Oltre a scusarmi per la condotta inqualificabile, mi tocca almeno provare a rimediare.
Quindi ecco qua, beccatevi 'sto post sul mio rapporto con l'orrore.
La mia esperienza con il genere horror è piuttosto limitata: qualche romanzo, qualche film, spesso ai confini del genere. L'idea che me ne son fatto è sicuramente parziale, e certo difettosa, vissuta più da turista, che da frequentatore abituale.
Il motivo della distanza che mi separa dal genere è presto detto: a me l'orrore fa paura.
Visto che la vita la fuori è già abbastanza dura e la mia immaginazione non ha grossi freni, perché farsi del male anche al cinema o tra i libri?
Poi certo, c'è anche l'orrore divertente o quello poco spaventoso, that's entertainment !, ma allora che orrore è? Insomma, per sgombrare il campo da possibili equivoci, anche a me piacciono chessò Shaun of the Death o La notte del Drive-In, ma mica me li considererete veri horror, no?
L'orrore, per quella che è la mia esperienza, è un genere anche troppo semplice (ok, fanboyz, non picchiatemi troppo forte). Si muove tra le emozioni più ancestrali, quelle più facili da suscitare, quelle più difficili da controllare. Detto in altre parole: ho sempre avuto l'impressione che spaventare sia molto più facile che strappare una risata o infondere vita e spessore a un dialogo.
Ma oltre a questa facilità d'accesso, c'è anche da considerare che il contesto in cui si muove molta (la maggior parte?) della produzioni di genere è quello del soprannaturale, del mostruso, e quindi dell'alieno. Ma mentre nella fantascienza (tanto per dire) il confronto con il diverso ha (generalmente!) un'intento narrativamente costruttivo, quando ci si muove nell'ambito della narrativa della paura il fine ultimo è (di nuovo: generalmente!) distruttivo.
E sappiamo tutti che distruggere è molto più semplice e immediato che non costruire.
Poi certo, c'è tutto il filone nobile dell'orrore, quello che da un lato si coniuga alla critica sociale, o dall'altro, all'inquietudine personale, che è territorio contiguo ma diverso a quello della paura. Ma credo che, almeno per quanto riguardo l'aspetto perturbante di queste narrazioni, i confini con il mainstream siano davvero evanescenti, frutto più di un'affezione del singolo lettore/recensore, più che di effettive differenze. E queste sono comunque differenze qualitative di "secondo livello" rispetto a quella soglia minima di contenuti spaventosi necessari per riconoscere come horror la determinata opera.
Per ora mi fermo qui. Mi rendo conto che quanto scritto sopra possa apparire saccente, se non addirittura arrogante: come mi permetto di sparare giudizi così netti su qualcosa che conosco così poco?
Lo ripeto per l'ennesima volta, quanto detto qui sopra rappresenta la summa selle sensazioni che si sono progressivamente consolidate negli anni in quella che è attualmente la mia considerazione per il genere horror. Non ha alcuna pretesa di verità e anzi, ha lo scopo di capire meglio un genere che è frequentato da persone che stimo moltissimo, di cui mi affanno a voler comprendere meglio background e riflessioni.
Per tornare più specificamente alle domande poste su Malpertuis, noto come il percorso di molti appassionati del genere horror sia simile al mio: scoperta in tenera età, passione alimentata passando da cinema a letteratura e viceversa, con molti passaggi tra fumetti e tv. Il mio percorso di scoperta ha avuto come destinazione la fantascienza, i motivi sono forse intuibili da quanto scrivevo più sopra, ma alcune tappe sono analoghe: i romanzi di Stephen King, gli spaventi infantili (per me i primi incubi sono arrivati dalla visione di un film di fantascienza in cui alieni provenienti dal sole (!!!) - vagamente simili a lampade da salotto sferiche anni '70, incenerivano ignari terrestri, e poi ci fu quella puntata di Spazio 1999 con la creatura nel cimitero d'astronavi che si pappava gli abitanti della base Alpha per poi risputarli mummificati…).
Se poi mi permetto queste domande indiscrete è proprio perché non capisco il gusto che si prova a lasciarsi terrorizzare da una finzione narrativa (che ok, fino a qui posso arrivarci) per poi rimanerci dentro e volerne sempre di più (è questo che mi lascia basito).
E sono curioso, e voglio capire. O almeno provarci.
…
11 luglio 2011
L'orrore. l'orrore!
Che poi pare davvero che io abbia gettato il sasso e nascosto la mano. E c'avreste anche ragione: dopo la fatidica domanda sono scomparso dalla scena, e avevo pure promesso un approfondimento…
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Non penso che tu sia presuntuoso e nemmeno saccente, come ben sai mi ritengo un appassionato di entrambi i generi. Sono cresciuto sia con Spazio 1999 che con i film della Hammer. La mia risposta sarà sicuramente la più banale di tutte, ma credo in quello che dirò.
RispondiEliminaPer fortuna non siamo tutti uguali, è sempre una fonte d'arricchimento lo scambio d'idee. Il fatto che ci piaccia una cosa rispetto ad un altra fa parte dello stesso mistero che ci porta ad innamorarci di una certa persona rispetto ad un altra.
L'horror, mi dà certe emozioni la Sf altre, alla fine, ritengo che siano due facce della stessa medaglia. Quella della ricerca del Mistero più grande: la ricerca del Mistero stesso.
In effetti temo che parte del problema sia proprio questo: per me non c'è alcun Mistero…
RispondiEliminaFaccio finta di non aver letto niente... non sei più mio amico ;)
RispondiEliminaOk.
RispondiEliminaTi mando il tipo della foto a casa.
\m/
Il Mistero è importante.
RispondiEliminaL'ho detto di là - io sono arrivato all'Horror per una strada che, partita da Scooby-doo è passata per le poppute fantesche e le vampire discinte della Hammer, per poi arrivare a Lovecraft.
Gente qualsiasi che si confronta con il Mistero, e lo risolve razionalmente.
Alla fine, credo di leggere l'orrore come una istanza particolare della fantascienza o del fantasy - ti lascio tutto King,m per dire, per un po' di Leiber o di Ellison, o per i vecchi romanzacci di Frank Herbert.
Più che horror, fantascienza coi numeri del telaio cancellati.
Forse è er questo che ormai leggo poca letteratura orrifica - a parte i post-lovecraftiani, sarò a tre-quattro volumi l'anno.
"Gente qualsiasi che si confronta con il Mistero, e lo risolve razionalmente."
RispondiEliminaIn altre parole, gente che trasforma il Mistero in misteri. E questo è un approccio altamente condivisibile, almeno da parte mia.
E guarda che non ho nulla contro il sovrannaturale come motore narrativo, è solo che lo preferisco confinato in quel contesto che non fuori, a invadere la realtà.
Che poi appunto la fantascienza o il fantastico venato di orrore (Ellison, ma anche Alien, tanto per allargare il discorso) mi piace assai. È quando l'horror ricade su se stesso e si autoalimenta, quasi a vivere solo per i fan, che me ne tengo alla larga…
Secondo me avrebbe più senso postare una versione di questo post su Malpertuis, dove un maggior numero di veri fan dell'horror, e magari Elvezio, potrebbero risponderti.
RispondiEliminaa me l'orrore fa paura.
Non sapevo che fossi così fifone!
Si muove tra le emozioni più ancestrali, quelle più facili da suscitare, quelle più difficili da controllare. Detto in altre parole: ho sempre avuto l'impressione che spaventare sia molto più facile
Anch'io avuto percorsi simili a quelli di tanti altri. Alle medie e al liceo stavo alzato la notte per guardare Profondo Rosso o Nightmare o i film di Lamberto Bava. I motivi del fascino dell'horror sono diversi : può essere un modo traslato di affrontare in maniera traslata (della morte, della perdita delle persone care, dell'ignoto) ed esorcizzarle. E poi c'è il rilascio dell'adrenalina, ovviamente. Poche cose fanno sentire vivi come la paura. Però quando si passa l'età verde e impressionabile spaventare/rsi diventa molto difficile, appunto perché la prosaica realtà di tutti i giorni ha contorni ben solidi. Non ho più la forma mentis per prendere sul serio/dare una possibilità a molte cose che mi faveano paura. Spaventare non è poi così facile.
