03 dicembre 2014

Zona 42 - Le copertine mancate

Questo post compare in mirror sul sito di Zona 42. Lo posto anche qui per permettere ai passanti di esprimere la loro opinione nello spazio commenti. Buona lettura! 

TreCopertineUno degli aspetti insieme pià piacevoli e complicati del lavoro editoriale necessario per realizzare i nostri volumi riguarda la scelta dell'immagine di copertina.
Quando siamo partiti con il nostro progetto abbiamo avuto subito ben chiaro che i nostri libri si sarebbero dovuti distinguere da quelli degli altri editori. Per permettere ai nostri potenziali lettori di riconoscerci nella massa di volumi disponibili in libreria abbiamo deciso di privilegiare una grafica di copertina uniforme per tutta la collana a prescindere dal titolo specifico che avremmo proposto e di allontanarci, per quanto possibile, dall'iconografia tradizionale che accompagna la letteratura di genere. Per presentare i nostri romanzi al pubblico volevamo immagini evocative che fossero coerenti al testo presentato ma che non ricalcassero in maniera didascalica un qualche aspetto del romanzo che accompagnavano. Per intenderci: niente astronavi, robottoni o eroi in posa plastica. Al posto del solito armamentario fantascientifico volevamo privilegiare una grafica che fosse più suggestiva che esplicita, in modo da incuriosire il lettore casuale piuttosto che attirare l'attenzione del tradizionale lettore di fantascienza che, immaginavamo, sarebbe già stato a conoscenza della natura del romanzo che gli stavamo proponendo grazie alla nostra presenza in rete e al passaparola degli altri frequentori del genere.

IlSoleDeiSoli Copertina betaDetto questo, le immagini le dovevamo pur scegliere, e se per Desolation Road la scelta è stata facile, che erano anni che la foto di quel binario aspettava paziente la possibilità di ilustrare il romanzo di Ian McDonald, già con Il Sole dei soli il percorso che ha portato alla grafica definitiva della copertina è stato più complesso. Il romanzo di Karl Schroeder avrebbe infatti dovuto inaugurare un ciclo e ci sembrava cosa buona e giusta caratterizzare anche in copertina l'appartenenza del romanzo all'universo di Virga.
La copertina che vedete qui a fianco rappresenta un passo del percorso che dopo modifiche e ripensamenti ci ha portato alla copertina definitiva. In quella che abbiamo poi effettivamente pubblicato abbiamo ridimensionato il riferimento a Virga, che risultava troppo ingombrante e disturbava con la sua presenza la percezione del titolo del romanzo. Abbiamo poi ruotato e pulito la fotografia, per rendere l'immagine più dinamica e quindi più consona alla stupefacente ambientazione creata da Schroeder.



Ma i problemi più interessanti (e le discussioni più accese!) ce li ha procurati Pashazade.
Il romanzo di Jon Courtenay Grimwood ha svariati motivi d'interesse: la componente fantascientifica, quella noir, un protagonista memorabile, l'ambientazione esotica. Riuscire a sintetizzare in un'unica immagine tutti questi elementi era compito sì entusiasmante ma anche piuttosto complesso. Annalisa, che ha curato il progetto grafico di tutta la collana de I libri dell'Iguana ha avuto il suo bel da fare per conciliare le spinte centrifughe delle proposte che arrivavano da noi di Zona 42. E se alla fine il risultato ci ha pienamente soddisfatto e anzi, supera le nostre pur alte aspettative, ci sembrava interessante rendere partecipi i nostri lettori di questo percorso, mostrare cosa si sono persi e spiegare le motivazioni che ci hanno portato a preferire la copertina scelta per presentare la nostra edizione di Pashazade.

Pashazade Cop 14x19 - Ashraf-1Pashazade Cop 14x19 - Ashraf-2

Le immagini che vedete qui sopra sono due tra le numerose varianti che si sono succedute lungo la strada verso Pashazade. Abbiamo fotografato un nostro amico e l'abbiamo fatto diventare il protagonista del romanzo, abbiamo aggiunto una prima versione della trascrizione in arabo del titolo e abbiamo aggiunto qualche suggestione mediorientale per contestualizzare l'immagine alla storia.
A colori o in bianco e nero, Ashraf Bey fa la sua porca figura, non trovate? Ma allora perchè escluderlo dalla copertina del romanzo di cui è indiscusso protagonista? Non è forse vero che uno sguardo come il suo ci avrebbe attirato l'attenzione di una buona fetta di pubblico che avrebbe altrimenti snobbato il nostro libro?
Ma poi, il nostro romanzo sarebbe piaciuti ai lettori e alle lettrici richiamati da quegli occhi in copertina? O non avremmo piuttosto ottenuto l'effetto contrario e allontanato quei lettori più interessati al contenuto del volume piuttosto che al contenitore?

Questi sono in rapida sintesi alcuni dei dubbi che ci ha posto questa copertina.
A questi dubbi si è accompagnata quella che, man mano che proseguivano le discussioni, è diventata una certezza: mettendo Ashraf in copertina non perdavamo forse quella coerenza grafica di cui tanto avevamo parlato prima di partire con il progetto Zona 42?

Il libro è uscito da un mese. In queste settimane abbiamo avuto modo di tastare sul campo le reazioni del nostro pubblico e siamo soddisfatti dall'aver constatato che la scelta adottata è stata accompagnata dai commenti positivi di tutti quei lettori con cui abbiamo avuto la fortuna di confrontarci.

In questi giorni stiamo iniziando a dibattere su quale sarà la copertina del nostro primo romanzo di fantascienza italiana che uscirà nei prossimi mesi. Se siamo piuttosto soddisfatti dell'aspetto dei nostri volumi, non ci dispiaceva però verificare con la platea più ampia della rete se anche voi, là fuori, condividete le nostre scelta.
Ogni opinione è benvenuta!

 …

08 ottobre 2014

Pashazade: la copertina

Ecco qui, anche nel mio blog, l'anteprima della copertina che Zona 42 ha preparato per la versione cartacea di Pashazade, di Jon Courtenay Grimwood, in uscita alla fine del mese.

Ogni commento è benvenuto!





27 settembre 2014

Dieci testi di saggistica

Provo a rianimare il blog riciclando su questa sponda uno di quegli elenchi per cui sono stato coinvolto su facebook.
Ecco quindi "l'elenco dei dieci testi di saggistica che ognuno si porta dietro nella sua esperienza di lettore". Ho partecipato volentieri a questa sorta di catena, un po' perché mi ha dato l'opportunità di scoprire titoli che non avrei mai considerato (quando vengono suggeriti da persone con cui ti pare di condividere qualche gusto lettererario e/o un qualche tipo di percorso comune, queste liste possono essere davvero interessanti), un po' perché m'ha dato modo di riguardare indietro al mio personalissimo percorso di lettore.

Sebbene io non sia un gran lettore di saggistica trovare dieci titoli non è stato poi così difficile, che i libri che seguono spiccano brillanti tra le letture che più hanno contribuito a formare la mia visione del mondo.

Ce n'è un po' per tutti i gusti: politica e musica, scienza e geografia, storia e sociologia. Per alcuni m'è capitato i parlarne in maniera un pochino più approfondita nel blog e il link porta al post di riferimento, altri sono letture precedenti alla nascita del blog stesso e quindi ciccia…

Se non li avete letti, leggeteli, che secondo me meritano. 

 
- Armi, acciaio e malattie, di Jared Diamond

Un libro fondamentale per capire come è messo il nostro pianeta e perché.

- Considera l'aragosta, di David Foster Wallace

Wallace pensa e scrive come nessun altro io abbia incontrato nell'ultimo decennio.

- Gli anarchici, di James Joll

Questo il posto in lista se l'è giocato con l'Autobiografia di Malcolm X, con la biografia del Che scritta da Jon Lee Anderson e, soprattutto, con La breve estate dell'anarchia di Hans Magnus Enzensberger. Ho scelto Gli anarchici, perché l'etica invincibile di un movimento sconfitto dalla storia è ciò che di meglio mi hanno lasciato queste letture.

- Gödel, Escher, Bach, un'eterna ghirlanda brillante, di Douglas Hofstadter

Un'esplosione di impulsi, stimoli e suggestioni. Un libro capace da solo di modificare la tua percezione della realtà.

- Guida ragionevole al frastuono più atroce, di Lester Bangs

Puoi non essere d'accordo con tutto quel che scrive, ma non puoi ignorare il rock'n'roll che suona forte tra le sue righe.

- Intelligenza e pregiudizio, di Stephen Jay Gould

Avrei potuto mettere un titolo a caso tra tutti quelli che ho letto, ho scelto questo perché forse è il suo libro più significativo. Stephen Jay Gould è scienza trasformata in parola e meraviglia.

- La leggenda dei monti naviganti, di Paolo Rumiz

Perché per me le montagne sono importanti, e a oggi questa è stata la miglior lettura per avvicinarle.

