"se [un libro] ti piace non smette di piacerti perché non piace ad Iguana."
Il senso della citazione qui sopra sarà anche ovvio ma credo che non faccia male ripeterlo. La frase arriva da un recente commento di DanielePase e dice in una riga molto di quello che cerco di spiegare di seguito.
In questo post voglio infatti provare a chiarirmi le idee sulla "critica letteraria" dal basso. Lo so. È un terreno minato. Di più: un terreno minato con un branco di cecchini appostati tutto intorno. Ma io ho la testa dura e sono notoriamente incosciente, per cui ecco qua un tentativo di riflessione senza rete su critica e letteratura, il tutto per il vostro sollazzo (e lo sviluppo intellettuale della nazione).
Chi segue il mio blog sa già che le note ai libri che leggo non sono recensioni. Sono semplici appunti pubblici per tener conto e memoria delle mie letture. I miei post letterari non possono chiamarsi recensioni per un motivo che a me pare ovvio: una recensione deve avere una certa forma e una certa struttura. Una recensione non è la semplice espressione di un giudizio, ma deve contenere una valutazione dell'oggetto recensito utile a indirizzare la scelta dell'utente potenziale. Dovrà quindi contenere un accenno alla trama, un accostamento a opere simili, magari un generico riferimento ad altre opere dello stesso autore, una collocazione della stessa all'interno di un panorama più vasto (chessò, il fantasy hard boiled di matrice celtica o l'horror giapponese di ispirazione lovecraftiana), i motivi di originalità eventualmente presenti e, infine, un giudizio sulla qualità globale del testo da parte del recensore.
Nelle mie note non c'è quasi nulla di tutto questo, anche se è altrettanto vero che qui dentro non si lesinano i giudizi, positivi o negativi che siano, sui testi più diversi, a prescindere dalla personale dimestichezza con il singolo autore, la scena in cui si colloca, il genere a cui fa riferimento.
E fin qui direi che siamo tutti concordi.
Le opinioni divergono invece parecchio sul valore da assegnare a tali giudizi.
Nell'ultimo periodo un paio di voci molto autorevoli (almeno secondo il mio modesto parere) si sono lamentate pubblicamente nei rispettivi blog sulla scarsa qualità della scena critica italiana (si faceva riferimento alla letteratura di genere fantastico, in tutte le sue declinazioni), e sull'ingombrante presenza del pubblico dei lettori che senza titolo alcuno si erge a critico o esegeta del tal libro e di tal altro autore.
Come potete immaginare a me 'sta presa di posizione non è che faccia particolarmente piacere.
Io non sono un esperto di alcunché (oddio, qualcosa sulla stampa dovrei ormai averla imparata, ma in questo contesto non c'entra), eppure mi arrogo il diritto di sputar sentenze sui libri che leggo. Dove sbaglio?
Il punto è che esistono pochi settori in cui soggettività, parzialità e partigianeria entrano in gioco così prepotentemente come nell'ambito della cosiddetta "critica letteraria".
Per questo motivo sono convinto che tutti (tutti tutti!) siano legittimati a esprimere giudizi e critiche e suggerimenti e stroncature. Perché se è lapalissiano che chiunque può esprimere un giudizio, è altrettanto vero che di tutte queste osservazioni rimarranno negli occhi e nella memoria del lettore solo quelle in cui gli riuscirà di ritrovare specchiata un'opinione condivisibile. Senza tralasciare l'eventualità, quando va bene, che dalle parole del recensore di turno possa emergere la possibilità di scorgere nell'opera criticata nuovi aspetti trascurati o non immediatamente percepibili, spunti di riflessione che non appena evidenziati diventano trasparenti, informazioni supplementari che il lettore ignorava e che inquadrano meglio quanto letto.
Da questa semplice constatazione deriva l'ovvia conseguenza che il valore della critica sta tutto nella capacità di comunicare efficacemente con il lettore. Se il recensore saprà mettere al servizio del testo le sue competenze, se la sua lettura sarà coerente con l'opera di cui si occupa, se insomma si rivelerà esperto nel capire e rendere partecipe il lettore delle caratteristiche del lavoro che sta analizzando, allora le sue parole saranno certo più efficaci e renderanno al pubblico un servizio indubbiamente migliore.
