26 settembre 2012

La questione del dorso

© giorgio raffaelli
Avete presente Mr. Wolf? Modestia a parte, io sono il suo corrispettivo locale. Non lavoro per le strade di Los Angeles a gestire sangue e frattaglie. Lavoro più umilmente in tipografia e i problemi con cui ho a che fare riguardano impaginati e caratteri, sbordi e sovrastampe, riserve e quadricromie.
In tanti anni di onorata professione ho risolto i problemi più vari, cercando di portare un po' d'ordine nel complesso di variabili entropiche che costituiscono la sostanza del nostro lavoro. C'è una questione che però non sono ancora riuscito a risolvere nonostante anni di sforzi e discussioni, tentativi di persuasione e colpi di testa al limite del regolamento: la questione del dorso.

In questo blog non ho mai affrontato questioni professionali: ne ho già abbastanza nella vita vera. Riportarle anche in rete mi sembrava ridondante, oltre che faticoso. Ma la questione del dorso può interessare anche chi con la tipografia non ha nulla a che fare, salvo poi ritrovarsi in casa oggetti  sbagliati o che comunque potevano essere trattati meglio. Lo so che ormai là fuori leggete tutti in digitale, ma son sicuro che qualche libro tradizionale lo avete ancora sugli scaffali delle vostre librerie. Dategli un'occhiata.
Notate niente?

Questo è lo scorcio di uno scaffale della mia libreria:





Come potete notare l'orientamento del testo nel dorso dei volumi appare del tutto casuale. C'è una certa costanza all'interno della medesima casa editrice (ma non sempre!), ma la disposizione del testo non sembra seguire alcuna regola specifica. E invece…
La lingua italiana prevede che lo scorrimento del testo proceda da sinistra a destra e dall'alto verso il basso. Dovendo inserire un testo in uno spazio verticale la regola è la stessa: non potendo procedere in orizzontale il testo deve scorrere dall'alto verso il basso.
Non è una regola che ho inventato io, si tratta di una delle convenzioni basilari della comunicazione scritta.
Ma allora perché spesso il testo nel dorso dei volumi scorre al contrario, dal basso verso l'alto?

Per quella che è la mia esperienza, le cause che ricorrono più spesso sono due. Una dovuto al dilettantismo dell'art director responsabile della composizione della copertina (e/o al pressapochismo del suo committente), l'altra collegata alla percezione soggettiva del testo stesso.
Perché è vero: se collochiamo un volume alla nostra sinistra, leggeremo il testo molto più facilmente se disposto dal basso verso l'alto. Questo è dovuto ai meccanismi di visione occhio-cervello che cercano di raddrizzare il testo secondo le nostre abitudini di lettura (che è poi lo stesso motivo per cui leggendo tale testo la nostra testa tende a piegarsi a sinistra). Lo stesso motivo causa l'errore di chi  impagina la copertina: l'impaginato con cui si ha a che fare è steso, con sulla destra il fronte, sulla sinistra la IV di copertina e in mezzo il dorso. Tenendo la copertina in primo piano il dorso cade necessariamente sulla sinistra del campo visivo del povero grafico, che non essendo abituato a considerare l'oggetto finito, ma solo il suo aspetto parziale, porrà quindi il testo in senso inverso rispetto a quanto regole e buon senso consiglierebbero. Perché quando il volume riposa verticale sul suo scaffale, l'orientamento del testo non è poi così vincolante. Ma è sufficiente porre il volume steso, copertina in vista, per rendersi conto dell'errore:


Basterebbe porsi qualche dubbio e porre un pochino di attenzione in più e il problema sarebbe risolto. Tra l'altro questa questione si pone per l'editoria, che nel settore limitrofo dei prodotti multimediali (dvd, blu-ray, giochi) è ben difficile trovare dorsi sbagliati. (I motivi? Non lo so, forse un maggior rigore nel controllo o linee guida più precise. Dopotutto la copertina è spesso l'unico - o quasi - oggetto stampato della confezione.)

