29 giugno 2012

Fantascienza in arrivo: William Gibson

Gioite, fantascientifici nostrani, arriva oggi in libreria un nuovo romanzo di William Gibson!

Nonostante Guerreros (Spook Country in originale) non mi abbia convinto, William Gibson* rimane una delle pietre angolari su cui ho costruito il mio gusto.
Leggere che Zero History,  uscito in origine nel 2010, ha trovato finalmente un editore italiano è dunque notizia degna di attenzione.

L'editore in questione è Fanucci, e come mi è già capitato di sottolineare di recente (vedi post dedicato a China Miéville), l'editore romano sta continuando ad applicare, anche su romanzi nuovi e attesi come questo, una politica dei prezzi che mi pare molto favorevole (12,90 euro per 560 pagine è un prezzo ottimo per i tempi che corrono).

Il traduttore di Zero History è Daniele Brolli, un nome che dovrebbe offrire qualche garanzia di qualità (tutti i romanzi di Gibson editi in Italia sono passati tra le sue mani),  ma che dopo le cantonate prese in Guerreros, ci si augura sia stato un po' più attento.

Ah… pare che  Zero History non sia fantascienza. Io qualche dubbio ce l'ho. Non resta che leggerselo e verificare di persona.

* William Gibson è un nome citato più di una volta in questo blog. Per ogni riferimento seguite l'apposito tag.




28 giugno 2012

I ragazzi giocano a rugby

© giorgio raffaelli
Negli ultimi anni ho trascorso parecchi dei miei fine settimana a bordo campo accompagnando i figli a giocare a rugby. Già che c'ero ne approfittavo per scattare qualche foto, un po' per l'album di famiglia, un po' perché fotografare lo sport, il rugby in particolare, è una bella sfida, almeno per un fotografo dilettante come il sottoscritto.
Ho iniziato a scattare quando mio figlio maggiore giocava in quella che allora era l'Under 11, e ho continuato a seguirlo fino a vederlo in campo con l'Under 14. Nel frattempo anche il più piccolo ha iniziato a giocare e accompagnandolo al campo fotografavo e fotografavo e fotografavo.
Visto che di genitori muniti di macchina fotografica non se ne trovano poi molti, ma a tutti fa piacere vedere il proprio figliolo in azione, ho iniziato a caricare le mie foto sul sito del Modena Rugby, cercando di riprendere la maggior parte delle squadre e dei giovani rugbisti impegnati sul terreno di gioco.

Se fotografare l'Under 14 è relativamente semplice - ti metti a bordo campo e segui l'azione - fotografare le partite del minirugby è un po' più complicato: le varie categorie - si va dall'Under 6 all'Under 12 - giocano contemporaneamente, spesso su campi distribuiti in impianti parecchio estesi, in partite che durano pochi minuti ognuna. Ciò significa spostarsi continuamente da un campo all'altro, cercare di esserci quando la squadra gioca e sperare che lo faccia in favore di luce. D'altra parte riuscire a immortalare l'entusiasmo, la concentrazione e la gioia dei bimbi in campo è sempre una bella soddisfazione, tanto che mostrare le foto solo per via telematica, in piccole dimensioni, scegliendole di volta in volta dopo ogni incontro, mi sembrava sempre più riduttivo. Oltretutto quest'anno è stato l'ultimo in cui i miei figli hanno giocato nelle rispettive categorie. Dal prossimo anno il figlio minore passerà nell'Under 14, il maggiore nell'Under 16.

Per concludere nel migliore dei modi il mio impegno con il minirugby del Modena Junior Rugby Club, m'è parsa quindi una buona idea raccogliere le foto migliori scattate durante tutta la stagione in un paio di volumi, che raccontano per immagini la stagione appena conclusa delle squadre modenesi del minirugby (Under 6, Under, 8, Under 10 e Under 12) e dell'Under 14.
Con l'aiuto di Annalisa, che ha curato il progetto grafico, ho scelto e impaginato qualche centinaio di immagini che spero costituiscano un buon ricordo per i ragazzi e le famiglie che hanno calcato i campi di rugby da settembre a giugno.
I volumi sono stati stampati e distribuiti, ma mi dispiaceva lasciare i file a prender polvere nel mio hard disk (si fa per dire) e ho pensato bene di mettere on-line una versione digitale dei due libri.