Poi certo, c'è anche l'orrore divertente o quello poco spaventoso, that's entertainment !, ma allora che orrore è?
Direi che per la maggior parte dei fan dell'horror il 90% delle opere che consuma è intrattenimento più o meno intelligente, cosa che del resto vale per ogni genere. Quando Nick o Eddy parlano di film da vedere con birra e patatine dubito che ne siano intimamente toccati a livello esistenziale. Forse fra l'orrore-non-orrore-divertente e oddiononpossoguardarepiuttostosaltodallafinestra ci sono più gradazioni, variabili anche da persona a persona.
E parlando di generi...
RispondiEliminaPoi certo, c'è tutto il filone nobile della fantascienza, quello che da un lato si coniuga alla critica sociale, o all'estrapolazione rigorosa di tendenze o applicazioni della tecnica già visibili e in atto nel mondo moderno, che è un territorio contiguo ma certamente diverso rispetto alla fantascienza d'avventura, coi suoi alieni occhi di cimice, mercanti spaziali, pistole a raggi o magari d'oggi singolarità e vuoti che sognano, insomma le "squids in space".
Ma credo che, almeno per quanto riguarda l'aspetto di analisi sociale e delle ripercussioni della tecnica in queste narrazioni, i confini con il mainstream siano davvero evanescenti, frutto più di un'affezione del singolo lettore/recensore, che di effettive differenze. E queste sono comunque differenze qualitative di "secondo livello" rispetto a quella soglia minima di particolari fantastici necessari per riconoscere come fantascienza la determinata opera. Del resto questa "fantascienza" è pienamente riconosciuta e accettata nel mainstream, da 1984 a Fiori per Algernon a La storia dell'Ancella della Atwood alla Le Guin a Pynchon e De Lillo per arrivare a La Strada. Che poi, appunto la letteratura venata di fantascienza o fantastico mi piace assai. E' quando ricade su sè stessa o si autoalimenta, quasi a vivere solo per i fan, come in Scalzi, o quando è intrattenimento scacciapensieri di modesto livello, come in Sawyer, o quando la semplice presenza di ornamenti e ninnoli spaziali o avveniristici maschera tipi di storie esplorate con maggiore efficacia in altri generi (p.e. Patrick O'Brian vs qualsiasi space opera militaresca, Dorothy Dunnett vs Lois McMaster Bujold) che me ne tengo alla larga.
Sono sempre quelli che NON sono saccenti, maleducati, rozzi, volgari ecc ecc a farsi troppi problemi e scusarsi... Tranquillo, Iguanone, non sei stato presuntuoso o saccente... La discussione è andata avanti lì da me, io posso aggiungere qui alcuni spunti che ho già scritto e detto altrove (e che stanno diventando un problema per le mie letture, lo dico chiaro e tondo e credo che avranno sempre più effetti): mentre in campo cinematografico nella mia esperienza il non-genere horror tiene benissimo il passo coi capolavori mainstream da sempre e ancora oggi, in campo letterario trovo che sia sempre più in affanno a produrre capolavori. Tenderei (come faccio di default) a dire che è problema di mia precezione se non fosse appunto per il fatto che in altri campi di produzione artistica questo affanno non lo vedo. Per ora rimane il tutto a livello di percezione senza tanta riflessione che non ho tempo, ma credo che in futuro ciò chiederà sempre più pedaggio e se ci penso si riflette anche nel passato.
RispondiEliminaRiguardo invece la semplicità: ovvio, anche a me quei prodotti lasciano freddino, se alzi il volume e mi fai spuntare il pupazzo dall'angolo grazie ar c***o che salto sulla poltrona ma dopo embé e non mi ha provocato nulla, nessun cabiamento se non una minima scossa di adrenalina, quindi a che pro? Se invece mi descrivi la festa pagana dove le api regine bruciano il pulotto ntutto bello e ordinatino dentro il pupazzo di vimini danzando nude ecco, ci penso per giorni e ne sono turbato...
E preferisco essere turbato che rassicurato, per cui io le magnifiche sorti e progressive sì ok belle ma al massimo mi piacciono nella vita "reale" come effetto: quando mi tuffo nell'arte voglio destabilizzarmi e turbarmi...
L'elemento principale in cui credo di differire da tutti quelli che hanno risposto da me è Dylan Dog: a me non ha mai detto nulla ma proprio nulla, anche nel periodo d'oro di sclavi mi pareva un minestrone di roba già vista, resa meno pericolosa e più banalnevrotica e i suoi Festival erano insopportabili, con i fan che volevano la trippa e il sangue, madò... I fan dell'horror, come tutti i fan, li trovo insopportabili e detestabili, forse, se ci ficco dentro un po' di morale, ancora più detestabili di tanti altri fan...
Ohibò Marco, vedo che sei decisamente più integralista di me, riguardo le tue letture di genere.
RispondiElimina(Bello l'esercizio di riscrittura in chiave sf del mio post. Ma credi davvero non ci siano differenze sostanziali tra horror e fantascienza? Poi certo c'è la differenza di gusti che sottolinea Nick, ma sicuro non ci sia altro?)
Sul discorso della facilità dello spavento. Credo che l'esempio di Elvezio qui sopra sia esemplare.
Non importa la qualità dell'opera, o il tuo particolare stato d'animo, il Pupazzo a molla (è solo un esempio!) ti fa comunque sobbalzare. Puoi dire lo stesso per ciò che scatena la risata o la riflessione? Era questo che intendevo per "facilità". Per lo stesso motivo credo che il genere horror sia quello in cui si corra più il rischio di manipolazione delle reazioni del fruitore, ma ok, qua rischio di non essere in grado di condurre la discussione che la cosa meriterebbe.
Per finire, avrei voluto postare il tutto da Elvezio, ma dal lavoro non riesco ad accedere a quel post. Oggi però sono a casa, magari poi ci metto un link…
@ Elvezio: Il turbamento è essenziale, sono d'accordo con te, solo mi pare ci sia modo e modo. :-)
RispondiEliminaIo la situazione della letteratura orrorifica non la conosco per nulla, per cui mi fido della tua opinione, del resto mi pare che gli ambiti in cui muoversi letterariamente siano sempre più stretti, in un genere che già a priori è ricchissimo di paletti (!) e di limiti autoimposti.
Ma ok la mollo qua, che sono cose di cui so troppo poco.
Dylan Dog non l'ho frequentato troppo spesso nemmeno io. Ai tempi dei fumetti Bonelli io andavo con Mister No e Zagor, ma poi son passato all'Uomo Ragno e compagnia… e ciao ciao fumetto italiano.
Sì sì, e "molla" è la parola giusta, è un meccanismo e non c'è scampo.
RispondiEliminaE no, far ridere (almeno, far ridere i senzienti eh, che mi pare che il Bagaglino comunque sia per molti una "molla" mica da poco) non è facile. Quindi a me pare, molto semplicemente, che tu abbia ragione.
Ma è anche per quello che mi ritrovo ad aver fatto un certo tipo di percorso culminato con il non scrivere più recensioni negative: per qualche motivo mi sono scelto un campo dove di merda ne vedo a fiottoni guttalaxatici. SF e Fantasy non hanno nemmeno un decimo della marea di sequel/prequel/remake rispetto all'horror, ma che dico, nemmeno un ventesimo e sì, il rischio di manipolazione è altissimo e mi ci incaxxo un sacco.
Opero in sostanza in un campo che in massima parte detesto nemmeno troppo cordialmente.
Notavo questa tendenza masochista, in effetti! :-)
RispondiEliminaCaro Iguana Joe hai proprio ragione: l'orrore per essere tale DEVE fare paura (deve spaventare) ed è una delle tante ragioni per cui tanta gente non lo apprezza.
RispondiEliminaCome dici tu è un genere semplice e va a giocare con le nostre paure ancestrali.
Ecco perchè tanta gente ne rimane "dentro".
Lo spavento va a toccare il nostro cervello più arcaico, la parte rettiliana di ognuno di noi.
