28 febbraio 2007

La fortezza della solitudine


Picture by Iguana Jo.
Volevo provare a buttare giù qualche riga per raccontarvi La fortezza della solitudine, quanto mi abbia colpito, come sia rimasto affascinato dalla capacità di Jonathan Lethem di raccontare la crescita, i turbamenti, la solitudine di un ragazzo nella Brooklyn anni '70. Mi sono però reso conto di non esserne capace. Voglio dire, un riassunto del libro è piuttosto inutile e limitarmi a dirvi quanto sia fantastico, beh… potete immaginarvelo.

Provo piuttosto a spiegarvi perché io sia rimasto folgorato da questo romanzo. Probabilmente sarò troppo parziale e soggettivo, ma di recensioni in rete ce ne sono già a pacchi, di persone che hanno apprezzato La fortezza della solitudine soprattutto per la sua collocazione temporale, per la Brooklyn che si racconta, per gli accenni al punk o alla storia del soul. Forse poi a voi il libro piacerà perché si parla di supereroi o per le questioni razziali e la droga. O magari per il suo approccio disincantato alla fantascienza. Chi lo sa…

Per me è andata così.
A volte ti imbatti in una storia che improvvisamente illumina il tratto di strada che hai percorso fino a quel momento. In un autore che sembra sapere cose su di te che nemmeno ricordavi. Non importa se la storia si svolge a Brooklyn piuttosto che in California, se tu nella tua infanzia un nero non l'hai mai incontrato, se la scuola che frequentavi e gli amici che avevi erano completamente diversi. Se la tua esperienza con la droga si limita a una canna o due.
La verità è molto più semplice dei dettagli che la compongono.

I pezzi del caleidoscopio che Lethem costruisce sono fatti delle lacerazioni tra il mondo che vorremmo, il mondo che abbiamo intravisto lungo la via e quello che invece c'è toccato in sorte. I vetri che lo compongono sono colorati da sentimenti atrofizzatisi per la lunga resistenza al terrore quotidiano, schegge di quella gemma che conservi ben nascosta in fondo, da qualche parte, per sopravvivere. Ciò che lo tiene insieme è il tradimento, per esistere, e il pentimento, inutile, per riprovarci, inutilmente. Che tutto quello che ti rimane è puntare al cielo, solo per rimanere in piedi. Con la necessità di un superpotere, uno qualsiasi, che non può essere tutto qui quello su cui puoi contare.

Poi certo c'è la capacità di ricordare, la magia delle giornate passate a giocare per strada, le amicizie fantastiche e totalizzanti di quando hai 10/12 anni e ti accorgi che il mondo non è come te lo aspettavi. Quando ti rendi conto che per quanto tu voglia appartenere a qualcosa sei sempre quello fuori posto, quello che comunque la vita preferisce raccontarla piuttosto che viverla. E nonostante tutto non si abbatte, non diventa il nostro vicino cinico e sconfitto, ma trova un rifugio: una fortezza della solitudine da cui scrutare il mondo, subendone tutto il fascino, confortato dalla vastità delle possibilità, della miriade dei destini possibili.
Pronto a rinunciare ai superpoteri, se serve a salvare il proprio mondo. Magari da solo, ma conquistando una specie di pace. Alla fine.
Ecco, incontrare Dylan Ebdus è stato tutto questo e molto di più. Ma io non sono bravo come Lethem. Per questo conviene dare un'occhiata al suo romanzo, alla sua fortezza.

10 commenti:

  1. Tu sarai la fine delle mie finanze. "Io vuole che tu sa ciò".

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  2. Eheheh! :-)

    Esistono anche le biblioteche, sai?

    (comunque leggilo, è meraviglioso!
    …e poi fammi sapere cosa ne pensi)

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  3. ...stavo proprio cercando qualche titolo interessante da leggere.
    Grazie

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  4. iguana jo,chiunque tu sia,condivido molto di quello che hai scritto nonchè il fatto che lethem è un padreterno.faccio il libraio e tento,spesso invano,di far conoscere autori di nicchia e fornire alla clientela buone letture che vadano oltre i dan brown,i clive cussler e in generale quel tipo di letteratura di massa che ha per comune denominatore la banalità e il sensazionalismo.
    la fortezza della solitudine è sicuramente uno di quei capolavori misconosciuti che vale la pena scoprire.per chi ama new york,per chi crede nell'amicizia,per chi scrive sui muri,per chi legge i fumetti,per chi si è fatto di qulche droga o semplicemente perchè un libro cosi' ci aiuta a capire e conoscere noi stessi piu' di quanto si possa credere.
    tra l'altro se qualcuno potesse scoraggiarsi per il volume del libro consiglio dello stesso autore "brooklyn senza madre",meno impegnativo ma altrettanto umano.

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  5. Ciao Peps, benvenuto da 'ste parti!

    Jonathan Lethem è diventato molto in fretta uno dei miei scrittori preferiti dopo che ho letto i suoi racconti fantascientifici. Da li in poi è stato un continuo crescendo.

    Speriamo continui così.

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  6. Ciao! bellissima recensione, anche a me questo libro è piaciuto molto... Ti ho linkato sul mio blog ma non riuscendo a fare il collegamento con la modalità suggerita a fondo pagina, ti incollo qui il link:

    Antologia per un figlio: quali libri vorreste passare ai vostri figli?
    http://www.babytalk.it/wordpress/?p=1620


    Ciao!

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  7. Ciao Jessica!
    Grazie per l'apprezzamento!
    Ho letto il tuo post e beh… è bello vedere altre persone leggere gli stessi libri con occhi simili.

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  8. Lo sto leggendo...mi trovo gia' daccordo con te, Iguana :)

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