 

Ecco dunque i due volumi in tutto lo splendore del pdf. Cliccando sulle copertine potrete sfogliare le pagine e farvi un'idea di cosa significhi il rugby per i ragazzi in campo e per i genitori che li seguono. Non tutte le foto sono perfette, ma spero che nel complesso si riesca a cogliere almeno un pochino della passione che questo sport è riuscito a trasmettermi.

Per finire un doveroso ringraziamento va al Modena Junior Rugby Club per il supporto nella realizzazione di questo progetto, a tutti gli allenatori delle varie categorie per il magnifico lavoro svolto insieme ai ragazzi e per aver arricchito con i loro contributi i due volumi, ai Modena Rugby Veterans con cui ho capito cos’è davvero il rugby.


25 giugno 2012

Letture: Anathem, di Neal Stephenson


© giorgio raffaelli
Se il compito dello scienziato è creare una narrazione del reale coerente con i dati e le informazioni disponibili per poi portarla alle estreme conseguenze; se il compito del filosofo è invece il racconto del come e dei perché queste narrazioni possano aver luogo, allora Neal Stephenson è la voce ideale per illustrare al lettore come scienza e filosofia si possano incrociare, e per di più con ottimi esiti narrativi se non letterari.
Con Anathem (pubblicato in Italia da Rizzoli in due volumi, intitolati rispettivamente Il pellegrino e Il nuovo cielo) la carriera letteraria di Stephenson riparte da zero. O meglio, con Anathem, Neal Stephenson fonde (finalmente?) la sua passione per la conoscenza enciclopedica e multidisciplinare del passato (vedi il Cryptonomicon prima e il Ciclo Barocco poi) con l'invenzione e la speculazione della miglior fantascienza. Quella fantascienza che Stephenson ha contribuito a plasmare negli anni '90 dello scorso secolo (Snow Crash, L'era del diamante), finendo per  diventare uno degli autori fondamentali per comprendere le caratteristiche che il genere ha assunto negli ultimi decenni. Che scriva fantascienza o meno, c'è però un tratto comune a tutta l'opera dell'autore americano. I romanzi di Stephenson sono forse il miglior esempio contemporaneo di quella letteratura definita d'idee. Letteratura che privilegia cioé la discussione di uno o più elementi scientifici/storici/filosofici,  affrontati all'interno di un nucleo romanzesco dai punti di vista più disparati, con il supporto di una storia, di personaggi, e di ambienti che pur fondamentali non costituiscono il centro della narrazione.

Anathem richiede un grosso impegno al lettore, che deve affrontare dalle prime pagine un'immersione totale e spiazzante nella realtà complessa del romanzo.
La storia di Anathem è la storia di fraa Erasmas, giovane studente del concento di Saunt Edhar - sorta di convento laico in cui  da secoli scienziati e filosofi vivono isolati dal resto del mondo per dedicarsi alle rispettive ricerche -  che a causa di una situazione eccezionale nella storia di Arbre - il pianeta su cui si svolge l'azione - si ritroverà protagonista di un'epopea di esplorazione, scoperta e cambiamento.
La sovrabbondanza di neologismi e invenzioni, insieme all'approccio diretto della prosa di Stephenson, rischiano di stordire il lettore. D'altra parte le soddisfazioni non mancano, che la cura con cui l'autore assembla ogni singolo dettaglio è fonte continua di stupore e meraviglia, soprattutto in quei momenti in cui si realizza il parallelo tra il medesimo concetto particolare espresso nei temini arbreiani e la sua successiva identificazione nella nostra realtà, nella nostra lingua.

La vicenda narrata dal romanzo è piuttosto semplice nel suo sviluppo. Ciò che rende Anathem speciale nel panorama letterario attuale è la profondità e il dettaglio della costruzione narrativa di Neal Stephenson. Sviluppare una cronologia della storia socio/politica di Arbre e svilupparla in modo coerente con quella parallela e particolare dell'evoluzione - non priva di vicoli ciechi, improvvisi freni e momenti di feconda esplosione - del pensiero scientifico/intellettuale del pianeta, narrando la vicenda da un singolo, limitato - nel tempo e nello spazio - punto di vista è impresa che  da sola rende la lettura del romanzo un'esperienza a tratti entusiasmante. Collocare il tutto all'interno di una vicenda romanzesca altrettanto coerente e brillante per accadimenti e prospettiva, fa ben capire come mai il nome di Stephenson sia tra quelli più osannati dentro e fuori i confini del genere.

