28 aprile 2009

4 giorni corti


Picture by Pavan Andrea.
Creare. Partire da un'idea vaga e vederla poi evolversi man mano che incontra esperienze diverse, diversi punti di vista. Trasformarla in racconto e poi provare a vederla attraverso una videocamera. Fare cinema insomma.
Questo è quello che abbiamo provato a fare quest'ultimo fine settimana. Ci siamo trovati in una decina di persone, tutte appassionate di cinema, tutte ansiose di provare per una volta a saltare dall'altra parte dello schermo. Tutti decisamente incoscienti di cosa voglia dire davvero realizzare un film. Dilettanti allo sbaraglio, certo, ma con un progetto e tutte le intenzioni di vederlo realizzato.

L'occasione si è presentata con la terza edizione del Nonantola Film Festival che anche quest'anno ha proposto 4 giorni corti, un concorso per cortometraggi di quattro minuti da realizzare in quattro giorni con genere del film e vincoli di messa in scena decisi dalla giuria.
Se nelle edizioni precedenti il sorteggio , almeno sulla carta, ci era stato propizio (fantascienza la prima volta, horror l'anno scorso), quest'anno le premesse non erano le migliori: alla nostra troupe è stato infatti abbinato il genere sentimentale, che non è certo il tipo di cinema che sentiamo più vicino. Ma ci siamo impegnati, abbiamo lavorato duro, e tra giovedì e domenica siamo riusciti a sfornare Rubacuori, un film sentimentale che ci ha lasciati decisamente soddisfatti.

Sulla qualità del cortometraggio non riesco a essere obiettivo. Per capire se siamo riusciti a fare un lavoro decente rimaniamo in attesa del riscontro della giuria (solo venti film tra tutti i partecipanti al concorso - e quest'anno gli iscritti erano 132 - verranno selezionati per la visione pubblica nella serata finale del festival) e del giudizio del pubblico (da lunedì il film sarà disponibile in rete).
L'unica cosa di cui siamo certi è che Rubacuori è decisamente il migliore dei nostri tentativi cinematografici (non che ci volesse molto!). Rispetto alle edizioni precedenti del concorso questa volta avevamo una sceneggiatura più solida, e nonostante la qualità delle riprese sia tutt'altro che eccelsa e che il nostro bagaglio tecnico lasci parecchio a desiderare, quest'anno in fase di montaggio siamo riusciti a costruire una storia di quattro minuti che avesse per lo meno un minimo di senso.

Comunque vada l'accoglienza del pubblico (tranquilli, siamo consapevoli che Rubacuori non è un capolavoro immortale) questi quattro giorni sono stati memorabili. L'esperienza di trovarsi con gli amici a giocare il grande gioco del cinema tutti insieme, sul serio, impegnandosi al 110% e riuscendo per giunta a realizzare un film, un vero film, in appena quattro giorni è stata davvero notevole.
Siamo stati bravi. E soprattutto ci è rimasta la voglia di riprovarci.


20 aprile 2009

JGB - In Memoriam


Picture by Iguana Jo.
Ci sono immagini impresse indelebilmente nella coscienza, pattern cognitivi che attivano inevitabilmente le particelle ballardiane sospese nel mio spazio interno.
Anticorpi che permettono di sopravvivere agli ingorghi autostradali, al culto delle celebrità mediatiche, all'espropriazione della personalità da parte delle periferie urbane, delle comunità chiuse, degli aeroporti.
Ballard è un costrutto mentale ormai solidificato, e la sua presenza persisterà per molto tempo nel mio personale orizzonte psichico, nonostante da ieri lui non sia più fisicamente tra noi.

La scoperta di Ballard ha rappresentato l'irrompere inconsulto e incontrollabile della realtà nel mio immaginario di lettore di fantascienza
J. G. Ballard è stato il primo scrittore di fantascienza che mi ha fatto scorgere una possibilità di espressione più adulta, matura e consapevole all'interno del genere. Il primo capace di inquietarmi con la suggestione di uno spazio interno altrettanto misterioso, esplorabile e sorprendente del grande vuoto la fuori. Il primo capace di trasformare l'apocalisse fisica in un'epifania mentale.

