Visualizzazione post con etichetta Massimo Citi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Massimo Citi. Mostra tutti i post

13 maggio 2013

Tre libri che non mi son piaciuti

© giorgio raffaelli
Ho questo post in canna da qualche tempo. Ora è arrivato finalmente il momento di rompere gli indugi e condividerlo con voi.
Seppur la rete, almeno per quanto riguarda blog e simili, sia in un momento di forte contrazione - di visite, di stimoli, di relazioni - viviamo pur sempre in tempi interessanti. Trattando quindi di libri che non mi son piaciuti tocca fare la solita premessa: "se [un libro] ti piace, non smette di piacerti perché non piace a Iguana."

Leggendo parecchi libri credo sia inevitabile incappare di tanto in tanto in qualche volume che non riusciamo a mandar giù. In questi casi c'è poco da fare: o si interrompe la lettura, o si arriva fino in fondo per capire fino a che punto il disagio che ci provoca sia responsabilità dell'autore o se invece sia il lettore a non esser riuscito a far suo il testo che ha per le mani.
Nei dintorni di questo blog, tra gli amici che gestiscono analoghi spazi dedicati a letture e visioni, s'è fatta strada l'idea che non sia opportuno postare recensioni negative, vuoi per evitare di alimentare polemiche spesso fini a se stesse, vuoi per non sprecare tempo con opere che non si sono giudicate meritevoli, vuoi per incentivare la fruizione di testi e pellicole di cui si condividono qualità e contenuti.
Capisco questo punto di vista, ma non lo condivido.
Sono convinto che quando si parla di un testo, quando si discute il proprio punto di vista su un film, quel che si racconta sia sempre la storia di un rapporto a due, tra l'opera da una parte e chi ne fruisce dall'altra. Se il recensore ritiene l'opera non all'altezza dei propri di standard, critica sì l'opera del caso, ma dichiara al contempo, esplicitamente o implicitamente, quali siano i paletti all'interno dei quali esercita il proprio diritto d'opinione. Chi poi si troverà a leggere i motivi per cui il dato libro/film è, o non è, stato giudicato positivamente, si farà certo un'idea del libro/film, ma anche del recensore. Credo sia solo grazie a questa relazione che si possa instaurare un rapporto di fiducia e continuità tra chi un blog lo frequenta e chi invece si trova a gestirlo.
A questo aspetto sociale si aggiungono poi un paio di considerazioni personali. Da quando ho iniziato a postare in maniera organica le mie letture (ed è ormai un po' si tempo…) mi sono preso l'impegno di parlare di tutte le letture fatte, senza badare a genere o gradimento, alla provenienza del testo o al supporto che ne ha permesso la lettura. Evitare di parlare di un titolo per non incorrere nell'ira di autori o fan o, come m'è capitato di scoprire, per una qualche sorta di (auto)censura preventiva, non risponde agli scopi del mio blog. Se ho deciso di annotare le mie letture l'ho fatto per due motivi, e nessuno dei due contempla la possibilità di influenzare, convincere o blandire chi capita da queste parti (anche se poi, inevitabilmente, succede): da un lato tenere traccia del mio percorso di lettore, dall'altro cercare di comprendere quali siano gli aspetti di un testo capaci di colpirmi, di entusiasmarmi o di irritarmi, di emozionarmi o deludermi. Perché solo dal confronto con ciò che non si conosce è possibile crescere e maturare.

Detto questo, vediamo quali sono i motivi per cui ho trovato difettosi i testi che seguono.


Patrick Dennis (Edward Everett Tanner III)
- Zia Mame

È probabile che sia successo, ma faccio fatica a ricordare di aver mai letto un libro più furbo (e più stronzo) di Zia Mame di Patrick Dennis.
La Zia Mame protagonista del romanzo è l'epitome dell'anticonformista col culo al caldo, pronta alle scelte sociali più radicali, ma mai disposta a pagarne le conseguenze. Patrick Dennis è molto abile a presentare questo ritratto di signora della buona società dalla condotta sociale piuttosto originale, ponendola sempre al di sopra di ogni critica, qualunque sia la situazione in cui è coinvolta, ma suggerendo sempre e comunque la superiorità morale del lettore per cui il volume è stato confezionato. Dopotutto, quando Zia Mame fa il passo più lungo della gamba, e capita spesso, la soluzione è sempre il ritorno al conformismo più rassicurante e consolatorio.