Se le avventure di Erasmas, nel concento prima e a spasso per il pianeta poi, seguono uno schema classico di indagine ed esplorazione, il progressivo allargarsi della visione del protagonista dalle mura della sua cella e dalle riflessioni sulla sua carriera scolastica, fino ad abbracciare gli estremi limiti della conoscenza scientifica, arrivando nel frattempo a tastare con mano pregi e difetti della millenaria società umana di Arbre, permette all'autore le più varie speculazioni: da quelle più prosaiche (si fa per dire) sul calcolo matematico e la coltivazione della terra, dalla geometria fino alla fisica quantistica, dalla politica alla religione, dal concetto di multiverso alla filosofia alla cosmologia, rendendo di fatto Anathem un concentrato di idee e meraviglie come di rado capita incontrare. E di fronte a un libro con una tale densità di stimoli intellettuali diventa quasi irrilevante che Stephenson tratti i propri personaggi più come vettori di informazione che come persone. Certo, i momenti di introspezione e relazione tra Erasmas e le persone che lo circondano sono presenti e servono a rendere la storia più partecipata e avvincente, ma lasciano comunque l'impressione di essere accessori al vero fulcro del romanzo.
Se vi aspettate quindi una storia appassionante di eroici scontri ed esplosioni cataclismatiche, se volete leggere di buoni e cattivi che si confrontano per un premio finale, se apprezzate l'introspezione dei personaggi o cercate storie d'amore o sentimenti, beh… forse Anathem non è il libro giusto (tutti quegli elementi ci sono, ma sono fuori fuoco, laterali, sfumati). Se invece la complessità del reale vi appassiona e  le innumerevoli relazioni tra idee, storia e persone non mancano di affascinarvi, se la meraviglia del cosmo è un aspetto fondamentale che cercate nella narrazione in cui siete immersi, beh… allora Anathem diventa probabilmente una lettura fondamentale.

Per concludere queste note mi pare doveroso citare Valentina Ricci, che ha tradotto Anathem in italiano. Affrontare un romanzo che sulle invenzioni linguistiche fonda moltissimo della complessità della narrazione non dev'essere stato un lavoro facile. Non so se la sua traduzione è perfetta (per quel che significa…), di certo io l'ho apprezzata molto, che leggere il romanzo di Stephenson in lingua originale credo sarebbe stato piuttosto difficoltoso.

18 giugno 2012

Bestini 2012

© giorgio raffaelli

La gatta che vedete ritratta qui sopra è Bestia
Bestia vive con noi da un paio d'anni, e lo scorso 25 aprile ha sfornato la sua seconda cucciolata. Com'era già successo l'anno scorso i mici neonati erano tre, ma stavolta uno di loro non è sopravvissuto alla prima settimana di vita.


I due che sono rimasti sono cresciuti in fretta e sono ormai pronti ad affrontare nuove avventure.
Potete ammirarli qui sotto: quello tigrato arancio è un maschietto pacifico e sereno (almeno quanto può esserlo un gatto con neanche due mesi di vita sulle spalle). Quella grigio-bianca è invece una gatta piuttosto vivace e brillante, ma nonostante il caratterino che si ritrova - devono essere i geni materni - non è ancora riuscita a distruggerci casa.
Sono entrambi ben educati (non la fanno in giro) e ben disposti nei confronti degli umani.  
Se là fuori ci fosse qualcuno disposto a ospitarli è il benvenuto.

© giorgio raffaelli

© giorgio raffaelli

Per ogni ulteriore informazione potete contattarmi via mail, oppure qui sotto, nello spazio commenti.

… 

Aggiornamento 25.06.2012

Pare proprio che i due mici abbiano trovato una nuova sistemazione. Andranno a vivere insieme a casa di una mia collega. Yuppie!

