27 gennaio 2017

Letture: Uomini e cani, di Omar Di Monopoli

Proseguo la carrellata sulle migliori letture fatte nel 2016 (dopo questo ne mancano ancora tre!), brevi flash per ricordare e riflettere sui libri che ho letto, e magari offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).

Oggi si parla di Uomini e cani, di Omar Di Monopoli.


Non so se la fuori amate il primo Lansdale come me, le sue storie essenziali, secche eppure brillanti. Quei personaggi scolpiti nella pietra che diventano vivi nonostante tutte le apparenze. Le trame complesse eppure chiarissime, nei loro sviluppi, incroci, ribaltamenti. La passione per quel che ci circonda, che nonostante lo schifo c’è sempre qualcosa da salvare.

Ecco, se amate questo tipo di storie Uomini e cani è il romanzo perfetto per trascorrere qualche ora tra le lande derelitte e desolate di una Puglia periferica, tanto dimenticata da sembrare quasi Texas.

Di Omar di Monopoli avevo sentito parlare benissimo in rete da più di un amico, ma se finalmente sono riuscito a leggerlo lo devo a Eddy (che dopo averlo sentito decantarne i pregi mi sono sentito praticamente obbligato a provarlo) e ai ragazzi della Miskatonic University di Reggio Emilia, che son riusciti a recuperarmi una copia del libro altrimenti introvabile.
Uomini e cani è stata la lettura pulp dell’anno, dopo la (quasi) delusione degli ultimi Lansdale letti, Omar Di Monopoli non mi ha fatto rimpiangere nemmeno per un attimo lo scrittore texano. 



24 gennaio 2017

Visioni: Arrival (2016)


In questi giorni la rete pullula di recensioni, osservazioni, note critiche e grida d'entusiasmo nei confronti di Arrival, il film che Denis Villeneuve ha realizzato partendo dal magnifico racconto Storia della tua vita di Ted Chiang.
Da parte mia non ho alcuna intenzione di proporvi una recensione (in giro ce ne sono un sacco che analizzato la pellicola molto meglio di quanto sarei in grado di fare io), anche perché ho talmente amato il film che qualsiasi cosa io possa scrivere sarebbe viziata in partenza.

Quel che voglio provare a fare è cercare di capire e riassumere i motivi per cui Arrival è stato un colpo al cuore:
- il rispetto per il testo originale, e in generale la fedeltà della narrazione cinematografica ai temi, alle atmosfere e alle idee di Storia della tua vita. Arrival non ricalca pedissequamente il racconto di Chiang, ma ne mantiene intatto lo spirito nonostante le differenze dei media coinvolti, e lo fa splendere;
- il viso dolente e concentrato di Amy Adams, perfetta nel ruolo della dottoressa Banks (e la meraviglia, quando serve… wow!);
- le astronavi;
- la narrazione della scienza e degli scienziati, pacata e meravigliosa, e senza nessuno spiegone (o quasi);
- l'anelito ideale e la speranza: vedere i più classici dei militari e funzionari governativi cambiare idea, e mettersi a disposizione senza mai, per nessun motivo, abdicare al loro stronzissimo ruolo;
- l'attentato, spiegato senza una sola parola eppure trasparente nella sua disperata volontà di distruzione;
- la lingua aliena, bellissima;
- i ricordi che procedono in entrambi i sensi, e l'amore che invece va a senso unico;
- l'equilibrio tra storia personale e storia collettiva;
- il senso del meraviglioso, sussurrato e sparso a piene mani in ogni dove;
- la sensazione di ritrovarsi a vedere un film fatto apposta per me, con tutte le cose giuste al posto giusto, per emozionarmi come poche altre volte;

Insomma, andatelo a vedere, è bellissimo.

13 gennaio 2017

Letture: Il cinghiale che uccise Liberty Valance, di Giordano Meacci

Proseguo la carrellata sulle migliori letture fatte nel 2016, brevi flash per ricordare e riflettere sui libri che ho letto, e magari offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).

Oggi si parla de Il cinghiale che uccise Liberty Valance, di Giordano Meacci.

Come mai tra i libri italiani letti nel 2016 Il cinghiale che uccise Liberty Valance è quello che mi ha colpito di più?
Merito di Apperbohr, il cinghiale protagonista del romanzo, che si pone come splendido riflesso della vita confusa e impoverita degli umani che vivono nel paese di Corsignano, persi nella loro quotidianità fatta di abitudini, cerchi in tondo, poche illusioni, frustrazioni e desideri anche troppo terreni.
Il cinghiale illuminato da un’improvvisa consapevolezza fa da splendido, ingenuo e potente contraltare alla comunità umana: grufola nel fango, ma guarda al cielo, e non smette mai, nemmeno per un attimo, di porsi domande e cercare significati e significanti nella luce sorprendente di una coscienza vergine.

La scrittura di Giordano Meacci è stupefacente per come rende vivi e riconoscibili le decine di personaggi che ricorrono (e si rincorrono) nel romanzo, nonostante il montaggio non lineare degli avvenimenti, scelta azzardata forse, ma indispensabile per immergere senza mediazioni il lettore nel disordine e nella casualità che caratterizza le loro esistenze. Pur nella fugacità della loro presenza ci si affeziona agli uomini e alle donne di Corsignano e alle loro relazioni, ci si riconosce nel loro vagare e nelle loro necessità, ci si illude che un’ordine superiore possa ricondurre la normalità delle loro esistenze a uno schema propriamente romanzesco, con l’unico risultato di ritrovarsi alla conclusione del libro con un’unica agrodolce verità, e un filo di commossa emozione, tutte rinchiuse nel destino di Apperbohr.

Il cinghiale che uccise Liberty Valance è un romanzo straordinario e sorprendente, concreto e meraviglioso. Un libro che chiede molto al lettore, ma che in cambio gli offre una nuova prospettiva sulla vita, l’universo e tutto quanto. Non capita spesso.