22 ottobre 2011

consumati.abbandonati.recuperati



Ero qui che stavo sistemando delle cose sul mio Mac quando è saltato fuori questo vecchio progetto che risale a ormai quattro anni fa.  

Consumati.abbandonati.recuperati è nato grazie all'entusiasmo di un paio di compagni di strada flickeriani, che all'epoca misero in piedi una serie di appuntamenti fotografici presso un centro sociale piacentino.
L'evento si chiamava In Pixel We Trust e per me ha rappresentato una delle prime occasioni per mostrare le mie foto dal vivo, non più rinchiuse dentro un monitor ma in grandi dimensioni, proiettate su uno schermo.

All'epoca raccolsi qualche nota su quella serata al Pacio in questo post.
Da allora è passato un po' di tempo. La fotografia da gioco affascinante s'è trasformata in un'attività semi-professionale (se avete bisogno sapete dove trovarmi!), e i bei tempi di flickr sembrano essere ormai definitivamente andati.
Però mi dispiaceva lasciare questi vecchi file perduti nell'hard-disk e così, ecco qua:



19 ottobre 2011

Cronaca di una resa

OPG 20 by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Questo post avrebbe dovuto intitolarsi: Letture. Toxic@ di Dario Tonani, ma purtroppo non sempre le cose vanno secondo i nostri desideri.
Non vedevo l'ora di leggere il seguito di Infect@, tanto che appena acquistata l'ultima fatica dell'autore milanese l'ho messa subito in cima alla pila dei libri in attesa di lettura. In quei giorni ero ancora alle prese con A Dance with Dragons, ma non appena finito il volumazzo di Martin ho iniziato Toxic@ con grandi aspettative e la miglior disposizione d'animo possibile.

Il romanzo parte bene come il suo predecessore, ma poi, procedendo nella lettura, si incappa in tutta una serie di imperfezioni che tolgono via via ogni divertimento e rendono il lettore (questo lettore) sempre più ostile e disincantato nei confronti della sostanza stessa della narrazione.
E allora, per non fare un torto a Dario Tonani, che reputo persona per bene e scrittore capace, ho preferito mollare la lettura, che evidentemente abbiamo opinioni diverse su quel che oggi si può considerare buono e accettabile, si tratti anche solo di letteratura d'intrattenimento.

Spero per lui nel prossimo giro, che mi auguro abbia un trattamento (almeno una lettura preliminare!) più attento e accurato di questo Urania.

13 ottobre 2011

Letture. Fantascienza che fu: Female Man, di Joanna Russ.

Back to Tate by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Vedi cosa vuol dire la confezione? Senti la vocina del pregiudizio?
Female Man è un romanzo vecchio, puzza di ideologia, di femminismo militante, di quell'atmosfera grigia e opprimente che non posso fare a meno di associare agli anni '70. La copertina dell'edizione italiana, uscita nel 1989, quasi 15 anni dopo la pubblicazione originale, non aiuta certo a rendere il romanzo più attraente. Sebbene parecchie persone degne di fiducia me ne avessero parlato bene, l'ovvia conclusione è stata che io 'sto romanzo l'ho dimenticato in libreria per un sacco di tempo.
Poi è successo che Joanna Russ è morta, e beh… ricordarla attraverso la lettura del suo romanzo più conosciuto m'è parso cosa buona e giusta.

Female Man è un vecchio romanzo, ha un evidente contenuto politico, e sì, è indubbiamente straripante di personaggi femminili che si assumono il ruolo di protagoniste e agiscono e reagiscono, riflettono e pensano e discutono e cambiano. Però questo libro di Joanna Russ non ha nulla di grigio e opprimente e, se anche è stato scritto negli anni '70 del secolo scorso, è quanto mai attuale per contenuti, struttura, scrittura e ambizioni.

Female Man sfrutta il multiverso per fare incontrare tre donne provenienti da società piuttosto diverse tra loro. Questi personaggi, che diventano quattro quando si aggiunge la voce narrante dell'autrice, si trovano a relazionarsi tra loro e con il mondo di cui sono ospiti. Ci sono Jeannine, donna sottomessa e omologata di una Terra che non ha mai conosciuto la seconda guerra mondiale; Janet, donna libera e indipendente, originaria di Whileaway, una Terra in cui i maschi si sono estinti; Jael, donna guerriera, proveniente da un mondo in cui la battaglia tra i sessi sì è trasformata in guerra aperta; e infine Joanna, la narratrice, problematica quanto può esserlo una persona consapevole della condizione femminile a cavallo tra i '60 e i '70 del XX secolo.
Presentato in questo modo il romanzo appare quanto meno schematico, con in più tutti i rischi di didascalismo e pesantezza che una narrazione programmaticamente politica porta inevitabilmente con sé. Invece Female Man risulta sorprendentemente emozionante. Il racconto delle vicissitudini delle protagoniste, dei loro spostamenti da una realtà all'altra, dei loro incontri con gli uomini e le donne e le consuetudini sociali che caratterizzano le rispettive comunità, tocca tutti i registri espressivi e passa con facilità dal divertente al drammatico, dall'arrabbiato allo struggente, rimanendo sempre credibile e appassionato.

La struttura sofisticata e complessa del romanzo è parecchio diversa dallo standard cui il lettore di fantascienza è abituato: non c'è linearità spazio-temporale, c'è un continuo rimbalzare del racconto tra voci narranti diverse; non ci sono spiegazioni tecnologiche o scientifiche che possano meravigliare il lettore, ma c'è la consapevolezza dell'uso di convenzioni fantascientifiche consolidate (il multiverso, il viaggio transtemporale, l'invenzione sociale, utopica o distopica che sia) per distillare l'essenza delle idee che l'autrice pone al centro della sua narrazione. E c'è poi, questa sì meravigliosa, la scrittura  di Joanna Russ, capace di evocare con pochi tratti interi universi sociali, raccontando dei rapporti tra uomini e donne, delle gerarchie del potere, della connotazione profondamente sessista del nostro panorama senza indulgere in prediche o lamentazioni, ma giocando piuttosto con i contrasti e le aberrazioni di comportamenti e rapporti che sotto la sua lente fantascientifica emergono espliciti e percepibili più di quanto qualsiasi proclama sulla condizione femminile potrebbe mai riuscire a fare.

L'ambizione politica del testo della Russ è evidente sin dal titolo del romanzo. Nella definizione "Female Man" si dovrebbe trovare la formula semantica per ricollocare anche tassonomicamente l'essere umano femminile nel suo ruolo di Persona, mantenendo le connotazioni di genere che la distinguono dal Male Man, in un ruolo distinto ma paritario, non più ridotta a umile costola nel più vasto corpo dell'umanità. Del resto classificare gli umani in base a criteri arbitrari per poterli poi sottomettere e sfruttare è il gioco preferito del Potere. Rompere il giocattolo e mostrare come funzionano gli ingranaggi è il primo passo per esorcizzarlo. Female Man è un'ottimo romanzo e un grimaldello altrettanto valido per scardinare le illusioni che circondano il nostro agire quotidiano.

