Nell'ultima settimana si è discusso molto nei blog vicini di letteratura e politica, della legittimità di letture ideologiche di testi di genere, della priorità o meno, nella valutazione di un'opera, di un approccio etico/politico.
La discussione è partita dallo spazio commenti del post che Elvezio ha dedicato ad Harry Potter, è proseguita da Niccolò su Sei un'idiota ignorante per giungere infine sulla pagine di Strategie evolutive. Nello spazio commenti del post di Davide sono stato tirato in ballo da Marco per l'approccio pregiudiziale che avrei nelle mie recensioni nei confronti di romanzi che mal si coniugano con la mia particolare visione del mondo.
Non ho seguito come avrei voluto le varie discussioni. Da circa un anno è stato introdotto dall'azienda per cui lavoro un sistema di filtraggio dei contenuti web per cui faccio molta fatica ad accedere a determinati blog, a volte nel loro complesso (Sei un'idiota ignorante o il Grande Marziano, per esempio), a volte solo a singoli post (Malpertuis, Strategie evolutive ). Oltretutto queste ultime settimane sono state piuttosto impegnative anche al di fuori della rete. Il risultato è che sono fuori tempo rispetto alle discussioni di cui sopra, ma devo comunque una risposta alle sollecitazioni ricevute.
Ultima avvertenza: per comporre questo post ho trovato più comodo citare le parole di Marco, compresi alcuni estratti da un paio di mie vecchie cose portate come esempi significativi del mio modo di procedere: il primo era dedicato ad Arrivederci amore, ciao di Massimo Carlotto, il secondo a Sotto la pelle, di Michel Faber.
Picture by Iguana Jo.Partiamo.
"Forse il mio mancato entusiasmo nei confronti del romanzo si può in effetti riassumere nel fatto che non riconosco il mondo che racconta l’autore come il mio mondo, che sento la mancanza di un riferimento altro rispetto all’immoralità di tutti i personaggi del romanzo."
Marco scrive: "Semplicemente trovo questo un approccio sbagliato, un giudicare le opere in base a quello che vorresti che fossero, e quindi rischiando di prestare meno attenzione a quello vogliono essere, e che intendono comunicare. Un autore non deve descrivere il tuo mondo, ma quello che interessa a lui raccontare."
No, aspetta. Non giudico i romanzi che leggo "in base a quello che vorrei che fossero", cerco piuttosto di capire se date certe premesse l'autore svolge la sua opera in modo coerente o se se invece svicola, per intortarmi magari con uno sviluppo che di quelle stesse premesse se ne frega.
O meglio. Proviamo a fare un passo indietro. Così forse usciamo dall'esempio specifico (ma ci torniamo, non vi preoccupate) per tornare al discorso generale che riguarda la valutazione etica/ideologica di quanto leggiamo.
Quando mi metto a pensare a quel che ho letto mi chiedo come prima cosa "perché?".
Perché il dato volume mi è piaciuto/non mi è piaciuto? È merito/demerito della scrittura? Del plot? Dei personaggi? Oppure è qualcosa che riguarda l'etica e la consapevolezza del contenuto?
Per rispondere a queste domande inizio a rimasticare il romanzo letto, faccio giocare le idee che ho colto dal testo con gli altri ingredienti che mi hanno colpito, metto a confronto la mia parzialissima visione del mondo con quella che traspare dalle parole dell'autore e cerco di prendere al volo - e quindi riportare sul blog - le scintille che si generano dall'incontro.
In altre parole, non si tratta di vedere quanto le idee che percepisco dal testo corrispondano alle mie, ma quanto queste siano integrate nella narrazione, quanto siano sottoposte a discussione, quanto siano coerenti con l'ambiente e i personaggi messi in scena dall'autore. Solo dopo, se è il caso o se colgo qualche aspetto interessante, mi metto a discutere l'ideologia che governa la narrazione.
Per tornare a Massimo Carlotto, quando scrivo: "Forse il mio mancato entusiasmo nei confronti del romanzo si può in effetti riassumere nel fatto che non riconosco il mondo che racconta l’autore come il mio mondo, che sento la mancanza di un riferimento altro rispetto all’immoralità di tutti i personaggi del romanzo." Lo faccio perché tutto nel romanzo urlava - fallendo - la perfetta sovrapponibilità della realtà romanzata con la mia di lettore.