James Graham Ballard è rimasto un autore unico nel panorama letterario mondiale. Una figura di riferimento sia per quella fantascienza che nutra ancora l'ambizione di esplorare il reale, sia per quegli autori che non si accontentano di raccontare il mondo ma che lo rigenerano ogni volta che si mettono all'opera (non riesco a immaginare L'arcobaleno della gravità senza un Ballard a fare da apripista, ma più in generale credo che tutta la letteratura post post moderna abbia più di un debito con l'autore inglese - penso a Lethem, penso a Wallace, ma l'elenco è lungo).

Ballard se n'è andato, le sue visioni rimangono. Teniamocele strette, che le sue mappe psichiche ci sono ancora indispensabili per orientarci nel deserto che si apre fuori dai nostri televisori, nello spazio infinito tra la coscienza dell'incidente e la realtà dello scontro, nel tempo incosciente che dovremo attraversare.


07 aprile 2009

Rapporto letture - Marzo 2009


Picture by Iguana Jo.
Ed Kramer & Neil Gaiman (a cura di) - The Sandman Book of Dreams
Era da tempo che non frequentavo il signore dei sogni, tanto da aver quasi dimenticato il fascino del mondo ricreato dalla fantasia di Neil Gaiman.
Questa antologia di racconti mi ha riportato indietro a quando la lettura delle storie di Sandman era una delle mie personali piccole meraviglie quotidiane. Fortunatamente i racconti raccolti in questo volume non hanno il sapore del tributo scolastico o dell'operazione nostalgica. Gli autori coinvolti dimostrano anzi una buona conoscenza del reame del sogno e soprattutto rendono bene l'idea di come le suggestioni evocate dal capolavoro di Gaiman abbiano arricchito la letteratura fantastica contemporanea.
Come ogni antologia anche questa non fa eccezione alla regola per cui racconti brillanti si alternano ad altri più deboli, ma se devo trovare un difetto più sostanziale, beh… mi è dispiaciuto solo che Morfeo compaia in primo piano un po' troppo di rado e lateralmente, anche se la sua presenza (e quella dei suoi fratelli e sorelle immortali) è sempre ben percepibile.
Tra le storie che più mi hanno colpito non posso non citare almeno quelle di John M. Ford (Chain Home, Low), di Robert Rodi (An Extra Smidgen of Eternity), George Alec Effinger (Seven Nights in Slumberland) e soprattutto quella di Susanna Clarke (Stopp’t-Clock Yard) l'unica in cui Sandman è davvero protagonista.
(e per finire un grazie a Sarmax che mi ha regalato il volume)

James Joll - Gli anarchici
Ho sempre avuto sentimenti contrastanti nei riguardi dell'anarchia. Da un lato c'è la convinzione dell'impossibilità di una società anarchica funzionante vista la disparità di risorse disponibili, dall'altro il principio bellissimo e coraggioso che vede tutti gli uomini liberi dal giogo e dalle tentazioni del Potere con la responsabilità della propria vita unicamente nelle proprie mani.
Questo volume racconta la storia del movimento anarchico attraverso la figura dei suoi principali esponenti. Gli anarchici è un libro illuminante soprattutto quando lascia emergere nel racconto delle vicende del movimento la situazione dell'umanità disperata che popola le città e le campagne tra l'otto e il novecento. E ben più interessante delle vite dei protagonisti (che fossero ideologhi da salotto - pochi - o rivoluzionari internazionali - i più - erano comunque per la maggior parte un branco di irriducibili idealisti, di illusi e di fondamentalisti) si percepisce il rigore e la dedizione dei singoli anarchici, anonimi per lo più, ma capaci di trasmettere nel tempo un ideale fondamentale, se non come pratica sociale almeno come utopica etica individuale. Per immaginare un futuro diverso, qualcosa che ormai non siamo più nemmeno capaci di concepire.

Dario Tonani - L'algoritmo bianco
Del romanzo di Dario Tonani ho parlato abbondantemente qui. Altri spunti interessanti li potete trovare su Lo strano attrattore.