- L'anello di re Salomone, di Konrad Lorenz

Letto più di trent'anni fa, anche se non parla di gatti, è il libro migliore per avicinarsi alle bestiacce che ci circondano.

- Nel cuore della foresta, di Roger Deakin

Tante istantanee su panorami sconosciuti: boschi, foreste, alberi e legno che non ho mai visto, ma che ho sentito vicini come non mai.

- Sorvegliare e punire, di Michel Foucault

Ovvero, come siamo finiti come siamo finiti. Forse il volume più importante tra quelli presenti in questa lista.











03 settembre 2014

Visioni: Under the Skin

Under the Skin è un film eccezionale. Lo è per una serie di motivi. E non tutti hanno a che fare con la resa cinematografica della pellicola.
Per prima cosa è eccezionale che un film simile sia arrivato nei cinema. Ok, siamo ancora nella stagione estiva, e la concorrenza è quellla che è, ma non avrei scommesso un cent sulla possibilità che un film strutturato come questo di Jonathan Glazer, pur non avendo nulla di commercialmente attraente per il grande pubblico (avete presente cosa ci si aspetta, qui e ora, da un film di fantascienza, vero?), potesse arrivare nelle nostre sale.
Il merito è ovviamente di Scarlett Johansson, che presta nome, corpo e presenza scenica a un progetto che definire di nicchia è un chiaro understatement.

E Scarlett Johansson fa un lavoro eccezionale sul suo personaggio, con il suo corpo soprattutto, e con un viso e uno sguardo che forano lo schermo. Sia che il suo volto si illumini di un raro sorriso, che si interroghi silenziosa sul suo strano mestiere o che si perda nella disperazione di chi non ha nessun alternativa.

Under the Skin è un'eccezione anche nel suo essere una trasposizione cinematografica di un romanzo. Quante altre volte vi è capitato di assistere a un film che riesca a essere fedele al testo originale e al contempo decisamente superiore al suo corrispettivo cartaceo? Under the Skin (Sotto la pelle in italiano) è un romanzo di Michel Faber edito in italia senza etichette di genere, da Einaudi, una decina di anni fa. All'epoca della lettura mi sembrava l'esempio perfetto di come "il messaggio" dell'autore, insieme alla sua supponenza nel gestire temi e situazioni tipiche della letteratura di genere, potessere combinare un disastro narrativo (se volete approfondire, questo è il link alle mie note sul romanzo). Nella (ri)scrittura per il cinema di Under the Skin è stato eliminato tutto quel che di superfluo c'era nel romanzo, per concentrare l'attenzione dello spettatore sul destino unico della sua protagonista, riuscendo in questo modo a sublimarne la storia.



Under the Skin è fantascienza, ma non si preoccupa di doverlo dimostrare a ogni inquadratura. Ed è fantascienza che funziona proprio per quella qualità, tipica dei migliori esempi del genere, che consiste nel costringere il lettore a diventare parte attiva della narrazione, investendo in immaginazione per incassare in inquietudine e meraviglia.

Under the Skin è un film difficile, che appartiene idealmente a un'epoca cinematografica ormai tramontata, quella di Stalker, o dell'Uomo che cadde sulla Terra. Cinema ambizioso, alla ricerca di nuove formule espressive (o almeno di riportare sullo schermo formule espressive ormai desuete) che rischia di allontanare lo spettatore odierno per l'ambiguità voluta, la mancanza di spiegazioni e un senso di sospensione generato da una visione non immediatamente condivisa, o mediata, nella costruzione della vicenda.Non trovo molti altri esempi simili, oltre a quelli già citati, nella mia esperienza di spettatore. Piuttosto, se devo trovare una parentela ideale per l'aliena del film, mi viene in mente Sarah Canary, la protagonista dell'omonimo romanzo di Karen Joy Fowler.

Under the Skin funziona? A me la visione del film ha impressionato per la rappresentazione senza compromessi della diversità, di un'alienità intangibile ma allo stesso tempo permeabile, come in pochi altri film è dato trovare. Rivedersi negli sguardi, negli approcci, nella crescente curiosità della protagonista nei confronti dell'umanità fa quasi tenerezza, tanto più sottolineata dall'evidente indifferenza con cui viene raccolto il racconto delle nostre piccole storie, delle nostre piccole vite. Tutte storie normali, come i corpi che costellano gli spostamenti dell'aliena in giro per la Scozia. Storie come tanti piccoli semi, capaci di far crescere dubbi e curiosità e portare la protagonista all'impossibile rifiuto della sua stessa natura.

Unico punto debole del film è forse il finale, troppo facilmente speculare, che nega l'autonomia di una scelta e di un destino che la protagonista, alla fine del suo percorso, era ormai pronta ad accettare. Ma è un difetto minore in un progetto che spicca per l'attenzione al più minuto dettaglio (la camminata sbilenca della protagonista), la natura fredda e indifferente di una Scozia senza sole, le sue strade deserte e l'aria umida e poco ospitale di Glasgow.

E su tutto e tutti ancora Scarlett Johansson, che strega e cattura lo sguardo dello spettatore, per sedurlo e ingannarlo, in un gioco di reciproca fascinazione che non lascia speranze.

04 agosto 2014

Letture interrotte: Shantaram, di Gregory David Roberts

 Mumbay, Chhatrapati Shivaji Terminus - © Stefan H
Sono arrivato a leggerne più di un terzo (che sono poi 400 pagine!), ma non ne posso più.
C'è qualcuno là fuori capace di convencermi a proseguire?

Non che Shantaram non si legga agevolmente, la prosa di Gregory David Roberts è piana e sufficientemente suggestiva e la traduzione di Vincenzo Mingiardi gli rende piena giustizia, ma più vado avanti più il ritratto da supereroe (con superproblemi, come da tradizione!) del protagonista di questa autobiografia romanzata diventa insostenibile.

Passi che il buon Greg ci metta meno di due secondi da quando sbarca dall'aereo in India per diventare l'occidentale più amato di Bombay, passi che gli basti un sorriso, uno sguardo appena, per capire (e carpire!) l'umanità infinita di chiunque gli si presenti davanti e si faccia amici tutti quelli che incontra. Ma che nel giro di una settimana dal suo trasferimento nello slum ne diventi un punto di riferimento imprescindibile, che scambi rispetto e premure con gangster e poveracci (e chiunque altro, a pensarci bene…) e si intrattenga in piacevoli discussioni filosofiche con i signori del crimine della città, senza dimenticare le - oh! che romantico! - pene d'amore per la sua bella Karla, beh… mi pare giusto un filo eccessivo.

Mi aspettavo un romanzo sulla ricchezza e le contraddizioni dell'India, ero più che disposto a gustarmi anche un tocco di esotismo, ma soprattutto mi sarebbe piaciuto scorgere qualche tratto di verità, tra le pagine di questo - apparentemente - sontuoso romanzo fiume. E invece…

Per concludere posso permettermi un consiglio?
Se siete curiosi e volete esplorare il cuore di Mumbay, leggetevi piuttosto Giochi Sacri, di Vikram Chandra, che sta al romanzo di Gregory David Roberts come un Thali sta a un hamburger di McDonald's…

24 giugno 2014

Zona 42 va a Treviso


Sabato prossimo 28 giugno noi di Zona 42 saremo nei pressi di Treviso, alla libreria Lovat di Villorba, per presentare il nostro progetto.
Sarà l'occasione per presentare Desolation Road, per fare il punto sul nostro progetto editoriale e per chiacchierare di fantascienza, libri e letteratura con tutti gli appassionati.

Invitiamo tutti i lettori veneti (o di passaggio da quelle parti) a venirci a trovare, che poi magari si va a mangiare qualcosa in compagnia!

19 giugno 2014

Zona 42 e il crowdfunding

 Zona 42 e il crowdfunding Come alcuni di voi sanno Zona 42 è una realtà indipendente che titolo dopo titolo ha intenzione di conquistare un vasto pubblico e una riconoscibilità in libreria. Dall’inizio del progetto abbiamo sostenuto come il lettore e il libraio amico siano i nostri interlocutori principali, le persone che con il loro supporto possono accompagnarci per un lungo percorso.

Con questo presupposto abbiamo deciso di portare su Starteed, sito italiano di crowdfunding, il prossimo titolo in pubblicazione: Pashazade di Jon Courtenay Grimwood.
L'idea di utilizzare questo strumento di finanziamento dal basso è un banco di prova per valutare quanto le buone intenzioni da più parti espresse si possano trasformare in fatti, per rendere tangibile il passaparola della rete, utilizzando come strumento di diffusione i principali canali social.

Per questo motivo siete voi che state leggendo queste righe l’elemento fondamentale per il completamento della raccolta fondi.  
Zona 42 continua e continuerà a portare ottimi titoli in libreria, il crowdfunding deve essere uno stimolo in più per proseguire sapendo di avere a fianco persone convinte come noi.