E' la parte di cervello del tutto o niente, vivere o morire, lotta o fuga. E' una scarica adrenergica che pervade il circolo sanguigno e fa battere il cuore più forte e alzare la pressione sanguigna (ti ricorda qualche altra situazione?).Che ci riporta indietro in un tempo in cui vivere era lottare e non c'era spazio per riflessioni o fini elucubrazioni. Credo basti a provocare una sorta di "dipendenza".
Per dire ridere è una funzione molto più corticale che "avere paura". Nel senso che mette in moto molti più collegamenti a livello della corteccia cerebrale (che è lo strato più "recente" del nostro cervello).
Non è che non ci siano differenze, è che l'imprinting verso un genere avviene sempre in modo simile, per esposizione e predisposizione.
RispondiEliminaPoi puoi staccartene o accorgerti che cresce con te.
Non fosse stato per la traduzione di Dangerous Visions magari agli inizi degli anni novanta avrei abbandonato la fantascienza senza particolari rimpianti, che quella classica Asimov & C ormai non mi diceva più molto. Di là qualcuno diceva che anche l'horror si è espanso in diverse direzioni, e possono trovare qualcosa anche i palati più raffinati. Forse il masochismo di Elvezio sta nel voler visionare/leggere qualsiasi cosa contrassegnata come horror. C'è tanta fantascienza da cui mi tengo alla larga.
C'è spesso una narrazione della fantascienza come genere superiore, dalle immense potenzialità per descrivere la realtà, molto meglio della letteratura mainstream che parla solo di coppie borghesi di mezza età, o di altri generi riconducibili ad una formula.
Considerato che molti degli autori che ritengo davvero interessanti ed originali hanno un successo di nicchia, altri non si vedono rinnovati i contratti, altri ancora parlano di pressioni per la commercializzazione da parte degli editori o passano al fantasy, mentre in testa alle classifiche di vendita ci sono novelization di Star Trek e Star Wars e romanzi di Hamilton - non parliamo poi dell'atroce storia sulle balene spaziali che ha vinto il Nebula di recente - fra reale e ideale c'è un notevole scarto. Considerato che qualche pepita d'oro nell'horror, per quanto sui generis, l'ho trovata, non so davvero se ci sia tutta sta' gran differenza.
Non importa la qualità dell'opera, o il tuo particolare stato d'animo, il Pupazzo a molla (è solo un esempio!) ti fa comunque sobbalzare.
Anche il clown che scivola sulla buccia di banana fa ridere. Esiste una comicità molto elementare, così come un terrore molto elementare, e possono comunque essere efficaci in determinati contesti, o come intromissione a sorpresa. Ma se un film comico pretende di farmi ridere con la buccia di banana o un film dell'orrore col pupazzo a molla, marca male. Non so come sia per un "vero" fan ma per essere efficace l'horror deve farsi plausibile. E riciclare scene o dinamiche trite e ritrite spezza l'incredulità e mi fa solo ridere. Nulla è più involontariamente comico di certi horror, nulla più orribile e angosciante di certi film comici, se ti costringono a vederli fino in fondo.
Poi per molti l'interesse dell'horror sta nel fornire uno "specchio scuro" dell' esistenza. L'equivalenza horror=paura è un po' come quella fantascienza=scienza, limitativa.
RispondiEliminaNon credo che Aickman, Machen, Shirley Jackson, Ligotti, gli autori di stampo orrorifico pubblicati a suo tempo su SciFiction - ricordo molto bene Gahan Wilson, Laird Barron, Glen Hirschberg - siano riducibili ad una formula semplice od assimilabili a autori come Herbert o Keene. Magari sono tipi d'horror "nobile" contigui e a volte assimilati al mainstream, ma sono comunque rappresentativi di correnti sotterranee che si riaffacciano nel genere. Forse non piacciono ai fan dello splattergore, ma sicuramente c'è un grosso numero di fan di fantascienza (come quelli che si abbonano ai titoli della Baen) cui non piace nulla di quello che io trovo interessante nel genere, e viceversa. E non ti avevano forse detto che MacDonald è troppo "letterario" per la SF italiana? Quanta gente ancora oggi non ha mai digerito la new wave o il cyberpunk, oppure si aspetta dalla fantascienza solo puzzle ingegnieristici e considera stile e caratterizzazione delle menate inutili?
Può darsi che tu, Elvezio e Davide vi allineiate bene lungo il diagramma rassicurazione/turbamento che divide i fans di fantascienza fantasy ed horror secondo lo schema di Elvezio.
Elvezio vuole essere turbato, A Davide piacciono ingegneri o barbari che risolvono le situazioni col cervello e l'astuzia, tu hai ripetuto un paio di volte che la vita è brutta di suo e non vedi perché leggere per farti male. A priori non mi ritrovo molto in nessuna di queste posizioni. Il fascino della letteratura fantastica (f/sf/h) per me sta nella capacità di esplorare prospettive difficilmente raggiungibili colla narrazione realistica.
"Confrontarsi col mistero e risolverlo razionalmente" - è in realtà più vicino a Stephen King che, poniamo, al Leiber di Smoke Ghost o The Black Gondolier. E' uno dei possibili approcci, che vira il tutto verso lo schema classico del giallo/racconto di avventura, non certo la più aperta delle strutture. Preferire a priori rassicurazione, turbamento o risoluzione è questione di predisposizione verso un "genere", individualmente legittima ma in sè non particolarmente significativa, e chiaramente dove esistono preferenze esiste il marketing del more of the same, prodotti pensati con un audience in mente e rischio di calo qualitativo medio progressivo.
Ma The Haunting of Hill House è superiore - come opera di letteratura - a qualsiasi storia di risoluzione razionale del mistero che mi venga in mente.
@Marco
RispondiEliminaBella l'idea dell'asse rassicurazione /turbamento, ma questo deve anche intersecare, per così dire, la curva del divertimento.
Sulla questione dell'affrontare razionalmente il mistero - cercio di spiegarlo meglio in modo da includere Leiber.
L'orrore leiberiano ha la piacevole caratetristica (piacevole per me, per lo meno) di svincolarsi dalla tradizione.
In questo senso, i protagonisti di Leiber devono imparare le nuove regole (o le regole sconosciute) in modo da poter affrontare/gestire l'orrore.
Rispetto all'orrore tradizionale, non c'è una tradizione pregressa, non c'è un set di regole trascurate o dimenticate che si rivelano efficaci.
In questo senso, l'orrore leiberiano sfugge al conservatorismo di una certa letteratura orrifica - non c'è salvezza nella riscoperta della saggezza antica, è necessario formarsi una nuova percezione dell'universo.
In questo, Leiber segue HPL ma lo supera - perché può fare a meno del Necronomicon :-)
C'è poi un'altra considerazione -e così mi collego al Dylan Dog spesso reiterato - ma la metto nel commento successivo.
Ciao Eloisa, e benvenuta da 'ste parti!
RispondiEliminaSì, hai ragione, ridere è una reazione attiva, lo spavento è invece una reazione incontrollabile. 'mo vedo se riesco a farlo capire anche a Marco. :-)
@ Marco: concordo con te nel riconoscere un primato alla fantascienza, almeno nella sua capacità di narrare il reale con metodi e suggestioni che sono riscontrabili solo all'interno (seppure ai margini) della sua specificità.
(BTW 'sto leggendo in questi giorni la seconda puntata del ciclone di Hamilton proposto da Urania, e beh… è vero, a livello di complessità lavora unicamente sulla quantità - di personaggi, di eventi, di azione - però oh… io lo trovo decisamente meglio del primo volume. Lo so lo so, sono un lettore cazzone… :-))
Sul discorso spavento vs risata non sono d'accordo con te. Il clown che scivola sulla buccia di banana fa ridere solo se vuoi ridere. Il sobbalzo del pupazzo lo fai comunque, se è un sorpresa.
Detto questo sono d'accordo con te sulla necessità di una plausibilità, di una profondità che l'opera - che sia cinema o letteratura pco cambia - deve avere per renderla in qualche modo degna dell'attenzione del suo pubblico.
"L'equivalenza horror=paura è un po' come quella fantascienza=scienza, limitativa."
