© giorgio raffaelli |
Erano anni che non leggevo un libro come Mare di papaveri. Un romanzo con l'ambizione di ricreare la realtà ad uso e consumo della Storia. Un racconto in cui già la scelta della lingua (della narrazione, dei personaggi) plurale, straniera, imbastardita, sporca e colorata, narra di mondi diversi che si scontrano, mescolano, separano. Questi molteplici mondi sono quelli dell'India dell'ottocento, che Amitav Ghosh ritrae in una storia ricchissima di suggestioni, avventurosa, appassionante, meravigliosa.
Erano anni che non leggevo un romanzone simile, forse l'esempio più prossimo nella mia esperienza è La vera storia del pirata Long John Silver, che certo, è parecchio diverso da Mare di papaveri, ma che però m'è tornato in mente un po' per lo sfondo marinaro, ma soprattutto per il dettaglio storico, la passione della scrittura e l'avventura che permea ogni pagina.
Erano anni che non leggevo Amitav Ghosh. Dopo il folgorante Il Cromosoma Calcutta e il meraviglioso Il cerchio della ragione avevo perso di vista l'autore indiano. Sapere che Mare di papaveri è il primo volume di una trilogia, che nelle intenzioni dell'autore dovrebbe completarsi nel prossimo futuro, è un ottimo motivo per tenerlo d'occhio, sperando nella puntualità delle prossime uscite.
Infected Files, di Dario Tonani
Infected Files raccoglie il meglio della produzione breve di Dario Tonani, ed è un ottimo campionario dei temi e delle visioni che caratterizzano la fantascienza dell'autore milanese. Dall'ossessione per la macchina, all'angoscia tecnologia, dalle tinte ipersature dei suoi panorami urbani, alla distruzione del corpo (trasformato, mutilato, ferito e riciclato), la tavolozza fantascientifica di Dario Tonani ha tutti i colori per avvincere e irretire il lettore.
Nei racconti del volume è evidente come ciò che all'autore riesce meglio sono la costruzione della scena, il colpo a effetto, lo splendore del dettaglio meraviglioso (per quanto spaventoso possa essere) su uno sfondo opaco, squallido e terminale. Quel che invece ho avvertito come un limite è l'incapacità di andar oltre la superficie immediata delle cose per suscitare nel lettore la consapevolezza di una complessità che invece sfugge, relegata in un angolo dal clamore delle esplosioni o da quello dei sentimenti (sempre straripanti in queste storie). Dario Tonani possiede un talento innegabile nel dar corpo scritto alle sue visioni, che affascinano come raramente accade nei territori della fantascienza nostrana. Pazienza dunque se nelle sue storie non riesco a percepire qualcosa di più dello sbarluccicare dei primi piani sullo sfondo della desolazione circostante.
Nota finale sulla scelta dei racconti presenti nel volume: ho trovato piuttosto inutili quelli relativi alla Milano infect@, mentre ho sentito la mancanza di un racconto come L’uomo dei pupazzi di schiuma che credo sia, con Le polverose conchiglie del mattino, tra le cose migliori Dario Tonani abbia scritto.
Stamping Butterflies, di Jon Courtenay Grimwood
Dopo averlo scoperto con la trilogia arabesca non vedevo l'ora di leggere un nuovo romanzo di Jon Courtenay Grimwood. Stamping Butterflies non delude le aspettative, tornando ancora una volta in Nordafrica (questa volta siamo a Marrakech, Marocco), per raccontare una storia che spazia dagli anni '70 dello scorso secolo fino a un futuro talmente estremo da diventare fantastico. Nel mezzo una manciata di personaggi segnati dal dolore, vittime di forze sui cui non hanno alcun controllo, che non possono far altro che resistere strenuamente fino alla catastrofe finale e a nuovo inizio, che non cancella nessuna delle tragedie della storia, ma che offre un qualche minimo barlume di speranza.
Jon Courtenay Grimwood riesce a essere spietato e commovente, con occhio attento all'umanità invisibile che ci circonda e una grandissima abilità nel calibrare il passo di un racconto sempre sospeso tra universi apparentemente inconciliabili (il Marocco anni '70, il presente del romanzo e l'insieme dei mondi dominati da un imperatore cinese dell'estremo futuro), senza perdere l'attenzione del lettore e il senso di una storia sempre in bilico tra meraviglia e orrore.
Stamping Butterflies è un gioco di equilibri pressoché perfetti, dove il rischio di cadere nel patetico, se non nel ridicolo, si sfiora ad ogni passo, ma che grazie all'attenzione di Grimwood per il dettaglio e a una sensibilità non comune, si regge straordinariamente in piedi a ogni ulteriore rivelazione della trama, tanto da riuscire a rendere credibile e sensato anche quel che fino a poche pagine prima credevi impossibile.
Graffiti nella biblioteca di Babele, a cura di David G. Hartwell & Kathryn Cramer
La raccolta del meglio dell'anno pubblicata da Urania l'estate scorsa presentava al pubblico italiano il volume dedicato al 2010, saltando quindi due anni (l'ultimo millemondi che presentava il Best of curato da Hartwell & Cramer riguardava i migliori racconti del 2007), per mettersi in pari con l'edizione americana dell'antologia. Non so quanto l'avvcinamento temporale abbia contribuito, ma ho trovato che questa raccolta presentasse mediamente storie più interessanti di quelle delle annate precedenti.
Come sempre accade in queste raccolte antologiche, anche in questo volume ci sono storie che ho sentito più vicine e altre che non sono riuscito ad apprezzare quanto sembra meritassero. Tra i ventuno racconti ce ne sono un paio che da soli valgono il prezzo del Millemondi. Sono Dalla lontana Cilenia di Karl Schroeder, in cui le speculazioni sull'evoluzione di comunità virtuali transnazionali autonome si sviluppa sulla base di una doppia indagine spionistica e personale, e Il ragazzo di Jackie, di Steven Popkes, racconto in cui storia di formazione e riflessioni su intelligenza non umana si fondono con sensibilità a un solido per quanto tradizionale scenario post apocalittico.
Se i due racconti menzionati spiccano sugli altri non vanno comunque dimenticati i contributi di autori affermati come Haldeman o Swanwick che percorrono in maniera molto soddisfacente la via dei classici, o quelli di nomi a me sconosciuti come Vandana Singh, Sean Mcmullen e Paul Park che innestano con buoni risultati nuove suggestioni a temi già ampiamente percorsi.
Nel complesso Graffiti nella biblioteca di Babele s'è rivelata un'ottima lettura, di una buona spanna superiore alla media dei volumi analoghi degli ultimi anni.
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