Vagando per Anobii mi sono imbattuto in un commento a Lo Hobbit che ha attirato la mia attenzione e fatto scattare alla tastiera:
"Ho il sospetto che una delle ragioni per cui ai giovani lettori piacciono tanto fantasy e fantascienza sia che, quando lo spazio e il tempo sono stati alterati permettendo ai personaggi di viaggiare comodamente ovunque attraverso il continuum , sfuggendo così ai pericoli e alla spietata legge dell'orologio, il problema della mortalità affiora di rado"
Thomas Pynchon
Ma come? Pynchon citato a commento di Tolkien? Wow! che ardire! che occasione di discussione!
La mia risposta poteva essere più brillante, lo ammetto, ma oh… sono i rischi della reazione impulsiva:
"Evidentemente capita anche ai geni di dire delle strunzate :-)
(secondo te/voi, i giovani lettori si pongono il problema della mortalità?)"
La risposta di sigurd, brillante autore dell'insolito accostamento letterario non si è fatta attendere:
"E' proprio questo il problema, ma non dipende da loro.
Tolkien e simili offrono ai ragazzi ciò che "vogliono" non ciò di cui hanno bisogno.
Io sono stato "giovane lettore", forse lo sono ancora, e il problema della mortalità me lo ponevo spesso, e me lo pongo tuttora; è forse l'unico grande tema su cui ogni grande scrittore dovrebbe farci riflettere. Se uno scrittore non si confronta con la mortalità, per me non è un grande scrittore e farebbe bene a raccogliere telline o spaccare ricci."
La chiacchierata poteva tranquillamente proseguire in quella sede, ma preferisco spostarla qui, per comodità, che il sistema dei feedback anobiiano non è troppo comodo da seguire. Ecco che si parte:
Prima di arrivare al punto un'osservazione a sigurd riguardo quanto scrive: ma tu sai davvero ciò di cui i giovani hanno bisogno?
Parliamo quindi di mortalità. Io non credo che un giovin-lettore si ponga sul serio il problema dell'entropia dell'universo, tanto meno di quella personale. Solitamente son concetti talmente astratti da essere di volta in volta esaltati quanto ignorati, ingigantiti quanto sottovalutati, esaltati quanto paventati. Le valutazioni solite insomma di chi non conosce davvero ciò di cui va riflettendo. E va bene così, ci mancherebbe! Sai che tristezza per il giovin-lettore mettersi a fare i conti alla sua tenera età con l'inevitabilità della propria fine.
E gli scrittori che dovrebbero fare? Mah…
Il fatto è che non sono così sicuro che la mortalità debba essere il leitmotiv fondamentale della letteratura occidentale (è di questo che stiamo parlando, no?), tanto meno di quella nicchia della narrativa che risponde al nome di fantascienza (per la fantasy il discorso si fa molto più arduo, credo, dovendo prima capire cosa intendiamo per fantasy, se quella di derivazione più specificatamente Tolkeniana, o se invece si vuole allargare il discorso sul fantastico toout-court). Limitiamoci alla fantascienza dunque.
La fantascienza è soprattutto letteratura di idee. È speculazione nella sua più alta espressione. Può assumere le vesti di letteratura escapista, è vero (e ciò nonostante può rimanere ancora molto divertente!), ma nelle sue espressioni migliori è ben ancorata nel presente e tutt'altro che libera dalla "spietata legge dell'orologio".
Con queste premesse come fai a isolare e focalizzare l'attenzione solo sulla mortalità? E perché poi?
A volte ho come l'impressione che mi sfugga il punto. Per dire: 'sta cosa della mortalità è davvero così fondamentale? Non ci siamo già troppo immersi di nostro, lettori e scrittori alla pari, tanto che il tema è praticamente inevitabile ogni qualvolta raccontiamo una storia?
O meglio: raccontare una storia non rappresenta sempre un tentativo - velleitario, magari sopravvalutato - di cercare l'immortalità? o almeno di sfuggire alla morte?
Ogni approfondimento è benvenuto.
…
Personalmente trovo incomprensibile le cosiddette (da me) "ricette per la grandezza", ovvero prescrivere quali siano argomenti e modalita' per poter dare una certificazione ISO9000 di Grandezza Artistica. Si tratta solo di una razionalizzazione e generalizzazione del proprio punto di vista. L'esempio che fai e' perfetto: sigurd da lettore sentiva molto il tema della mortalita' ed evidentemente, secondo lui, glis crittori fantasy e sf che ha letto non l'hanno soddisfatto. Da li' si arriva a generalizzare che sia cosi' per tutti i giovani di tutte le epoche. A me m' pare 'na shtrunzata, come dicevano i 3tre - prima ancora di entrare nello specifico dell'argomento, trovo debole la logica alla base.