Per il successo della raccolta è fondamentale tener presenti tre aspetti:
 - la diffusione del progetto dipende dal vostro aiuto: rilanciate il link Starteed, parlatene sul vostro blog, cliccate “mi piace”.
- la formula è “tutto o niente”: o si raggiunge la cifra indicata o non si prende nulla. Non possiamo perderci per la strada.
- i fondi vanno raccolti entro i primi di settembre, per questo motivo non esitate e partecipate immediatamente, se lo volete.

Abbiamo deciso di lanciare ora il progetto, anche se siamo a ridosso dell’estate: contiamo sul fatto che i lettori possano essere invogliati a contribuire mentre leggono gli altri nostri titoli sotto l’ombrellone.  

Questo è tutto, bando alle ciance, Pashazade vi aspetta!

11 giugno 2014

Zona 42: Presentazioni, programmi, prospettive

Pubblico anche sul blog il pezzo presentato sul sito di Zona 42 in cui facciamo il punto su quel che abbiamo combinato nelle ultime settimane e, soprattutto, su quel che arriverà nei prossimi mesi. Buona lettura!

Zona 42 testataIn queste ultime settimane siamo stai piuttosto indaffarati, tanto da non riuscire ad aggiornare tempestivamente il sito con le ultime novità, già annunciate all'ItalCon e nell'ultima presentazione che ci ha visto protagonisti a Modena.

Presentazione ItalCon (blog)Ma andiamo con ordine. Alla fine di maggio si è tenuta a Bellaria la quarantesima ItalCon, che rappresenta il più importante appuntamento annuale per gli appassionati di fantascienza. Come ormai da qualche anno, la convention si svolge in abbinamento alla SticCon e alla YavinCon, che sono invece gli eventi che radunano rispettivamente gli appassionati di Star Trek e Star Wars. Per qualche riflessione a margine della nostra partecipazione vi rimando al post precedente, nello spazio commenti potete trovare anche un'interessante discussione a proposito della natura di questo tipo di incontri.

EmilyBookshop 4 LRSabato scorso abbiamo invece presentato Desolation Road a Modena, grazie all'ospitalità di Emily Bookshop, una piccola realtà indipendente che ha da poco aperto i battenti. Elisa, la libraia padrona di casa, ha organizzato le cose per bene e ci siamo trovati in una libreria piena ad ascoltare Chiara Reali, la traduttrice del romanzo di Ian McDonald, che ha letto da par suo un estratto del romanzo, lasciando il pubblico a bocca aperta grazie a un'interpretazione del testo davvero emozionante. A seguire abbiamo parlato in lungo e in largo del romanzo, del "curioso destino della fantascienza in Italia", delle prossime uscite e di quel che ci piacerebbe proporre nei prossimi mesi. L'aspetto più soddisfacente della serata è stato confrontarsi con un pubblico che era al 90% del tutto digiuno di letteratura fantascientifica: vedere la curiosità e l'interesse che ci hanno dimostrato ci ha lasciati con qualche speranza in più riguardo al futuro del nostro percorso. Qui abbiamo caricato qualche foto dell'incontro.

Ma si parlava di novità, ed ecco dunque il momento di annunciare anche sul nostro sito quali saranno i prossimi titoli che andranno ad arricchire il nostro catalogo.

Per la fine di giugno è attesa la pubblicazione de Il Sole dei soli, di Karl Schroeder, tradotto da Silvia Castoldi e Marco Passarello, con un introduzione di Davide Mana. A breve vi mostreremo la copertina, e parleremo più diffusamente del romanzo.

Grimwood_PashazadeA ottobre uscirà il nostro terzo titolo: Pashazade, di Jon Courtenay Grimwood, un thriller ambientato in un'Alessandria d'Egitto del prossimo futuro, dove il fascino dell'ambientazione nordafricana (l'autore ha vissuto per parecchio tempo da quelle parti) si unisce all'irresistibile carisma di uno dei personaggi più interessanti ci sia capitato di incontrare in tanti anni di letture. Siamo convinti che Ashraf al-Mansur non vi lascierà indifferenti. Pashazade è il primo romanzo della trilogia arabesca composta da Grimwood, trilogia che si completerà con l'uscita di Effendi e Felaheen. I tre romanzi sono autoconclusivi, e seguono le vicende di Ashraf Bey in tre momenti diversi della sua permanenza in Nordafrica. Pashazade, Effendi e Felaheen sono stati candidati ad alcuni dei più prestigiosi premi (Arthur C. Clarke, BSFA, John W. Campbell, British Fantasy Award) e in un caso hanno vinto il titolo di miglior romanzo dell'anno pubblicato in Gran Bretagna.
Nell'ottica di coinvolgere il nostro pubblico e realizzare quindi il miglior lavoro possibile anche con questo romanzo, a giorni debutterà il nostro primo esperimento di crowdfunding. Abbiamo deciso di percorrere questa strada, piuttosto nuova per l'editoria nostrana, per sondare le possibilità di uno strumento che altrove sembra stia dando ottimi risultati. I segnali in rete sono incoraggianti, speriamo che alle buone intenzioni espresse da più parti seguano i fatti. Anche per questo progetto vi rimandiamo comunque a un apposito articolo che uscirà nei prossimi giorni.

Stross_HaltingStateI titoli che seguiranno alla pubblicazione di Pashazade manterranno ben fermo in Europa il baricentro della casa editrice. Il programma futuro di Zona 42 prevede infatti la pubblicazione di Halting State di Charles Stross, un autore che crediamo non abbia bisogno di presentazioni, e quindi quella del nostro primo romanzo di fantascienza italiana. Per il momento preferiamo non rivelare le date di uscita delle due opere, sappiate però che arriveranno entrambe nella prima metà del prossimo anno, se non prima.

Per quanto riguarda i desiderata su cui ci è capitato di confrontarci con qualche lettore in rete o in giro per convention, dobbiamo purtoppo dire che abbiamo perso la gara per Ancillary Justice: Ann Leckie ha preferito affidare il suo romanzo a un editore sulla piazza da parecchi anni più di noi. Se ci dispiace non riuscire a proporre ai nostri lettori un romanzo simile, siamo comunque lieti che qualcosa si stia muovendo nell'asfittico panorama fantascientifico nazionale, che a sentir gli agenti era da un po' che non si assisteva a una gara per un titolo del genere.

Se anche non pubblicheremo il titolo della Leckie, ci rimane comunque l'imbarazzo della scelta per decidere cosa portare in Italia tra tutti i romanzi di qualità usciti all'estero negli ultimi decenni. Noi abbiamo tutte le intenzioni di continuare come abbiamo fatto finora, mettendoci tutta la passione e la competenza possibile.
Voi continuate a seguirci, che insieme ne vedremo delle belle.

28 maggio 2014

Di ritorno dall'ItalCon

© Annalisa Antonini & Giorgio Raffaelli
L'ItalCon è l'appuntamento annuale che riunisce il mondo italiano della fantascienza. Da qualche anno a questa parte l'evento è stato accorpato alla SticCon, che è invece il più importante incontro dei trekkies italiani e probabilmente il più frequentato evento del genere in Italia.
Esclusa una felice partecipazione a una vecchia ItalCon (a Fiuggi, nel 2009) per me è stata la prima volta a Bellaria e, soprattutto, la prima volta con un ruolo ufficiale, in qualità di editore con il nostro progetto Zona 42.

Come Zona 42 la nostra esperienza all'ItalCon si può riassumere in pochissime parole: non credo ci torneremo più. Almeno non ufficialmente.
Suonerà drastico, e forse anche un po' pretenzioso: siamo gli ultimi arrivati, facciamo appena in tempo a partecipare e già ci arroghiamo il diritto di criticare e polemizzare.
Il motivo di una scelta che a caldo ci appare inevitabile è stata la sensazione che ci siamo portati a casa dall'esperienza di Bellaria, ovvero che dei libri, della letteratura, della fantascienza scritta, agli organizzatori della SticCon non frega poi molto.

La mancanza di eventi di cartello, la sala mal segnalata, i panel mai annunciati, i banchi dei libri emarginati e laterali, la partecipazione praticamente nulla dei convenuti agli incontri in programma: tutte scelte lecite e comprensibili (il business che ruota intorno a Star Trek e Star Wars è la priorità della Con, evidentemente), ma dal nostro punto di visto decisamente poco condivisibili, ci fanno pensare che l'integrazione dell'ItalCon nel grande baraccone dell'incontro di Bellaria sia probabilmente un male necessario, ma del tutto superfluo agli scopi dell'organizzazione.

Detto questo, vediamo i lati positivi, che sono, come spesso accade in questi casi, l'incontro con i vecchi amici e le nuove conoscenze e tutte le chiacchierate e le discussioni che sempre accompagnano questi appuntamenti.