06 ottobre 2011

Super 8


J.J. Abrams è un discendente in linea diretta della stirpe dei Lucas, dei Zemeckis, dei Cameron. Proviene dallo stesso stampo, batte gli stessi sentieri: è un tecnico, un imprenditore, un uomo con una visione. Ha studiato, ha visto un sacco di film, ha le idee chiare. La sua carriera si fonda sul credo condiviso della fabbrica dei sogni: quel mondo a parte in cui il dollaro sposa la passione e poi la sfrutta per riprodursi incontrollatamente. La sua produzione lo rende il tipo di cineasta perfetto per Hollywood: inquietudini sotto controllo, emozioni primarie, storie popolari.

E i suoi film funzionano.
Vedi Super 8: i tempi della narrazione sono perfetti, la messa in scena semplice e diretta, i personaggi immediatamente riconoscibili, ognuno a contribuire con la sua brava dose di cliché e identità e identificazione, gli effetti speciali sfolgoranti e ben dosati, una serie di linee narrative che raggiungono ognuna la sua brava conclusione. Cosa chiedere di più?  

Super 8 è l'ennesimo film di pseudo-fantascienza (quel pseudo lo rivediamo più avanti) che con la scusa dell'alieno ci racconta la classica vecchia storia di lutto e redenzione, fine dell'infanzia e amicizia imperitura. Super 8 funziona alla grande perché non fa mai finta di essere altro da quello che è, perché limita improbabilità e incongruenze alla prima mezzora di storia, collocandole comunque sempre marginalmente alla narrazione primaria, perché sfrutta ogni secondo di tutto l'immaginario cinematografico degli ultimi decenni per scavarsi una nicchia comoda comoda negli occhi dello spettatore e in questo modo rassicurarlo, coccolarlo, farlo sentire a casa.

In Super 8 non c'è un solo istante in cui si lasci spazio al dubbio, all'ansia o all'inquietudine: sobbalziamo al momento giusto e sorridiamo in quello successivo, ci schieriamo con i buoni e facciamo il tifo contro i cattivi, arriviamo addirittura a comprendere il mostro, che quando finalmente ci guarda con quegli occhioni da ET riesce perfino a farsi perdonare antropofagia e distruzione.  

Super 8 è l'arma definitiva per uccidere qualsiasi pretesa di indagine del futuro possa avere ancora il cinema di fantascienza. Ne avevo già parlato in questo post: cosa c'è di più significativo che collocare un tema fondante il genere come quello del primo contatto in un contesto nostalgico come quello confezionato da J.J. Abrams?
Del resto la meraviglia e il mistero del film sono tutti nel rapporto tra i giovani protagonisti, nei turbamenti dell'età, nel fascino del cinema dentro il cinema, Non sono mai mai mai nella vicenda dell'alieno, che si ritrova ridotto alle dimensioni narrative di un MacGuffin con le zampe (e gli occhioni! guai a dimenticarsi gli occhioni!), buono solo a muovere la storia, senza alcuna caratterizzazione, dei modi o delle priorità, che lo distingua da un qualsiasi anonimo reduce che tenti un ritorno a casa in campo nemico, Di certo a me è parso più vicino a un Rambo - con ancor meno personalità - che a qualsiasi personaggio fantascientifico abbiate avuto la ventura di riconoscere nella sua ascendenza, da Predator a Wall-e, per non citare solo i parenti più prossimi. (*)

A J.J. Abrams va riconosciuto il merito di aver confezionato una pellicola capace di sbalordire, intrattenere ed emozionare quel branco di tredicenni che abbiamo accompagnato a vedere il film. Beati loro che non possono ancora fare confronti, e si possono godere 'sto genere di film per la prima volta!
Noi ci siamo comunque divertiti, con quella punta di rimpianto e qualche senso di colpa, che ormai godersi lo spettacolo non è più condizione sufficiente per riuscire ad amare questo genere di film.

* Per approfondire questo aspetto del film consiglio la lettura del post che il Grande Marziano ha dedicato a Super 8.

04 ottobre 2011

Ciao, Vic.

Foto di Iguana Jo
Stamattina Vittorio Curtoni ci ha lasciato.
Per chi non lo conosceva basti dire che Vittorio Curtoni è la persona che ha contribuito forse più di tutti - almeno nella sua generazione - a fare e trasformare la fantascienza in Italia. 

Del Vic mi rimarranno il ricordo del sapore inconfondibile dei suoi messaggi, nei primi anni della mia vita in rete. E poi le chiacchierate fatte per strada a Piacenza e le cene. Il fuoco della sua personalità, ingombrante e luminoso, la sua voglia di godere, che la vita è breve, la sua passione, il suo pessimismo, condito con la curiosità e la vitalità di un ragazzino.

Per come l'ho conosciuto io, il Vic era uno scomodo, uno incazzoso, uno che giudicava in fretta (a volte anche troppo), uno pronto a schierarsi, a dare tutto per difendere gli amici. Un uomo smisurato e affascinante, divertito e divertente. Vittorio Curtoni era sempre in bilico tra il suo ruolo storico, quasi istituzionale, di direttore di Robot  e quello di fan appassionato, pronto a incendiarsi quando si dibatteva di romanzi e autori, di fantascienza italiana o di cinema americano. Questa sua incapacità di rimanere nel ruolo che gli altri gli ritagliavano addosso era forse il tratto più genuino e inconfondibile di Vittorio.

Ora che se ne è andato, ora che non c'è più, siamo tutti più poveri, che nonostante tutte le parole spese, tutte le discussioni o le incomprensioni, Vittorio Curtoni era e resta un uomo d'onore, come il suo grande amico Ernesto Vegetti, e ce ne sono sempre meno in giro.

Spero ci sia un bicchiere di quello buono ad attenderli, ovunque siano adesso.

28 settembre 2011

Fantascienza in Italia. Quello che non c'è.

Foto di Iguana Jo
Nello spazio commenti dell'ulitmo post, Vanamonde chiede:
"…secondo voi che cosa manca di più alla fantascienza italiana in Rete? 
Quali sono le aree che un nuovo sito fantascientifico dovrebbe coprire, e che non sono già coperte da fantascienza.com? 
Personalmente a me piacerebbe vedere un sito che avesse una maggiore inclinazione verso la fantascienza letteraria e, in particolare, un atteggiamento critico più severo, senza cadere in eccessi "gamberettistici" ma anche riconoscendo il fatto che la maggior parte della fantascienza italiana che si pubblica è di qualità insoddisfacente. 
 Mi ha sorpreso però di recente un amico, appassionato di fantascienza della zona di Roma, che mi ha detto che per lui e i suoi amici fantascienza.com è troppo serioso e spocchioso, e che a loro piacerebbe un sito più goliardico e caciarone! 
Posso chiedere la vostra opinione?"

Nell'attesa di leggere qualche altra opinione, ecco la mia.

Non potrei essere più d'accordo con Vanamonde.
Fantascienza.com fa un ottimo lavoro per quanto riguarda l'informazione: non c'è praticamente nulla che si muova sulla superficie del mondo fantascientifico internazionale che sfugga ai radar della loro redazione.
Quel che manca - e non solo nella corazzata delosiana, ma nella rete nel suo complesso - è uno spazio critico degno di questo nome dedicato alla produzione fantascientifica nazionale e internazionale.