Quello che voglio arrivare a dire è che non c'è titolo che tenga che possa a priori determinare l'espertitudine di un recensore, ma che solo l'autorevolezza e la reputazione di cui gode tra i propri lettori sono un metro di giudizio valido per valutare la qualità delle sue osservazioni sulla determinata opera.
Per questo motivo credo che irritarsi per la sovrabbondanza di opinioni men che autorevoli presenti in rete sia una totale perdita di tempo e che considerarle addirittura causa dello sfacelo in cui versano le patrie lettere un grosso errore di prospettiva. Le cosiddette recensioni presenti in rete (vedi per esempio Anobii, per un excursus rapido e si spera indolore tra i commenti della domenica che abbondano in quelle pagine) si qualificano per ciò che sono, e in tal modo danno la misura di quel che valgono come "critici" i rispettivi estensori.
Una considerazione per concludere: dopo più di dieci anni di rete sulle spalle dovremmo ormai aver capito che nel web il rumore di fondo è inevitabile - che si parli di libri come di qualsiasi altro argomento - ma anche che armandosi di pazienza e umiltà è sempre possibile intercettare in mezzo a tutto il rumore qualche nota felice. Spegnere il rumore eliminerebbe anche questa possibilità.
…
Condivido in pieno.
RispondiEliminaSarei contento di sapere chi sono le voci autorevoli che citi. Non credo sia male citarle per esteso, visto che si sono espresse pubblicamente su un blog...
Sono Malpertuis e Strategie evolutive.
RispondiEliminaNon li ho linkati nel post un po' perché il passaggio per me significativo era compreso in un intervento molto più ampio sulla scena di genere italiana (Malpertuis), un po' perché il discorso si articolava su più post nell'arco del tempo (Strategie Evolutive).
E soprattutto perché credevo che tutti i visitatori di queste pagine seguissero quei due blog.
Ottimo post, equilibrato, intelligente e pienamente condivisibile.
RispondiEliminaChiamato in causa, vorrei chiarire la mia posizione.
Io non ho nulla verso le opinioni personali di chicchessia - posso condividerle o meno, e sono di solito ben felice di impegolarmi in dibattiti su questo o quello scrittore, questo o quel romanzo.
In fondo, dopo leggere e scrivere, parlare di ciò che si legge o ciò che si scrive è quanto di più gratificante possa esistere per l'ego, e spesso si impara qualcosa di nuovo.
Ciò che mi va contropelo, e mi andrà sempre contropelo, è l'atteggiamento di chi, a partire da una modesta frequentazione dell'argomento di cui parla, non solo offre opinioni ridicole, ma non è assolutamente aperto al confronto, e in caso di dissenso replica ad insulti o spostando l'argomento della discussione (un classico giochino retorico).
Potrei fare l'esempio della signora che mi invitò a "farmi una cultura" perché "il vero fantasy è solo di stampo nordico", e forse non è neanche il caso peggiore.
Il tuo richiamo all'umiltà, insomma, non dovrebbe essere unilaterale.
Aneddoto per sdrammatizzare: autori che pubblicano SF da vent'anni sotto pseudonimo si son sentiti dire "tu di fantascienza non capisci nulla" da gente che si vantava di non aver mai letto Asimov.
Fine aneddoto.
Su anobii e simili strutture sociali web 2.0, essendo io piuttosto asociale e stolidamente 1.0, rimango freddino.
La mia impressione è che più che stimolare il dibattito, stimolino la presa di posizione.
Due battute secche e via.
Mi preoccupa soprattutto che qualcuno, ingenuamente, possa formare la propria opinione su un autore poco frequentato e dichiaratemente "difficile" (penso a certi commenti letti su Gene Wolfe, ad esempio) sulla base di un unico commento postato da un unico lettore meno che illuminato ma con la fama immeritata dell'"esperto".
Su come meritare la fama dell'esperto... ah, bel mistero.
Da una parte è evidente che in Italia siamo pieni di palloni gonfiati... poco abituati ad ascoltare i pareri altrui si schermano con la loro nomea di esperti per tacciare gli altri. Come ai bei tempi in cui non esisteva internet :p.
RispondiEliminaDall'altra ci sono anche persone che lanciano giudizi privi di qualsiasi senso (che a volte, ma non sempre, sono la stessa persona :p).