A Bellaria ho rivisto Giovanni De Matteo che presentava Corpi Spenti, il seguito di Sezione π² in uscita a giugno per Urania, ho conosciuto Lady Simmons (e compagno!) ed è stato davvero un piacere e già si parla di organizzare qualcosa a Torino (grazie anche ai ragazzi del MuFant, con cui si è parlato domenica), ho incontrato Andrea Viscusi, che causa defezione all'ultimo minuto (pienamente giustificata!) del suo compagno d'avventura, m'ha coinvolto nella presentazione di Spore, ed è stata una gran bella esperienza.
E poi gli incontri nei corridoi, i pranzi con i Vanamonde e Silvio e Dario, Annalisa che ha portato pazienza e la Lui che ha contribuito a scaldare l'atmosfera.
Sì, dal punto di vista umano la mia due giorni di Bellaria è stata splendida.

Tornando ai momenti ufficiali della convention, la presentazione del progetto Zona 42 è andata abbastanza bene, con la sala che si è via via riempita e la fondamentale partecipazione di Silvia Castoldi e Marco Passarello, ovvero i traduttori de Il Sole dei soli, di prossima uscita, che ne hanno dato una visione davvero entusiasta. E con una interessante discussione finale (grazie Lui!) che si è purtoppo dovuta interrompere causa sforamento dei tempi a nostra disposizione.
Abbiamo parlato dei nostri progetti futuri, fatto qualche anticipazione sulle prossime uscite (se ne riparlerà nei prossimi giorni in un apposito post sul sito di Zona 42) e azzardato qualche riflessione su quali siano le migliori strategie per far conoscere il nostro progetto editoriale al mondo là fuori.

Non so quale saranno in futuro i rapporti tra Zona 42 e questo tipo di eventi. Una risposta possibile potrebbe essere focalizzarci su incontri più mirati e specializzati, o magari provare a organizzare qualcosa in autonomia, tenendo conto delle nostre risorse e delle nostre possibilità.
La riflessione è aperta, rimanete sintonizzati!



20 maggio 2014

Zona 42 va all'ItalCon

© Giorgio Raffaelli
Nel prossimo fine settimana Zona  42 si trasferisce a Bellaria per presentarsi al popolo fantascientifico che frequenta l'ItalCon, la più importante manifestazione del genere in Italia. Come ormai da qualche anno a questa parte, l'ItalCon, arrivata ormai alla quarantesima edizione,  si svolge insieme a SticCon e YavinCon, che rappresentano invece gli appuntamenti annuali dei club di appassionati di Star Trek e Star Wars. Ci si aspetta quindi la presenza di folle sterminate (si fa per dire!), pronte a immergersi nelle atmosfere a metà strada tra Marte e il West del nostro Desolation Road.

Scherzi a parte, noi presenteremo il nostro progetto domenica mattina alle 11.00 nello spazio Babel del Centro Congressi Europeo di Bellaria.
Sarà l'occasione per fare il punto della situazione, parlare dei progetti futuri (Grandi annunci! Novità in arrivo! Titoli! Nomi!), fare quattro chiacchiere con chi ha già letto Desolation Road e con tutti i potenziali lettori che non hanno ancora avuto l'occasione di accostarsi al romanzo di Ian McDonald. 
Vi aspettiamo numerosi!




16 maggio 2014

Letture: L'inconfondibile tristezza della torta al limone, di Aimee Bender

Torniamo a parlare di libri con un volume che a fine lettura m'ha lasciato un po' così, in bilico tra scetticismo e genuino entusiasmo. Forse buttar giù qualche nota mi aiuterà a chiarire le idee. Si parla del secondo romanzo di Aimee Bender, L'inconfondibile tristezza della torta al limone.

© Aelle

Primo spunto: non avrei mai letto un libro con un titolo simile e la sinossi che lo accompagna, se non avessi avuto ben presente cosa aveva combinato in precedenza la sua autrice. Aimee Bender mi ha colto alla sprovvista qualche anno fa con le sue Creature Ostinate (una delle migliori letture dell'epoca) e si è poi confermata ottima narratrice con l'altra sua antologia (che è stata scritta prima, ma che io ho letto dopo), quel Grida il mio nome edito prima da Einaudi e ripubblicato di recente da minimum fax con il titolo La ragazza con la gonna in fiamme.
Con i racconti di Aimee Bender vado sul sicuro, che la sua scrittura sembra fatta apposta per esaltarsi sulla breve distanza. La dimensione del romanzo, che richiede allo scrittore un approccio diverso, quasi da passista della narrazione, non potendo esaurire la sua corsa in poche pagine, mi sembrava invece poco adatta alle caratteristiche dell'autrice. Per questo motivo me ne son tenuto ben distante. Fino ad ora.

Secondo spunto: racconti e romanzi, trova le differenze…
Aimee Bender ha immediatamente conquistato la mia attenzione grazie alla combinazione tra una prosa intensa e leggera, spesso malinconica e le invenzioni esplosive, conturbanti e in generale parecchio strane che illuminano le sue opere. Questa miscela funziona a meraviglia nello spazio del racconto, ma temevo non fosse abbastanza resistente da reggere la lunghezza di un romanzo.
Risultato? mah…  L'inconfondibile tristezza della torta al limone si legge che è un piacere, ma il peso specifico delle stranezze (passatemi il termine), rispetto agli aspetti più tradizionali del racconto della vita quotidiana della solita famiglia della classe media americana (avvertite anche voi una certa ostilità all'argomento? bene) ha portato questo lettore a chiedersi più di una volta se non fosse il caso di abbandonare il volume in favore di testi che rispondessero meglio alla propria esigenza di meraviglie e turbamenti.
Però no, dai, sarei ingiusto con la Bender. Il romanzo è scritto bene, e le meraviglie cui mi ha abituato (chiamatele fantastiche, fantascientifiche, surreali, la definizione dipende dai territori letterari che vi sono più congeniali) sono funzionali alla storia, le danno un senso e una complessità che altrimenti si sarebbe persa. Certo, forse semplificano la vita dell'autrice, ma rendono l'esperienza della lettura più ricca e affascinante e quindi, perché lamentarsi?
Il mio problema è che le vite dei personaggi de L'inconfondibile tristezza della torta al limone non mi interessano più di tanto e quindi… E quindi arriviamo al

Terzo spunto: personaggi e interpreti.
Perché è vero, i personaggi sono resi in maniera magistrale: Rose e Joseph, i loro genitori, gli amici e gli incontri. Tutto ottimo, se vi interessa il genere. Io invece faccio fatica a comprendere 'sti ragazzi per cui il college è la normalità e non andarci sintomo di una disfunzione psico/sociale, assuefatti come sono a una vita preconfezionata che nemmeno l'irrompere dell'impossibile riesce a turbare. Molto più interessanti, dal mio punto di vista, gli scorci di una Los Angeles normale, osservati spesso dalla prospettiva del pedone piuttosto che dai finestrini delle auto o degli autobus che attraversano la città, che offrono al lettore una prospettiva  parecchio diversa dall'immutabile iconografia della metropoli che Hollywood ci impone ormai da tempo immemore. Sono questi gli attimi - insieme ai momenti dedicati al cibo e ai ristoranti - in cui il racconto mainstream mi appassiona, pur mancando di quegli effetti speciali che continuano ad essere il richiamo più forte che mi attira tra queste pagine.
I turbamenti adolescenziali della giovane Rosie, le turbe del fratello, l'autismo ipnotico della vita del padre e quella sempre sull'orlo di una qualche crisi della madre: Aimee Bender offre al lettore un ritratto perfetto della middle class californiana (ecco, se fossi un recensore serio, questo è quello che dovrei scrivere!), ma a me interessa la magia della narrazione, quel che la Bender ha già dimostrato di saper fare nei racconti. E no, alla fine non rimango deluso: le pagine in cui cibo ed emozioni (risentimento, dolore, gioia o allegria) si mescolano nella bocca di Rosie, quelle - purtroppo troppo rare - in cui Joseph perde corpo e sostanza soffocato dal suo stesso mistero, le porte degli ospedali che rimangono chiuse, le nonne lontane e sconosciute, ma vicine negli oggetti, rotti e strapazzati che siano.
C'è molto di buono ne L'inconfondibile tristezza della torta al limone, magari un pochino diluito, ma c'è. Ed è qualcosa che è difficile dimenticare, nonostante tutto.

12 maggio 2014

Ben Harper dal vivo a Padova, 9 maggio 2014

There's always someone younger
someone with more hunger
(don't let it take the fight outta you)


© Francesco Castaldo

E così venerdì sera siamo andati a Padova al concerto di Ben Harper.
E beh… nonostante le premesse non fossero le migliori sono tornato entusiasta dall'esperienza.