Quest'assenza del resto non mi stupisce. Dando un'occhiata a quella manciata di luoghi dove la fantascienza gode ancora di un certo apprezzamento mi sono reso conto che a essere interessati al genere siamo davvero in pochi.
All'esiguità del numero va poi aggiunta una caratteristica precipua del frequentatore del genere: nella maggioranza dei casi infatti chi si occupa di fantascienza pare più interessato a scriverla, piuttosto che a leggerla.
Il che crea un curioso cortocircuito.
Dando per scontato che - salvo eccezioni - nella letteratura di genere sia impossibile ottenere buoni risultati senza una costante e assidua frequentazione dello stesso, in Italia ci troviamo al paradosso che pur essendoci pochissima disponibilità di testi, si ha al contempo una produzione enorme (per le dimensioni circoscritte della scena locale) di fantascienza scritta mandata poi allo sbaraglio.

Dal mio punto di vista - che ripeto a scanso di equivoci, è solo quello di un lettore convinto delle potenzialità del genere -  è evidente come non ci possa essere alcuna evoluzione del movimento fantascientifico nazionale senza una contemporanea crescita delle capacità critiche di tutti i soggetti interessati (lettori, autori, appassionati, editori). Per sviluppare una qualche competenza critica sarebbe però necessario consumare un quantitativo di fantascienza di qualità, che qui da noi semplicemente manca, per poi iniziare a confrontare la produzione nazionale con gli standard dettati dai maestri del genere.
In altre parole: come si fa a scrivere buona fantascienza senza avere della buona fantascienza da leggere? E come si può giudicare la buona fantascienza se si ha a disposizione solo un quantitativo miserevole di quanto di buono viene prodotto ogni anno nel resto del mondo?

Non so come si possa uscire da questo circolo vizioso. Non so nemmeno se sia possibile, abituati come siamo ad accontentarci, a distribuire complimenti agli amici ed ignorare tutti gli altri, tanto da arrivare addirittura all'autocensura, per il timore di tagliare quei pochi ponti che ci legano al resto dell'asfittica scena locale.
O precipitando fino all'eccesso opposto, per cui si pontifica e si insulta, si distrugge e si massacra, avendo del tutto perso di vista quello che dovrebbe essere il fine ultimo dell'attività del lettore.

23 settembre 2011

Fantascienza in Italia. Facciamo l'appello?

Foto di Iguana Jo
Nelle ultime settimane non sono stato molto presente in rete. Per questo motivo ho scoperto solo all'ultimo la serie di post che Angelo Benuzzi ha dedicato alla scena fantascientifica italiana. L'obiettivo di Angelo è piuttosto ambizioso: rilanciare la letteratura di fantascienza in Italia.

Per raggiungere lo scopo ha lanciato un concorso per la creazione di un marchio e di uno slogan che riassumano e simboleggino l'idea di una fantascienza italiana. Nell'idea di Angelo marchio e slogan rappresentano il primo passo del progetto. Il secondo sarà la creazione di uno spazio dove tutti, lettori, appassionati, autori, editori,  potranno incontrarsi e discutere del nostro genere preferito.

Frequentando ormai da qualche anno l'ambiente fantascientifico nostrano ho fatto presente ad Angelo che in rete esistono già parecchi luoghi dove poter parlare più o meno liberamente di fantascienza e dintorni. Dopo aver postato quel commento c'ho però pensato un po' su e mi son chiesto: ma dove sono tutto 'sti spazi dedicati alla fantascienza? Siamo sicuri che esistano o le mie sono solo supposizioni basate su qualche beata speranza, se non proprio sul nulla?

Mi sono guardato un po' intorno tra le pagine che frequento abitualmente e mi sono reso conto che di fantascienza, soprattutto di fantascienza scritta, se ne parla proprio pochino.

Per questo chiedo il vostro aiuto.
Riusciamo insieme a stendere un elenco di tutti i siti dove si può parlare liberamente di letteratura fantascientifica in Italia?

I link che seguono sono quelli che conosco io. A parte i primi due, gli altri son tutti blog. 
Provvederò ad aggiornare il post man mano che me ne suggerirete altri.



Ten Forward
Il forum di Fantascienza.com, probabilmente il sito italiano più importante per gli appassionati del genere fantascientifico.Non so che aria si respiri da quelle parti. Salvo qualche sporadica visita non ho mai frequentato i forum, ne questo ne altri.
Non ho idea quanto questo tipo di sito corrisponda a quello che ha in mente Angelo.

Fantascienza Mailing List (FML)
Mailing List storica del fandom italiano. Frequentata da molti operatori professionali e da appassionati. La seguo dal lontanissimo 1997 e nel corso del tempo ha subito parecchi mutamenti, nell'atmosfera, nei discorsi, nelle persone che la frequentano. È comunque un luogo d'incontro che per me mantiene una certa importanza. Affettiva, se non altro. 

Strategie evolutive
Scoperto grazie a google (termine di ricerca "fantascienza"), il blog di Davide Mana è ormai diventata una tappa obbligata dei miei giri in rete. Dalla paleonotolgia alla singolarità, Davide è capace di scrivere un post interessante, documentato e piacevole su qualunque argomento!

Uno strano attrattore
Giovanni De Matteo è stato uno dei primi autori di fantascienza italiana con cui mi sono trovato in sintonia. Abbiamo percorso una parte del cammino insieme, collaborando nella realizzazione di qualche progetto. Vediamo spesso le cose in modo diverso, ma proprio per questo il suo blog  rimane per me un punto di riferimento. Consigliato a chi ama le buone letture e la fantascienza più sensibile al cambiamento.

Variabili futuribili
Vanamonde è un vecchio amico dai bei tempi della lista (vedi sopra), vorrei solo aggiornasse più spesso il suo blog che di cose interessanti da dire ne ha davvero molte.

Nocturnia
Nick ha esordito in rete da poco tempo, ma s'è già costruito un pubblico fedele e affezionato. Merito del suo approccio sempre disponibile, della sua costanza e del contenuto dei suoi post. La fantascienza non è forse tra gli argomenti principali di Nocturnia, ma è ben presente tra i contenuti del blog.

Allontaniamoci da Omelas
Il blog di Vincenzo Oliva non è aggiornato ormai da parecchi mesi, ma vale comunque una visita per le approfondite analisi di autori ed opere che arricchiscono le sue pagine.

Unknown to Million 
Il blog di Piscu s'è ritagliato nel corso del tempo sempre più attenzione e autorevolezza per l'attenzione che dedica alla fantascienza scritta. Il suo è uno dei pochi siti che frequento in cui le recensioni di testi di genere sono una costante. 

Angelo Benuzzi
Appena scoperto, m'è piaciuto per l'entusiasmo che ha messo nella sua iniziativa. Sto esplorando il suo blog in questi giorni, ma già dai primi contatti  mi pare molto interessante.