Arrivederci amore, ciao a me è parso un romanzo a tesi, e come la maggior parte dei romanzi a tesi fallisce proprio nel volere estendere la visione parziale dell'autore fino a ricoprire tutta la realtà. Quel che mi premeva sottolineare è un problema che è insieme di umiltà e verità, ovvero il porsi l'autore al di là e al di sopra del lettore. (Lo stesso limite che ho ritrovato in Solaris, tanto per citare un altro romanzo che soffre degli stessi difetti e sul quale la mia opinione è in netta minoranza).
Marco: "Non riconosci come tuo il mondo di Arrivederci Amore Ciao mentre trovi realistico quello di Eureka Street?"
Vedi? È questo l'equivoco. Eureka Street non ha pretesa di verità. I personaggi che si muovono nella Belfast del romanzo sono tutti sopra le righe, hanno vite, reazioni e relazioni esagerate. Ciò che impedisce a Robert McLiam Wilson di deragliare completamente è l'aderenza di quei personaggi a un contesto reso invece con piglio quasi naturalistico. Belfast è lì, è vera, con tutta la sua storia drammatica, e non c'è un solo paragrafo dedicato alla realtà nord-irlandese che mi sia parso incoerente, irreale, sbagliato.
Marco: "Riguardo a Sotto la Pelle (così come a suo tempo Luce dall’Universo) ti fermi sugli elementi che non ti vanno a genio – i personaggi sono tutti cinici, perversi e sconfitti dalla vita, PER CUI l’autore sta cercando di èpater il borghese / Gli esseri umani sono senzienti, PER CUI il paragone con gli animali non regge – tutti gli altri livelli della satira, su televisione, sessualità, consumismo, (che secondo me contribuiscono a spostare il discorso dal piano del parallelismo diretto – con rapporto 1:1 a quello dell’esagerazione paradossale) magari li vedi anche ma non gli dai più peso, l’hai già bell’ e bollato come trattato vegetariano militante."
Ehm… in realtà seguo il percorso inverso.
Mi chiedo: perché non trovo credibile il parallelismo uomini/animali? Forse perché gli esseri umani che compaiono nel romanzo sono senzienti e il lettore empatizza con loro? O forse perché l'autore piega ogni aspetto del romanzo al fine di farmi cogliere questo parallelismo, collocando a fianco di ogni svolta del plot un sacco di punti esclamativi ed enormi cartelli indicatori?
Perché la data lettura non riesce ad appassionarmi/inquietarmi/affascinarmi ma invece mi irrita/annoia/disgusta? Forse per la caratterizzazione univoca di tutti i personaggi? Forse per le discrepanze nel plot? Forse perché sotto la narrazione si scorge il telaio e gli ingranaggi che l'autore ha utilizzato per sedurmi?
E no, non mi sento in colpa per non aver colto livelli ulteriori di lettura, o sottotesti per iniziati, o sfumature appena accennate (o esplicitamente raccontate, non è questo il punto). Tra l'altro se mi metto a discutere pubblicamente la mia esperienza di lettura è proprio perché do per scontato che altri lettori avranno colto dallo stesso testo cose diverse dalle mie. E cosa c'è di più interessante (e divertente!) del confronto tra percorsi diversi fatti sulle stesse pagine?
Marco: "Considerato che Faber vegetariano non è (la domanda naturalmente gli è stata fatta, dopo la pubblicazione del romanzo)- forse era più interessato a porre l’attenzione su certi eccessi dell’industria del carne
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…E visto che lui non lo intendeva come un trattato di vegeterarianesimo militante e molta gente non l’ha recepito come tale forse il fatto che non ci sia un equivalenza perfetta Isserley:Uomini=Uomini:Animali non è così significativo come è parso a te."
Per me, da lettore, le intenzioni dell'autore contano come il due di picche in una partita a scacchi. Dal momento che leggo un libro conta solo quel che riesce a comunicarmi con quel che ha scritto, che va al di là e oltre qualsiasi intenzione potesse aver avuto quando si è messo alla scrivania per iniziare il suo romanzo.
Una volta pubblicato quel testo non è più suo, ma del lettore, che ha tutti i diritti di farne quel che preferisce. Da parte mia l'unica regola che mi aspetto venga rispettata nella discussione di un testo è che le affermazioni che lo riguardano siano coerenti con quanto compare tra le pagine del testo stesso.
Per questo motivo non mi aspetto che chi passa dal mio blog possa condividere ogni affermazione fatta sul dato testo, mi aspetto però che la mia opinione venga rispettata o ridicolizzata non in base a presunti postulati iniziali ("l'autore intendeva dire che…"), ma solo sulla base della sua aderenza al testo in discussione.
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