Io non penso sia questione di umiltà quanto di intelligenza: possedere idee diversi è utile e piacevole :), non ha importanza se escono come giudizi, segnalazioni, recensioni, recensioni da esperti o che altro.
Esistono informazioni intelligenti e non. E credo che gli esseri umani sappiano discernere giudizi utili da quelli idioti.
PS: un saluto a tutti, questo è il mio primo commento qua ;).
Troppo d'accordo, massima solidarietà. "La Casta" c'è pure in piccolo, vedi il mondo degli scrittorini che non accettano critiche e inviano i loro nazgul a spammare i luoghi internettari di controcritiche. Ahr ahr ahr! Ora però vado a prendermi una patente di critico accreditato e un master in criticologia, così almeno la tiritera del "curriculum, please" me la risparmieranno. Anzi, ti consiglio di fare uguale ugual. E pure a Davide lo consiglio!
RispondiElimina@ Davide: la pazienza e l'umiltà (ma non la modestia) sono l'unico mezzo per poter rimandare i personaggi come la signora che citi al posto cui appartengono. Se sono convinto che è inutile mettersi a discutere con un idiota (per il famoso principio che poi gli astanti faranno fatica a distinguere tra i due litiganti), sono altrettanto sicuro che è solo con una quantità di informazioni dettagliate e sintetiche che si trova il sistema per ridurlo al silenzio (o almeno per dimostrarne la piccolezza). Solo che ci vuole tempo e voglia, e non sempre ci sono.
RispondiEliminaRiguardo Anobii non sono d'accordo. O meglio, è vero che dal punto di vista dello scambio di idee e dell'approfondimento quella piattaforma è del tutto carente, ma siamo sicuri che sia quello il suo scopo?
Per me Anobii è utile per farmi un'idea al volo di quel che potrei trovare in un dato volume, per incontrare anime lettrici affini (l'unico sistema valido per incappare nel libro giusto al momento giusto) e per uscire in questo modo dal solito giro librario.
Il tutto senza sottovalutare lo sfogo per la sboronaggine da lettore (oh… 347 libri e 347 commenti, mica palle! :-))
Riguardo al timore che un lettore ingenuo si possa fare l'idea sbagliata sul dato autore/volume/genere. Beh… se uno per giudicare e scegliere si fida del primo commento letto su internet non so se si merita di leggere Wolfe! :-)
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Benvenuto da 'ste parti dr Jack.
A prescindere dal fatto che secondo me intelligenza e umiltà vanno insieme, a me pare che molti dei problemi di comunicazione in rete derivino dal fatto che ormai si ritiene il pluralismo di idee un difetto piuttosto che una ricchezza. In maniera via via sempre più invadente l'imperativo nelle discussioni - in rete ma, ovviamente, anche fuori, nel mondo reale - sembra sia diventato "o con me o contro di me", dimenticando che solo dallo scambio di idee possono nascere nuovi punti di vista, nuove prospettive, nuove idee.
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Ehi Niccolò, secondo me a te dalla scuola di curriculumologia applicata ti hanno espulso da piccolo! Per il master mi sto comunque attrezzando, aspetto solo di trovare un insegnante abbastanza esperto! ahr ahrt ahr! :-)
Ottimo post, davvero =) E' la prima volta che capito qui, ma leggere un'opinione espressa con tranquillità e semplicità fa sempre piacere... in più, mi trovo anche piuttosto d'accordo.
RispondiEliminaIo ho un blog su cui scrivo quelle che chiamo "recensioni", anche se in realtà sono più commenti personali in cui magari analizzo cosa m'è piaciuto a livello stilistico e a livello emotivo, e ovviamente anche cosa no, quindi mi sembra di capire cosa intendi con "appunti per ricordare le letture", che non servono ad una vera critica letteraria o ad una promozione marketing =) E poi, così ho trovato molti lettori con cui parlare di libri, cosa che mi piace moltissimo! La discussione (in termini positivi, ovvio) mi entusiasma sempre.
Ciao!
Cami
Ciao Camilla e benvenuta da 'ste parti.
RispondiEliminaMi fa piacere che il mio post ti faccia piacere. :-)
Del resto chiacchierare di libri è uno dei piaceri della vita, no?