Ci sono poi una serie di blog, o meglio, una serie di persone blog-munite, che so essere molto vicini alla fantascienza (in ordine sparso Sekhemty blog , Riflessi genuflessiIl blog sull'orlo del mondo , Ferruccio Gianola ). Non li seguo con la costanza che meriterebbero, ma anche nei loro spazi è molto facile trovarsi a scambiare qualche chiacchiera sul nostro genere preferito.



Aggiornamento (26 settembre 2011)
Qui di seguito  altri luoghi e spazi dove è possibile parlare di fantascienza. Grazie a tutti per le segnalazioni.


it.cultura.fantascienza
Il newsgroup dedicato alla fantascienza è unavecchia conoscenza. C'ho trascorso qualche anno in buona compagnia, prima del tramonto di usenet. Ora è parecchio tempo che non ci passo più, sono felice di scoprire che è ancora vivo e vegeto. (Grazie a Paolo per la segnalazione.)

Fantascienza e… Dintorni
Non conoscevo - mea culpa! - il blog di Francesco Troccoli. Vedrò di esplorarlo come si deve! (Grazie a Ferruccio per la segnalazione.)

Su aNobii, è possibile trovare qualche gruppo dedicato alla fantascienza. Piscu mi segnala Fantascienza in Italia e Urania Mondadori, che nonostante il nome è gestito da appassionati, non direttamente dalla casa editrice.
E visto che si parla di aNobii, ne approfitto per segnalarvi qualche utente che recensisce spesso e volentieri opere fantascientifiche: Klytia (romanzi in inglese, spesso nuove uscite. Condivido moltissimo di quel che scrive), Giovanni dell'Orto (parla spesso di fantascienza, Urania per la maggior parte. Non sono sempre d'accordo col suo punto di vista, ma mi pare comunque degno d'attenzione), Kluge (una vecchia conoscenza di usenet, nelle sue pagine c'è quasi solo fantascienza), figura4 (altra buona dose di fantascienza, novità e classici).



Aggiornamento (27 settembre 2011)


Supernova Express e Nexian
Rispettivamente il blog e il forum cui fa rferimento il movimento Connettivista. Da qualche tempo piuttosto silenziosi, ma questo non significa che siano scomparsi.  (Grazie all'anonimo commentatore che me li ha ricordati.)

Kipple.it
Il blog di Kipple Officina Libraria è dedicato alle produzioni della casa editrice, ma dedica anche spazio all'informazione fantascientifica. (Grazie all'anonimo commntatore per la segnalazione.)    
Della stessa sostanza di cui sono fatti i totani
Un blog di gruppo che riserva molto spazio a fantascienza e dintorni. Altro spazio di cui avevo già sentito parlar ma che non ho mai frequentato assiduamente. Da approfondire. (Grazie all'anonimo commntatore per la segnalazione.)





Aggiornamento (7 ottobre 2011)


Ho provveduto a spostare l'elenco (con qualche modifica e integrazione) in una pagina apposita: Fantascienza in Italia.

Ogni ulteriore suggerimento per migliorare pagina e/o contenuti è come sempre il benvenuto.

21 settembre 2011

Il Grinta

True Grit : un western pour les frères Coen by El Allaoui Omar
Originally posted by El Allaoui Omar on Flickr.
Il cinema di Joel ed Ethan Coen mi lascia sempre spiazzato. Dai loro film non so mai cosa aspettarmi, in bilico come sono tra cinismo raccapricciante e dolcissima compassione. Una cosa è certa, ci sono ben pochi registi capaci della loro perfezione formale. Una perfezione che per quanto abbassi costantemente la temperatura delle loro pellicole di una buona decina di gradi, permette loro di trascendere costantemente i limiti del cinema di genere con cui sempre più spesso si cimentano.

I fratelli Coen sono la banda del buco del cinema americano. Lavorano lontano dalle luci della ribalta e scrivono con pazienza dettagliati piani che li portano a scardinare col minimo rumore e il massimo del risultato le fondamenta stesse su cui si fonda Hollywood. Il talento nella scrittura di sceneggiature a prova di bomba va alla pari con l'abilità nella direzione degli attori. che mai come nei loro film recitano fuori dai cliché in cui si è soliti riconoscerli, offrendo spesso ulteriori suggestioni allo sguardo dello spettatore.

La doppia paternità dei film dei fratelli Coen serve forse a spiegare la dimensioni parallele in cui si muove il loro cinema. Vedi ad esempio l'alternanza tra commedie e film drammatici o la costante dicotomia autistico/surreale che mi pare sia una costante della loro filmografia.
Io credo che un'altra possibile chiave di lettura, capace di distinguere l'abbondante produzione dei due cineasti americani in due filoni principali, sia quella del rapporto tra autori e personaggi.
Non so quanto questa suddivisione possa avere senso, ma quando ho visto Il Grinta, uno delle cose che mi ha colpito di più è stato l'incondizionato affetto (non saprei come meglio definirlo) che gli autori hanno riversato sui loro protagonisti. È affetto targato Coen, quindi nulla di melenso o melodrammatico, ma è innegabile l'occhio di riguardo con cui vengono tratteggiate le personalità di Mattie Ross, la testarda ragazzina in cerca di giustizia, di Cogburn, il cocciuto cacciatore di taglie, perfino quella del ranger LaBoeuf. I limiti caratteriali che in altre pellicole della coppia avrebbero condotto alla rovina ognuno di questi personaggi, ne Il Grinta salvano loro la vita. La violenza cinica e spietata, caratteristica principe di buona parte del cinema dei fratelli Coen, si rivela in questa pellicola quasi misericordiosa, e comunque giusta.

Mi sono chiesto se questo aspetto rendesse in qualche modo diverso Il Grinta. Se quest'attitudine nei confronti dei personaggi rappresentasse un cambio di prospettiva nel cinema dei fratelli Coen. Non ho visto tutti i loro film, ma se ripenso a un paio degli ultimi (in particolare a Non è un paese per vecchi o ancor di più a Burn After Reading) mi pare evidente la scarsa considerazione che gli autori sembrano nutrire rispetto ai protagonisti di quelle pellicole.
D'altra parte personaggi come il Lebowsky del film omonimo e l'Ulisse di Fratello dove sei. la poliziotta Marge di Fargo, fino all'indimenticabile Hi di Arizona Junior, sono soggetti che grazie alla loro amabilità salvano il mondo, rendendo in qualche modo tollerabile anche quel cinismo che è la chiave principale e - per me - l'unico limite del cinema dei fratelli Coen.
Il giochino protagonista buono/protagonista cattivo può essere applicato pedissequamente a tutti i loro film: da una parte quelli i cui personaggi sono spregevoli sfigati pronti a tutto, dall'altra… beh… dall'altra uguale, con la differenza che in questo caso gli sfigati vengono osservati con occhio tollerante, rendendo complici gli spettatori dei loro medesimi difetti.
Dopotutto che differenza c'è tra il personaggio di Brad Pitt in Burn After Reading e l'Hi di Arizona Junior? O tra Il grande Lebowsky e L'uomo che non c'era?
Forse c'è la stessa differenza che passa tra un cinismo che diventa scelta di vita e quello che si limita a farsi strategia di sopravvivenza.
Una tenue barriera al dolore del mondo.

