Kem Nunn - Surf City
Parlando di questo romanzo sembra sia doveroso citare Un mercoledì da leoni e/o Point Break. Fatto.
Proseguiamo.
Surf City è un romanzo interessante, forse più per il suo valore storico (il romanzo risale alla prima metà degli anni '80 del secolo scorso) che per le sue qualità letterarie. All'epoca dei fatti io non avevo neanche vent'anni, e la California era un mito. Le bande di motociclai americani un'immagine cinematografica, il punk qualcosa che suonava duro e potente dalle cassette nel registratore, il surf erano i Beach Boys e i ragazzoni biondi abbronzati sulla spiaggia. Ero messo insomma più o meno come il giovane protagonista del romanzo.
Poi si cresce e a quel punto le differenze tra la West Coast e il South Tyrol si notano tutte. Ma non divaghiamo. Il punto è che la parte di Surf City dedicata ai turbamenti del giovane Ike Tucker, che da giovane provinciale in missione familiare si trasforma in proto-surfer tutto sesso droga e (poco) rock'n'roll è decisamente superiore alla media. Tanto da dover notare con dispiacere la piega da action-thriller che prendono gli avvenimenti narrati da Nunn nel finale del romanzo. In effetti l'evoluzione della personalità del protagonista è scandita da tutti gli episodi canonici (rituali verrebbe da dire) di un percorso di formazione tipico come questo porta con sé, ma la qualità per cui questo Surf City si fa ricordare è la partecipata tenerezza con cui l'autore segue i suoi personaggi, condita alla resa davvero credibile del mondo delle spiagge californiane divise tra la luce splendente delle culture del surf e l'oscurità di chi da quella stessa luce è rimasto accecato.
Due note a margine del volume: nel libro si fa un gran parlare di punk, però non si cita un gruppo, un disco, una canzone. M'è un po' dispiaciuto, ma credo che l'approccio al punk del romanzo, visto comunque sempre dall'esterno, come stile di vita più che come genere musicale - del resto siamo ancora nella prima metà degli eighties - sia il migliore possibile. Senza ammiccamenti o riferimenti pretestuosi.
I paragoni cinematografici citati all'inizio sono effettivamente perfetti per il romanzo, in un'ideale percorso che dagli anni '60/'70 di Big Wednesday porta agli anni '80 di Surf City, fino ai '90 di Point Break. Però a me piace pensare questo romanzo vicino a un altro film di quegli anni, perchè il Preston del romanzo m'ha ricordato in qualche modo il Motorcycle Boy di Rumble Fish (aka Rusty il selvaggio).
Ah… brutta cosa, la nostalgia.
Lloyd Jones - Il libro della gloria
Se non avessi cominciato a giocare a rugby questo libretto non avrebbe mai attirato la mia attenzione. In effetti l'agiografia laica, trasparente fin dal titolo de Il libro della gloria credo possa suonare ben poco attraente al di fuori del cerchio dei veri credenti per cui il mito del rugby è il pane quotidiano. E invece giudicandolo secondo questo metro mi sarei perso un'ottima lettura.
Il libro della gloria è in effetti un gran bel libro anche per chi di rugby non sa nulla: il viaggio dei primi All Blacks alla conquista delle isole britanniche, raccontato in maniera esemplare da Lloyd Jones, va ben oltre la celebrazione di un mito sportivo. Questo libro ha il sapore della storia quotidiana di un epoca lontanissima, ma è anche un esempio meraviglioso di scrittura appassionata e sobria, luminosa e concreta. Lloyd Jones non si dilunga in descrizioni o racconti, ma narra l'epopea di questi ragazzoni neozelandesi con una serie di istantanee e un ritmo cadenzato fatto di immagini e oggetti e momenti, in cui le ricostruzioni dell'autore e la verità storica di articoli di giornale e resoconti d'epoca si mescolano sulla pagina per rendere indimenticabile la storia di una squadra che grazie al rugby è diventata leggenda.
Vernor Vinge - Universo incostante
Il più famoso romanzo di Vernor Vinge prometto molto, ma arrivati in fondo mantiene poco delle grandiose premesse iniziali. L'inizio di Universo incostante è sfolgorante: il prologo, la presentazione di personaggi e società aliene, la densità di idee e creazioni, tutto l'apparato narrativo-immaginifico messe in campo dall'autore lasciano presagire un romanzo grandioso. Una space opera al livello di un Iain Banks per intenderci, autore che per me rimane la pietra di paragone per simili romanzi.
Purtroppo, man mano che la vicenda procede, l'autore sembra perdere sempre più il controllo sia della materia narrata che della personalità dei suoi attori. Quando appassionandoti a una storia avverti il continuo rimandare lo showdown finale per motivi che ti sembrano via via più pretestuosi, e soprattutto mai all'altezza delle aspettative che l'autore stesso ha saputo creare, arrivi a fine lettura con un po' d'amaro in bocca per quel che un romanzo simile poteva rappresentare.
Di Universo incostante rimangono le ottime idee iniziali: gli Artigli, i cui aggruppi sono davvero un'ottima invenzione, la sorprendente ma credibile divisione del cosmo in regioni caratterizzate da costanti fisiche differenti, i rapporti tra culture e società più o meno evolute.
Ce n'è abbastanza per divertirsi, ma non a sufficienza per entusiasmarsi.
AA.VV. - Bad Prisma
Quando i buoni propositi si scontrano con la dura realtà. Ma non voglio ripetere quando già scritto qui. Se volete approfondire il discorso su Bad Prisma lo spazio commenti di quel post è a vostra disposizione.
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