È raro che un libro riesca a suscitarmi tanta rabbia di classe, ma Zia Mame è riuscita a tirar fuori il proletario ben nascosto tra le pieghe della mia educazione. E non importa che il libro sia divertente, a tratti brillante e mai noioso. È semmai un'aggravante, che gli specchietti per le allodole son fatti apposta per fotterti non appena attirata la tua attenzione.


Massimo Citi - In controtempo
Ho letto In controtempo per due motivi. L'ottima recensione letta nella vecchia incarnazione di Malpertuis, e la lettura di un paio di racconti di Massimo Citi negli Alia degli ultimi anni. L'ho letto grazie al generoso omaggio del suo autore, che me ne ha mandato una copia, che in effetti il volume non risultava più disponibile. Mi aspettavo una raccolta di storie fantascientifiche, vi ho trovato una serie di racconti in bilico tra mainstream e fantastico. Non so se e quanto le mie aspettative abbiano contribuito al mancato gradimento del volume, però tant'è: a me In controtempo non è piaciuto. Vediamo di dare qualche spiegazione a questo giudizio negativo.

Al contrario del romanzo di Patrick Dennis, In controtempo è esemplare di una coerenza (un'intransigenza?) ideologica che traspare da ogni racconto di Massimo Citi. Purtroppo per il lettore, l'aderenza a una visione monolitica della realtà compromette la resa narrativa di queste storie, che risultano soffocate, sia nell'espressione delle personalità dei personaggi, sia nella resa ambientale, da una monotonia terminale che rende la lettura dei racconti invero faticosa.
In controtempo soffre quelli che sono a mio avviso i difetti congeniti di moltissima letteratura di genere creata in Italia negli ultimi decenni: la preponderanza dei contenuti morali/ideologici a discapito della ricerca di profondità e dettaglio nei singoli aspetti del narrato. I personaggi di Massimo Citi non sono mai persone ma categorie umane, le dinamiche che li contraddistinguono sono mutuate non dalla realtà ma dall'idea che di certe realtà si ha osservandole dall'esterno, con magari un bel paraocchi ideologico a minare l'osservazione. Se anche gli spunti narrativi offrono qualche interesse, l'uniforme mano di grigio che ricopre le storie tiene a distanza il lettore (questo lettore), che non trova alcun motivo per proseguire la lettura.
Non so se  i racconti presenti In controtempo sono espressione di una fase della scrittura del suo autore che magari nel tempo è stata superata. Di sicuro un racconto meraviglioso come Leggere al buio, presentato nell'edizione 2008 di Alia, m'è parso parecchio distante da quelli raccolti in questa antologia.


Alessandro Girola - Bagliori da Fomalhaut
Mi son sempre tenuto alla larga dalle autoproduzioni nostrane. Non nego ci è possano essere delle valide eccezioni (e ci sono, ci sono, vedi anche più giù, o qui), ma la mia esperienza, per quanto parziale e limitata, m'ha insegnato che per certe cose è meglio attendere la giusta sollecitazione, che il tempo è poco, e le cose da leggere pressoché infinite.

Bagliori da Fomalhaut ha superato la soglia di sbarramento grazie al suggerimento di Eddy, che ne consigliava la lettura insieme agli ebook autoprodotti di Samuel Marolla e Andrea Viscusi. Di Marolla conoscevo già le qualità e immagino, che lo devo ancora leggere, che il suo Colosso Addormentato sia per lo meno un buon racconto; Andrea Viscusi mi ha sorpreso positivamente: le sue Quattro Apocalissi sono quanto di meglio mi sia capitato di leggere in ambito fantascientifico da un bel po' di tempo (ma ne riparliamo); la lettura di Bagliori da Fomalhaut di Alessandro Girola è stata invece una delusione su tutta la linea.

Bagliori da Fomalhaut è una fantasia adolescenziale andata a male: c'è un protagonista incerto tra odiosità, opportunismo e timidezza, un ritratto della popolazione femminile imbarazzante nella sua pochezza, personaggi le cui motivazioni sono profonde quanto la carta su (non) sono stati scritte, una storia che definire derivativa è un understatement, uno studio d'ambiente raffazzonato e presuntuoso, una gestione della violenza e dell'orrore che urla vendetta per superficialità e gratuità d'espressione.
Per quale motivo un lettore dovrebbe perder tempo con un romanzo simile?
Evidentemente di motivi ce ne devono essere più d'uno, che girando in rete si trova una buona quantità di commenti positivi su questo romanzo. È quindi possibile che sia io a non aver colto appieno le qualità dell'opera. Ma tant'è, per quanto poco gradevole, questa è la mia opinione.