inglese trasferitosi per otto anni a Hiroshima a insegnare materie tecniche - per raccontare una storia come questa e non risultare in nessun momento artificiale o forzato?
Quali che siano le risposte a queste domande rimane il fatto che Sogno Numero 9 è uno di quei romanzi che ti colpiscono ben oltre l'ultima pagina. Consigliato.


Nicoletta Vallorani - Il cuore finto di DR
Parte bene Il cuore finto di DR, con quel passo pesante e disincantato del cyberpunk degli inizi. Nessuna ironia, molto noir e una pioggia perenne per calcare la mano sull'atmosfera desolata di una Milano ancor più grigia sporca e disperata di quella che riempie il nostro immaginario. Ben presto però la tenuta del plot deraglia sui dettagli della costruzione di un mondo futuro, che per quanto si sforzi non riesce mai a diventare vero e credibile agli occhi del lettore.
Non so se l'errore di Nicoletta Vallorani sia stato quello di voler mettere troppa carne al fuoco dimenticandosi di mescolare a dovere gli ingredienti, o se l'eccessiva vicinanza a storia e personaggi le ha fatto perdere di vista la prospettiva globale del racconto. Il risultato comunque è un romanzo che soffre di troppe ingenuità per risultare interessante, con una trama che perde nell'incredibilità dei particolari quello che ha faticosamente messo insieme sul piano della complessità delle relazioni tra personaggi.
Questo romanzo ha ormai un paio di decadi sulle spalle, ma non fa che confermare tutti i miei pregiudizi nei confronti della produzione di genere nostrana.

13 maggio 2010

Aye, Old England!

Picture by Iguana Jo.
Tra poche ore si parte per l'Inghilterra per un fine settimana a base di rugby e baracca.
Ci si sente la prossima settimana.
Nel frattempo fate a modo!

12 maggio 2010

Nicto Mirabilis


Originally uploaded by Iguana Jo.
Le esperienze degli anni scorsi non sono servite a niente.
Imperterriti e privi di ogni vergogna abbiamo partecipato anche quest'anno a Quattro Giorni Corti, il concorso per cortometraggi organizzato dal Nonantola Film Festival.
Per chi ne fosse all'oscuro Quattro Giorni Corti è un concorso cinematografico che prevede la realizzazione di un cortometraggio di quattro minuti da realizzarsi totalmente nei quattro giorni che vanno dalla sera del mercoledì, giorno in cui vengono sorteggiati i generi ai quali le varie troupe dovranno attenersi, e in cui vengono rivelati gli elementi obbligatori che dovranno comparire nei cortometraggi, fino alla sera della domenica, termine ultimo per la consegna del proprio lavoro.

Quest'anno il genere che ci è capitato in sorte era "documentario", gli elementi obbligatori una cuffia, un compasso e la frase "dobbiamo resistere a tutti i costi".
La troupe quest'anno era decisamente ridotta (e anche un po' malandata) ma non ci siamo persi d'animo e siamo riusciti a completare il nostro documentario nei tempi richiesti.

Qui sotto potete ammirare Nicto Mirabilis. A seguire qualche considerazione sulla realizzazione del corto.



Tenuto conto dei nostri limiti quest'anno siamo abbastanza soddisfatti del nostro cortometraggio. Tanto che per una volta speravamo davvero di riuscire a raggiungere la finale, che consisteva nella proiezione pubblica dei venti migliori cortometraggi pervenuti alla giuria.
Non ci siamo riusciti e la cosa è comprensibile. Non siamo ciechi ai difetti della nostra creatura (i più evidenti sono l'intermezzo fotografico che non siamo riusciti a realizzare come avremmo voluto a causa dei nostri limiti tecnici, e soprattutto il finale, che è frutto di un compromesso dell'ultima ora e che non ha soddisfatto nessuno) ma secondo noi l'idea di base risultava comunque sufficientemente complessa e valida da meritare una maggiore considerazione. Soprattutto dopo aver visto alcuni dei film arrivati alla finale.
Ma vabbé, noi non ci scoraggiamo, che non abbiamo alcuna intenzione di privare il mondo del nostro talento!