RispondiEliminaE' davvero un gran tema, il rapporto tra creatività, e consapevolezza della mortalità, ci sono da dire un'infinità di cose fondamentali. E le ha già dette praticamente tutte Damon Knight con lo stupendo racconto di fantascienza "Dio" (1957).
RispondiEliminaEhi Niccolò, tendo a concordare con te. Sarà mica grave? :-)
RispondiEliminaA mio avviso ci sono due aspetti (almeno!) da tenere presente: da lettori - consumatori di letteratura - noi tendiamo ad apprezzare le opere che ci pare sappiano parlare esattamente di quello che ci interessa, di ciò che in qualche modo soddisfa il nostro ego, di qualcosa in cui riusciamo a riconoscerci. Le opere insomma che ci raccontano quello che già crediamo di sapere. Da qui a identificare unicamente quest'aspetto come fondamentale il passo è breve, ma porta decisamente fuori strada. Piuttosto che allargare il campo delle possibilità di interazione con il prodotto artistico questo atteggiamento lo restringe: la semplificazione e la generalizzazione sono robe utili per la catalogazione dei nostri consumi, ma non sono certo gli strumenti migliori per allargare/modificare/approfondire la nostra visione del mondo. (stavo per scrivere Weltanschaung, ma non voglio di esagerare! :-))
Lo scrittore bravo, l'artista - contrapposto in questo caso al semplice artigiano - è quello che riesce contemporaneamente a soddisfare la brama di conferme del lettore e insieme ad allargare i suoi orizzonti. Ma 'sta cosa mi suona fin troppo banale e non credo che Sigurd non se ne renda conto.
Tutto il resto sono orpelli e fanfaluche! :-)
Ciao Alessandra, e benvenuta da 'ste parti.
Ohibò! "Dio" l'ho pure letto - era in un'antologia uraniesca di qualche anno fa - ma sai che non me lo ricordo proprio?
il tema comunque è interessante, ma non credo sia possibile esaurirlo. Almeno finché non si riuscirà a dare qualche certezza in più a concetti come creatività o mortalità :-)
Sono completamente d'accordo con quel che hai scritto, e dal momento che nessuno ci ha mai visto insieme (come i piu' attenti avranno gia' notato da tempo), e' giunta l'ora di svelare al mondo che siamo la stessa persona. :)
RispondiEliminaNoooooooo!!!
RispondiEliminaIl mondo non è ancora pronto per simili rivelazioni!
Grazie per l'invito, caro Iguana! e per la discussione molto interessante che state portando avanti tutti...
RispondiEliminaVorrei fare una piccola precisazione: avevo risposto già di là ad un altro anobiano, che mi aveva lasciato un feedback sullo stesso argomento facendomi notare lo "sbaglio" di Pynchon nel far di tutta l'erba un fascio: la fantascienza e il fantasy sono due discorsi ben distinti. Il fiore di Wells che un uomo porta dal futuro, come emblema di oggetto increato ma già dato, è forse una delle più belle metafore sul tempo e sulla mortalità che mi vengano in mente. Quindi Fantasy no, fantascienza sì è il mio motto :). Anche se, come direbbe Rulfo, non sono nemico dei generi; e il fantasy potrebbe meravigliarmi in potenza se solo lo leggessi ancora; il fatto è che mi ha annoiato, diversi autori mi hanno annoiato in verità, (e io non leggo per ampliare i miei orizzonti, ma per divertirmi e per godere, la lettura è un piacere fondamentalmente godereccio) e la vita, come saprete, non è tanto lunga...Poi chissenefrega di fantasy o fantascienza, io penso che nell'arte conti il genio. Punto. "Cos'ha da dichiarare?" chiesero a Wilde mentre entrava per un ciclo di conferenze negli stati uniti. Rispose laconico: "Solo il mio genio". Vero.
Sigurd
Sigurd: il fantasy ha annoiato mortalmente pure me. Ne feci una certa sbornia in teenage, accorgendomi poi di quanto fossero mediocri e clichettari tolkien-dipendenti la maggior parte degli autori. Infatti la fantasy realmente di valore secondo me e' quella estranea al filone post-tolkienista: Howard, Leiber, il Vance della Terra Morente e di Lyonesse, Moorcock. Qui e' fantasy dove la fantasia c'e' davvero! :) NEgli ultimi anni mi sono avvicinato, con ragionevole sospetto, a George RR Martin: l'ho trovato poi davvero bravo e meritevole di attenzione, se non lo conosci provalo.
RispondiEliminaGrazie del "benvenuta" :-)
RispondiEliminaRileggi "Dio", io non riesco a scordare l'inquietante verità che esprime sulla natura umana neanche quando vorrei.