David Ohle - L'era di Sinatra
Il sottotitolo de L'era di Sinatra recita "un romanzo molto strano". Ma può bastare una caratteristica aleatoria coma la stranezza a rendere interessante un romanzo?
In questo caso la mia risposta è decisamente no. Non basta infarcire un testo di parole inventate e situazioni paradossali, e calcare il pedale del disgustoso per rendere un'opera interessante. Soprattutto se poi ci si ritrova a constatare che, stranezze a parte, L'era di Sinatra, che pure sembra essere stato concepito come romanzo di fantascienza sperimentale, si rivela in realtà essere un ode al tempo che fu, sia per lo stile che adotta l'autore, sia per la costante sensazione che il rimpianto per un passato mitico sia l'unica molla capace di muovere l'azione. La mancanza di qualsiasi logica interna fa il resto, rendendo il procedere della lettura una noia senza scampo.
E dire che inizialmente L'era di Sinatra pare funzionare, con il lettore - questo lettore almeno - che rimane affascinato e incuriosito dagli strani meccanismi che sembrano governare il mondo di Ohle. Quando però appare evidente come sia il caso, se non l'estro del momento, a dirigere la penna dell'autore, tutta l'elaborata costruzione della vicenda perde molto del suo fascino riducendosi infine a uno sterile esercizio di stile.


04 aprile 2009

Algoritmi, letteratura di genere (e violenza gratuita)


Dario Tonani
Picture by Iguana Jo.
Dopo aver finito L'algoritmo bianco mi ero ripromesso di buttare giù qualche nota per aiutarmi a chiarire i dubbi nati nel corso della lettura. Ci ho messo più tempo di quanto prevedessi anche perché nel frattempo c'è stata l'ItalCon con la possibilità quindi di un proficuo scambio di opinioni con Dario Tonani. Sebbene io non sia stato proprio tenero con il suo romanzo Dario s'è dimostrato un signor autore accettando e discutendo le critiche che non mi sono trattenuto dal rivolgergli.

Ecco quindi cosa penso de L'algoritmo bianco.

Il romanzo si distingue per lo stile di scrittura sopraffino, per un mondo delineato in modo esemplare, per un'idea fantascientifica forte e in grado di sorreggere da sola ben più dell'esile storia - esile ma decisamente adrenalinica - che Dario Tonani ha imbastito. Se questi aspetti del romanzo sono senza dubbio positivi, altri non lo sono affatto: i personaggi, le relazioni che li legano e gli scambi di battute che dovrebbero rendere viva la vicenda sono ben lungi dall'essere all'altezza del buon romanzo che mi aspettavo di leggere. Immaginatevi quindi la mia sorpresa nello scoprire dalle parole di altri lettori quanto Gregorius Moffa, il killer protagonista della vicenda, abbia favorevolmente impressionato il pubblico di Urania.
Questa divergenza di valutazione mi costringe a fare una breve deviazione che forse aiuterà a chiarire meglio la mia critica al romanzo di Dario Tonani.

Partiamo subito con una domanda ai lettori che seguono con attenzione le poche uscite fantascientifiche nostrane: perché vi ostinate a leggere fantascienza?
Non è una domanda retorica e non voglio nemmeno imbastire la solita polemica sulla situazione che vive la letteratura di genere in Italia. È un domanda dettata dalla curiosità, con lo scopo nemmeno troppo recondito di capire se i motivi che ci portano a frequentare il genere siano davvero così diversi.
Il mio punto di vista è riassumibile nella constatazione che nessun altro genere letterario ha nel suo complesso lo stesso impatto intellettuale e viscerale che è in grado di generare una buona storia di fantascienza.
In effetti ciò che caratterizza la fantascienza, almeno quella che preferisco, è la sua straordinaria capacità di coniugare storie avvincenti, divertenti, emozionanti con una profonda riflessione su un qualche aspetto del reale (che si tratti di scienza o di politica piuttosto che di tecnologia o di etica, beh… è solo un dettaglio: sono le potenzialità della speculazione che fanno la differenza).

Certo, la fantascienza ha le sue radici più popolari nel pulp. Quelle che almeno in origine erano le sue espressioni più conosciute si sovrapponevano per buona parte alla letteratura d'avventura, con scenari alieni a sostituire nell'ambientazione il far west piuttosto che la classica metropoli americana. Le vicende di queste storie sono dominate dall'azione continua, dal succedersi di episodi sorprendenti o scenari mozzafiato, dalla riduzione ai minini termini di ogni complessità (poco importa che si rinunci a rendere più veri i personaggi o più credibile l'ambientazione). Lo scopo principale di queste storie era travolgere il lettore con la portata spettacolare dell'immaginazione dell'autore all'opera.

