Avere un blog torna utile in occasione della fine dell’anno: dove altro riassumere le migliori letture dei dodici mesi che si stanno chiudendo in queste ore?
Il disclaimers è il solito degli ultimi anni: da quando è nato il progetto Zona 42 le mie letture si dividono tra quelle dedicate alla ricerca di titoli (italiani e stranieri) per la casa editrice e quelle fatte per interesse personale.
Le prime sono escluse da questo elenco, che di letture notevoli ce ne sono pur state e, bé, alcune le potete già trovare sulle pagine di Zona 42.
Quest’anno sono riuscito a leggere per diletto una media di tre libri al mese (sono pochi, ma sono già più di quelli letti l’anno scorso, e quindi niente, facciamocene una ragione, che il tempo libero è quello che è…)
Per la prima volta in assoluto la lettura più importante dell’anno arriva da un’autrice italiana.
Mi riferisco a La straniera, di Claudia Durastanti, un libro che mi ha colpito come nessun altro libro italiano era mai riuscito a fare. Un libro che è arrivato nel momento giusto, e che per una serie di circostanze è ormai indelebilmente legato a cose che con la letteratura hanno poco a che fare.
(Ne ho parlato in maniera più diffusa qui)
(Ne ho parlato in maniera più diffusa qui)
Un altro autore italiano mi ha sorpreso, affascinato e coinvolto come mai prima. Si tratta di Matteo Meschiari di cui quest’anno ho letto due titoli: Neghentopia e L’ora del mondo. Due letture esplosive per motivi diversi, Neghentopia fa quello che nella mia esperienza nessun libro fantastico italiano (dentro e fuori dal genere) è mai riuscito a fare prima con gli stessi risultati: sperimentare con la forma, immaginare con le parole, creare un mondo e farlo crescere (e morire) tra le mani del lettore. Neghentopia è oscurità gelata al calor puro dell’anima. Una piccola bomba. (Qui trovate il post dedicato al volume)
L’ora del mondo è invece una lettura molto più accogliente, quasi confortante, è più vicina, più tenera, più terrena. Ne L’ora del mondo Meschiari racconta gli Appennini della terra in cui m’è capitato di abitare come non li avevo mai letti prima: una favola anarchica in cui si respirano i sentieri della montagna emiliana e il suo cuore resistente. L’ora del mondo è un libro per il qui e ora, e spero lo leggano davvero in tanti.
Tra gli autori stranieri devo ricordare i due classici recuperati quest’anno: Orlando, di Virginia Woolf e Ada o ardore di Vladimir Nabokov. Il primo è adorabile, e son davvero felice di averlo finalmente letto (Virginia Woolf era ed è troppo troppo avanti per i nostri tempi maledetti, e leggerla è sempre un piacere), il secondo è invece incredibilmente indisponente, ma è scritto da un maestro da cui sei più che disposto a lasciarti irritare: guardarsi allo specchio col filtro della letteratura non deve sempre essere un piacere.
Ma di letture contemporanee da ricordare ce ne sono state anche altre. Tra tutte scelgo tre titoli, in ordine di lettura:
Autunno, di Ali Smith. Letto quasi per sbaglio, ma meraviglioso per la ricchezza di suggestioni, la scrittura travolgente e suggestiva e il ritratto che fa di un’Inghilterra alle prese con la propria catastrofe nazionale. Nelle ultime settimane ho letto anche Inverno, che rimane un ottimo romanzo, ma che non raggiunge la capacità evocativa/rappresentativa del precedente.
Friday Black, di Nana Kwame Adjei-Brenyah. Una raccolta di storie che affrontano la vita nella metropoli americana di questo scorcio di millennio dal punto di vista di personaggi costretti ai margini e tesi alla sopravvivenza con solo qualche speranza di vita vera. I racconti di Friday Black mi hanno ricordato quelli di George Saunders, per l’originalità del punto di vista, la precisione della scrittura e l’umanità ricchissima che li frequenta, di più (di diverso?) le storie di Adjei-Brenyah hanno una rabbia e un’urgenza che Saunders tende piuttosto a stemperare in dolcezza.
Il post-esotismo in dieci lezioni, lezioni undicesima, di Antoine Volodine. Il mio Volodine annuale. Chi altri riesce ad essere allo stesso tempo illuminante e criptico, del tutto avulso dalla cronaca quotidiana e tanto immerso nella storia contemporanea da far male? E poi, vabbè, come scrive? E come viene tradotto (Anna d'Elia sempre sia lodata!)? Leggere Volodine è sempre un’esperienza unica. (E no, Lutz Bassmann, per quanto ci provi, non riesce a raggiungere le vette del suo eteronimo!)
Friday Black, di Nana Kwame Adjei-Brenyah. Una raccolta di storie che affrontano la vita nella metropoli americana di questo scorcio di millennio dal punto di vista di personaggi costretti ai margini e tesi alla sopravvivenza con solo qualche speranza di vita vera. I racconti di Friday Black mi hanno ricordato quelli di George Saunders, per l’originalità del punto di vista, la precisione della scrittura e l’umanità ricchissima che li frequenta, di più (di diverso?) le storie di Adjei-Brenyah hanno una rabbia e un’urgenza che Saunders tende piuttosto a stemperare in dolcezza.
Il post-esotismo in dieci lezioni, lezioni undicesima, di Antoine Volodine. Il mio Volodine annuale. Chi altri riesce ad essere allo stesso tempo illuminante e criptico, del tutto avulso dalla cronaca quotidiana e tanto immerso nella storia contemporanea da far male? E poi, vabbè, come scrive? E come viene tradotto (Anna d'Elia sempre sia lodata!)? Leggere Volodine è sempre un’esperienza unica. (E no, Lutz Bassmann, per quanto ci provi, non riesce a raggiungere le vette del suo eteronimo!)
Fuori classifica il libro più folle letto quest’anno: Complotto! di John Higgs. Devo questa lettura a Corrado Melluso di Not/Nero: avevi ragione, e per ringraziarti beccati ‘sto video:
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