25 gennaio 2008

La leggenda dei monti naviganti


Picture by Iguana Jo.
Qualche tempo fa da queste parti si parlava di montagna. Insieme al testo sul blog avevo caricato su flickr qualche immagine delle Tre Cime di Lavaredo. Sotto una di queste foto nerovivo mi consigliava di leggere La leggenda dei monti naviganti di Paolo Rumiz.
Di solito non mi fido troppo dei consigli delle persone che non conosco, ma evidentemente c'era qualcosa nel tono di Domenico che mi ha convinto e così mi sono finalmente deciso leggerlo.

Beh… raramente un consiglio di lettura fu più azzeccato!
Forse l'unica critica che è possibile fare al libro di Rumiz è nella scelta del titolo, troppo aulico e fuorviante rispetto al contenuto decisamente solido e reale delle sue pagine.
La leggenda dei monti naviganti è la cronaca in due parti dell'esplorazione compiuta dall'autore tra le montagne che circondano e percorrono, uniscono e dividono, caratterizzano e danno un senso alla nostra penisola. Un racconto di viaggio al termine del quale ci si ritrova a contemplare le Alpi e gli Appennini con sguardo rinnovato, come se fossero appena apparse nel solito panorama quotidiano che ci circonda.

Partendo dalle Alpi, e proseguendo poi tra le montagne misteriose e disabitate dell'Appennino, il racconto di Rumiz meraviglia ed emoziona per l'incanto innato della montagna, affascina e colpisce per la passione civile e la partecipazione umana che riesce a infondere alle sue pagine, diverte e appassiona per la capacità dell'autore di mescolare sensazioni personali con l'informazione sui luoghi e sulle decine di persone incontrate lungo la strada.
Il quadro che dipinge Rumiz non è mai consolante o accondiscendente. Dietro il fascino indubbio dei luoghi appare sempre lo spettro dello sfruttamento insensato (vedi per esempio la visita al Vajont, o gli altri passaggi tra le montagne venete) o la colpevole incuria che ha portato tra l'altro al progressivo spopolamento della dorsale appenninica. Ovunque appaiono tracce dello stato di abbandono di cui soffre la montagna, sempre subalterna e ignorata nelle sue caratteristiche, nelle sue necessità dai centri del potere. Ancora più forte appare il contrasto tra la ricchezza umana e la diversità che ha sempre distinto le genti di montagna rispetto all'omologazione delle pianure invase da autostrade e centri commerciali.
E se a volte Rumiz eccede forse nella retorica del montanaro duro e puro, non si possono non concedere all'autore tutte le attenuanti e sacrosante ragioni di chi quei luoghi conosce e ama, di chi assiste arrabbiato ma impotente al progressivo deteriorarsi di ambienti e comunità che nonostante tutto non si sono ancora arrese all'inclemenza di questo tempo globalizzato.

Ma ben oltre al suo contenuto politico La leggenda dei monti naviganti è soprattutto un libro che racconta le nostre montagne come mai prima m'era capitato di leggere. È un invito costante alla scoperta, un elogio al viaggio lento, a piedi o in bicicletta o nel caso del reportage appenninico su una vecchia topolino, con la consapevolezza che solo una progressiva (e faticosa, aggiungo io) immersione nel luogo ne permette una reale conoscenza, uno scambio tra viaggiatore e luogo visitato. Un volume che dell'incontro con l'altro, che sia l'ignoto escursionista incontrato nel rifugio alpino, il personaggio del luogo o una persona qualsiasi lungo la strada, fa il paradigma dell'esplorazione.

La leggenda dei monti naviganti è un libro che ti lascia migliore di come ti ha trovato, con la coscienza che a due passi dalle nostre case si aprono territori ricchi di fascino e cultura, luoghi e persone che meritano più rispetto e più riconoscenza di quella che il resto d'Italia sembra attribuirgli.
Un libro da leggere e un mondo da (ri)scoprire, cosa chiedere di più?


21 gennaio 2008

Giorni bui


Picture by Iguana Jo.
In questi giorni scopro che mentre Mastella insulta e il Parlamento applaude, il papa se la fa sotto e un politico con attestato di criminale continua imperterrito a governare la Sicilia, anche il prode Grillo mostra il meglio di se.

Che bel posto di merda, l'italia del potere.