Nel corso dei decenni questa vocazione avventurosa ha lasciato spazio a suggestioni più complesse e all'elaborazione di strutture narrative più evolute. Contestualmente a tali cambiamenti la fantascienza si è trasformata da genere eminentemente popolare a letteratura di nicchia. Lo spazio per l'avventura non è mai venuto meno ma la progressiva complicazione (delle tematiche affrontate, dei riferimenti letterari, del background minimo - scientifico o tecnologico - spesso richiesto al lettore) ha allontanato la gran massa del pubblico delle origini, che magari ritrova oggi lo stesso tipo di godimento fantascientifico in altri media (penso ai blockbuster cinematografici degli ultimi decenni, penso ai giochi da consolle e da computer).

A questo punto dovrebbe essere più chiara la modalità con cui io mi accosto a una storia di fantascienza, e forse anche a capire come mai abbia trovato difettoso il romanzo di Dario Tonani.
Detto in maniera esplicita: una storia che si fonda esclusivamente sul sovraccarico sensoriale del lettore non mi basta più.

L'algoritmo bianco parte subito col botto: gli scenari, l'azione, l'idea fantascientifica che sorregge la trama sono tutti elementi resi alla perfezione dall'autore. La Milano del 2045 emerge in tutta la sua desolazione grazie alla scrittura densa e stratificata dell'autore. Il tono della narrazione è sempre equilibrato e non scade mai nel grottesco o nel didascalico, al contempo l'ambiente emerge molto vivido e presente agli occhi del lettore.
Questa maestria nella resa dell'ambiente non viene mai meno nel corso della lettura ed è la cosa che ho apprezzato di più in tutto il romanzo. Quello che invece emerge come difetto sostanziale è la qualità dei personaggi che si muovono in questo scenario. Gregorius Moffa, il protagonista indiscusso del romanzo, è un killer. Ci viene detto che è un autore di snuff movies, la sua dubbia moralità ci viene ribadita a ogni piè sospinto, eppure per tutto il tempo in cui lo vediamo in azione quest'aspetto del suo carattere non viene mai effettivamente visto tanto che il suo agire pare un esempio da manuale di equilibro e buoni principi (tranne in quell'esplosione di violenza finale, che visto il suo comportamento fino a quel punto m'è parsa del tutto gratuita e in definitiva illogica e incomprensibile).
Ma Moffa oltre a essere molto più bravo-ragazzo di quanto sarebbe lecito aspettarsi ha un difetto ancora più evidente: è totalmente anonimo. Se si distingue in qualche modo dallo sfondo è per i punti esclamativi che circondano ogni sua mossa, non certo perché la sua personalità riesca ad emergere autonomamente (vedi ad esempio la difficoltà a distinguerlo - per carattere, fisionomia e pensieri - dal criminale in fuga di Picta Muore nella seconda parte del volume).
Anche i personaggi di contorno non brillano per particolare tridimensionalità. A parte Mama, che vive unicamente per muovere l'azione (e il cui destino finale m'è parso decisamente incredibile), il ruolo che ho trovato più irritante è quello assegnato a Salima: gli scambi di battute - e di fluidi corporei - che caratterizzano la sua presenza in scena hanno lo spessore di un (buon?) film porno. Possibile che si debba ridurre l'unico personaggio femminile degno di questo nome in tutto il romanzo alla macchietta di uno stereotipo?

Confrontandomi su questi punti con Dario Tonani a me è sorto il dubbio che la sua idea di Gregorius Moffa fosse così precisa e reale e viva da dare per scontata che tale conoscenza percolasse automaticamente dalle pagine del romanzo alla consapevolezza del lettore (…e in effetti la maggior parte del suo pubblico pare dargli ragione). Per quanto riguarda invece i comprimari è possibile che parte del mio disappunto dipenda dal progressivo deteriorarsi delle mie aspettative riguardo al romanzo, anche se il trattamento riservato a Salima mi lascia comunque molto perplesso.