So bene che la questione del dorso continuerà ad assillarmi nel tempo a venire. Dopo anni passati a discutere di dorsi giusti e sbagliati con clienti e colleghi non mi aspetto certo che 'sto post cambi qualcosa, ma almeno ora lo sapete anche voi.
Che siate grafici, impaginatori o semplici lettori non potrete più far finta di nulla e continuare a ignorare la gravissima questione del dorso!

13 settembre 2012

Letture: Morire per vivere, di John Scalzi

© giorgio raffaelli
Morire per vivere (Old Man's War in originale) racconta la storia di John Perry, un anziano vedovo senza più molte motivazioni a proseguire nella sua abitudinaria vita terrestre, che paga il riconquistato benessere fisico con l'arruolamento nelle Forze di Difesa Coloniali, una sorta di Fanteria dello spazio che ricorda molto quella dell'omonimo romanzo di Robert Heinlein, romanzo di cui questo di John Scalzi è esplicito omaggio. 

Morire per vivere m’è piaciuto per il sapore nostalgico della scrittura di Scalzi. La fantascienza dell'autore americano ricalca modalità e sviluppo tipici dell'epoca d'oro della letteratura di genere: privilegia l’incalzare degli avvenimenti e non lesina idee meravigliose, magari a discapito della profondità di visione o della speculazione più spinta. Sull'impianto classico della vicenda John Scalzi innesta un linguaggio e un'attitudine, nei personaggi e nella scrittura, al passo coi tempi, insieme a una consapevolezza che esalta le sue capacità autoriali e rivela le sue passioni di lettore.


Il risultato più notevole del romanzo è la riuscita sintesi tra la dottrina militar/politica heinleiniana, e lo scazzo tipico del miglior Joe Haldeman (William Mandella. protagonista di Guerra eterna, è l'altro nume tutelare di John Perry e il suo spirito viene più volte evocato nel corso del romanzo). L'equilibrio tra due visioni antitetiche produce una curiosa versione di rassegnato pragmatismo yankee, capace di mescolare momenti a la “sterminiamoli tutti!” ad altri dove non si manca di sottolineare l’aspetto grottesco della situazione.
Nonostante le avventure di John Perry siano un’esplicita riscrittura di Fanteria dello Spazio (con tutte le caratteristiche ideologicamente ripugnanti del romanzo di Heinlein ben evidenti), l'abilità di John Scalzi nel mantenerne sotto controllo l'estremismo, rendendolo comunque percepibile, me le ha rese decisamente più digeribili di quelle del Johnnie Rico di heinleiniana memoria.

Morire per vivere è il romanzo d'esordio di John Scalzi, ed è il primo a venir tradotto in italiano nella neonata collana fantascientifica di Gargoyle Books. Spero che l'editore non si fermi a questo:  qualche tempo fa ho letto in originale che The Android’s Dream, che m'è parso romanzo ancor più ricco di suggestioni e maturo, oltre a essere decisamente divertente.

11 settembre 2012

Letture: Il Sentiero degli Dei, di Wu Ming 2

© giorgio raffaelli
Ne Il Sentiero degli Dei Wu Ming 2 racconta e spiega la traversata degli Appennini effettuata a piedi lungo la via degli Dei, il tracciato che collega Bologna a Firenze tra sentieri e strade secondarie.
Il Sentiero degli Dei non è però un diario di viaggio o una guida turistica. Il Sentiero degli Dei è un libro bastardo: un ibrido di informazione e narrazione, un testo meticcio denso di sdegno civile e impegno eco-integralista, una miscela di nostalgico furore e rigore conservativo.

Avevo già incontrato Wu Ming 2 alle prese con l'Appennino: Guerra agli umani era un pulp montanaro brillante in certi momenti, piuttosto irritante in altri. La stessa mescolanza di sensazioni che m'ha lasciato Il Sentiero degli Dei.

