Tra un romanzo e l'altro cerco sempre di inserire tra le mie letture qualche volume di racconti. Negli ultimi mesi è toccato ad
Alia Anglosfera, a un paio di numeri di
Robot (il
61 e il
62) e a un vecchio numero dell'edizione italiana della
Isaac Asimov Science Fiction Magazine (il numero
7 della gestione
Phoenix). Quelle che seguono sono alcune note sui racconti contenuti nelle quattro pubblicazioni.
Partiamo da
Alia Anglosfera, edizione del 2009.
Come già fatto nelle note agli
altri numeri di Alia, la prima considerazione da fare appena terminata la lettura è notare quali risultati si riescano a raggiungere e cosa si riesca a realizzare se sufficientemente motivati, pur senza godere di budget significativi. Questo volume è stato infatti realizzato da un pugno di appassionati che risponde ai nomi di
Davide Mana,
Silvia Treves e
Massimo Citi, che si sono occupati di ricerca e traduzione dei racconti, supervisione, impaginazione e stampa.
Alia Anglosfera contiene sette racconti a cavallo tra fantastico e fantascienza scritti da
Ted Chiang,
Lillian Csernica,
Ellen Kushner,
Michael Moorcock,
Tim Pratt,
Delia Sherman e
Karl Schroeder.
Se conoscete questi nomi (io ne conoscevo solo qualcuno) potrete forse immaginare la varietà dei temi dei racconti e della scrittura, varietà che in effetti può lasciare spiazzato più di un lettore. Dal mio punto di vista la proposta variegata di
Alia è un ottimo sistema per assaggiare una serie di piatti narrativi che altrimenti non avrei mai provato. E mi ha confermato quel che in fondo già sapevo: mi devo procurare al più presto un romanzo di
Tim Pratt.
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E veniamo a
Robot. Per qualche nota generale sulla rivista di Delos Book vi rimando a
questo post. Stavolta mi voglio concentrare sui racconti contenuti negli ultimi numeri letti.
Nello specifico, il numero 61 di
Robot contiene il racconto premio Hugo 2010
La sposa fredda di
Will McIntosh, piccola storia dal respiro molto ampio, capace di raccontare da un punto di vista insolito l'evoluzione delle relazioni umane (o la mancanza delle stesse), a me è piaciuto. Di seguito
Hidden di
Luigi Rinaldi storia di una ricerca senza speranza, in una
zona aliena. Il racconto ha il passo pesante di chi si trova a ripercorrere strade già frequentate da altri, e con ben diversi risultati, con la frenesia di dover dimostrare la propria originalità, e forse per questo motivo non mi è piaciuto.
Nelle pagine successive un altro racconto italiano,
Vestiti usati a Treptow Markt di
Marialuisa Amodia che è invece formidabile nel mescolare fantastico e quotidiano, con un'ottima gestione dell'ambientazione e una trama che mescola storia personale e mistero con grande equilibrio e leggerezza, senza per questo suonare accomodante o superficiale. Secondo me il punto più alto di questo numero di Robot e forse il miglior racconto italiano letto quest'anno.
Il racconto successivo è il recupero dai primi anni '70 de
L’ultima giga di
Remo Guerrini. Racconto solido e ben scritto ambientato in uno scenario post-apocalittico dal sapore spiccatamente fantasy. È il genere di storia che ha sicuramente i suoi meriti, ma che io faccio fatica ad apprezzare per quanto derivativa appare. Chiudono questo Robot due racconti,
Alice davanti allo specchio di
Sergio Cicconi e
Pervertito di
Charles Coleman Finlay che non mi sono piaciuti per motivi analoghi: un voler estremizzare situazioni e prospettive senza avere poi la capacità di portare la propria scrittura agli stessi punti di rottura che le loro storie richiederebbero, con il risultato di non riuscire a coinvolgere il lettore (questo lettore perlomeno).