15 settembre 2011

september is welcome

september is welcome by Massimo Tomasello
A photo by Massimo Tomasello on Flickr.

Tra le altre cose Massimo era un gran fotografo.
Il suo talento non stava tanto nella competenza tecnica quanto piuttosto nell'occhio e nel cuore che metteva nei suoi scatti.
Tra tutte le sue foto forse questa è quella che preferisco.
La altre le trovate qui e qui.

13 settembre 2011

Massimo

Son giorni che sono sommerso di lavoro, che rimando e rimando sia le risposte ai commenti che gli aggiornamenti del blog, che non riesco nemmeno a fare due passi nel web per tirare un attimo il fiato e vedere cosa combinano gli amici.
E poi ti arrivano notizie che proprio non vorresti ricevere, che ti lasciano incredulo e svuotato, che ti segano le gambe e ti mozzano il respiro.

Massimo se n'è andato.
Qualche giorno prima del suo quarantesimo compleanno. Un arresto cardiaco, mi dicono.

Non so se è giusto parlarne pubblicamente, ma chi se ne frega. Ho conosciuto Massimo in rete, è qui che lo voglio ricordare.

Ci siamo incrociati ai bei tempi di flickr, quando eravamo giovani e ingenui (ehi, è successo solo una mezza dozzina d'anni fa. Sembra una vita…) e imparare qualcosa di nuovo sulla fotografia ai tempi del digitale era tra le cose più entusiasmanti stessero succedendo intorno a noi. Non era solo vedere la qualità delle nostre immagini crescere esponenzialmente, era l'entusiasmo che nasceva dal conoscere persone nuove, persone interessanti, persone capaci di arricchire la tua vita anche solo con la loro presenza dall'altra parte del monitor.

M.10 era il nostro amico ufo. Un siculo trapiantato a Copenhagen, un uomo di teatro, un vagabondo e un rubacuori. Quando alla fine ci siamo incontrati, una sera, da noi, mentre lavorava a un progetto teatrale a Bologna, è stato amore a prima vista. Uno di quei rari incontri in cui senza essersi mai visti prima, sembra di conoscersi da sempre, di condividere un qualche segreto percorso comune. (Che poi con Massimo era facile, tanto era affabile e brillante e gentile).

Dopo quella volta ci siamo rivisti in un'altra manciata d'occasioni. Una volta a Bologna, a vedere lo spettacolo di cui era regista, un'altra volta s'è fermato qualche giorno a casa nostra, e abbiamo festeggiato il suo compleanno insieme a quello di Jacopo.

Nel frattempo gli anni son passati. Anni difficili, una trasferta piena di speranze a New York, un'incredibile serie di lutti, un matrimonio esploso nel nulla, e poi l'esperienza nel deserto e Parigi e chissà quanti altri luoghi lungo la strada.
Massimo non era uno che mollava. L'ultima volta che ho parlato con lui è stata al telefono. Era in Sicilia, dopo la scomparsa di suo padre. Era rimasto solo, ma seppure abbattuto l'avevo sentito comunque alimentare una speranza, con nuovi progetti all'orizzonte, altri viaggi, altri incontri. Stringere i denti e tirare avanti, alla faccia di chi ci vuole male, disponibile alla scoperta, con un sorriso sempre pronto.
Massimo aveva troppa vita addosso e non riusciva a trattenerla, a fermarla, a godersela. Non sono mai riuscito a capire se il suo continuare a muoversi fosse sinonimo di fuga o fosse invece la base per un'inesauribile ricerca. Forse entrambe le cose, forse nessuna delle due. Spero che negli ultimi tempi avesse qualcuno vicino, spero che ora sia in pace.

Ciao.

31 agosto 2011

L'economia rotola

Once We Danced 09 - Hang 'Em High by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Mi scrivono sulla FML "fa caldo, l'economia rotola, e tu hai ancora tutta questa voglia di fare "qualche osservazione" su Robot?"

Normalmente non spenderei due secondi a rispondere a 'sto simpaticone. Ma a quanto pare non viviamo ormai da un po' in tempi normali.

È vero, caro amico di mailing list, che fa caldo, che l'economia rotola, il mondo vacilla e il baratro si avvicina.
Ma io non sono un politico. Non sono un'opinionista, né un economista, né un giornalista. Non sono esperto di nulla.
Certo, potrei aggiungere la mia voce al coro rabbioso che monta in queste ore in giro per la rete, ma la cosa più preziosa che ho è il tempo, e non ho nessuna intenzione di sprecarlo stando qua a piangere e frignare e lamentarmi di quei cattivoni che ci governano.
Se cerchi informazione, analisi e commento, ci sono mille mila luoghi dove trovarli, anche qua a fianco, tra i miei vicini di blog.

Io più che scattare qualche foto e star qua a chiacchierare di fantascienza non sono capace. Questa è l'unica strategia di resistenza che sono riuscito a inventarmi.
Mi spiace averti deluso, ma oh… puoi sempre andare affanculo da qualche altra parte.

30 agosto 2011

Letture. Robot 57, 58, 59, 60 - Seconda parte

Illustrazione di Stephan Martiniere dalla copertina di Robot 57.

Spesi nel post precedente i miei due cent sull'offerta saggistica di Robot, rimane da annotare la componente narrativa della rivista.
Da qualche numero tale proposta si è assestata su una formula standard: due/tre tra romanzi brevi e racconti di provenienza anglosassone, il resto dello spazio a disposizione della produzione nostrana, con il recupero retrospettivo di un autore tra quelli che han fatto la storia del genere in Italia.
Nei numeri di Robot presi in considerazione in questo post la qualità media generale mi pare sia leggermente cresciuta rispetto a quelli precedenti (vedi qui per tutti post che dedicano qualche spazio alla rivista), ma forse più per merito dell'eccezionalità del singolo racconto che per un innalzamento distribuito della qualità della narrativa pubblicata.

Nello specifico il numero più debole del quartetto è il 57, che propone come piatto forte un romanzo breve di Lois McMaster Bujold, in verità piuttosto sciapo, le cui tematiche, che sfiorano quel che a me è parso un velleitario autobiografismo, si collocano ad anni luce dalla verve e dal fascino dei suoi romanzi.
Tra i vari racconti (di Alberto Cola, Lanfranco Fabriani, Robert Reed, oltre al curioso recupero di un pezzo di preistoria anarco-sindacalista di un tal Han Ryner, autore per me del tutto sconosciuto) quel che ho apprezzato di più è La danza degli spiriti, di Douglas Smith, che con i suoi spiriti dei boschi e compagnia ecologico-militante assortita non spicca certo per originalità. Eppure il racconto fila dritto come un treno, merito di una buona caratterizzazione dei personaggi e di un plot semplice ma ben strutturato.

