03 dicembre 2008

Rapporto letture - Novembre 2008


Picture by Iguana Jo.
Cristiano de Majo & Fabio Viola - Italia 2
Non frequento molto il genere reportage, forse per questo motivo il volume di De Majo & Viola m'è parso la versione speculare di un bellissimo libro letto all'inizio dell'anno. Mi riferisco a La leggenda dei monti naviganti di Paolo Rumiz: nella parte di quel volume dedicata all'Appennino si vagava per un Italia realissima e abbandonata, mentre in Italia 2 l'attenzione è rivolta invece a luoghi magari frequentatissimi ma totalmente irreali nel loro riflettere l'immaginario popolare di questi anni. Quanto m'è parso emozionante il panorama descritto da Rumiz tanto m'è parso freddo e cinico e povero il ritratto del paese offertoci da De Majo & Viola.
L'approccio dei due autori al viaggio (dalla villetta di Cogne ai raduni neofascisti a Predappio, dai templi new-age di Damanhur alla Matera ricostruita da Mel Gibson, da San Giovanni Rotondo al teatro Ariston, come recita il blurb del libro) m'è parsa comunque la cosa migliore di Italia 2. Nel loro interrogarsi sul senso dei luoghi visitati - o della visita di certi luoghi - i due autori non offrono facili risposte e sebbene il loro acume venga a tratti sopraffatto da un eccesso di moralismo, il fatto di lasciare al lettore molte più domande di quante non ne avesse in partenza è un aspetto senz'altro positivo.
In Italia 2 c'è però un difetto sostanziale che rischia davvero di pregiudicare tutta la credibilità del progetto. Mi riferisco alla necessità per un libro simile di essere onesto e corretto, di proporre al lettore il maggior gradiente di verità possibile. Invece si inciampa più spesso di quanto sarebbe accettabile in "confusioni temporali" (non so come altro definirle) che oltre ad irritare il lettore offrono il fianco a giudizi poco lusinghieri sulla correttezza giornalistica degli autori: non è infatti possibile incappare in un progetto come questo in viaggi di un paio di giorni che partono in novembre e terminano a ottobre (la visita a San Giovanni Rotondo) o perdersi tra ingiustificabili sovrapposizioni di date (sempre fine ottobre/inizio novembre) per visite che paiono nelle descrizioni molto più lunghe e articolate (Trieste, Predappio, Venezia). Saranno anche dettagli, ma è da questi particolari che si giudica uno scrittore (o due).

Paul Reps & Nyogen Senzaki (a cura di) - 101 storie Zen
A pelle mi verrebbe da dire che 101 storie Zen è un libro inutile, che lo zen è come il jazz, o ce l'hai o c'è poco da fare. Però questo libretto avrà avuto nella sua storia editoriale decine e decine di edizioni dalla sua prima comparsa negli anni 30 dello scorso secolo ad oggi, e un motivo per tanto successo dovrà pur esserci.
Forse la diffusione di queste 101 storie Zen (io stesso non so proprio come ha fatto a capitarmi in casa) è dovuta ad una sorta di effetto bignami: in poche decine di pagine puoi assaggiare l'esotica saggezza orientale, puoi curiosare senza troppe difficoltà tra le brillanti parabole esistenziali di monaci e studiosi e saggi della millenaria tradizione sino/giapponese. Senza troppi sforzi puoi godere insomma dell'illuminazione riflessa dello zen. Mica male, no?


Ian McDonald - Brasyl
Ian McDonald non cessa mai di stupirmi con la sua straordinaria capacità di evocare meraviglie ovunque posi lo sguardo. Dopo l'India di River of Gods ecco questo viaggio tra le pieghe della storia del Brasile tra contorsioni quantistiche, doppelgänger a gogo, suggestioni Conradiane (il viaggio nel cuore di tenebra della giungla amazzonica in questo senso è esemplare) e un'immersione totale nell'atmosfera caotica, calda e sensuale di Rio de Janeiro e San Paolo.
Personaggi affascinanti, azione a tamburo battente e soprattutto la sfrenata immaginazione di McDonald si sviluppano e si incrociano nelle tre fasi temporali attraverso cui si dipana il volume: dall'odissea amazzonica di padre Luis alla fine del '700, alle inquietanti vicissitudini di una produttrice di tv spazzatura nella Rio odierna, fino alle strabilianti avventure di un favelado di successo nella San Paolo del 2032. In mezzo tutto il Brasile possibile, con la scrittura ritmata ed evocativa dell'autore a creare un background di suoni odori immagini e sapori che risulta presto indissolubile dalla trama fantascientifica che rende Brasyl un romanzo unico nel suo genere. Formidabile.