© Giorgio Raffaelli
Abbiamo visto Ben Harper la prima volta all'arena di Verona qualche anno fa. Suonava con gli Innocent Criminals ed eravamo riusciti a a farci accreditare come fotografi. Saranno state le condizioni in cui ho assistito al live, o la spettacolare collocazione del concerto, in ogni caso ho trascorso una gran bella serata: ottima musica, foto invidiabili, clima ideale. Se per me le parti migliori sono stati i momenti in cui  Ben Harper esplorava la sua vena funky/rock, ottimamente supportato dalla sua band, il piccolo siparietto a metà dello show in cui il musicista californiano ha proposto qualche pezzo acompagnato solo dalla sua chitarra è stato forse il momento più debole del concerto. Ok, Ben Harper è bravo, ma ehi! il tiro della band aveva tutt'altro impatto.

Quest'anno ho preso i biglietti per tempo (erano il regalo di complenno di Annalisa) senza avere la più pallida idea riguardo al tipo di show che avrebbe proposto. Quando ho scoperto che il live sarebbe stato uno one-man show (ok, c'era anche la sua mamma, ma ci siamo capiti…) ho avuto qualche dubbio sull'esito della serata.
Ma siam partiti comunque carichi, che "Ben Harper è Ben Harper" (Annalisa) e "male che vada spero ci sian delle poltrone comode" (io).

Da parte mia temevo una reazione Blutarsky, e il buon Ben l'ha rischiata in paio di momenti, quando il suono del suo slide si avvolgeva su se stesso senza arrivare da nessuna parte, ma nel complesso non credevo che quasi tre ore di un tizio che suona da solo la chitarra potessero rivelarsi così emozionanti.

Che Ben Harper sia un ottimo chitarrista non lo scopro certo io, ma prima di venerdì sera non avevo mai sentito qualcuno usare la voce con la stessa qualità, lo stesso talento, la quasi infinita gamma di toni ed emozioni che lui è riuscito a tirar fuori per tutta la durata del suo concerto.

Ben Harper non è mai stato tra i miei artisti preferiti. Massimo rispetto, certo, ma m'è sempre parso fin troppo perfetto, con quell'atteggiamento da bravo ragazzo che si porta dietro, e il rischio della noia sempre dietro l'angolo. Se parliamo di voci vuoi mettere con un tipo come, chessò, Jeff Buckley? Ben Harper non pare proprio tipo da buttarsi in un fiume, e poi dai, la famiglia e la vita sana…
Anche suonare con la sua mamma, vi pare roba da rockstar?

© Melissa Nicholson



Ma Ben Harper è evidentemente un testone. Segue la sua strada, e poche balle. Lavora come un mulo, e si vede: canta cento volte meglio ora rispetto a qualche anno fa, suona le sue chitarre (ne avrà usate quindici diverse durante lo spettacolo, oltre a proporre qualche pezzo al piano) con una dedizione, un amore che si ferma sempre appena a un passo dall'ossessione, tirando fuori suoni che se non li senti non ci credi. Con quell'aria di trovarsi lì quasi per caso, la goffaggine dei movimenti e la ritrosia nei rapporti con la platea. E qualcosa da dire, e la capacità di farsi sentire. Noi l'abbiamo ascoltato più che volentieri per tutta la serata e ci siamo ritrovati a casa consapevoli di aver assistito a un gran concerto.

07 maggio 2014

Ian McDonald, un profilo d’autore

Posto anche sul mio blog, in parallelo con la pubblicazione sul sito di Zona 42, il profilo di Ian McDonald che Sandro Pergameno ha realizzato per la nostra edizione di Desolation Road.

ianMcDonald
Considerato ormai uno dei migliori scrittori di fantascienza viventi, e appartenente alla nutrita pattuglia britannica che oggi è davvero leader nel genere e comprende autori come Alastair Reynolds, Paul McAuley, Ian R. Mcleod, Ken MacLeod, e lo scomparso Iain Banks, Ian McDonald è nato nel 1960 a Manchester, in Inghilterra, ma si è trasferito da piccolo con la famiglia a Belfast, nell’Irlanda del Nord, dove oggi risiede.
Ian McDonald inizia a pubblicare fantascienza con The Islands of the Dead, uscito sulla rivista Extro nel 1982. Questo racconto, insieme ad altri raccolti in Empire Dreams, del 1988, e ai suoi primi romanzi, sempre di quell’epoca, dimostrarono subito la sua passione per ambientazioni complesse e raffinate e per una ricerca narrativa molto elaborata dal punto di vista stilistico e di costruzione della vicenda.
Il suo primo romanzo, l’ottimo Desolation Road, apparso negli USA nel 1988, è stato definito come un incrocio tra le Cronache Marziane di Ray Bradbury e Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. Più che scrivere ‘pastiches’ di autori classici, si può dire che McDonald mostri la loro influenza in un’intelligente appropriazione di certe angolazioni narrative: tali appropriazioni sono necessarie per far risaltare in maniera fortemente emotiva le implicazioni psicologiche delle trasformazioni ambientali causate dal processo di ‘terraforming’ di Marte, o della trasposizione in cyborg del fisico umano.  
Desolation Road è la storia epica e complessa della città omonima, fondata su Marte nel momento in cui il dottor Alimantado si allontana nel deserto verso un misterioso incontro alieno, e cresciuta attorno a un eccentrico gruppo di rifugiati e pionieri che si sono radunati presso l’oasi di Alimantado.
Ian McDonald
non si fa scrupoli nel creare un Marte pieno di prodigi tecnologici: macchinari intelligentemente avanzati sono attivi nell’opera di ‘terraforming’ e di controllo meteorologico del pianeta, e fanno parte di un bizzarro pantheon dominato da arcangeli meccanici ben integrati nelle vite dei mistici della città marziana.
I sogni dei memorabili protagonisti di Desolation Road sono mitici o razionali, alcuni colmi di odio, altri avidi di meraviglie. Essi attraggono sempre più gente nella città marziana; sempre più uomini e donne con ideali contrastanti, finché un Neo Feudalesimo verrà a regnare sopra ideali diversi come la solidarietà dei lavoratori, la rivoluzione nichilista e la religione delle macchine.

Out on Blue Six, del 1989, è un’opera meno convincente di Desolation Road; descrive una antiutopia, tema classico della fantascienza, e in particolare della fantascienza inglese negli anni del governo della Thatcher a Londra. Si tratta di un tentativo di riabilitare gli ideali del socialismo, combinando certi motivi alla Heinlein (vedi Rivolta 2100) - l’Uomo, in questo caso la Donna, che ‘impara’ dall’esperienza e ‘cambia’ - con altre tematiche tipicamente alla Van Vogt (certi misteriosi ‘padroni nascosti’), o prese a prestito dalla ricerca del Santo Graal. Il risultato è qualcosa di piuttosto farraginoso e indigesto.

King of Morning, Queen of DayMa è con il suo terzo romanzo, King of Morning, Queen of Day, uscito nel 1991 e tratto da un racconto precedente dallo stesso titolo, che Ian McDonald esce prepotentemente alla ribalta. Vincitore nel 1992 del premio Dick per il miglior tascabile dell’anno, King of Morning, Queen of Day riesce a rinnovare in maniera magistrale i canoni del genere fantasy (un po’ come avrebbe fatto Michael Swanwick nel suo originalissimo Cuore d’acciaio). Il romanzo è un ironico omaggio ai canoni del fantasy, in quanto consiste di tre lunghe novelle su altrettante generazioni di donne, e vi compare anche la classica ‘ricerca’ o quest (basi, come cita lo stesso McDonald nella postfazione al libro, di ogni ciclo di fantasy che si rispetti: “Tutte le storie di fantasy devono essere costituite di tre volumi e includere una citazione della ‘ricerca’”).
McDonald tuttavia non ha nessuna intenzione di annoiare i lettori con un’ennesima imitazione dei temi di Tolkien. La sua folle e ambiziosa trilogia in un libro si rifà a ben altri modelli: ai primi scrittori di fantascienza e al poeta Yeats nella sua prima parte; a Beckett, Flann O’Brian e soprattutto al Joyce dell’Ulisse nella seconda; e infine, nella terza sezione, partendo da toni tradizionali sull’identità irlandese attraverso i secoli e le generazioni, va addirittura ad assimilare sapori decisamente cyberpunk, con risultati di eccezionale originalità e forza narrativa. Il vero soggetto del romanzo è l’Irlanda, la sua letteratura, la politica, le guerre, i suoi sogni, gli abitanti, nel corso degli ultimi settant’anni, a partire dal 1913, epoca in cui è ambientata la prima sezione, per finire al presente dell’ultima parte. Si tratta di un’opera incostante sia come struttura che come risultati; nel complesso appare tuttavia un trionfo di eloquenza e raffinatezza letteraria e rimane impressa nella memoria del lettore.