Per tornare all'inizio di queste note, non so come mai il mio giudizio si discosti tanto da quello della maggior parte dei lettori. Forse sono io che ho troppe pretese. Magari il lettore fantascientifico standard con un romanzo come questo è più che soddisfatto.
Dal mio punto di vista l'etichetta sf non dovrebbe servire a giustificare il fatto che un romanzo parta già con un piede zoppo, per magari godere a fine lettura di un giudizio più tollerante. Per me la fantascienza ha la stessa dignità di qualsiasi altro genere letterario, e lo standard minimo richiesto dovrebbe essere uguale per tutti.
Detto questo io sono tutt'ora convinto che Dario Tonani abbia tutte le qualità per scrivere un grande romanzo, zeppo di idee, immaginazione e umanità. Io avrei voluto che quel romanzo fosse L'algoritmo bianco, spero che l'appuntamento sia solo rinviato.
Io me lo auguro proprio.


01 aprile 2009

Le nuove avventure del Fuco


Picture by Iguana Jo.
Qualcuno di voi forse ricorderà quello splendido periodo in cui si sono tracciate per la prima volta le coordinate di un universo fumettistico supereroistico coerente anche sul suolo di questa provincia dell'impero. Quei trentasette numeri di Fustiga! usciti tra il marzo del 1983 e l'aprile del 1986 hanno segnato la storia del fumetto italiano. Le avventure di quello sparuto gruppo di pseudo-eroi nostrani (ricordiamo il Fuco, ma anche Bacio, Vespaio, il Supermobile, e la straordinaria Maluria) hanno riacceso il fuoco del fumetto italiano che in quegli anni vedeva i più famosi supereroi americani disertare dopo oltre un decennio di splendore le edicole italiane (a quei tempi le fumetterie erano ancora lungi dal nascere…).
Purtroppo anche allora la storia fini troppo presto, nessuno degli eroi citati ha mai goduto di un albo monografico e forse l'essere costretti in Fustiga! che volente o nolente doveva accontentare un pubblico piuttosto variegato (dopotutto le avventure del Supermobile ambientate com'erano nei territori nel noir urbano mal si coniugavano con quelle a carattere space-operistico della Maluria).
Quando nelle ultime pagine del numero 37 di Fustiga! si vedono i nostri eroi caracollare melanconicamente verso l'uscita del Sunset Bar di Como dopo la loro ultima avventura corale mai avremmo creduto che li avremmo visti nuovamente in azione.

Quanto ci sbagliavamo!

Grazie agli sforzi congiunti di un manipolo di creativi nei prossimi mesi gli eroi della nostra infanzia vedranno nuovamente la luce in una serie di albi monografici che presenteranno Le Nuove Avventure del Fuco.
Gli autori, tutti nomi di primissimo piano con notevoli esperienze nel fumetto supereroistico d'oltreoceano, si sono riproposti una completa riscrittura del background dei vari personaggi.
Così mentre il Fuco originale era un giovane studente piuttosto scialbo che grazie al potere della Tempesta Ormonale si ritrovava coinvolto di una serie di sfortunati eventi che dai vicoli di Teramo lo conducevano a combattere per la salvezza del nostro universo sacrificando lungo la strada ciò che aveva di più caro, il nuovo Fuco si muoverà in uno scenario diverso, tra la via Emilia e il West - come canta il poeta - e vestirà i grigi panni di un impiegato della motorizzazione intorno alla quarantina. Le sue uniche amiche, un po' famiglia, un po' compagne d'avventura saranno un gruppo di anziane prostitute bolognesi capeggiate, e cui si può notare il genio del team creativo, dalla straordinaria Maluria che non mancherà di assegnare al nostro eroe una serie di incarichi che lo porteranno a confrontarsi con la dura realtà odierna.
Il super potere che ha segnato il destino del Fuco, che nella sua prima incarnazione era una non meglio precisata Tempesta ormonale, in questa nuova edizione verrà svecchiato dandogli un carattere più preciso e una funzione sociale inedita. La scia feromonica che lo circonda conferirà infatti al Fuco una sorta di impenetrabilità emotiva e un destino di sottomissione e prudenza che caratterizzerà in modo estremamente originale le sue gesta pseudo-eroiche.

Segnatelo nelle vostre agende: l'ora del Fuco si avvicina.
A presto in tutte le librerie e nelle migliori edicole delle vostre città.