Io credo che il rapporto dell'horror con la paura sia decisamente più necessario che non quello della fantascienza con la scienza (sono tra quelli per cui la S di SF sta più per speculative che per science).
Sulla qualità dei relativi pubblici, beh… ne abbiamo già parlato. E non c'ho vogllia di tornare a deprimermi.
"Il fascino della letteratura fantastica (f/sf/h) per me sta nella capacità di esplorare prospettive difficilmente raggiungibili colla narrazione realistica." anche questa cosa mi appartiene (credo di averlo ripetuto più volte in giro per il blgo), poi se tu preferisci vedermi alla strenua ricerca di ristoro e consolazione fai pure. Di certo leggo fantascienza anche per sollazzo e goduria (vedi appunto il già citato Hamilton, o la Bujold), però cerco comunque di stare con gli occhi aperti, e un pochino di turbamento credo di essere in grado di sopportarlo.
Per il resto mi piacerebbe leggere una risposta di Davide alle questioni che sollevi… e "The Haunting of Hill House" ce l'ho in coda ormai da un po'. Prima o poi verrà anche il suo turno…
"mi piacerebbe leggere una risposta di Davide"
RispondiEliminaNeanche a farlo apposta…
Ciò che è importante considerare, quando si mettono per iscritto i propri gusti o la propria "poetica" del fantastico, è il peso della nostra formazione.
RispondiEliminaI posti in cui siamo stati, i libri con i quali abbiamo cominciato.
Tu mi citi ingegneri e barbari astuti.
Ora, mi dispiace, ingegneri no, ma barbari astuti, perché no?
Tuttavia mi domando, gradirei lo stesso tipo di fantasy (per dire) se avessi scoperto il genere con Tolkien (ad esempio) invece che con Lyon Sprague de Camp?
Se il mio primo anno di letture intensive sul genere non fosse stato informato dalla scuola di Unknown (Sprague De Camp & Pratt, Poul Anderson, Gordon Dickson, ma anche Jack Vance e Leigh Brackett) prima di arrivare a Conan, a Elric e poi, finalmente a Tolkien, avrei vedute e gusti differenti?
Io credo di sì, ed è da qui che scaturisce la mia preoccupazione per le giovani leve cresciute a prodotti derivativi e standardizzati.
E lo stesso discorso posso farlo, ovviamente, per l'orrore, la fantascienza, il poliziesco... e per le mie letture mainstream, certo!
In questo senso, la predilezione di una certa generazione per Dylan Dog (che a me non piaceva), influenza ciò che questa generazione cerca ed apprezza.
Più Keene che non la Jackson, insomma.
E influenza anche ciò a cui la pratica del genere va a rispondere.
Indubbiamente le mie origini mi portano ad apprezzare il fantasy che è anche e sprattutto gioco intellettuale, satira, rodomontata.
Così come, partendo con Clarke in una mano e Wlliamson nell'altra, per me fantascienza significa persone decenti e "comuni" che si confrontano con problemi "impossibili" e li risolve (ma non ingegneri! A me non piacciono le storie di ingegneri!)
Ma se avessi cominciato con Dick?
O con Farmer?
O con Simak?
Poi, è chiaro, certi gusti (o assenza dei medesimi) si raffinano o cambiano (o chissà, magari degenerano), per cui uno sul proprio scaffale riesce ad accomodare anche cose che paiono contrastare con il resto - ma lì è dove entra in gioco (a mio parere) l'elemento del divertimento, inteso come stimolazione, non come semplice distrazione.
Il bello del "genere" è che di solito l'ambito di pertinenza è amplissimo - posso leggermi la SF politica di MacLeod, il vecchio "Galactic Sector" di White, una space opera di Vance e Light di harrison, apprezzarli tutti per ciò che sono, e godermi il meglio di ciascun titolo.
I problemi nascono quando si arriva all'effetto imbuto, e dalla varietà si arriva al monotematismo.
E anche quello, credo, deriva da come si è partiti - leggendo cosa, e magari parlandone con chi...
Chiedo scusa per gli svarioni - scrivo a puntate da una connessione a singhiozzo, e tradizionalmente non rileggo se non dopo aver clickato "Posta commento" :-(
RispondiElimina@Davide
RispondiEliminaSono d'accordo con te su tutto. Scusa per gli ingegneri :)
@Iguana
Ridere non è affatto una reazione attiva. La risata è una reazione istintiva, che si presenta fin dai primi giorni di vita, e il suo principale meccanismo d'attivazione è proprio la redirezione/scarico di quell'aumento di tensione che è la risposta caratteristica a stimoli improvvisi e contraddittori nel momento in cui il cervello decide che non sono minacciosi. La risata è lo sbocco alternativo di quella percezione di una dissonanza che altrimenti porterebbe alla paura.
Il sobbalzo del pupazzo lo fai comunque, se è un sorpresa.
E infatti sia paura che risata dipendono dall'effetto sorpresa.
Se togli l'influenza subliminale delle musiche improvvise il pupazzo, o la mannaia che piomba all'improvviso o fiumi di sangue etc. in un film dell'orrore non mi fanno alcun effetto.
Prima il film deve aver messo a tacere la mia sospensione dell'incredulità, allo stesso modo in cui un comico deve aver preparato bene la punch line. E' ovvio che guardando un film dell'orrore quelle reazioni istintive che sembrano così immediate vengono ampiamente processate dalla corteccia cerebrale, altrimenti vedendo uno che avanza con la mannaia salteresti dalla poltrona e ti butteresti dalla finestra. E' una reazione controllata, non si attiva il fight or flight.
poi se tu preferisci vedermi alla strenua ricerca di ristoro e consolazione fai pure.
Oh! piano coll'atteggiamento passivo-aggressivo! Dove avrei detto questo? Sei tu che hai detto più volte (e l'ho notato perché hai usato quasi le stesse parole parlando di Carlotto) che sai che il mondo è già brutto di suo, non vedi perché dovresti farti del male. Ora questo discorso avrebbe senso se tu parlassi di cose particolarmente controverse, torture porn, magari The Woman che anche molti che seguono Elvezio non vorranno vedere etc. Ma se parli dell'horror in senso generale...adrenalina e catarsi non sono ragioni sufficienti, per cominciare? E' davvero così distante dalla tua esperienza da non riuscire neppure ad immaginarlo?
L'asse consolazione/turbamento deriva dall'osservazione di Elvezio sui fan di fantascienza positivisti e quelli horror nichilisti.
Di certo leggo fantascienza anche per sollazzo e goduria (vedi appunto il già citato Hamilton, o la Bujold)
RispondiEliminaQuello che volevo farti capire è che tu non leggi Hamilton o la Bujold per le immense potenzialità della fantascienza, ma per la tua frequentazione ed affezione col genere, come diceva Davide. Non è che volessi dire che Hamilton o la Bujold sono scarsi, ma che è il setting e l'uso di motivi fantascientifici che li distingue da altre narrazioni. Chi non è fan del genere può facilmente trovare narrazioni simili altrove - soprattutto nel caso della Bujold, che (e non nego abbia le sue qualità) non nasconde affatto i suoi modelli (i romanzi storici/d'intrigo di Heyer o Sayers). Probabilmente succede la stessa cosa anche per l'horror: l'affezione verso il genere spinge più facilmente verso narrazioni che presentano determinate immagini, scenari, tocchi, anche quando il loro potere perturbante è talmente ridotto che in realtà si potrebbe riclassificarle tranquillamente come storie d'avventura o altro.
Io credo che il rapporto dell'horror con la paura sia decisamente più necessario che non quello della fantascienza con la scienza (sono tra quelli per cui la S di SF sta più per speculative che per science).
Vero o no, la tua domanda iniziale non ha molto senso.
Mettiamo che qualcuno chieda all'horror solo suspence, tensione, paura grezza.