11 giugno 2012

Glory Days

Questo post è per Bruce Springsteen.
Lo scrivo dopo aver assistito al suo concerto di Firenze.
Lo scrivo perché sono in debito con lui.
© Marco Borrelli


Bruce Springsteen non è mai stato in cima alle mie preferenze musicali. Massimo rispetto, certo, ma ho sempre fatto molta fatica ad ascoltare un suo disco dall'inizio alla fine. Poi sì, ci sono canzoni che ti entrano dentro e rimangono, (la Thunder Road all'inizio del triplo live 1975-'85, giusto per fare un esempio), ma nel complesso ho sempre giudicato la musica del Boss troppo popolare e troppo americana per andarci del tutto d'accordo.
Ma il rispetto per l'uomo, per l'artista, beh… quello c'è sempre stato, perché se quell'americano e quel popolare sono i limiti nel mio rapporto con la sua musica, rappresentano anche gli aspetti migliori della sua personalità pubblica: Bruce Springsteen m'è sempre parso il miglior esempio di artista che riesce a essere genuinamente popolare senza la necessità di svendersi, oltre a incarnare al meglio tutti gli aspetti per cui gli Stati Uniti d'America calamitano da sempre la mia attenzione, influenzando i mie gusti, i miei ascolti, le  mie letture.

Quando Annalisa mi ha regalato i biglietti per il concerto di Springsteen a Firenze, mi son detto ok, fantastico, andiamo a vedere il Boss prima che sia troppo vecchio per suonare ancora in giro. Sarà anche un concerto da anziani, ma la fama di Springsteen dal vivo è tale che non sarà certo una delusione.
Per prepararci al meglio abbiamo provato ad ascoltare Wrecking Ball, e beh… c'è salita un po' la preoccupazione, che, dite quel che volete, ma quel disco suona davvero troppo old-style e nostalgico per i nostri palati. Ma ok, siamo in ballo, balliamo.

Domenica pomeriggio partenza dopo pranzo. Un paio d'ore di viaggio, auto parcheggiata in zona tattica a due passi dallo stadio, ci rimane da trascorrere il pomeriggio. Proprio di fianco al Franchi c'è il campo del Firenze Rugby che, neanche a farlo apposta, ospita la finale del campionato under 16 nazionale tra Benetton Treviso e Unione Rugby Capitolina Roma. Potevamo rinunciare a una partita di rugby, soprattutto pensando che il figlio maggiore il prossimo anno giocherà in quella categoria?
Per la cronaca vince il Treviso, ma a noi è piaciuta di più la Roma, più brillante e intraprendente dei pari età veneti. Finita la partita c'è giusto il tempo per una birra e un panino e via, Springsteen ci aspetta.

Se siete mai stati a un concerto sapete bene come il tempo nell'attesa dell'inizio passi molto lentamente. Ci si guarda intorno, si chiacchiera, si osserva il pubblico con quel misto di noia e aspettative che crescono di ora in ora fino a non poterne più. Almeno fino a che non risuonano le note di C'era una volta il West a introdurre l'ingresso della E Street Band sul palco. Nel frattempo il clima che sembrava l'ideale per una serata di inizio giugno, temperatura perfetta, leggermente ventilato, sole che va e viene tra le nuvole, vira decisamente al grigio piombo con minaccia di pioggia. Springsteen non fa in tempo a finire Badlands che inizia a piovere. "Saran due gocce, vedrai che smette" saranno le più classiche delle ultime parole famose. La pioggia non smetterà più per tutte le tre ore e mezza di concerto, aumentando anzi d'intensità man mano che la serata procede.

Il concerto conferma tutto ciò che di buono avevamo sentito in precedenza sulle prestazioni live di Springsteen. Il Boss è una macchina da guerra, macina canzoni e chilometri su e giù per il palco, scendendo tra il pubblico in mezzo all'acqua, dirigendo la E Street Band, alternando momenti intensi ed emozionanti ad altri in cui il rock'n'roll più sfrenato la fa da padrone.
Bruce Springsteen non molla mai, nemmeno per un secondo, la presa sul pubblico. Si concede senza riserve, dando tutto e ancora di più, sia che scherzi o che provi qualche frase in un italiano stentato,  quando gigionegga o nei momenti più seri, con una voce che nonostante i suoi sessantadue anni è capace di toccare tutte le corde dello spettro sonoro: dall'urlo al sussurro, dal lamento in coda a The River, alla pura gioia di Twist and Shout, dall'intensità soul di My City of Ruins (per me il momento più alto della serata) al più classico dei rock'n'roll.