Nel numero 58 si percepisce bene la distanza tra la miglior fantascienza anglosassone e quella italiana. Accostare a distanza di poche pagine un autore premio Urania ad uno premio Hugo non lascia molte speranze sulle capacità nostrane di esprimere fantascienza ad alto livello.
Se poi il premio Hugo in questione è Ted Chiang, con un racconto, Respiro, che è spettacolare per ambizione e prospettiva, beh… non sono solo gli scrittori italiani a doversi inchinare alla maestria dell'autore americano.
In effetti nessuno dei nomi presenti nel volume è all'altezza di Chiang: se Adriana Lorusso, Francesco Verso e Giulio Raiola sono lontanissimi, nemmeno Shelly Li ci fa una gran figura, mentre Mike Resnick raggiunge la sufficienza con un racconto che riprende uno standard classicissimo (il negozio fatato) svolgendolo con piglio deciso e professionale.

Robot 59 parte con un romanzo breve di Lucius Shepard: Radiosa stella verde che non aggiunge granché alla lunga e onorata carriera del suo autore.
Decisamente meglio Storia Illustrata del ventesimo secolo di Kim Stanley Robinson che chiude il volume. Il racconto di Robinson, scritto nel 1991 è un piccolo capolavoro (mi piacerebbe davvero sapere come un racconto simile sia giunto all'attenzione del curatore di Robot, a vent'anni dalla sua prima pubblicazione), capace di unire l'angoscia dello scienziato di fronte al dramma della Storia alla vicenda personale di un uomo messo di fronte alla più pura essenza dell'esistenza.
Tra i due autori americani si collocano tre racconti italiani, di Vittorio Catani, Paolo Aresi e Sandro Sandrelli. Se quello di Sandrelli doveva apparire derivativo già al momento della sua uscita, nel lontano 1963, quelli di Catani e Aresi ricalcano temi e situazioni già lette e rilette, ma svolte, almeno nel caso di Catani, con indubbia carica e passione. Se solo Catani riuscisse a svicolare dall'obbligo dell'impegno ideologico a tutti i costi che anima e al contempo frena la sua narrativa, potrebbe davvero ambire a essere la voce forte e autorevole di cui la nostra fantascienza sembra avere tanto bisogno.

Nel numero 60 di Robot è possibile finalmente trovare un racconto italiano che non ha nulla da invidiare a quelli provenienti dal mondo anglosassone. Mi riferisco a Gli ultimi giorni di Bassavilla, di Danilo Arona.
In passato non ho mai apprezzato l'opera dell'autore piemontese. Lasciando da parte la curatela di Bad Prisma, quella manciata di racconti letti non mi avevano mai convinto del tutto. Invece ne "Gli ultimi giorni di Bassavilla" c'è tutto quello che apprezzo in una bella storia: un'idea in grado di svelarsi progressivamente, personaggi e ambienti credibili, atmosfera resa magistralmente, una tecnica narrativa messa al servizio della storia e soprattutto un controllo sopraffino della scrittura.
Credo sia la prima volta (forse m'era capitato con il racconto di Francesco Rinaldi nel numero 42, ma allora non c'era la concorrenza degli autori stranieri) che mi capiti di leggere su Robot un racconto italiano davvero memorabile. E dire che in questo stesso numero erano presenti il vincitore del premio Hugo Eugie Foster e l'ottimo Guida marziana per gli Escursionisti di Ruth Nestvold, piccolo, freddo, divertito e agghiacciante racconto di sopravvivenza marziana.
Al confronto i pur buoni racconti di Dario Tonani e Francesco Dimitri, che in altri numeri di Robot avrebbero brillato di luce propria, paiono semplicemente buoni, mentre è forse il caso di sorvolare su Choukra, di Nicoletta Vallorani, che con la sua retorica, sospesa tra il patetico e il lamentoso, è l'unico episodio davvero sbagliato del volume.
Il compito di concludere questo Robot è affidato al sempre professionale Mike Resnick, stavolta in coppia con Lezli Robyn, che con Anime Gemelle chiude in modo dignitoso il volume.


27 agosto 2011

Letture. Robot 57, 58, 59, 60 - Prima parte

Inizialmente questo post doveva contenere solo una serie di annotazioni sui racconti contenuti negli ultimi numeri. Poi le cose mi sono sfuggite di mano e visto la lunghezza spropositata raggiunta dal testo (almeno per i miei standard) ho pensato bene di dividerlo in due parti.
In questa prima parte si tratterà della componente non narrativa di Robot. Nella prossima seguiranno alcune note sui racconti contenuti nei quattro numeri presi in considerazione.



Illustrazione di Stephan Martiniere dalla copertina di Robot 56.

Negli ultimi mesi ho cercato di rimettermi in pari con la lettura di Robot. Non ci sono ancora riuscito: qualche settimana fa è uscito il numero 63. Sono comunque arrivato al ventesimo numero della nuova edizione della rivista diretta da Vittorio Curtoni e venti mi pare un buon numero per poter fare qualche osservazione sul progetto editoriale che caratterizza Robot.

Non ho molti dubbi: Robot è la miglior rivista di fantascienza edita in Italia. Lo so, vi leggo nel pensiero (ad alcuni di voi, perlomeno), vi state chiedendo: e Urania?
Urania ha smesso di essere una rivista (se lo è mai stata) un sacco di tempo fa. Ora è una collana di volumi di fantascienza da edicola con qualche articolo messo lì, se c'è spazio, a fare a da tappabuchi.
Robot è invece una pubblicazione che propone, insieme a una buona quantità di narrativa breve, articoli, saggi e interviste che coprono tutta l'estensione dello spettro della produzione fantascientifica internazionale: dalla letteratura al cinema, dalla televisione ai fumetti, dalle fanzine ai giochi.

Definire Robot la "miglior rivista di fantascienza in Italia" è comunque gioco facile. Come sappiamo bene, nel settore non c'è una gran concorrenza. E se è vero che Robot è curata in modo professionale, è anche vero che tra la messe di parole a tema fantascientifico presenti in ogni numero, faccio fatica a trovare articoli che si dimostrino effettivamente interessanti, specie riguardo a letteratura e cinema, che sono poi gli argomenti di cui leggo più volentieri. Quel che lamento non è tanto una mancanza di interesse verso questi argomenti, tutt'altro. Quel che mi pare piuttosto criticabile è l'approccio e il taglio scelto per presentarli ai lettori.

In effetti Robot dedica molto spazio alla fantascienza cinematografica e letteraria.
Le pagine dedicate al cinema sono di solito dedicate a interviste (piuttosto debolucce) ad attori e registi e alla presentazione di pellicole in uscita. Se le prime possono destare una qualche curiosità, delle seconde si potrebbe fare a meno, visto l'insuperabile concorrenza della rete per ciò che riguarda la mera informazione. Quel che manca del tutto è uno spazio critico di approfondimento, o almeno un tentativo di analisi più argomentata, su singole pellicole o argomenti legati al cinema fantascientifico. Un po' come gli articoli che Roberto Taddeucci dedica - sempre su Robot - a singole serie televisive.

