07 gennaio 2014

Letture: Gianluca Morozzi, Nove Inframondi, Allen Steele, Richard K. Morgan

© giorgio raffaelli
Gianluca Morozzi - Blackout
Gianluca Morozzi mi ha abituato bene: due romanzi, due ottime letture. Blackout invece…
Blackout parte bene, splatter e paura e tre personaggi che son perfetti, il vecchio Elvis, la lesbica scazzata e il fanciullo innamorato. Un miglior assortimento di varia umanità era difficile da concentrare per un'intera giornata bloccati in un ascensore nell'estate bolognese. Difatti la lettura procede che è un piacere, che Morozzi è bravo a mantenere alta la tensione, ad alleggerirla quando serve, a ripartire. Insomma, il romanzo fila che è un piacere.
L'autore però non si accontenta e vuol chiudere col botto o almeno questa è stata la mia impressione. L'ultima parte del romanzo suona appiccicata e posticcia, quasi a voler giustificare la leggerezza precedente, come se senza morale o sottotesti sociopolitici il romanzo non fosse valido abbastanza.
Vorrei dire una sola cosa a Gianluca Morozzi: fanculo alle derive socioantropologiche, e vai di sangue e compassione, che è quel che sai far meglio!



David G. Hartwell & Kathryn Cramer (a cura di) - Nove inframondi
Nove inframondi è il titolo scelto da Urania per presentare la prima parte dell'antologia che raccoglie i migliori racconti del 2009 curata da David G. Hartwell & Kathryn Cramer. Queste raccolte annuali sono un ottimo vademecum per capire quali siano tendenze e direzioni della fantascienza, sono utili per conoscere nuovi autori e per ritrovare qualche vecchia conoscenza che magari non t'aspetti.

La qualità media di questo volume è elevata e lo sarebbe stata ancor di più, se non per la presenza di un paio di racconti che ho cordialmente detestato (mi riferisco a Arkfall, di Carolyn Ives Gilman, le avventure di una coppia assessuata alla deriva nelle profondità marine tra luoghi comuni e deja-vù, e a Boojum, scritto a quattro mani dalla coppia Bear & Monette, storia di alieni cattivi e navi senzienti che ho fatto davvero fatica a mandar giù). Per fortuna ci sono poi i racconti di Neil Gaiman (Orange) e Ted Chiang (Espirazione, già letto su Robot 58 con il titolo Respiro) a risollevare le sorti della raccolta.
Menzione di merito per Paolo Bacigalupi, famoso per la sua ragazza a molla (The Windup Girl, romanzo d'esordio che ha fatto incetta di premi negli anni scorsi), di cui però non avevo ancora letto nulla, presente con il racconto La pompa sei, e per Mary Rickett, sconosciuta al sottoscritto, il cui racconto Traditrice è capace di evocare più di un'inquietudine.



Allen Steele - Ieri e domani
Conoscevo Allen Steele per qualche racconto antologizzato nelle raccolte del meglio dell'anno. Non mi è mai rimasto particolarmente impresso, ma questo volume mi incuriosiva. Ieri e domani contiene due racconti, La morte di Capitan Futuro e Dove gli angeli temono di avventurarsi, che hanno vinto i più prestigiosi premi del settore, tanto male non dovevano essere…

La fantascienza di Allen Steele è solida e coerente, sia che si occupi di avventure spaziali che quando incrocia viaggi nel tempo e storia alternativa, e se anche stile, ambientazione e personaggi non spiccano certo per la loro personalità, le sue storie si lasciano leggere. Ieri e domani è una lettura consigliata a tutti quei lettori di mezza età sempre alla ricerca del sapore della fantascienza con cui sono cresciuti.



Richard K. Morgan - The Cold Commands
Secondo capitolo della trilogia A Land Fit For Heroes, ambientata in un mondo dalle spiccate caratteristiche fantasy ma con un sostanziale background fantascientifico. The Cold Commands non perde tempo a riassumere la situazione in cui si son ritrovati i nostri eroi alla fine di The Steel Remains e parte subito in quarta. Tra violenza varia e assortita, a volte decisamente sopra le righe, tanto che si ha quasi la sensazione Morgan non abbia molti altri argomenti, la storia procede spedita. Nonostante lo scrittore si ingegni a tener impegnati i tre personaggi nelle loro relative linee narrative fino alla conclusiva convergenza delle singole avventure, si ha a volte l'impressione, soprattutto nella vicenda che riguarda il barbaro Egar, di una certa forzatura negli accadimenti che si susseguono anche troppo frenetici.
Per fortuna il talento inventivo di Richard Morgan e la sua capacità di mantenere sempre dinamica la storia non viene meno, e anche The Cold Commands si legge d'un fiato, mantenendosi appassionante fino alla conclusione. Da parte mia posso dire che la parte del romanzo che ho preferito è quella in cui Ringil vaga nella foresta perso nel suo delirio onirico: se Morgan rinunciasse a un po' della sua caratteristica muscolarità per dedicare più attenzione ai momenti lisergici della sua scrittura credo che le storie ne guadagnerebbero assai.