The Broken LandLa carriera narrativa di Ian McDonald prosegue con un’altra opera di grande interesse e di ampio respiro, The Broken Land, del 1992, (uscito come Hearts, Hands and Voices in Gran Bretagna), ambientata in un mondo futuro tropicale ed esotico.
Come nel romanzo precedente, anche qui McDonald si dedica a temi di notevole impegno sociale: il romanzo, in un certo senso un deprimente catalogo delle atrocità del nostro secolo, è incentrato su tematiche quali l’oppressione dei popoli, la violenza e la redenzione. L’ambientazione ricorda a volte l’Irlanda, altre l’Europa nazista, e ancora il Sudafrica, o l’Asia sudorientale. La lotta religiosa e sociale che vi ha luogo riporta sì alla mente il conflitto nord-irlandese cui McDonald è ovviamente molto legato, ma anche altri momenti che hanno costellato e segnato in maniera cruda la nostra epoca (il nazismo, il Vietnam, la barbarie del Sudafrica, ecc.).
La tecnica scelta dall’autore, nello suo stile sempre intensamente poetico e vagamente ipnotico, ricorda quella utilizzata nel primo romanzo; qui il modello cui McDonald si è ispirato è però Geoff Ryman (altro grande autore inglese moderno praticamente sconosciuto nel nostro paese) con i suoi romanzi impegnati e controversi: The Unconquered Country (1986) e The Child Garden (1988).

NecrovilleE giungiamo così a Necroville, del 1994 (uscito in America come Terminal Café), in cui Ian McDonald raggiunge un apice stilistico e narrativo in una trama tecnologicamente e fantascientificamente solida e convincente.
In un mondo in cui l’immortalità è ormai una conquista assodata grazie alle nuove frontiere della nanotecnologia (nella postfazione al libro l’autore rende omaggio a Ian Watson, il primo a sostenere che l’immortalità è il risultato principale che l’umanità potrebbe ottenere dallo sfruttamento delle nanotecnologie), i morti riportati alla vita costituiscono un terzo della popolazione, e sono la spina dorsale della forza-lavoro mondiale. Hanno una loro cultura, i loro costumi, i loro ghetti (la Necroville del titolo) e le loro celebrazioni.
Su questo assunto McDonald riesce a elaborare, attraverso le immagini di una California tecnologizzata e ispanicizzata al di là di ogni attuale previsione, un mondo futuro estremamente complesso e affascinante, fondendo in maniera mirabile il suo stile raffinato e rococò con toni polizieschi e noir alla Chandler e con le pulsioni del cyberpunk.
In definitiva, possiamo sostenere che si tratta di un libro unico e originalissimo, un vero tour de force letterario che consacra definitivamente Ian McDonald nell’Olimpo dei grandi autori della fantascienza contemporanea.  

ChagaI confini dell’evoluzione (Evolution’s Shore, noto anche come Chaga in Gran Bretagna) è un’ulteriore conferma delle magistrali doti stilistiche e narrative dell’autore. Qui Ian McDonald cambia totalmente registro, lasciando da parte l’esplosiva narrazione high-tech e cyberpunk di Necroville per passare a una narrazione più intima e suadente, incentrata sulla vicenda di alcuni esseri umani alle prese con la complessa esplorazione di un’intelligenza aliena.
I confini dell’evoluzione, cui seguirono altre opere significative come Kirynia (un seguito di quest’opera) e Ares Express (che riprende invece le ambientazioni marziane di Desolation Road), si svolge soprattutto in Africa, all’inizio del ventunesimo secolo.
II libro è incentrato sul ‘Chaga’, una misteriosa forma di vita aliena sviluppatasi dopo l’arrivo di una meteora che va rapidamente espandendosi, trasformando il paesaggio africano in un habitat insolito e mostruoso, che ricorda in parte Max Ernst e in parte una giungla nanotecnologica, all’interno del quale nessun essere umano riesce a sopravvivere. Fatto ancora più strano, l’arrivo della meteora coincide con la scomparsa di Iperione, una delle lune di Saturno.
Il romanzo offre una straordinaria visione dell’Africa, che McDonald trasporta in un vicino futuro in cui Nairobi è diventata il centro di un mondo tecnologico di data processing e di venditori di software, un continente trasformato dai molti cambiamenti tecnologici e sociali. L’opera contiene inoltre una lunga serie di riferimenti alla tradizione fantascientifica, che la rendono sicuramente godibile e affascinante. La trasformazione aliena della giungla africana non può non riportare alla memoria Foresta di cristallo (The Crystal World), il grande classico di James Graham Ballard ispirato a un’altra incredibile ‘trasformazione aliena’. Un intervento alieno che si pone lo scopo di apportare una profonda mutazione nei caratteri genetici dell’umanità e un controllo sull’evoluzione della razza umana da parte di alieni benevoli sono in qualche modo alla base di un altro celebre romanzo di Arthur C. Clarke, e cioè Le guide del tramonto (Childhood’s End). Il punto non è di verificare se parti della geniale opera di McDonald risuonano di toni a noi familiari, ma se l’insieme ha un senso e funziona come romanzo. A nostro avviso il tutto si fonde in maniera esemplare, e gli echi di opere importanti aggiungono anzi un fattore di interesse e fascino: è un po’ il libro che Ballard avrebbe potuto scrivere se avesse tentato di dare una spiegazione scientifica ‘alla maniera di Clarke’, o ciò che Clarke avrebbe potuto comporre se avesse avuto una genuina passione per le immagini metafisiche così tipiche di Ballard.

Il fiume degli deiQualche mese fa è poi apparso in Italia quello che molti ritengono il suo capolavoro, e cioè Il fiume degli dei (River of Gods, 2004), che ha vinto il premio della British Science Fiction Association come miglior romanzo dell’anno ed è stato candidato allo Hugo. Il fiume degli dei è il Gange, “che scorre dall’Himalaya al golfo del Bengala attraverso le pianure dell’India settentrionale. Dopo anni di siccità, nell’agosto 2047 la diga costruita illegalmente a Kunda Khadar è diventata il casus belli del conflitto tra due dei vari stati in cui si è scissa l’India degli stati confinanti. Nel frattempo, su un asteroide catturato dal campo gravitazionale terrestre viene trovato il messaggio inciso da un’intelligenza artificiale: e benché si tratti di un reperto più antico del sistema solare, contiene le immagini digitali delle tre persone che potranno decodificarlo, oggi […] Un romanzo di fantascienza con profonde radici nella società del futuro, una sorta di Tutti a Zanzibar dell’era informatica”. Così Christopher Priest descrive il grande romanzo di Ian McDonald su The Guardian.
In realtà queste poche frasi non possono rendere l’idea della grandiosità di un’opera che affronta, attraverso le sue 500 e passa pagine, le storie di dieci personaggi principali e di una schiera di comprimari nell’India (e in particolare nel Bharat di Varanasi, che è uno dei tre stati principali in cui si è suddivisa la grande nazione) del vicino futuro, un’India tecnologicamente ed economicamente assai avanzata ma ancora preda dei suoi storici dilemmi sociali e razziali, tra pregiudizi di casta e guerre semitribali per il controllo dell’acqua, in un mondo ormai impoverito di risorse.

Per concludere, va infine ricordato che Ian McDonald, sulla scia del successo di River of Gods, ha poi composto altri romanzi importanti e ambientati nel futuro del nostro pianeta, in zone altrettanto interessanti, quali Brasyl (ambientato ovviamenti in Brasile) e The Dervish House, che dipinge la Turchia del prossimo futuro. Entrambi i testi hanno anch’essi vinto il premio della British Science Fiction Association come miglior romanzo dell’anno.

11 aprile 2014

Play!


E così siamo stati pure a Play, il festival del gioco che si tiene a Modena e che nel tempo è diventato il più importante appuntamento ludico nazionale.
Cosa c'entravamo noi di Zona 42? Col senno di poi posso dire che le nostra presenza al festival era piuttosto anomala. Ma Play è a Modena e noi a Modena ci viviamo: ci pareva quindi brutto rinunciare a un'opportunità a costo zero (o quasi) di presentare Desolation Road a un pubblico che continuiamo a ritenere contiguo, se non sovrapponibile, a quello dei lettori potenzialmente interessati alla nostra proposta editoriale.

A una settimana dalla chiusura del festival siamo arrivati alla conclusione che chi è venuto a Play per giocare ha vissuto la nostra presenza come un corpo estraneo, magari curioso, che un'occhiata ai nostri libri l'han data in parecchi, ma che rispetto alle quantità di proposte ludiche presenti è rimasta sempre piuttosto marginale. Se anche un qualche interesse lo abbiamo suscitato, questo non si è concretizzato in grosse cifre, né dal punto di vista della partecipazione al nostro evento, né dal punto di vista delle vendite effettuate.

Qualcosa di buono dalla due giorni modenese l'abbiamo però portato a casa. L'emozione di sentir leggere Desolation Road da Chiara Reali, che si è dimostrata un'interprete formidabile del testo che ha tradotto; la presentazione del nostro progetto che si è via via trasformata in una chiacchierata tra amici (e mi scuso ancora con Eugenio, cui avevo promesso un altro scambio di opinioni, ma che quando è passato dal nostro stand non mi ha trovato); l'entusiasmo e la passione percepibile nelle centinaia di persone che abbiamo visto sfilare per i padiglioni; la disponibilità e il divertimento delle decine di cosplayer (e molti li abbiamo coinvolti, trasformandoli in volenterosi testimonial del nostro romanzo); gli incontri con gli amici in fiera, tra questi la lunga chiacchierata con Davide Mana, strappato dal tavolo di Savage Worlds cui è stato praticamente incollato per tutta la durata della sua permanenza al festival, che si è dimostrato come sempre un ottimo interlocutore.