Il numero 62 di
Robot si apre con una copertina davvero invitante ad opera di
Brian Despain, forse una delle più azzeccate della storia recente della rivista. I racconti stranieri presenti nel volume sono tutti made in Canada, così come il contenuto redazionale che è dedicato per la gran parte alla produzione del paese nordamericano (spicca a questo proposito l'articolo di
Salvatore Proietti dedicato alla fantascienza locale, davvero ricco e informato). La narrativa italiana è rappresentata dall'ultimo racconto scritto da
Vittorio Curtoni.
Procedura empatica ripercorre i temi e le sensazioni più care a Vittorio, con quella vena di amarezza mescolata insieme a un esile speranza e all'eterno pessimismo che è forse il tratto distintivo dell'autore. A me la sua fantascienza non ha mai convinto: troppo autoreferenziale e involuta per i miei gusti, ma questo racconto rappresenta una testimonianza unica di quel che è stato l'ultimo periodo di
Vittorio Curtoni e per questo merita comunque il massimo rispetto.
Dicevamo degli autori canadesi presenti in questo
Robot. Sono
Peter Watts con
L'isola, una storia piuttosto ambiziosa che racconta insieme di esplorazione, alienazione, famiglia e lotta di potere.
L'isola è un racconto complesso e interessante, pieno di suggestioni e interrogativi. Forse un po' troppo
freddo nel suo essere spietatamente analitico, ma ce ne fossero…
Non altrettanto interessanti gli altri racconti di
Tanya Huff (
Una volta conoscevo un tipo) e
Robert J. Sawyer (
Questione di tempo) che battono piste già battute un milione di volte prima di loro. Eentrambi lo fanno però con garbo e mestiere, lasciandosi leggere fino in fondo.
Per dovere di completezza vanno segnalati anche
Il significato del Natale di
Riccardo Restelli e
Distacco da Garics di
Maurizio Del Santo, il primo è un racconto nostalgico e melenso che vorrebbe magari suonare fiabesco ma che invece appare solo
terribile nei contenuti come nello svolgimento, il secondo è un racconto di primo contatto con tutte le sue cose al posto giusto, ma che per un motivo o per l'altro non è riuscito ad appassionarmi quanto avrebbe dovuto.
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Concludo questa carrellata con un tuffo nel passato prossimo delle pubblicazioni che hanno portato in italia la fantascienza più innovativa e dirompente. Sto parlando dell'unica, indimenticabile, incredibile,
Isaac Asimov Science Fiction Magazine, che in una manciata di numeri usciti tra il 1993 e il 1995, sotto l'etichetta di Telemaco prima e Phoenix poi, ha tentato di dirottare la fantascienza nazionale su una strada diversa da quella percorsa dagli editori dell'epoca.
Il numero
7, uscito nel novembre del 1994, è una raccolta antologica a tema, dedicata in toto alla realtà virtuale. Leggendo i vari racconti raccolti nel volume (sono 9, ad opera di
Mary Rosenblum,
Robert Silverberg,
Geoffrey A. Landis,
Nancy Kress,
Pat Cadigan,
Eileen Gunn,
Sonia Orin Lyris,
Jonathan Lethem e
Cherry Wilder) la prima cosa che salta agli occhi è quanto velocemente invecchi la fantascienza che cavalca la moda del momento. Fantascienza che all'epoca colpiva per l'approccio
user friendly a materie magari esotiche, ma che senza il supporto di una scrittura all'altezza perde in fretta il suo pregio migliore che è quello della novità. E come sia facile (soprattutto col senno di poi!) riconoscere invece quegli autori capaci di lasciare un segno indelebile nella memoria, Nel caso di questo numero della
IASFM i racconti che si leggono tuttora con autentico piacere sono
Chip runner di
Bob Silverberg, solida fantascienza classica ma potente,
Post mortem di
Pat Cadigan, un racconto che più anni '80 di così è difficile immaginarlo (ma in senso buono!) e
"Per Sempre" disse il papero di un giovane
Jonathan Lethem, allora ancora alle prese con i dintorni della fantascienza, che ci da dentro come suo solito.
Ritrovarsi a leggere queste vecchie storie (si fa per dire…) che hanno già un paio di decenni sulle spalle è comunque esperienza interessante. Aiuta a mettere meglio a fuoco il presente, e non solo quello fantascientifico. Esperimento da ripetere.
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