Tra gli aspetti positivi del volume ci sono la prosa sciolta, diretta e coinvolgente dell'autore e la sua capacità di fornire una quantità di informazioni pratiche per affrontare la camminata Bologna-Firenze, arricchendole di suggestioni storico/paesaggistiche, senza appesantire il testo con il tono didascalico di molte guide. Le qualità affabulatorie di Wu Ming 2 rendono la lettura piacevole e mai noiosa e anche se la componente propriamente narrativa (gli intermezzi che separano le varie tappe della camminata) pecca di un eccesso di retorica che rende stucchevoli molti dei racconti, è anche vero che il suo peso complessivo all'interno del volume non è tale da renderne improba la lettura.

L'aspetto del volume che mi ha dato più da fare è però quello politico.
Già nell'introduzione Wu Ming 2 mette le mani avanti e dichiara che "una buona parte di questo libro denuncia le "emergenze ambientali" che affliggono l'Appennino tra Bologna e Firenze […]". Le intenzioni dell'autore sono senz'altro meritorie. Quel che ho trovato indigesto è l'integralismo con cui è condotta tutta l'operazione.
Il lavoro di ricerca e segnalazione delle porcate di cui si sono resi responsabili, per dolo o incuria, politici e imprese nella realizzazione dei progetti dell'Alta velocità o della variante di valico autostradale, è encomiabile e prezioso, così come lo sdegno che lo accompagna. Ma immergendosi nella lettura de Il Sentiero degli Dei non ho potuto evitare di chiedermi: se anche i lavori per le tratte ferroviarie o stradali che attraversano l'Appennino fossero stati realizzati a regola d'arte, sarebbe cambiato qualcosa nel giudizio di Wu Ming 2 sugli interventi che avrebbero comunque cambiato il paesaggio montano?

Chi ha letto Il Sentiero degli Dei conosce già la risposta: a parere del suo autore qualsiasi intervento antropico sul territorio è il male. Qualsiasi cambiamento operato da mani umane sul paesaggio appenninico è un danno. Qualsiasi modifica nell'utilizzo delle risorse presenti sul territorio è foriero di conseguenze nefaste.
È questo approccio che faccio fatica a condividere. Non capisco infatti perché permettere l''attraversamento dell'Appennino nella maniera più veloce e agevole possibile, in treno o su ruote, sia pratica da condannare a prescindere. Per fare un esempio banale: non crede l'autore che gli anni di vita risparmiati ai viaggiatori siano una ricchezza? (se si risparmiano 20 minuti a viaggio per le centinaia di migliaia di persone che annualmente attraversano gli Appennini il totale sono decenni di vita…).
È vero, quel tratto di qualche decina di chilometri d'Appennino in cui si trovano a transitare treni e veicoli sono stati irrimediabilmente modificati. Qual è la posizione di Wu Ming 2? Se strade e ferrovie attraversano le montagne sono un brutto vedere, ma se passano nascoste in galleria sono un incubo. La risposta dunque è una sola: nessuna strada, nessuna ferrovia ad alta velocità è accettabile.
Dando per scontato che i lavori dovrebbero essere svolti nel miglior modo possibile (lo so, non succede MAI), siamo sicuri che la bilancia vantaggi e svantaggi penda solo sul lato negativo? (non sto dicendo che non sia così, non ne so abbastanza. ma il punto di vista di Wu Ming 2 è tanto univoco da risultare sospetto, tale e quale la propaganda di Autostrade per l'Italia o Trenitalia).

© giorgio raffaelli
Detto del tema politico del volume, c'è un altro aspetto de Il Sentiero degli Dei che mi ha lasciato perplesso. Nel racconto della camminata attraverso gli Appennini non ho colto nelle parole dell'autore alcun momento di gioia, solo fatica e sofferenza. Come se il gesto fisico del cammino fosse doloroso ma necessario, come se la missione da compiere fosse l'unico scopo del viaggio, come se camminare fosse una medicina amara da prendere per curarsi dalla modernità. Come un'espiazione dei peccati altrui.

