30 giugno 2017

Letture: La voce del fuoco, di Alan Moore

La voce del fuoco è una guida ai dintorni di Northampton intrisa di sangue e tradimento e vendetta scritta da quello stregone di Alan Moore per esorcizzare lo spirito della sua città natale.
Dodici storie, dodici personaggi, dodici racconti in presa diretta dalla preistoria a oggi, con tutte quelle tappe intermedie (dall’occupazione romana, al medioevo, ai primi anni del ‘900) necessarie per ripercorrere la storia di una città, cresciuta tra colline e fiume, nata dal fuoco e cresciuta sul terreno fertile di leggende e maledizioni.

Alan Moore da voce e lingua (sempre diversa, sempre uguale) a una manciata di persone le cui storie singolari rieccheggiano (in luoghi e oggetti, nell’architettura e nel panorama) da un racconto all’altro. Tutte le dodici storie sono attraversate da una corrente sotterranea che scorre impetuosa tra soprannaturale e mistero, con la consapevolezza che la vera magia è tutta nei segreti e nelle suggestioni che legano i personaggi tra loro e ai luoghi che frequentano.

Entrare nel mondo di Alan Moore è affascinante per quanto faticoso: la lettura parte in salita con il racconto preistorico del ragazzo abbandonato, scritto con il lessico elementare di una lingua appena inventata (un plauso ai traduttori, che fanno un lavoro encomiabile nel rendere in italiano l’inglese rozzo e rumoroso dell’originale), per poi proseguire via via più intelligibile man mano che scorre il tempo, le storie precedenti si ammantano di leggenda e le coordinate di riferimento diventano sempre più chiare e riconoscibili al lettore.
Il fuoco del titolo è uno dei tanti elementi che ritornano più e più volte nel libro, che contribuiscono a creare memoria e contesto: la fiamma che genera e quella che uccide, il fuoco purificatore, quello che salva e quello che semplicemente brucia speranze e ricordi.

La voce del fuoco è un libro che è difficile scordare, anche se non so quanto sia memorabile.
Il ritratto che l’autore offre di Northampton è certo parziale, oscuro, e forse anche pretenzioso, ma gli scorci di Storia che offre, le voci molteplici e uniche dei personaggi, l’invenzione che si mescola al reale, offrono scorci di verità che ben difficilmente un libro di storia potrà mai essere in grado di trasmettere al lettore.



26 giugno 2017

Visioni: Enemy (2013)

 
Non vado più al cinema come un tempo, e anche le visioni televisive son sempre meno, ma quando ti capita di scoprire un autore che senti in qualche modo vicino, la voglia di recuperare le sue cose diventa una priorità.
In questo senso Denis Villeneuve sta rapidamente diventando uno di quei registi di cui ti chiedi come hai fatto a fare senza fino ad ora.
Dopo aver visto Arrival son riuscito a vedere lo straordinario Prisoner, ma il bello doveva ancora arrivare: ieri ho visto Enemy e bé, non riesco a smettere di pensarci.

Per farla breve, Enemy potrebbe essere una versione intimista di Fight Club, oppure una ripresa autoriale del classico film di mostri (e il mostro, come da tradizione, è quest'umanità isolata).
Enemy non offre alcuna spiegazione, e il finale (quel finale!!!) lascia lo spettatore con molti più dubbi che risposte.
Enemy (tratto da un romanzo di Josè Saramago) è un film politico, una pellicola esistenzialista, un thriller psicologico, un ritratto sull'angoscia contemporanea, e anche di più, a seconda dello spettatore che vi si imbatte, che potrebbe pure trovarlo noiosissimo, ma tant'è…

Dopo aver letto Cecità, m'è venuto naturale accostare Saramago a Ballard. Un Ballard decisamente più umano, con un approccio più strutturalmente politico e con qualche scintilla di speranza in più. Ma i territori in cui si muovono sono gli stessi: l'umanità traumatizzata dalla contemporaneità, il confronto psicopatologico tra individuo e società, le tensioni omologante e la violenza sotterranea.
In Enemy c'è tutto questo, intessuto di grande cinema, e con intepreti (Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Helen Bell) straordinari nel rendere percepibili, con il sesso, gli sguardi, i silenzi, tutto il mistero delle nostre vite solitarie, spaventate e perdute.

Guardatelo, che merita.