A mia mamma piacciono i mystery classici. Credo si renda perfettamente conto che Agatha Christie non è Proust; le piacerà il puzzle e la sorpresa non certo descrizioni e introspezione psicologica. Allo stesso modo non vedo come potrebbe risponderti qualcuno per cui le principali attrattive del genere sono quelli che consideri limiti e paletti. Però, se non vogliamo ridurci alla tautologia o litigare sulle definizioni (per carità non sono uno scrittore horror, ma dark fantasy) all' interno dell'horror c'è un considerevole numero di narrazioni che non cercano la paura vera e propria, ma il disturbante/inquietante/perturbante, che mirano più a mettere in discussione un idea di realtà, sociale o individuale/psicologica, e sicuramente ci sono amanti del genere non monotematici che apprezzano molteplici narrazioni/funzioni/sfumature.
Anche Rosemary's Baby, per citare un esempio insospettabile, per me è più una satira nera (su matrimonio, maternità, convenzioni sociali) che un racconto de' paura vero e proprio. Lo riclassifichiamo? E quanti altri? L'Uomo della Sabbia di Hoffmann? Il Giro di Vite di Henry James? The House Next Door? Almeno un terzo dei racconti inclusi ne Il Colore del Male (una delle migliori antologie di tutti i tempi) che lo stesso curatore considerava troppo sofisticati per il lettore medio d'horror commerciale? Nel frattempo agli inizi degli anni ottanta in un paio d'anni c'è stata una serie quasi irripetibile di capolavori in ambito fantascientifico: John Crowley - Engine Summer e Little, Big Thomas Disch - On Wings of Song Russell Hoban - Riddley Walker Gene Wolfe - The Shadow of the Torturer Walter Tevis - Mockingbird, nessuno dei quali è stato preso in considerazione per Hugo o Nebula, che nell'80 sono entrambi andati al romanzo di Clarke sugli ascensori spaziali.
Non Speculative Fiction, non Science Fiction, pura Engineer Fiction.
Chi decide cosa è "davvero" rappresentativo di un genere? Tu, io, il lettore medio, Il marketing, una teoria platonica delle forme?
E' una discussione futile. Uno è padronissimo di considerare horror solo Koontz, King o Barker e pensare che Shirley Jackson o altri siano mosci. Per conto mio, magari i racconti finalisti a Hugo e Nebula che ho letto online negli ultimi anni si fossero avvicinati alla qualità media di quelli contenuti nel Colore del Male.
@ Marco: e come si fa a non essere d'accordo con Davide? Di certo è più facile che essere d'accordo con te! :-P
RispondiEliminaSulla risata, pensala come vuoi. Io continuo a essere convinto che una risata la riesci a trattenere, uno spavento no. Se non sei convinto, sperimenta.
" piano coll'atteggiamento passivo-aggressivo! "
È che mi da un po' noia essere citato solo confermare le tue tesi (comprensibile, certo). Sono anni che me la meno con le potenzialità della fantascienza quale genere principe per comprendere la realtà e poi tu te ne esci riducendo le mie letture a mera consolazione. Permetti che la cosa mi dia un po' fastidio?
Ed è vero, certo che ho detto che il "mondo è già brutto di suo, non vedi perché dovresti farti del male". Però mi pare che il contesto fosse altro. Ovvero l'impossibilità di far rientrare una visione come quella del dato autore nella mia personale narrazione del mondo. Tale visione non è legata ad un genere piuttosto che ad un altro, e non pregiudica assolutamente la qualità letteraria della data opera. Ci sono storie che invece di allargare la mia narrazione la restringono. Questo, secondo me, continua a rimanere un difetto, o mio o del dato autore.
" tu non leggi Hamilton o la Bujold per le immense potenzialità della fantascienza, ma per la tua frequentazione ed affezione col genere,"
Certo! E allora?
Non dubito che anche per l'appassionato di horror (o di fantasy, o di gialli, o di …) le cose funzionino nello stesso modo.
Non ho dubbi che come per la fantascienza, anche le proposte "orrorifiche" abbraccino un o spettro piuttosto ampio di sfumature letterarie. Però se un dato testo lo riconosciamo come appartenente al dato genere qualche caratteristica specifica la avrà pure, no? E non si tratta di essere o meno "rappresentativo" del genere, solo di essere riconoscibile come tale.
Quello che mi chiedevo inizialmente è come mai, date condizioni iniziali simili, c'è chi prende la via dell'horror e chi quella della fantascienza. E se questa differenza di percorso dipendesse da caratteristiche intrinseche al genere o dal relativo fruitore dello stesso, che cerca cose diverse dai diversi generi di riferimento.
Se lo chiedevo non era per confermare la mia idea parzialissima di cosa fosse l'horror, grazie tanto, quella la conosco già. Era piuttosto per capire qualcosa che visto da fuori mi risulta poco comprensibile.
@ Marco
RispondiEliminaIl bambino piccolo ride anche solo per imitare l'adulto che ha di fronte.
Se metti un bambino di 10 anni a vedere la cena dei cretini non credo proprio che riderà tanto o comunque non per le stesse motivazioni per cui il film ha fatto ridere me.
Per apprezzare un film comico è necessario fare dei ragionamenti più o meno complessi.
Se vedo un tale che scivola su una buccia di banana per riderne ho bisogno di fare alcuni ragionamenti, che per quanto elementari non sarebbero propri per un neonato, per esempio.
Quando si percepisce una minaccia ( per esempio sono nelle vicinanze di un cane feroce ) si scatena una reazione corporea che è la famosa reazione "lotta o fuga". Comincia una serie di reazioni neuroendocrine a catena scatenate dall'ipotalamo (incoraggiato a sua volta dall'amigdala) che fanno si che vemgano rilasciate in circolo delle sostanze chimiche ( noradrenalina, adrenalina, cortisolo) che preparano il corpo alla lotta o alla fuga. Capisci? PREPARANO. Questo tipo di reazione è una sorta di saggezza genetica che serve per preservarci da pericoli fisici. Se senti dei rumori in casa e sei solo di notte,la tua frequenza cardiaca salirà cosi come la tua pressione arteriosa e le tue pupille si dilateranno. Sei pronto a fronteggiare la minaccia.
NON SIGNIFICA CHE TI COMPORTERAI DA PAZZO, o che spegni il cervello . Significa solamente che la tua migdala ha bypassato la tua mente cosciente e si è attivata prima. Ha fatto il suo dovere.
Quando ci si spaventa (per esempio guardando un film horror) si innesca la reazione lotta o fuga (se il film è fatto bene, chiaramente, altrimenti si cambia il film). Punto.
E' chiaro che poi usiamo la nostra corteccia cerebrale per non Buttarci dallla finestra (citando il tuo esempio) ma il sobbalzo sulla sedia è incontrollabile, se ci siamo spaventati.
Il mio professore di fisiologia usava l'esempio del film dell'orrore per farci capire proprio questo concetto.
Chiaramente è Amigdala, non migdala. Chiedo venia per l'errore di scrittura
RispondiEliminaSe non sei convinto, sperimenta.
RispondiEliminaNon ho bisogno di fare esperimenti. Soffro il solletico ;-) E che dire poi del riso isterico? Ti ricordi di quel film dell'aeroplano colla fila di persone pronte a dare schiaffi per calmare una donna? Ma il punto è che guardare un film - horror o comico - è un esperienza partecipativa. A me - come dice Vincenzo Oliva su G+, come alcuni miei amici accaniti cinefili che non sono fan dell'horror a prescindere ma a cui un bell'horror piace - un film horror pieno di effetti ovvi e scontati fa solo ridere, e non ha proprio nessuna importanza che nella giungla qualsiasi rumore sospetto ti farebbe saltare per aria. Poi è chiaro, la desensibilizzazione non sarà una regola generale - c'è gente che non può assolutamente vedere i film dell'orrore perché sta male - ma non è neanche vero che determinati trucchi abbiano un effetto automatico come il martelletto sul ginocchio, e che sia facile fare paura se il "fruitore" non è predisposto (o impreparato, se vuoi) in partenza o la narrazione non riesce a convincerlo.
Però mi pare che il contesto fosse altro.
Hai usato quasi le stesse parole. Su Malpertuis: "O meglio non riesco a far mia la scelta di andare al cinema per stare male... 90' minuti per farmi ricordare per l'ennesima volta che il mondo fa schifo, no, non fa per me. Lo so già. Grazie." Qui: "Visto che la vita la fuori è già abbastanza dura e la mia immaginazione non ha grossi freni, perché farsi del male anche al cinema o tra i libri?"