Per quanto riguarda la fantascienza letteraria la questione è diversa, e qui temo entrino in gioco più gli interessi personali che non l'effettivo peso delle proposte di Robot. Per farla breve, trovo che l'attenzione che la rivista dedica alla fantascienza declinata al passato, per quanto meritoria, ben poco abbia a che fare con quel che la fantascienza è diventata, qui e ora, anno 2011. Gli articoli di Giuseppe Lippi, o quelli firmati da Salvatore Proietti, sono notevoli esempi di approfondimento. Che trattino di singoli autori, di particolari tematiche o periodi, leggerli è comunque molto istruttivo. Mi piacerebbe che la stessa attenzione fosse dedicata a temi, autori, romanzi scritti negli ultimi anni, piuttosto che durante il secolo scorso. E invece per quel che riguarda il presente ci si deve accontentare di articoli che riassumo, elencano o al massimo accennano, al vasto calderone fantascientifico odierno.

Temo però che questa attenzione al passato sia un po' una scelta obbligata per la redazione della rivista.
Chi legge Robot? Chi sono i lettori di fantascienza in Italia? Frequentando ormai da qualche anno l'ambiente la mia percezione è che gran parte del pubblico italiano di fantascienza sia formato da lettori fondamentalmente nostalgici. Lettori ben oltre la mezza età, pronti a rimpiangere il bel tempo antico in cui edicole e librerie pullulavano di romanzi fantascientifici decisamente migliori di quelli attuali, un tempo in cui si sfornavano capolavori uno dopo l'altro, e dove la fantascienza era fantascienza, il fantasy fantasy, gli uomini erano uomini, le donne non esistevano e gli alieni si comportavano da alieni.
Ovviamente un tempo del genere non è mai esistito, ma vaglielo a spiegare al lettore medio, che si incazza se non gli proponi la sua dose di avventura spaziale mensile!

Ma se c'è un problema di lettori, c'è certamente anche un problema di autori. Chi scrive su Robot? O meglio, chi mai potrebbe scrivere su Robot gli articoli di cui sento la mancanza?
Per scrivere criticamente sulla fantascienza contemporanea bisognerebbe prima leggerla, e sappiamo tutti quale sia lo stato del mercato librario fantascientifico nostrano. Del resto la causa della condizione in cui versa la fantascienza letteraria in Italia non è certo Robot, che è anzi uno dei pochissimo spazi rimasti dove la qualità della produzione fantascientifica recente è sempre in primo piano. E poi, anche a guardarsi attorno, nemmeno in rete - che su carta è impensabile - si trova un granché di solido e approfondito in italiano su testi e autori degli ultimi anni.
Forse (forse!) bisognerebbe recuperare e tradurre qualche pezzo interessante proveniente dall'estero (vedi per esempio l'intervista a Charlie Stross di Michael Lohr, pubblicata su Robot 50), anche se non so proprio a chi potrebbe interessare un qualsiasi approfondimento su testi o autori che non sono poi reperibili in italiano.

La situazione quindi è tutt'altro che rosea, ma nonostante tutto sono convinto che se Robot concedesse più spazio critico alla fantascienza attuale, oltre che dedicarsi alla storia della stessa, farebbe un grosso favore non solo a me, che apprezzerei di certo, ma anche alle sorti generali della fantascienza in Italia.

(continua…)


22 agosto 2011

La settimana scorsa (e le prossime)

Il Catinaccio visto dallo Sciliar by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

La settimana scorsa c'è stato l'Iguana Summer Special, che nonostante le defezioni dell'ultima ora (e della prima e della penultima) ha confermato in pieno le previsioni: bella gente, ottima compagnia, caldo e chiacchiere. Anche il barbecue è andato abbastanza bene nonostante qualche costaiola sia rimasta carbonizzata nel processo.
Siamo rimasti tutti concordi che il prossimo incontro si terrà in una pizzeria sotto casa di Elvezio. I motivi di una tale scelta a noi sul momento sono parsi ovvi. A mente fredda non sono più tanto sicuro che avvicinarsi al malpertugio sarebbe mossa utile e sufficiente, ma oh… staremo a vedere.

Tra le altre cose fatte la scorsa settimana, in ferie, a casa:
- ho messo finalmente mano alle foto scattate durante la nostra settimana a spasso tra le dolomiti (vedi foto qui sopra). Se i miei compagni di avventura mi autorizzeranno vedrò di postare il risultato su youtube, per la gioia di grandi e piccini.
- abbiamo (ri)visto un sacco di film con la figliolanza. Tra i tanti segnalo il successo di Die Hard (McClane è sempre McClane) e la conferma del King Kong di Peter Jackson quale filmone di qualità bestiale. Era dalla sua uscita al cinema che non lo rivedevo, ma oh… che film!
- ho disertato completamente la rete: no blog, no forum, no flickr, no facebook/google+. Ho scoperto però con molto piacere che da qualche giorno è on-line la nuova versione del Vegettalogo.
Una delle più belle sorprese nella mia ormai decennale (sigh…) frequentazione del sottobosco fantascientifico nazionale è stata ricevere il CD originale del Catalogo speditomi da Ernesto Vegetti dopo aver contribuito con una manciata di titoli al suo incredibile database. Vederlo oggi in una forma finalmente accessibile in modo rapido e intuitivo (due cose che, ahimè, non erano certo caratteristiche principali della vecchia incarnazione del Catalogo) è una gran bella notizia. Onore al merito a Silvio Sosio che s'è sobbarcato il non facile lavoro di conversione dei dati.
- non ho ancora ricevuto i libri ordinati dieci giorni fa su amazon, ma nel frattempo ho scoperto che il mese prossimi esce il nuovo romanzo di Greg Egan. Poco male, Egan è uno dei pochi autori che seguo regolarmente i cui libri sono regolarmente tradotti su Urania. Speriamo di non essere smentito.

Finite le ferie, il blog riparte. Le intenzioni di postare regolarmente ci sono tutte. Detto questo, metto subito le mani avanti: le prossime settimane dovrebbero essere molto impegnative sul fronte lavorativo (da un lato lo spero, che qua siamo sempre a rischio, però oh… lavorare stanca!) quindi non è detto che alle intenzioni seguano i fatti.
Comunque vada, tra le varie cose di cui mi piacerebbe parlare ci sono Robot, un paio di romanzi di fantascienza d'epoca (Gomorra e dintorni e Female Man) e un confronto tra la space opera di due autori piuttosto famosi. Più avanti arriveranno anche Ian McDonald e George Martin, ma non trattenete il respiro nell'attesa.

Le vacanze sono finite. Si ricomincia.

10 agosto 2011

Cinquanta Sterline

In Nimes by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Qualche tempo fa m'è capitato di vincere un concorso fotografico indetto da New Scientist. Ora mi è arrivato l'ambito premio: un buono da 50 Pounds da sperperare su Amazon UK.

Dato che non sono abituato a spendere in un colpo siffatti importi in libreria, vi chiedevo aiuto per selezionare al meglio il mio investimento.
Al momento nel carrello ho i seguenti titoli, per un totale di circa 30 sterline:

A Dance With Dragons di George R. R. Martin

Rule 34 di Charles Stross

The City & The City di China Mieville

Surface Detail di Iain M. Banks


Tra i volumi che prima o poi prenderò ci sono anche The Steel Remains di Richard Morgan e The Fallen Blade di Jon Courtenay Grimwood, ma questi due possono aspettare, che ho già un paio di volumi dei rispettivi autori in attesa di lettura.