18 gennaio 2008

papale papale


Originally uploaded by ilConte.
Non seguo con attenzione l'attualità, non leggo i quotidiani, al limite do un'occhiata a quelli on-line. Mi sale la nausea ogni volta che per sbaglio becco un tg. Però a volte tacere il disgusto per quest'italia mediatica diventa davvero difficile.
Ma parlarne pacatamente non mi è facile, per questo preferisco farvi leggere qualche contributo apparso in rete. Esprimono il mio pensiero molto meglio di quanto potrei fare io.
Dal blog di Vanamonde: Nuntio vobis gaudium magnum: non habemus papam, da quello di Luttazzi: GGM2 / Sapienza e non dimenticate di cliccare sulla terra qui sopra.


17 gennaio 2008

Il mio nome è rosso


Khusrau Hunting
Originally uploaded by
Tears 4 the Ummah.
Probabilmente la metafora della lettura come viaggio è talmente abusata da aver perso ogni reale capacità evocativa, ma per questo post lasciatemela usare, che davvero non riesco a immaginare un sistema migliore per descrivere il mio incontro con Il mio nome è rosso del premio Nobel Orhan Pamuk. Immergersi nella Istanbul del 1591 descritta dall'autore turco è stato come partire per territori inesplorati, con la fatica del cammino che spesso si fa sentire ma anche con tutte le soddisfazioni e le disillusioni della scoperta, con la ricchezza che sempre c'è nell'incontro con lo straniero, ma con l'altrettanto sentita necessità di adattarsi alle abitudini locali.

Un altro forte riferimento che mi ha accompagnato per gran parte del tempo trascorso nei vicoli di Istanbul in compagnia dei numerosi personaggi del romanzo è stata la sensazioni di ritrovarmi tra le mani una sorta di versione ottomana de Il nome della rosa: in entrambi il romanzo storico, la ricostruzione dettagliata di aspetti minuti e particolari di un gruppo specifico di specialisti del tempo è insieme (re)visione del passato e indagine del presente, rievocazione e celebrazione di un'epoca fondamentale della Storia mescolata abilmente con la riflessione sull'oggi, con la necessità mai rimossa di dare un senso allo spirito del tempo.

Ma torniamo all'esperienza di lettura. Il mio nome è rosso non è un romanzo facile: la scrittura dell'autore richiede un costante impegno, l'approfondita messe di riferimenti al mondo islamico in generale e a quello dei miniaturisti in particolare offre spesso al lettore alieno a quel mondo un sovraccarico di informazioni non sempre agevole da assorbire. Calarsi completamente in una realtà i cui paradigmi fondamentali sono diversi dai propri offre la possibilità della rivelazione improvvisa ma comporta uno sforzo che non sempre nel romanzo è premiato. Vedi per esempio l'esilissima trama gialla che tiene insieme la vicenda, o il troppo non detto nei rapporti tra i protagonisti, siano essi gli "anziani" (lo zio, il capo dei miniaturisti) o gli altri (i miniaturisti, Nero, Sekure) come anche la difficoltà per il lettore nel riuscire a dare un viso o una voce distinta ai vari personaggi. Tutti aspetti che non sono necessariamente difetti, rispecchiando casomai anche nella scrittura il tema dominante del romanzo, ossia il confronto tra est e ovest, tra islam e miscredenti, tra l'arte decorativa orientale e la pittura occidentale.
Credo che l'autore abbia volutamente dato forma e corpo di antica miniatura a tutta quella che si potrebbe definire l'interfaccia immaginifica del romanzo. In questo senso risulta forse più comprensibile la riduzione dei personaggi a "tipi" piuttosto che a persone riconoscibili e tridimensionali, così come la brillante presenza di voci narranti altre rispetto a quelle di protagonisti della vicenda (dervisci erranti, colori, cavalli o altri animali), tutte presenze tipiche dell'arte miniaturista orientale.

Nonostante la fatica (o forse proprio grazie all'impegno speso) Il mio nome è rosso è un romanzo che non si scorda facilmente. Istanbul, l'impero ottomano, l'islam, assumono consistenza vera, terribile e meravigliosa. Dalla lettura si percepiscono fortissime le tensioni, le diversità e i contrasti che attraversano il mondo musulmano. Altrettanto potentemente emergono e rimangono impresse le figure femminili di questo oriente misconosciuto, creature emarginate dalla scena politica e sociale ma che dimostrano con la loro conoscenza dei segreti meccanismi della comunicazione tutta la loro forza, tutta la loro intransigente energia. Il mio nome è rosso è un romanzo in cui passato storico e tensioni del presente si fondono in maniera organica donando al lettore una sintesi credibile di una porzione del mondo islamico.
Ma l'opera di Orhan Pamuk è anche un brillante esempio di romanzo moderno, con i personaggi che dialogano con il lettore, ben consci della loro realtà narrativa, in cui anche i morti hanno un punto di vista, un'opera in cui si riflette (e molto) sul ruolo dell'autore. Un romanzo complesso quindi, come complesso è il mondo di cui narra.
Una lettura da consigliare a chi ha ancora voglia di esplorare mondi sconosciuti.