Per concludere un enorme ringraziamento a Fabio di Gaspez – Arts, che ci ha ospitato tra le sue magnifiche miniature per tutta la manifestazione con una disponibilità esemplare, e a Saverio del Club 3M, responsabile degli eventi di Play, che nonostante fossimo arrivati lunghissimi è riuscito comunque a trovarci uno spazio nel densisissimo programma della manifestazione.

Non so se torneremo ancora a Play come Zona 42. Di sicuro io ci tornerò a curiosare tra i tavoli, a giocare, a perdermi tra le centinaia di proposte e le migliaia di persone che rendono questo festival davvero prezioso nel panorama altrimenti piuttosto desolato che ci circonda.



04 aprile 2014

Tradurre Desolation Road

Ho chiesto a Chiara Reali se aveva voglia di scrivere due righe su come fosse stata per lei l'esperienza di tradurre Desolation Road. Come spesso accade la sua risposta è stata superiore alla più rosea delle mie aspettative. Leggete Chiara, qui sotto, e vedrete che le sue parole sono il più bel regalo potessi ricevere.






Quando i figli di Desolation Road stanno per compiere nove anni, i genitori gli chiedono, avete deciso cosa farete da grandi? Alcuni hanno le idee chiare, altri sanno solo che vogliono scappare.
Se fossi nata a Desolation Road, a nove anni avrei risposto: voglio fare la traduttrice. Anche sulla terra rispondevo così, dopo avere superato quella fase di onnipotenza in cui la mia risposta era (testuale), il premio Nobel, ma prima di scontrarmi con l’inamovibile decisione di mio padre (il liceo linguistico no, classico o classico) e, poi, con l’adolescenza.
Ho iniziato a tradurre all’età in cui Persis Tatterdemalion, la mia persona preferita di tutta Desolation Road, guardava fuori dalla finestra, dietro al bancone del suo bar, e sospirava: sono troppo vecchia. Lo pensavo anch’io, e però è successo - in quei modi che non si possono raccontare ma che chi traduce conosce bene.
Una cosa che non sapevo né a nove anni né a qualcuno di più era che tradurre, molto spesso, non è mica poi così bello. Perché i libri che ti capitano in mano sono brutti, sono libri che non leggeresti mai, sono libri che parlano di cose che non ti interessano.
Desolation Road non lo so mica, se l’avrei letto, non fosse stato per Giorgio. Leggo altre cose, e a una certa età si diventa pigri, mi sembra, e si ha meno voglia di leggere cose nuove, generi nuovi, e però di Giorgio mi fido, ci consigliamo libri da anni e non ci siamo mai delusi.

Di Desolation Road mi sono innamorata subito. E poi mi sono innamorata ancora, quando ho ripreso in mano il libro e l’ho riscritto, cercando di prestargli la mia voce e di scoprire quale fosse la sua. Non è stato un amore facile: Ian McDonald non ha solo creato un mondo popolato da una grande quantità di personaggi, ma ha una lingua tutta sua senza la quale quei personaggi non sarebbero vivi come sono, senza la quale non mi avrebbero parlato.
Abbiamo passato insieme Natale e Capodanno, abbiamo passato insieme mattine, pomeriggi, notti. Mi hanno fatta ridere e mi hanno fatta piangere, e quando sono arrivata all’ultima pagina, quando ho scritto l’ultima parola e quando poi l’ho riletta per l’ultima volta, per giorni mi sono sentita… Strana. Come quando finisce una storia d’amore, appunto, e si è tristi e si ripensa al passato e ci si sente vuoti e però si inizia anche a pensare a quello che succederà dopo.
Dopo è adesso, che vedo una cosa di carta con sopra scritto il mio nome e penso, incredibile.
Dopo è adesso, che se lo rileggo sento la mia fatica e ricordo, ma poi mi dimentico di me e mi innamoro di nuovo.
Dopo è sperare che ci siano tanti Giorgio e tante Chiara che si consigliano di leggere proprio questo libro qui, che parla di Marte ma per finta, perché in realtà parla di noi, di quanto facciamo fatica a liberarci del passato, di quanto sia difficile trovare la propria strada, di amicizia, di vendetta, di vita e di morte - di destino e di autodeterminazione.



Chiara sarà con noi domani per presentare Desolation Road, di Ian McDonald. Vi aspettiamo intorno alle 13.00 allo spazio Pietra Ringadora, nel padiglione A della Fiera di Modena, durante Play, Festival del gioco.


03 aprile 2014

Zona 42, Ian McDonald e la DeepCon

Prima uscita ufficiale e primi successi per il nostro progetto editoriale. Suoniamo troppo sbruffoni? Può darsi, ma quando percepisci ben distinto l'entusiasmo per la tua creatura, che si tratti di lettori, di addetti ai lavori e dello stesso autore del romanzo che hai finalmente pubblicato, beh… c'è ben presente il rischio di montarsi la testa. Soprattutto quando questo entusiasmo è confortato dai dati delle vendite, che - ehi! - se non abbiamo sbagliato i calcoli, circa il 70% dei presenti alla DeepCon se n'è tornato a casa con una copia di Desolation Road.
Certo, esiste anche l'altra faccia della medaglia, che non siamo qui a raccontarci la bella favola dell'editore sconosciuto che fa il botto: le persone presenti all'appuntamento di Fiuggi erano davvero pochine. E se i complimenti fanno bene al cuore, il piatto economico della nostra trasferta laziale piange qualche piccola lacrimuccia.

Ma va bene lo stesso. A Fiuggi c'era Ian McDonald, anche solo per questo motivo valeva la pena sobbarcarsi 5 ore di macchina e partecipare all'evento.

Ian McDonald ha confermato di persona l'ottima opinione che mi ero fatto di lui sentendone parlare da amici e colleghi. Il suo intervento alla DeepCon, una dichiarazione d'amore nei confronti della fantascienza, è stato brillante, intenso e appassionato, partendo dai motivi per cui ha cominciato ad apprezzare il genere da giovane lettore, alle motivazioni che lo hanno spinto a iniziare a scriverla ("blame Margaret Thatcher, may she burn in hell…"), fino alle considerazioni sul suo percorso di autore ("ogni dieci anni circa mi ritrovo a non poterne più di quel che ho fatto fino a quel momento e cambio rotta"), ai contenuti dei suoi romanzi, ai progetti futuri (uno scenario ridotto, tanto per cambiare, una base lunare, con un piccolo gruppo di persone dalle provenienze più diverse, le loro famiglie, le dinamiche che li mettono in relazione. Un'unica certezza, i cattivi saranno australiani. Poco, ma sicuro.).
Al suo intervento è seguita la presentazione dei due romanzi da poco editi in Italia. Per primo Il fiume degli dei, con l'autore insieme a Giuseppe Lippi e Silvia Castoldi, rispettivamente curatore di Urania, per cui il romanzo è uscito, e traduttrice del romanzo. Silvia ci ha raccontato cosa ha comportato riprendere e completare il lavoro di un mostro sacro della traduzione come il compianto Riccardo Valla, mentre Ian McDonald ha ricordato i motivi del successo del suo romanzo quando usci nelle isole britanniche, senza particolari riferimenti al suo contenuto fantascentifico.
A seguire il debutto ufficiale del nostro progetto, con la presentazione di Desolation Road, caratterizzato dallo scambio di battute tra noi, McDonald e il pubblico, a proposito del romanzo, dei suoi personaggi (lo sapevate che il dottor Alimantado arriva drittto dritto dall'insegna di un dentista di Nairobi? O che son state le suggestioni degli spaghetti western a contribuire ai fantastici nomi dei numerosi personaggi che arricchiscono il romanzo?). E poi qualche accenno alla copertina, al suo essere volutamente diversa dai canoni che sembrano contraddistinguere la narrativa di genere, e l'approvazione dell'autore rispetto alla nostra scelta (grosso sospiro di sollievo!).

Dopo una piccola pausa birra, è cominciato per Ian McDonald il lavoro vero e proprio. È stato in quei momenti che - ce ne fosse stato ancora bisogno - ha conquistato definitivamente il suo pubblico. Non so quanti libri abbia firmato (solo io gli ho portato una dozzina e più di volumi, senza considerare le decine di copie di Desolation Road che gli abbiamo fatto autografare), ma quel che mi ha davvero  sorpreso è stato notare come ogni dedica lasciata sul frontespizio dei volumi fosse diversa dalla precedente. Me ne sono reso conto una volta tornato a casa, quando sfogliando i suoi libri mi sono accorto di come ognuno riportasse due parole, una frase, a volte uno schizzo, in tema con il titolo autografato.