Sempre sul tema, Pasolini diceva che la morte dà il senso ultimo della vita di un uomo, come è il montaggio a dare il senso ultimo di un film. Il "Final Cut".
@ sigurd: sai che alla fin della fiera mi viene da dire che il fantasy, con tutto l'apparato mistico/mitico/epico che solitamente si porta dietro è molto più adatto della sf a trattare di mortalità e affini? Certo la maggior parte del fantasy disponibile in libreria è dimenticabilissimo, ma quando ti capita di inoltrarti in storie come Dimenticato Re Godù, o anche nel bistrattato - da Pynchon - Signore degli Anelli (per non citare le escursioni nella mitopoiesi delle storie fantasy di McDonald, o di Holdstock - che a me non piace ma insomma… - o anche di Gaiman) ti ritrovi giocoforza in un contesto in cui le domande fondamentali tornano e ritornano continuamente (a volersele porre, ovviamente).
RispondiEliminaForse per questo non amo troppo il fantasy e preferisco le cose terra-terra? :-)
Riguardo le motivazioni alla lettura: allargare i propri orizzonti non è una delle cose più goderecce uno possa fare nella propria - breve - vita?
@ Niccolò: Forse anche Moorcock non starebbe male tra i fantasisti che citavo sopra. Per il resto gli autori che citi non mi hanno mai entusiasmato - nella loro versione fantasy almeno - anche se ricordo ancora con gran piacere i fumetti di Conan. Vale lo stesso?
Martin è chiaramente un altro discorso. Ma lì si viaggia nei territori dell'intrattenimento puro e semplice - per quanto ben fatto e intelligente. Roba insomma che il buon sigurd non mi pare apprezzi più di tanto.
@ Alessandra: Probabilmente quel racconto non mi ha colpito tanto quanto ha invece impressionato te, altrimenti credo proprio lo ricorderei. Non credo che questo abbia a che fare con la qualità della storia, piuttosto col semplice fatto che ognuno di noi rimane folgorato dalle letture più diverse. (pensa che in giro c'è perfino qualcuno che adora gente come Heinlein - ogni riferimento ai partecipanti toscani a questa discussione è assolutamente voluto - spero tu non sia toscana :-))
BTW io non credo che sia la morte a dare "il senso ultimo della vita di un uomo", credo che sia molto più interessante quello che viene prima. (e poi ricorda: la vita non ha senso.)
No, tranqullo Iguana - c'e' gente addirittura che impazzisce per Gibson, figurati! :) Strano pero', pensavo Leiber e Vance alle prese col fantasy ti piacessero. Non si finisce mai d'imparare! Martin intrattenimento... puo' essere, oppure c'e' dell'altro? Aspetto a essere cosi' definitivo.
RispondiEliminaIo citavo Pasolini per analogia col racconto, di mio non sono così Emo...sul Senso della Vita mi ispiro più ai Monty Python.
RispondiElimina@ Niccolò: oh… sia chiaro che a me il Martin delle Cronache piace un sacco: c'è tutto quel che serve per divertirsi con un libro.
RispondiEliminaLeiber & Vance in versione fantasy in realtà li conosco davvero poco.
(qualche racconto di Fafhrd & Grey Mouser e poco più). Il primo lo apprezzo molto in versione sf/orrorifica, il secondo non mi ha mai entusiasmato nemmeno in versione fantascientifica.
@ Alessandra: i Monty Python van sempre bene! :-)
m'inserisco senza preliminari: il montaggio di un film lo fai col materiale girato, per questo la frase di Pasolini secondo me è giusta.
RispondiEliminae poi: Sigurd, che legge per divertirsi e godere, lamenta l'assenza del tema della morte nello Hobbit. Non mi è chiarissimo il suo concetto di godimento :)
ecco fatto, tolgo il disturbo.
ciao ciao,
tam
Eheh simpatico il tuo intervento tam. In effetti hai ragione, ma io ho un modo tutto mio di divertirmi. Non mi diverto con le buffonate o i saltimbanchi (senza offendere nessuno, intendiamoci eh? tranne Tolkien); anzi ti dirò, più si fa seria la cosa più mi mette di buon umore e aumenta proporzionalmente il mio divertimento.
RispondiEliminaSig.
Io volevo solo dire che a 5 anni avevo una paura fottuta della morte, o meglio della morte dei miei cari, e ci pensavo spessissimo, quindi non è vero che ai bambini non frega niente, anzi.
RispondiEliminaPerò che cosa c'entri questo con la fantascienza o il fantasy, francamente, non l'ho mica tanto capito :)
Oh beh… Selene, a cinque anni non rientri ancora nella definizione di"giovin lettore", almeno secondo me.
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