16 gennaio 2008

Lavori in corso

Ultimamente non ho avuto troppo tempo per la rete, oltre ai soliti impegni sono stato piuttosto preso da un progetto di cui per ora non posso ancora parlare.
La cosa riguarda immagini e fantascienza, per cui beh… vedremo cosa ci salterà fuori.
Rimanete sintonizzati.

Picture by Iguana Jo.

08 gennaio 2008

Flickr. Anno terzo.


Picture by Iguana Jo.
Il terzo anno su flickr ha smascherato tutte le poche illusioni rimaste sulla natura pseudo-anarchica del web comunitario: da un lato l'insieme degli utenti, che più si allarga più assume le caratteristiche generaliste e cazzare di qualsiasi gruppo anonimo di persone, dall'altro, a dettare le regole, l'autorità del gestore del servizio.

Questo non significa che mi sia stancato di postare foto in rete, tutt'altro, solo che vivo la realtà flickriana con parecchio distacco in più.
D'altra parte se sono arrivato su flickr era per la possibilità che offriva di condividere una passione, di imparare da fotografi più esperti, di godere delle immagini straordinarie che vi venivano postate. Le dinamiche sociali sono arrivate solo più tardi e ora che per molti versi stanno deragliando verso gli schemi più triti della competizione a tutti i costi (ho un sacco di commenti! guarda quanti faves! sono finito su explore!), compresa l'invasione dell'ultimo periodo dei gruppi che invitano e accettano le foto a patto di commentarne altre, a me rimane la soddisfazione di avere avuto modo di conoscere nel frattempo persone vere, con cui si sono instaurati rapporti che vanno ben al di là della visita reciproca al proprio stream.

In quest'ultimo anno si è ormai ampiamente consumata anche quella falsa complicità tra chi flickr l'ha creato e chi si trova a frequentarlo. I parecchi episodi accaduti durante gli ultimi dodici mesi (stream cancellati o censurati senza spiegazioni, le limitazione imposte alla visualizzazione a determinati gruppi di utenti, il progressivo deteriorarsi delle relazioni tra gestore del servizio e utenti) hanno ormai reso evidente che i siti come flickr vanno considerati come l'equivalente in rete del distributore in cui vai a fare il pieno di carburante: scegli il più comodo o il più conveniente, che alla fine le sue priorità sono unicamente economiche.

Per tutti questi motivi sono rimasto incerto fino all'ultimo se rinnovare o meno il mio account pro. Alla fine ho deciso per il rinnovo: la quantità di immagini e la possibilità di organizzarle che mi offre flickr sono al momento la soluzione più comoda per gestire, mostrare, condividere le mie foto con il resto del mondo.
Nel frattempo però ho aperto un nuovo account su ipernity, una piccola realtà alternativa a flickr che al momento vive di quell'entusiasmo tipico della novità in rete. Per ora la comunità che vi si ritrova mi pare mediamente molto più tranquilla e rilassata, non esiste uno spirito competitivo così accentuato (o almeno non è così evidente) e in generale si respira un aria più libera (più europea mi verrebbe da dire) rispetto a quello che si respira ultimamente su flickr.
Non so ancora come si evolveranno le cose. Io nel frattempo continuo a giocare con il risultato dei miei scatti. Vedremo cosa ci riserverà questo nuovo anno in rete.


07 gennaio 2008

Puff puff pant pant…


Picture by confusedvision.
Rieccomi finalmente in queste lande virtuali.
Se nella vita vera il mio anno nuovo è cominciato splendidamente, purtroppo la vita virtuale dell'iguana ha subito un inatteso stop.
Il mio mac domestico ha deciso di ribellarsi, di prendersi qualche giorno di vacanza e di mollarmi proprio nei giorni in cui avrei più avuto bisogno di lui. Quindi niente auguri agli amici in rete, niente aggiornamenti sul blog ne tanto meno in forma di immagine, silenzio totale via mail o nei commenti che attendevano risposta e quel che è peggio, tutti quei lavori di impaginazione che avevo in programma di fare durante le feste sono rimasti miseramente bloccati.
Insomma mi tocca di essere contento di essere tornato al lavoro, almeno per quel che riguarda la possibilità di ritrovare finalmente quel pezzo del mio mondo che vive nella rete.

Ben ritrovati dunque.
…e ancora auguri, che possiate tutti godere di un magnifico e felice 2008!