06 maggio 2010

"A IGUANA JO PIACCIONO GLI U2!!! (pensare che pareva uno in gamba...)"


Picture by Iguana Jo.
Visto che mi si dileggia per i miei gusti musicali, provare a elencare i motivi per cui un certo gruppo irlandese m'è rimasto nel cuore mi sembra il minimo che possa fare (per compromettere definitivamente la mia credibilità).

- Nel 1983 avevo 16 anni quando uscì un album che, per me che vivevo ai confini del mondo, è sembrato qualcosa di sconvolgente rispetto alla plastica che risuonava dalle radio dell'epoca. Dovevo ancora scoprire i Clash veri, ma quel disco risuonava nella mia testa come più tardi avrebbe fatto London Calling. Ero ignorante, certo, ma War ha davvero cambiato la rotta dei miei gusti musicali.

- Primi anni '80: di concerti dalle mie parti nemmeno a parlarne (oh sì, ogni tanto capitava Vasco o Baglioni, o cantanti simili, ma concerti rock? Figurarsi…). Immaginatevi l'impatto di Under a Blood Red Sky e del video di un concerto tra le rosse rocce del Colorado.

- Per tutti noi c'è quella canzone che ti rimane dentro per sempre. legata com'è a un determinato periodo, a certe sensazioni, a una precisa esperienza. Nel giro dei tre anni che hanno preceduto la mia partenza da quella piccola città questi ragazzotti me ne hanno regalate una mezza dozzina. E voi dite che me ne dovrei dimenticare?

- Arriviamo al 1987. Nel frattempo sono cresciuto, ho scoperto un sacco di altra bella musica. Ma nel mese di maggio di quell'anno si terranno a Modena due concerti che rimangono ad oggi - specialmente il primo - uno degli spettacoli più emozionanti cui abbia mai assistito. E dopo certe emozioni un minimo di gratitudine bisogna averla.

- Nel 1988 io e il mio amico Paolo andiamo in autostop negli States. In giro per le strade d'America la cosa più simile a ricordarci contemporaneamente da dove arrivavamo e dove stavamo andando erano le note degli U2 che risuonavano spesso e volentieri dalle radio che accompagnavano il nostro viaggio. Era l'anno di Rattle and Hum ed eravamo nel posto giusto al momento giusto.

- Negli anni '90 l'adolescenza era un lontano ricordo. Ma certi legami non si spezzano facilmente ed era confortante sentire che se tu cambiavi, anche il gruppo musicale cui eri più affezionato non si riduceva a ripetersi, ma esplorava nuove possibilità.
Si spostava verso pop ed elettronica, ok. Ma se questo è il prezzo per canzoni come One allora beh… io sono più che disposto a pagarlo e pagarlo e pagarlo.

- Ora che gli U2 sono diventati un classico per vecchie cariatidi è facile sputargli addosso.
Mi dicono che è il loro atteggiamento a risultare insopportabile, che i soldi, il successo, le tasse e le prediche, e cambiamo il mondo e siamo tutti più buoni…
Per me sono stronzate.
Come se essere famosi costringesse a diventar santi, a non sbagliare più, a muoversi su un livello diverso da quello di noi comuni mortali. Come se fare i musicisti non fosse un mestiere come un altro, fatto da persone uguali a noi, solo con un talento diverso.
Non so perché guardando in giro tra le mie conoscenze in rete gli U2 raccolgano tanta antipatia. Io comunque a Bono & Co. rimango affezionato.
Mi hanno regalato bei momenti, ed è più di quel che posso dire della maggior parte delle persone che ne parlano male.

"I must be an acrobat
To talk like this
And act like that
And you can dream
So dream out loud
And don't let the bastards grind you down"