Per me camminare è soprattutto avventura e scoperta, esplorazione ed esperienza, del territorio, certo, ma anche del me stesso viandante. Ne Il Sentiero degli Dei l'esperienza è solo politica, e si paga con la fatica e il dolore del corpo. Quasi come una religione. E beh… a me quest'idea non piace mica tanto.




05 settembre 2012

Ottobre lungo la Via degli Dei

© giorgio raffaelli
A fine settembre c'è la più grossa fiera di piastrelle al mondo e a noi ci tocca lavorare più del solito per rifornire tutti 'sti ceramicai di cataloghi, brochure, listini e quant'altro. Lavoriamo tanto per poi trovarci a inizio ottobre con quasi nulla da fare.
E allora mi son chiesto: non è possibile sfruttare un po' meglio quel po' di tempo libero duramente (si fa per dire…) guadagnato?

Era da tempo che mi ronzava in testa l'idea di un escursione di qualche giorno.
Più ci riflettevo, più la possibilità di prender su, zaino in spalla, e girare fuori stagione per sentieri e montagne mi sembrava un'ottima occasione per fare lavorare testa e gambe su un altro ritmo rispetto a quello quotidiano.


Poi è passato di qua Paolo con una proposta davvero allettante. Purtroppo non siamo riusciti a far coincidere i tempi necessari per metterla in pratica insieme, ma ormai il danno era fatto e ho deciso di partire comunque.

L'idea è quella di andare a piedi da Bologna a Firenze lungo la Via degli Dei, il tracciato che percorrendo sentieri e strade secondarie attraversa l'Appennino collegando i due capoluoghi.

Gli aspetti logistici della traversata sono ancora (quasi) tutti da definire. Per prima cosa devo capire se questo viaggio lo farò da solo o se qualche amico là fuori vuole aggregarsi alla compagnia. Ad oggi ho parlato di questo progetto solo a poche persone. Tra queste ce ne sono un paio che sono ancora indecise tra la voglia di venire e gli impegni lavorativi e/o famigliari che glielo impedirebbero.

All'ipotetica data di partenza mancano ancora 4 settimane. C'è dunque tutto il tempo per organizzarsi al meglio. Come primo passo di preparazione all'impresa mi son letto Il sentiero degli Dei, il volume che Wu Ming 2 ha dedicato al percorso. Il libro mi ha lasciato un po' così, e magari nei prossimi giorni ne parliamo in maniera più approfondita.
Per ora mi limito a lanciare il sasso: c'è qualcuno là fuori che ha voglia di farsi una passeggiata di cinque giorni tra Bologna e Firenze?

03 settembre 2012

Oops, they did it again.

Trovate la differenza!
Le immagini qui a lato sono ritagliate da due schermate del mio monitor e riguardano questo post sul blog di Urania. La prima è stata registrata venerdì scorso, la seconda stamattina.

Il fatto che la redazione di Urania abbia eliminato un mio commento non è un grosso problema. Hanno tutti i diritti di farlo. Non si tratta di censura, che è roba ben più grave attuata da poteri ben più ingombranti, ma di politica aziendale, ed è, lo ribadisco a scanso di equivoci, azione del tutto legittima.
Quel che però vorrei far notare alla redazione di Urania è che in rete la reputazione è tutto. E cosa determina la reputazione di un'azienda meglio delle relazioni che instaura con la sua clientela?

Se non altro, dopo oltre un mese di insistenze mie e di altri utenti del blog, la redazione della rivista Mondadori ha finalmente risposto ai nostri dubbi: ad oggi non hanno la minima idea riguardo a quali numeri di Urania avranno un'edizione digitale.