Daniel F. Galouye - Stanotte il cielo cadrà
Forse Galouye è stato solo sfortunato a capitarmi in mano dopo la lettura di Brasyl, ma non credo che il mio giudizio sarebbe cambiato se anche l'avessi letto in un altro momento.
Il fatto è che Stanotte il cielo cadrà soffre di tutti i difetti di gran parte dei romanzi di fantascienza usciti negli ormai lontanissimi anni '50 dello scorso secolo: totale inconsistenza dei personaggi, dinamiche relazionali tra gli stessi che sfiorano il ridicolo involontario, una resa oltremodo semplicistica dei rapporti di potere - della stessa umanità nel suo complesso - e delle relazioni di causa/effetto tra fenomeni.
Insomma, 'sto romanzo poteva forse stupire un'ipotetico appassionato di fantascienza di 60 anni fa, che in effetti l'ipotesi pseudo-solipsistica/onirica della creazione del mondo ha un suo fascino , ma letto qui-e-ora è quasi un insulto alla capacità critica del lettore.


AA.VV. - Robot 53
Non dev'essere stato facile tradurre il racconto di Ian McDonald che impreziosisce questo numero di Robot. Ma se anche la resa italiana non fosse ottimale la storia è talmente potente da riuscire a colpire comunque il lettore. La moglie del Djin si svolge parallelamente alle vicende narrate in River of Gods, ma in questo caso l'azione si dipana nelle strade e nelle lussose residenze di Nuova Delhi, tra demoni virtuali, cyber poliziotti e ballerine innamorate. Un gran bel racconto giustamente premiato con l'Hugo lo scorso anno.
Dopojavascript:void(0) un pezzo da novanta come questo non dev'essere stato facile decidere cosa impaginare nel resto del volume. A mantenere alto lo standard del numero ci pensa un solido racconto di Franco Forte, poi purtroppo la qualità scende inesorabilmente con le successive due proposte italiane, troppo ancorate a vecchi stilemi fantascientifici per risultare davvero interessanti. Per fortuna in questo numero di Robot lo spazio dedicato alla riproposta di racconti già editi è dedicato a Enrica Zunic. Il suo Ain del nome dei numeri e della riparazione del cielo mantiene intatte tutte le sue qualità, la sua forza, il suo dramma.
L'ultimo racconto del volume è Uscire senza salvare di Ruth Nestvold, un'ordinaria vicenda di spionaggio industriale e corpi in prestito. Un racconto non particolarmente memorabile che si lascia tuttavia leggere senza opporre troppa resistenza. A completare il numero la solita messe di articoli interviste e approfondimenti che rendono Robot una rivista unica per qualità e quantità delle proposte giornalistico/saggistiche offerte al lettore.
Per finire approfitto del blog per fare i miei più sentiti auguri a Vittorio Curtoni per una pronta guarigione: Forza Vic, noi qui facciamo tutti il tifo per te!



Seguite i link per le letture di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre


6 commenti:

  1. Calma calma, il jazz e' una figata termonucleare globale, lo zen e' una cagata fotonica! :) McDonald devo decidermi a leggerlo, ho aspettato troppo.

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  2. Nooooooo!
    Non puoi demolirmi lo zen così di brutto. (o almeno offrimi lo straccio di una spiegazione, per favore!)

    btw il mio paragone tra jazz e zen non aveva alcun intento qualitativo, ribadisco: o ce l'hai o non ce l'hai. Tu evidentemente non ce l'hai* del resto ascolti della musicaccia (e no, non mi riferisco a Coltrane)! ;-)

    * detto senza alcun intento polemico (mannaggia!), io per esempio non l'ho ancora capito, il che è abbastanza indicativo.

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  3. Ma guarda, in realta' di zen mnastico poco - quel poco mi fa girare i coglioni pero', e' quel tipo di illogica atto a disinnescare il principio di causa-effetto, per quel che mi riguarda. :) E' tutta colpa dei monaci che fanno le scuregge al ciliegio in fiore, ecco.

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  4. Non sono tanto sicuro che lo zen sia così semplice.
    Dal mio punto di vista lo zen equivale al famigerato pensiero laterale: più che scardinare il principio causa-effetto l'atteggiamento zen dovrebbe portare ad un approccio diverso alla risoluzione dei problemi così come più in generale alla vita, all'universo e a tutto quanto.
    (Come il jazz, insomma ;-)

    In effetti è questa cosa del diverso approccio che non ho trovato (quasi) per nulla nel librino da cui è iniziato il discorso, che sembra invece più un vademecum di saggezza esotica paragonabile, per quel che sono i miei vaghi ricordi, a un breviario da catechismo.

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  5. Di McDonald leggerò qualcosa anche io, prossimamente, forse verso Natale e le sue ore libere (i progetti son tanti: il nuovo King, il nuovo Hofstadter, un classico a caso...)

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  6. Ebbravo! :-)
    Posso consigliarti Desolation Road?
    È il primo che ha scritto e per me rimane uno dei suoi romanzi migliori (per l'immaginazione sfrenata, la freschezza e l'originalità della visione).

    Piuttosto: nuovo Hofstadter? Non ne sapevo nulla…

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