Sembrerebbe che l'intero genere horror sia composto di storie che "invece di allargare la tua narrazione la restringono". Come fa uno a risponderti? Molta gente si "diverte" ad avere paura in maniera controllata, non solo con quello che chiami falso horror o horror comico, e non c'è nulla più di questo. Questa gente non "sta male" quando guarda un film dell'orrore. Qualcun'altro può aver bisogno di star male o sentirsi turbato di tanto in tanto, per carattere temperamento esperienze o quant'altro, e allora alternerà libri/film che davvero fanno male a tanti altri che sono un esperienza addomesticata, un po' come prendere il veleno diluito. L'unica risposta possibile te l'ha data Nick subito: non siamo tutti uguali.
O, per dirla con Davide, una combinazione di carattere e influenze formative.
Eloisa
RispondiElimina1) Il meccanismo della risata parte principalmente da ipotalamo e amigdala, ed è collegato al rilascio di endorfine. L'unica differenza colla paura è un maggiore controllo dello stimolo da parte della corteccia , ma direi che è significativo solo in casi limite.
2) Ci sono predisposizioni più o meno naturali, ma le paure sono apprese, negli animali come negli uomini. Non esistono paure veramente innate.
Animali desocializzati si fanno sbranare dai loro predatori naturali senza accorgersi, per esempio, che un cane feroce che si getta verso di loro non è cosa buona.
La percezione di una minaccia è comunque questione di interpretazione di segnali, che viene appresa nel tempo, e va dal semplice al complesso. Per cui, è vero che l'umorismo può essere grezzo o sofisticato, ma anche la paura scaturisce da associazioni e ragionamenti - consci e subconsci, a volte automatici a volte no - che portano all'interpretazione come minaccia di una serie disparata di segnali. In ogni caso, il fattore inconscio "so che sto guardando un film" è per me sufficiente per disinnescare alla base qualsiasi spavento, se il film non riesce (attraverso la narrazione, il che significa anche non ripetere trucchi già visti cento volte) a coinvolgermi in maniera più che sufficiente. Non ci sono squali, pupazzi a molla, rumori improvvisi, fiumi di sangue che tengano. Per cui no, il discorso che è facile far paura perché la paura è un istinto atavico.
Tu dici "se il film è fatto bene". Appunto. Deve essere fatto davvero bene per farmi paura, perché rispetto a quando guardavo Nightmare a 14 anni mi sono desensibilizzato.
Marco,
RispondiEliminaSe un film è fatto bene come ho detto deve coinvolgere solo così ci si può spaventare.
Piccola riflessione: solo gli esseri umani ridono, (forse anche le scimmie, ma non sono sicura. )
Ma tutte le creature viventi sperimentano la paura.
Perchè è funzionale alla sopravvivenza.
Io: "Però mi pare che il contesto fosse altro. "
RispondiEliminaMarco: "Hai usato quasi le stesse parole."
Sì, solo che quelle riferite al romanzo di Carlotto erano una constatazione della reazione che quel testo mi ha suscitato, mentre negli altri casi era l'espressione di una preoccupazione, visto che mi riferivo a opere che non ho visto/letto. Ma son dettagli. Il punto semmai è riconoscere i motivi per cui cerchiamo e leggiamo certi libri e non altri. Tu pensi che io abbia bisogno di rassicurazione, io credo sia più voglia di esplorare contesti diversi e diverse forme di espressione. E credo che la narrativa di fantascienza assolva al meglio a questo compito. Ma comunque la si legga, se cerco di evitare il dolore significa automaticamente che voglio essere consolato?
"Sembrerebbe che l'intero genere horror sia composto di storie che "invece di allargare la tua narrazione la restringono""
Io non lo so. Per questo chiedo! :-)
Noto però che tu non hai ancora risposto alla richiesta di approfondire cos'è che caratterizza l'horror e lo rende immediatamente riconoscibile rispetto ad altri generi contigui.
Perché altrimenti, a leggerti sopra, sembra non ci sia alcuna differenza…
Ma comunque la si legga, se cerco di evitare il dolore significa automaticamente che voglio essere consolato?
RispondiEliminaElvezio ha detto che legge horror perché cerca il turbamento. Davide ha detto che il suo approccio verso l'horror è di risoluzione/scioglimento del mistero. Immagino in base a questi motivi che scelgano certi libri e non altri. Hanno espresso una predisposizione e una preferenza - non certo assoluta, so benissimo che leggono anche altro. Ho accusato anche loro di superficialità o "strenua ricerca di ristoro e consolazione"? Per saperlo, eh. Però quando esistono preferenze diffuse esistono mercati, mercati che rispondono alle aspettative, la qualità si abbassa, e magari il fan si accontenta più facilmente, oppure si tappa un po' il naso perché comunque quel tipo di narrazione lo interessa a prescindere. Così Elvezio si lamenta perché il 99% di quello che gli capita sotto gli occhi è mediocre, ma continua a cercare.
Non significa che non possano esistere in quell'ambito opere di elevato valore artistico, solo che molto di quello che viene prodotto non lo è.
Ma questo vale per qualsiasi genere o sottogenere - i generi sono categorie commerciali che nascono in risposta a bisogni diffusi e si espandono per similitudine.
La formulazione teorica viene sempre dopo.
cos'è che caratterizza l'horror
Direi il tentativo di suscitare o tematizzare uno o più fra una serie di stati emozionali negativi più o meno imparentati - paura, ansia, tensione, inquietudine, disgusto, ribrezzo, senso d'irrealtà, confusione, angoscia, dissociazione paranoide o schizofrenica, o il perturbante (cioè la dissonanza cognitiva prodotta da qualcosa che viene percepito simultaneamente come attraente e repellente, oppure familiare e ignoto) come fine ultimo o mezzo per veicolare altro o metafora centrale o principio organizzatore o filo conduttore della narrazione.
Se nulla in questo ventaglio di possibilità ti attrae, come sembrerebbe visto che dici di voler evitare il dolore, l'horror non fa per te.
Se ti sembra che possa portare a narrazioni che potrebbero interessarti, cerca di individuare all'interno dell'horror approcci o obiettivi che senti più congeniali.
Elvezio parla spesso dell' horror come non-genere, e del resto La Strada, o Meridiano di Sangue, o Cuore di Tenebra, o tantissime narrazioni originatesi al di fuori dell'horror in senso stretto sono da tempo viste anche, a volte soprattutto, attraverso la lente dell'horror.
e lo rende immediatamente riconoscibile rispetto ad altri generi contigui.
Bè, ad esempio, per me James Tipree Jr e Shirley Jackson sono più vicine tra loro di quanto non siano contigue rispettivamente a, per dire, Heinlein e Lovecraft, per cui direi che ciò che lo rende riconoscibile è probabilmente tradizione/pubblicazione/discussione all'interno del genere. Per orientarsi aiuta anche la presenza o meno di elementi familiari come case gotiche o viceversa astronavi aliene.
Quello che intendevo dire coll'esempio della Bujold è che l'attribuzione ad un genere spesso avviene in base ad elementi relativamente superficiali, non profondi. E come dice Davide, l'idea centrale di quello che il genere è ognuno se la fa in base al percorso personale.
Continuo a leggervi eh, non sono sparito. Qualsiasi discussione abbia dentro marco e Iguana (e Davide, ma per altre meccaniche) è fortissima perchè sono due pittbull che non lasciano passare una virgola, l'avevo notato anche live...
RispondiEliminaOh, a me il clown che scivola su una buccia di banana provoca soddisfazione e senso di vendetta compiuta, per tutto quello di brutto che mi ha fatto in tanti film...
