26 giugno 2017

Visioni: Enemy (2013)

 
Non vado più al cinema come un tempo, e anche le visioni televisive son sempre meno, ma quando ti capita di scoprire un autore che senti in qualche modo vicino, la voglia di recuperare le sue cose diventa una priorità.
In questo senso Denis Villeneuve sta rapidamente diventando uno di quei registi di cui ti chiedi come hai fatto a fare senza fino ad ora.
Dopo aver visto Arrival son riuscito a vedere lo straordinario Prisoner, ma il bello doveva ancora arrivare: ieri ho visto Enemy e bé, non riesco a smettere di pensarci.

Per farla breve, Enemy potrebbe essere una versione intimista di Fight Club, oppure una ripresa autoriale del classico film di mostri (e il mostro, come da tradizione, è quest'umanità isolata).
Enemy non offre alcuna spiegazione, e il finale (quel finale!!!) lascia lo spettatore con molti più dubbi che risposte.
Enemy (tratto da un romanzo di Josè Saramago) è un film politico, una pellicola esistenzialista, un thriller psicologico, un ritratto sull'angoscia contemporanea, e anche di più, a seconda dello spettatore che vi si imbatte, che potrebbe pure trovarlo noiosissimo, ma tant'è…

Dopo aver letto Cecità, m'è venuto naturale accostare Saramago a Ballard. Un Ballard decisamente più umano, con un approccio più strutturalmente politico e con qualche scintilla di speranza in più. Ma i territori in cui si muovono sono gli stessi: l'umanità traumatizzata dalla contemporaneità, il confronto psicopatologico tra individuo e società, le tensioni omologante e la violenza sotterranea.
In Enemy c'è tutto questo, intessuto di grande cinema, e con intepreti (Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Helen Bell) straordinari nel rendere percepibili, con il sesso, gli sguardi, i silenzi, tutto il mistero delle nostre vite solitarie, spaventate e perdute.

Guardatelo, che merita.

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