Anche senza conoscere più d'una delle canzoni (l'ho detto che non sono un fan, no?) l'esperienza del live di Springsteen è qualcosa che supera abbondantemente qualsiasi aspettativa potessi avere prima del concerto. E capisci perché c'è gente che lo segue da anni con decine di concerti alle spalle. Per un attimo credi di nuovo al sogno del rock'n'roll e comprendi come si possa arrivare ad adorare un tizio del genere. E a fine concerto, stremato, bagnato fradicio, con lui che proprio non ne vuol sapere di mollare lì e andarsi a riposare, ti rendo conto che è impossibile non volergli bene.
Continuerò a non riuscire a finire di ascoltare i suoi dischi, ma dopo le tre e mezzo di Firenze mi porterò per sempre un pezzo di Springsteen nel cuore.

© Paolo Arnetoli



Aggiornamento:
Ho appena scoperto queste foto. Che siate stati al concerto o meno, dategli un'occhiata, vi assicuro che ne vale la pena…



07 giugno 2012

I piedi per terra

© Aelle
La nostra casa è ancora in piedi. Noi siamo ancora vivi. Ma non avrei mai immaginato che convivere col terremoto portasse via tante energie. Saranno l'insicurezza e i nervi tesi, in attesa della prossima botta; la notte, quando vai a dormire con un occhio aperto, lo zaino per l'emergenza vicino all'uscio, e speri non ci siano sorprese dietro l'angolo; la sensazione costante di instabilità, che ormai non distingui più le scosse vere da quelle che ti immagini soltanto.

Modena sta tornando lentamente alla normalità (lo dico sottovoce, sperando che nel frattempo non ci siano ulteriori sussulti, vedi domenica sera), ma in questi giorni ha vissuto una sospensione dalla realtà quotidiana che ha mescolato visioni surreali (decine di tende nei giardini, il centro deserto, la fuga dalla città) con un ritorno alla terra, a uno spirito d'accampamento, con gente sconosciuta a condividere la cena all'aperto, bimbi a giocare nei parchi fino a tardi, chiacchiere e consolazione. Sarà che qua non siamo troppo abituati a piangerci addosso, e anche nelle situazioni più serie cerchiamo un buon motivo per trasformare in positivo anche il momento più drammatico, ma queste serate passate in compagnia rimarranno un buon ricordo in mezzo a giornate dominate dall'ansia.

Per sconfiggere la tensione la terapia migliore è tenersi occupati, tentare la via della normalità, mantenere gli impegni e lavorare.
Forse è per questo che nonostante il momento sono in pochi tra i Veterans del Modena Rugby ad aver rinunciato alla trasferta di Arezzo per il Torneo del Rinascimento. Certo, il programma originale prevedeva la partenza al venerdì e il ritorno di domenica, con in mezzo un sacco di rugby e gozzoviglia. Alla fine son partito e tornato in giornata, ma staccare un po' e trovarsi su un terreno solido in buona compagnia è servito a tutti per rilassarci e recuperare un po' di energie.
Così come portare i ragazzi a giocare a rugby domenica a Colorno e rimanere colpiti dalle magliette che una squadra bresciana ha stampato per l'occasione. A volte basta anche solo un pensiero come quello per sentirsi meno soli. E a proposito di rugby, in questi giorni ho finalmente mandato in stampa i due volumi sulla stagione dei giovani rugbisti modenesi, e anche questa è stata una bella soddisfazione.


Se in queste settimane ho trascurato il blog e la rete in generale, sentire la vicinanza degli amici preoccupati per il sisma, e disponibili a darci una mano, è stata comunque una bella sensazione. E quindi, per finire, un bel grazie a tutti coloro che si son resi disponibili ad aiutarci nel caso ne avessimo avuto bisogno, a tutti quelli che han semplicemente chiesto come va, che un pensiero in questi casi è davvero apprezzato. Ma soprattutto un enorme grazie a chi da tutta Italia si sta sbattendo per dare una mano ai nostri vicini della bassa, che nonostante lo stress noi siamo quelli fortunati, che invece laggiù, a pochi chilometri da casa nostra, la situazione è davvero brutta. Voi non dimenticateli, vedrete che loro si ricorderanno di voi.