Il meccanismo della molla dovrebbe essere l'ultima risorsa, a mio modo di vedere, il "se non sai suonare suona forte". Anche perché non mi rimane nulla. Ho subito migliaia di "molle di paura", ho fatto il mio bravo sobbalzo, ho mandato a quel paese chi di dovere e l'istante dopo era tutto passato. Invece il finale di Blair Witch Project, con quel corpo ritto in un angolo di un orrendo scantinato, immotivato, misterioso, paralizzante, mi fa rizzare (giuro) i peli degli avambracci ancora ora mentre scrivo. Oppure (esempi ce ne sono) un 30 secondi di The Poughkeepsie Tape, per nominare un film mediocre, anzi, brutto e noioso... C'è questo, boh, serial killer o simile, si avvicnina (video sgranato, b/n o quasi) a 4 zampe a una vittima immobilizata, arriva da lontano, indossa una maschera messa al rovescio (la bocca sulla fronte) e si muove lento, quasi senza meta, errabondo. Agghiacciante, rende meritevole un film fatto coi piedi e rimane in testa per sempre. E quanti di questi esempi (Nicholson con la bocca semiaperta che fissa il vuoto in vestaglia, la soffittta in Black Christmas, Shuterland che punta il dito e urla negli Ultracorpi 1978, vado a memoria io che di memoria non ne ho proprio perché rimangono per sempre). Questo cerco. La molla è divertente eh, ma andare sulle montagne russe è una molla più potente e credo che paracadutismo ancora di più, quindi preferisco quei momenti lì che nè montagne russe né paracadutismo possono eguagliare...
Infatti Elvezio, uno dei motivi per cui ti leggo è che sei un pusher di scariche adrenergiche di qualità!! ;)
RispondiEliminaCosa si può volere di più? Ti assumi il rischio di provare la "robba" preventivamente per tutti noi...
ti posso solo ringraziare...
Marco:
Ci sta che tu ti sia "desensibilizzato", è una malattia che ha colpito anche me.
Si chiama assuefazione. La cura palliativa è Leggere/guardare roba migliore.
P.S.
Chiedo scusa al padrone di casa per le mie intromissioni, ma la discussione è interessante
@Elvezio
RispondiEliminaPoi un giorno o l'altro mi spieghi le "altre meccaniche" :-D
Mi incuriosisce il fatto che il meccanismno di immedesimazione non sia stato citato (ma magari mi sbaglio - seguire la discussione è stato difficile in questi giorni).
Però l'ultimo commento di Elvezio mi ha portato ap ensare.
È vero, anche a me l'ultima scena del Blariviccio causa la pelle d'oca - e mi sono scoperto ora a domandarmi, mi turba come immagine, o per il fatto che se io mi trovassi in quella situazione...?
Ecco, io credo che alla lunga il pupazzo a molla che ti fa sobbalzare lavori in maniera diversa dal film anche mediocre che ti porta apensare "'azz, se fossi nella stessa situazione, sarei già impazzito..."
Penso a La Cosa.
A Alien.
Ai diversi Ultracorpi.
Ecco, io credo che che questi due livelli, quello in cui è la grafica, l'immagine, il montaggio suono/immagine, a farmi sobbalzare, e quello in cui entra una componente intelletuale di speculazione e immedesimazione, siano i due meccanismi da considerare.
La prima è universale, la seconda, in mano ad un buon narratore, e può essere modulata, "suonata" in maniera diversa.
"Ora terrorizzo solo gli adolescenti maschi in sala".
Cose del genere.
In questo senso, io preferisco la paura intellettuale allo spavento da effettaccio - e questo influenza perciò le mie scelte cinematigrafiche (per dire).
Non so, è un'idea così.
Aggiungo una notarella pedante su Le Fontane del Paradiso, di Clarke (che a me piace, fatemi causa).
RispondiEliminaE che, è vero, vinse un sacco di premi alla faccia di testi molto più letterari e "rivoluzionari" suoi contemporanei.
La nota pedante è che Fountains of Paradise viene considerato - no, davvero - un romanzo "anomalo"£ di Clarke, per il suo "taglio umanista" (sono certo di averlo letto sul dorso di un vecchio Urania) e per il suo approccio "soft".
Il che mi suggerisce che ci fosse una gran voglia di cose come quelle scritte da Wolfe o Disch o crowley (e ne abbiamo citati tre che sono prorpio diversi uno dall'altro), ma che per mancanza di coraggio, si finì col premiare col più "soft" (percepito) dei romanzi tradizionali.
Allo stesso tempo, è possibile che Clarke (o il suo agente) avessero colto qualcosa che era nell'aria, ed adeguato una fredda Sf da ingegneri in qualcosa di meno tagliente e glaciale (aggiungendoci la leggenda delle farfalle e così via).
Il che mi riporta a sostenere che una prospettiva storica sia sempre necessaria - "cosa caratterizza l'orrore", così come "cosa caratterizza la fantascienza", sono domande pericvolosamente vaghe senza una specifica di qualche tipo, anche solo cronologica.
OK, fine della divagazione.
Comunque grazie al padrone di casa - bella discussione.
Dovremmo farlo più spesso.
@ Marco
RispondiElimina"Ho accusato anche loro di superficialità … ?"
No. Ma, se è per questo, non hai accusato nemmeno me di superficialità, almeno, io non me ne sono accorto. (Volevi? :-P)
Sull'horror, per come lo definisci. No. Non è che nulla mi attrae, come già detto più sopra, l'horror declinato in salsa fantascientifica (così al volo mi vengono in mente Alien per il cinema, Matheson e Ellison per la letteratura) non mi dispiace affatto. Quello che mi tiene lontano dal genere nel suo complesso è questa immagine dell'horror come divoratore del tutto. Immagine che la frequentazione di luoghi come la Malpercasa mi continua a confermare (non tanto nella persona del padrone di casa, più che altro tra molti dei suoi fedeli commentatori): se sei appassionato di horror, fai riferimento unicamente a quel genere per ogni tuo consumo culturale.
Insomma, mi pare che l'autoreferenzialità non mi sia mai apparsa più evidente che in questo genere. Il che mi riporta alle mie considerazioni iniziali sull'immediatezza, la facilità e il "potere escludente" del gente horror rispetto al nucleo delle sue narrazioni. Che certo nelle mani di grandi artisti possono raggiungere (come in tutti i generi, come in tutte le arti) vette eccelse (e quindi fruibili anche dai non-appassionati), ma che nel loro prodotto medio (per quel che vale la definizione) rimane roba molto più settaria che non fantascienza e fantasy (che certo godono anche loro dei rispettivi ghetti, ma che, se non altro, hanno nel loro DNA una certa apertura "positivista" la prima, "favolista" il secondo, che nell'horror non mi pare di scorgere).
Poi ok, ora ci si può accapigliare anche su 'sta teoria, che in effetti qualche punto debole è probabile ce l'abbia.
"Quello che intendevo dire coll'esempio della Bujold è che l'attribuzione ad un genere spesso avviene in base ad elementi relativamente superficiali, non profondi. E come dice Davide, l'idea centrale di quello che il genere è ognuno se la fa in base al percorso personale."
Sì, quello che dice Davide è sacrosanto, però io continuo a non capire come tu non riesca a rilevare elementi profondamente fantascientifici nella saga dei Vor della Bujold. Davvero, 'sta cosa mi sfugge…
@ Elvezio
RispondiEliminaBello rileggerti, che sì, in effetti mi chiedevo che fine avessi fatto.
Per quanto riguarda la discussione, beh… Marco è davvero un pitbull, e i suoi commenti sono oltremodo stimolanti. Ogni volta che interviene sul blog mi costringe a ripensare a tutto quel che ho detto/scritto/letto fino a quel momento, e son cazzi. Ma ci vuole, oh… se ci vuole!
La "molla" è il grado zero della paura. Da lì è tutta salita. Tirare in ballo la "molla" era per dare una base di partenza al genere, che dal mia parzialissimo punto di vista poi si è evoluto secondo due direttrici primarie: la paura (intesa come ansia, inquietudine, terrore, etc etc) e il ribrezzo (schifo, disgusto, vergogna, etc etc).
È ovvio (almeno, per me è chiarissimo) che la prima lascia segni molto più duraturi nella memoria dello spettatore, e certe immagini fai poi fatica a dimenticarle.
Però mi pare che sia il secondo filone sia quello che invece domina le produzioni più popolari (dimmi tu se sbaglio…).