04 gennaio 2014

Letture: Moxyland, di Lauren Beukes

© giorgio raffaelli
Moxyland è stato il libro più sorprendente dell'anno scorso. Un romanzo di fantascienza da cui non mi aspettavo nulla di più di qualche bel panorama esotico e che invece s'è rivelato una delle migliori letture del 2013.
Moxyland mi ha riportato alle atmosfere del buon vecchio cyberpunk, sia quello del primo Gibson, sia quello apparentemente più scanzonato di Neal Stephenson. Ma tranquilli, non è stato il fattore nostalgia a farmi apprezzare Lauren Beukes. È stata piuttosto la sensazione di ritrovare su carta l'idea e la sostanza tangibile e vicinissima di un futuro possibile, un futuro i cui prodromi si vedono già qui fuori, facendo un giro in rete o accendendo la tv. Un futuro in cui la strada trova sempre un utilizzo delle nuove tecnologie, ma dove solo quelli autorizzati hanno una qualche speranza di sopravvivenza. Un futuro che per quanto appaia inevitabile, ha bisogno di essere in qualche modo esorcizzato, o almeno compreso.

Moxyland è ambientato a Città del Capo, Sudafrica. Per quanto periferica sia la collocazione geografica rispetto agli standard cui siamo abituati frequentando la letteratura di genere, la realtà della vita nelle strade o nei palazzi della città africana è immediatamente riconoscibile, figlia com'è di una globalizzazione tecnologica e aziendale che non permette ormai di distinguere dalla superficie i fermenti che agitano le metropoli del globo. I quattro protagonisti sono sintomatici di quest'aspetto della logosfera: Kendra è un'artista con qualche ambizione che accetta di sottoporsi a un programma di
marketing nanotecnologico e diventa il vettore di un nuovo stile di pubblicità virale. Lerato è l'ambiziosa impiegata di una megacorporazione decisa a far carriera a qualasiasi costo. Tendeka è un ribelle e un attivista, un uomo con un piano per smascherare l'ingiustizia del potere. È una bomba pronta ad esplodere: deve solo decidere se e quando fermarsi, prima che sia troppo tardi. A incrociare le loro strade c'è Toby, video blogger stronzo e opportunista, che nell'attesa di sfondare è disposto a tutto per ragranellare qualche soldo.

La realtà pervasiva in cui si muovono i nostri eroi è fatta di cellulari perennemente sotto controllo che sono anche espliciti strumenti di controllo sociale: o sei connesso e rispetti le regole o vieni fulminato e sei fuori, senza speranza di cittadinanza, in un un contesto che non permette ormai alcuna ribellione, con i confini tra poteri delle aziende e quelli dello stato orami talmente diluiti da risultare praticamente indecifrabili dal basso delle strade.
Lo scenario può forse ricordare quello ormai classico del cyberpunk ricordato all'inizio, ma da allora sono passati tre decenni e Lauren Beukes è decisamente aggiornata, non solo riguardo all'attualità di certe tendenze e alle prospettive che ci attendono, ma anche dal punto di vista prettamente estetico, vedi per esempio l'aspetto visuale del suo racconto. Una delle caretteristiche che distanziano immediatamente Moxyland dal cyberpunk sta nei toni con cui è ritratta la vicenda: per quanto perennemente oscuri, nel romanzo della Beukes i colori risaltano sfolgoranti delle tinte plasticose degli sponsor, della luce africana, dei colori degli schermi che trasmettono ovunque gli stessi messaggi rassicuranti.

© sconosciuto
Ma le qualità di Moxyland vanno oltre lo sfoggio di technobubble e l'originale sforzo creativo nel tratteggiare i nuovi aspetti repressivi di una società fondata sul dominio delle aziende. Sono piuttosto riconducibili all'abilità di Lauren Beukes nel condurre con mano sicura una vicenda complessa che si sviluppa su diversi piani narrativi, nel tratteggiare in maniera vivida e credibile il panorama urbano della metropoli nei suoi vari aspetti e, soprattutto, nella creazione dei suoi quattro protagonisti, tutti piuttosto lontani dall'idea tradizionale di (anti)eroe cui ci ha abituati la letteratura di genere di questi ultimi decenni. Che siano impiegati o artisti, blogger o attivisti, i quattro rappresentano esempi
diversi di strategie di sopravvivenza urbana in quesi primi anni del terzo millennio. Risultano memorabili per i loro difetti, nel loro porsi costantemente sullo stesso piano del lettore, per la quantità di cazzate che gli capita di combinare che va alla pari con la loro buona fede, a sottolineare una coerenza impeccabile nello sviluppo di caratteri e motivazioni.
La complessità di una realtà interconnessa sui più diversi livelli, in cui orientarsi è impossibile e l'overload sensoriale è il forse miglior sistema di controllo sociale, si rispecchia nel costante disorientamento di cui i personaggi sono vittime e nella loro incapacità di darsi riferimenti precisi, che quando anche ci provano sono destinati al fallimento.

Moxyland è un romanzo trascinante nello svolgimento e terrificante nelle conseguenze (quelle suggerite ancor più di quelle esplicite), un esempio perfetto di fantascienza al servizio del presente, in cui nel ritratto di una cultura futura si colgono i frutti del nostro quotidiano. Hai voglia a distogliere lo sguardo, quando tutto è architettato per attirare la tua attenzione.