Per me comunque il top l'ha raggiunto con la dedica che ha voluto lasciare sulla copia di Desolation Road che mio figlio ha iniziato a leggere, e che trovate qui a fianco.
Capite bene come la mia ammirazione per 'sto uomo sia sconfinata!

Per concludere un doveroso ringraziamente a chi ha contribuito a rendere la DeepCon un incontro tanto accogliente quanto professionale. Non ricordo i nomi di tutte le persone con cui abbiamo avuto la fortuna di confrontarci, ma devo citare almeno Flora, instancabile motore dell'evento, e poi tutti vecchi amici incontrati dopo parecchio tempo (Paolo, i Vanamonde, Emanuele, Andrea, Dario, Franco) e quelli che finalmente ho conosciuto di persona come Francesco. Sono stati due giorni pieni e indimenticabili.
Grazie.

27 marzo 2014

Zona 42 - Il sito


Ha debuttato ieri il sito di Zona 42. Per ora è ancora piuttosto scarno, ma nei prossimi giorni si riempirà progressivamente di testi, immagini e di tutte le informazioni utili per ordinare e leggere i nostri volumi oltre che dei riferimenti alle iniziative in cui sarà possibile incontrarci e scambiare quattro chiacchiere.

Ce lo avete già chiesto in parecchi: al momento è possibile ordinare Desolation Road manualmente, inviandoci una mail grazie all'apposito form che abbiamo preparato. Contiamo di implementare al più presto tutti gli automatismi del caso.

Per chi fosse curioso riguado al romanzo di Ian McDonald e volesse provarne a leggere un'anteprima, abbiamo caricato un piccolo assaggio di Desolation Road.
Il PDF è scaricabile dalla pagina dedicata al volume.

Abbiamo anche preparato una sezione dedicata a chi fosse tanto temerario da volerci supportare nella nostra attività, mentre a breve ci sarà la possibilità per i librai di contattarci e stabilire profique modalità di collaborazione.

L'elenco delle librerie dove poter acquistare i nostri libri arriverà entro la prossima settimana.

Come potete vedere il lavoro è tutt'altro che finito, ma ci stiamo dando da fare per ottimizzare la nostra vetrina virtuale.

Vi ricordo che sabato 29 e domenica 30 saremo a Fiuggi alla DeepCon 15 dove presenteremo Desolation Road in compagnia di Ian McDonald.
La settimana successiva presenteremo invece il nostro progetto a Play, il festival del gioco che si terrà a Modena il 6 e 7 aprile.

Vi aspettiamo!



24 marzo 2014

Zona 42 presenta Desolation Road, di Ian McDonald

La copertina dell'edizione digitale di Desolation Road, leggermente diversa da quella dell'edizione cartacea, presentata qui



 IL LIBRO 
"Hai ancora delle faccende in sospeso nella mia città, Rael, e fino a quando non avrai finito ciò che hai iniziato, i ricordi non ti daranno pace."

Desolation Road non dovrebbe esistere: una fermata non prevista lungo i binari della Ferrovia Bethlehem Ares, nata per errore, cresciuta ostinata come i suoi abitanti. È una parentesi nella Storia, nell’attesa che si compia il suo destino.
A Desolation Road non conta il passato e il presente è un’incognita polverosa: che si viaggi nel tempo all’inseguimento del futuro o si percorrano le sue strade a bordo di un risciò.
A Desolation Road ci sono solo due regole: si bussa prima di entrare e non si disturba durante la siesta.
Tra angeli meccanici e locomotive nucleari, matrimoni poliamorosi e spettacoli itineranti, gli abitanti di Desolation Road nascono, crescono, si innamorano, muoiono. Uccidono, a volte.

Desolation Road è una storia di frontiera in cui le suggestioni marziane di Ray Bradbury si fondono con il senso del magico e dell’ineluttabilità del destino di Gabriel García Márquez - mescolate con una buona dose d’ironia pop - per creare un tessuto narrativo fatto di personaggi, storie e luoghi che si intrecciano, si perdono e si ritrovano, dando vita a un romanzo indimenticabile.



L'AUTORE
Considerato ormai uno dei migliori scrittori di fantascienza viventi, Ian McDonald è nato nel 1960 a Manchester, in Inghilterra; attualmente risiede nei pressi di Belfast, in Irlanda del Nord.
Inizia a pubblicare fantascienza con The Islands of the Dead, uscito sulla rivista Extro nel 1982. Questo racconto, insieme ad altri raccolti in Empire Dreams, del 1988, e ai suoi primi romanzi, dimostrarono subito la sua passione per ambientazioni complesse e raffinate e per una ricerca narrativa molto elaborata dal punto di vista stilistico e di costruzione della vicenda.

In italiano sono usciti Necroville, Forbici vince carta vince pietra, I confini dell’evoluzione, Il circo dei gatti di Vishnu, Il fiume degli dei.



TRADUZIONE
Chiara Reali vive a Milano. Scrive in rete dal 2005 e ha pubblicato racconti su Linus, ‘tina, e nell’antologia targata Minimum Fax Tu sei Lei. Otto scrittrici italiane.



DESOLATION ROAD - VERSIONE CARTACEA
404 pagine, formato 14x19, brossura cucita a filo refe con copertina a quattro ante plastificata. Euro 15,90

DESOLATION ROAD - VERSIONE DIGITALE
Formato epub e mobi. Euro 6,99



Disponibile in anteprima alla Deepcon 15, sabato 29 e domenica 30 marzo, a Fiuggi.
Da lunedì 31 sul nostro sito e su tutti i maggiori store on-line.
A breve troverete una lista delle librerie dove sarà possibile acquistare il volume cartaceo.
Segnalateci le vostre librerie di fiducia: info (at) zona42 (punto) it. Provvederemo a contattarle.

21 marzo 2014

Perché "Zona 42"?

In più d'uno ci ha chiesto da dove arriva Zona 42. Provo a raccontarvelo.

Non credevamo fosse così complicato scegliere un nome per una casa editrice. Quando abbiamo iniziato a pensare al nostro progetto editoriale abbiamo avuto subito ben chiaro cosa ci sarebbe piaciuto pubblicare, quale sarebbe stata la strategia distributiva. come avremmo voluto impaginare i nostri volumi. Il nome da darci ci pareva una scelta del tutto accessoria, quasi superflua, che tanto qualcosa ci sarebbe pur venuto in mente.
Nel frattempo son passate le settimane, che son poi diventati mesi. Abbiamo steso un business plan, abbiamo valutato quale fosse la forma sociale migliore per le nostre esigenze, abbiamo iniziato a contattare autori e agenzie. La scelta del nome è rimasta nel limbo fino a quando i tempi si son fatti pressanti e la decisione su quale denominazione darci è diventata sempre meno procrastinabile.

Sono scorsi fiumi di birra e telefonate inteminabili, nomi sparati a caso, altri che parevano perfetti ma che dopo poche ore non sopportavamo più, innamoramenti fugaci e interminabili derive combinatorie tra termini e definizioni con il più piccolo legame con la nostra attività, per tacere poi delle citazioni letterario/cinematografiche con cui per un bel pezzo ci siamo divertiti.

Cosa cercavamo? Un nome semplice, facile da ricordare, con qualche suggestione fantascientifica (ma non troppo, che non volevamo escludere la possibilità di allargare il campo), che parlasse del nostro approccio alla letteratura di genere ma non fosse troppo vincolante. Il nome della nostra casa editrice doveva poi essere abbastanza originale da non aver bisogno di chissà quali invenzioni per distinguerlo nel mare magnum di internet, che il nome del dominio, le stringhe di ricerca, etc. etc.

Siamo passati da Piano B (esiste già, mannaggia…) a Finisterre (un po' troppo esoterico), da Hic Sunt Leones (bello, ma impronunciabile nel caso di contatti telefonici) al suo acronimo, siamo passati per le Porte di Tannhäuser (siamo seri…) e per tutte le combinazioni possibili di Spazio e Tempo, senza tralasciare sinonimi e contrari.

Poi ci siamo fermati, siamo tornati sulla terra, e siamo rimasti folgorati dalla semplicità di una certa idea. Quale soluzione migliore di un nome che in un colpo solo coniugasse le ebbrezze semantiche di un topos ormai classico, seminate da tanti autori che abbiamo amato (da Ballard ai fratelli Strugatskij, passando per il cyberpunk e i misteri del cosmo), capace come pochi altri termini di evocare misteri e inquietudini, meraviglie e possibiltà, con la risposta definitiva al mistero della vita, dell'universo e di tutto quanto?
In un colpo solo avevamo l'approccio profondo e impegnato, condito da un bel po' di sano divertimento. Avevamo la passione stupefacente insieme alla follia, l'immaginazione sfrenata marcata stretta da una buona dose di ironico pragmatismo.
Abbiamo trovato la Zona, le abbiamo regalato un numero perfetto: è nata Zona 42.