Forse tutte le mie paranoie si riferiscono a questa dimensione del genere più che all'horror in quanto tale.
…
@ Eloisa: Qui dentro lo spazio è libero e aperto ad ogni contributo. Sono io a ringraziarti per i tuoi interventi, altro che intromissioni e scuse!
…
@ Davide: "Mi incuriosisce il fatto che il meccanismo di immedesimazione non sia stato citato"
Io credo che Marco non si immedesimi MAI nei personaggi delle storie che legge. almeno non negli ultimi 10 anni! È troppo scafato e vissuto e colto per riuscirci ancora! :-)
No, a parte gli scherzi (oh Marco, mica te la sei presa, vero?), quel che dici è vero. Dal mio punto di vista lo davo quasi per scontato: la mia ritrosia alla visione di certi film credo dipende dalla mia tendenza a calarmi anima e corpo nelle storie che guardo. Ci sono un sacco di film che con me al cinema funzionano benissimo, proprio perché coinvolgenti, ma che non sopravvivono alla ripensamento post-visione (vedi Inception, per un esempio recente).
Su Clarke. Non ho letto, ahimè, "Le fontane del paradiso". però mi pare che l'approccio umanistico che citi sia sempre stato presente come solido sottotesto a (quasi) tutta la sua produzione. Da "La città e le stelle" a Rama ai suoi racconti più noti, il bello delle opere di Clarke sta proprio nel rigore di una proposta Hard-sf modulata con il fattore umano che comunque lo contraddistingue.
(Bon, torno nel mio angolino…)
fantascienza=positivista fantasy=favolista horror=pessimista?
RispondiEliminaDove l'ho già sentita?
se sei appassionato di horror, fai riferimento unicamente a quel genere per ogni tuo consumo culturale.
Come darti torto: è un piano inclinato, quanti hanno iniziato a leggere horror per scherzo e in un battibaleno si sono ritrovati in nero da capo a piedi a sorseggiare assenzio leggendo raccolte di simbolisti francesi e ascoltando Current 93, Coil, Celtic Frost o Slayer :)
Il discorso su prodotti medi e buoni oscura il fatto che esistono diverse filosofie e approcci all'horror.
Magari un romanzo "urlato" può essere qualitativamente superiore ad uno "d'atmosfera", ma avranno comunque audience diverse e con poche aree di sovrapposizione sia fra i fruitori interni al genere che quelli esterni - e nei confronti di questi ultimi il secondo ha più chance a priori.
come tu non riesca a rilevare elementi profondamente fantascientifici nella saga dei Vor della Bujold. Davvero, 'sta cosa mi sfugge…
Una volta ho letto un libriccino di Ermanno Cavazzoni che remixava una storia del Libro Cuore in sette modi diversi, conservando del tutto la struttura -frase per frase- i rapporti e la sequenza degli avvenimenti, ma sostituendo strategicamente nomi e aggettivi etc. in modo da cambiarne totalmente l'aspetto superficiale. Uno di essi diventava una storia fantascientifica fra androidi senzienti con furti di memoria, stati quantici e emissioni laser in un pianeta orbitante attorno a una nana bianca.
Per cui sì, vabbè, ci sono dei momenti in cui la Bujold esplora più direttamente idee fantascientifiche, e qualche direzione del plot in più viene aperta dalla possibilità di usare per dire l'ingegneria genetica, ma in romanzi come Barrayar o A Civil Campaign la sostituzione rispetto ad un certo tipo di romanzi storici mi sembra proprio ai minimi termini, storia e svolgimento identici.
Io credo che Marco non si immedesimi MAI nei personaggi delle storie che legge. almeno non negli ultimi 10 anni! È troppo scafato e vissuto e colto per riuscirci ancora! :-)
Ma sai, in effetti mi è venuto da pensare a questa cosa. Non mi proietto più in un personaggio, come quando da bambino leggendo L'Isola del Tesoro "ero" Jim, ma mi capita spesso di entrare in forte risonanza emotiva con certi personaggi o narrazioni. Però, come per Vincenzo Oliva su G+, l'horror classico, soprattutto filmico, cozza abbastanza presto contro la mia soglia d'incredulità. Mi sembrano orrori di cartapesta. Posso bypassare completamente la paura e allo stesso tempo star male per la fine di un personaggio cui mi ero affezionato, insomma.
In campo letterario l'horror che preferisco è quello che - per me -intercetta una qualche profondità emotiva o psicologica, che lo rende difficile da dimenticare al di là di paura o meno.
Leggendo la rivisitazione settimanale degli Hugo (vengono citati tutti i romanzi eligibili nell'anno in corso che non sono stati presi in considerazione) l'impressione è che la popolarità (esposizione e contatto/presenza nel fandom) sia un fattore molto importante, soprattutto per arrivare alla shortlist.
però mi pare che l'approccio umanistico che citi sia sempre stato presente come solido sottotesto a (quasi) tutta la sua produzione.
Sì, ma i personaggi raramente raggiungono un certo spessore. Il che va bene se dai personaggi non ti aspetti molto di più che siano funzionali alla storia, ma appunto nei generi ci sono diversi tipi di narrazioni a seconda di dove cade l'accento - Dieci Piccoli Indiani e Il Lungo Addio e Delitto e Castigo e Arrivederci Amore Ciao - per cui non è un approccio pratico per chi guarda da fuori cercare di capire o tenersi lontani da un genere nel suo complesso.
E non bastoncarotarmi così, che vado in confusione ;)
Dopo il cerchiobottismo, il bastoncarotamento è semplicemente agghiacciante.
RispondiEliminaSolo il bottemoglievignanesimo lo supera.
O forse la gattolardozampinazione.
(visto cosa capita a leggere Sprague de Camp? :-P )
@ Marco: "quanti hanno iniziato a leggere horror per scherzo e in un battibaleno si sono ritrovati in nero da capo a piedi a sorseggiare assenzio leggendo raccolte di simbolisti francesi e ascoltando Current 93, Coil, Celtic Frost o Slayer."
RispondiEliminaVé mò, attento. I Current '93 li ascolto (poco) anch'io! :-)
" in romanzi come Barrayar o A Civil Campaign la sostituzione rispetto ad un certo tipo di romanzi storici mi sembra proprio ai minimi termini, storia e svolgimento identici.
Non so. A me pare una lettura superficiale di quei romanzi. In sottofondo alle storie della Bujold c'è sempre il confronto tra le evoluzioni sociali di posti come Barrayar o Colonia Beta, che non sarebbero altrettanto interessanti in un contesto non sf, oltre a una buona dose di riflessione sul corpo e il sesso dei personaggi, altro tema singolarmente fantascientifico.
Poi certo, Bujold non è né Ursula Le Guin né Alice Sheldon, però non credo che nella sua narrativa ci sia meno fantascienza di quella prodotta dalle altre due signore.
@ Davide: …e non dimenticare le bocche del cavaldonatismo.
Siamo giunti infine al vero orrore!
Fai bene! Anche a me piacciono Current 93 e Coil! Meglio che ascoltare gli U2
RispondiElimina(E mi hai ricordato che devo farti un cd di elettropostpunknecrodark neozalendese) :)
Oooh mi hai dato del superficiale! :-P Non è che voglia sminuire la Bujold rispetto a Le Guin etc, ma nei romanzi a cui penso io c'è una forte attenzione alle dinamiche fra classi sociali, mobilità ed evoluzione con l'azione che tocca diversi stati europei in molti decenni, così come una riflessione sulle costrizioni consapevoli o no imposte dal genere, con personaggi che trovano strade alternative rispetto alle convenzioni...
Continua a sembrarmi un aggiornamento in chiave fantascientifica di una formula - formula proprio nel senso di simile percentuale di ingredienti e tipologia di storie, personaggi, plot e dialoghi.
"nei romanzi a cui penso io c'è…"
RispondiEliminaEh! Toccherebbe leggerli!
Ma in fondo, ho già letto la Bujold…
BTW continuo a ritenere Guerra di strategie il miglior esempio mai letto di commedia fantascientifica. Non dubito che ci siano esempi analoghi fuori dal genere, però aver saputo adattare una formula simile con tali risultati non è comunque risultato da poco.