Cosa aggiungo alla lista?
E vedete di essere convincenti!

Grazie!

09 agosto 2011

Iguana Summer Special

Surfer at Anglet Beach by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Benritrovati! Dopo una pausa (troppo, troppo breve…) di una decina di giorni a zonzo per il sud della Francia e il nord della Spagna siamo tornati all'ovile. Il tempo è stato bello, il traffico accettabile, i luoghi interessanti, la compagnia ottima. Magari uno di questi giorni posto qualcosa di più sostanzioso, che i paesi baschi meritano qualche considerazione in più, e poi, vabbé, ci sarà di che chiacchierare a proposito delle letture che hanno accompagnato la vacanza… (Banks rulez!).
Ma non divaghiamo, che ormai manca solo una settimana all' Iguana Summer Special!
Se n'è parlato alla fine di luglio, ora è tempo di decisioni. Viste le preferenze dei partecipanti (o la mancanza delle stesse), ho pensato bene di fissare il giorno dell'incontro a martedì 16 agosto.
Ora manca solo da decidere il luogo dell'appuntamento e quello del gozzoviglio. Per una migliore valutazione delle possibilità avrei però bisogno di sapere il numero preciso dei partecipanti e la loro motilità(!).
Insomma, venite a piedi? in macchina? in treno? in bicicletta?
Venite con morose/i, compagne/i, amici, parenti?
A che ora pensate di riuscire ad essere a Modena?

Per favore, mandatemi una mail con queste informazioni all'indirizzo iguanajo (at) gmail (punto) com
Una volta raccolte tutte le info vi invierò una risposta con tutte le informazioni logistiche del caso.
Ah… se ci fosse qualche ritardatario che si volesse aggregare sappia che è il benvenuto, sol che si faccia vivo entro due/tre gironi al massimo.

A presto!

27 luglio 2011

Si parte!

Carcassoooooonnnnnnnneee…… by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.

Domani mattina sveglia alle cinque e poi via, destinazione Bayonne e dintorni, con una sosta a Nîmes lungo la strada.
Oltre a salutare tutti, con questo post volevo anche chiedervi qualche consiglio per il viaggio di ritorno. Non abbiamo ancora deciso la rotta, ma dovremmo avere un tre giorni da trascorrere lungo la strada tra Bayonne e casa. Se conoscete città, paesi, villaggi, parchi o castelli o località di qualsiasi altro genere che valgano la visita, beh… fatevi avanti.
Noi siamo già stati a Bordeaux, Tolouse, Carcassonne e Avignone, e, tra andata e ritorno, una sosta in una di queste città è altamente probabile, ma ogni ulteriore suggerimento è benvenuto!

Ci si sente tra una decina di giorni (anche se stavolta pare riusciremo a rimanere collegati, almeno durante la nostra permanenza in Aquitania) o, per chi c'è, ci si vede a Modena per l'Iguana Summer Special.

Ciao!

26 luglio 2011

Via d'uscita (Sick Building Syndrome)

Headhunter - Urban by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Da qualche minuto è on-line il mio capitolo di Sick Building Syndrome. È il quindicesimo e si intitola Via d'uscita.
Sick Building Syndrome è un esperimento di scrittura condivisa messo in piede da Davide Mana e compagni. Il racconto è partito ormai due mesi fa ed è proseguito grazie alla partecipazione di un'agguerrita banda di autori che hanno offerto, capitolo dopo capitolo, il loro contributo all'evoluzione della vicenda.

Io non sono uno scrittore. Questa è la seconda volta in tutta la mia vita che pubblico un brano di narrativa. Se ho incoscientemente deciso di partecipare è per il clima positivo che circonda il palazzo malato. Le modalità e le regole con cui è stato messo in piedi questo Round Robin mi sono sembrate un ottimo sistema per mettermi alla prova in qualcosa che altrimenti non avrei mai sperimentato (aver preso un impegno con relativa scadenza aiuta!).

Se c'è una cosa che ho imparato in questi giorni di scrittura e riscrittura è che scrivere è faticoso. Ed erano solo 1000 parole!
L'altra cosa che ho imparato è che no, non ho proprio la stoffa dell'autore. Però vedere che tutto 'sto scrivere alla fine produce qualcosa è comunque una soddisfazione. È l'atto della creazione, suppongo.

Tornando a Via d'uscita, non ho idea se quel che ho scritto è all'altezza dei capitoli precedenti: l'ho riletto ormai troppe volte per riuscire a vederlo dall'esterno e giudicarlo con obiettività. Posso dire che sono moderatamente soddisfatto e che qualsiasi nota critica al riguardo mi farebbe sol piacere. Se poi vi rimanesse qualche dubbio o perplessità, beh… non esitate a chiedere.
'mo filate a leggere, poi magari mi fate sapere la vostra opinione. Grazie!

22 luglio 2011

Iguana Summer Special

Iguana Beona by Iguana Jo

Non so voi, ma io ho sempre vissuto la mia esperienza in rete come una continuazione della mia vita quotidiana. Per questo motivo, sin dai tempi delle mailing list, ho approfittato di ogni occasione per rendere reali e tangibili i miei interlocutori dall'altra parte della rete. E anche se i tempi dell'"incontrare gente che non conosco per parlare di cose che non esistono" sono ormai lontani, ogni occasione è buona per vedere amici e passanti che frequentano questo blog e quelli limitrofi.
Le occasioni però bisogna anche crearle.

Per questo motivo è nato l'Iguana Summer Special!

Siete liberi nei giorni tra il 16 e il 18 agosto?
Avete a disposizione un mezzo di trasporto in grado di portarvi fino a Modena?
Volete partecipare a un pranzo in compagnia, a base di specialità emiliane (almeno credo!), bevande per tutti i gusti e soprattutto chiacchiere, discorsi e discussioni a ruota libera?

Se le risposte sono positive, segnatevi nello spazio commenti o scrivetemi in privato, che verifichiamo quanti siamo e decidiamo come organizzarci.

Al momento i partecipanti, oltre al sottoscritto, sono alcuni tra i più noti frequentatori di queste pagine: Steamdave, Marco, Elvezio e Nick.
Man mano che raccoglierò altre adesioni amplierò l'elenco.

L'evento è aperto a chiunque abbia voglia di fare un salto fin qua.
Per organizzare al meglio le cose fatemi sapere entro martedì 9 agosto se avete voglia di partecipare.
Grazie!

20 luglio 2011

Letture: Swanwick, Doctorow, King

San Francisco Blue I by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo on Flickr.
Michael Swanwick - I draghi del ferro e del fuoco
Erano anni che aspettavo di leggere La figlia del drago di ferro, almeno da quando ho scoperto essere l'espansione di Ferro freddo cuore d’acciaio, uno dei migliori racconti mai apparso sul'Isaac Asimov Science Fiction Magazine edito dalla Phoenix nei lontani anni '90 del secolo scorso.
Quando finalmente ne è stata annunciata la ristampa (una prima edizione italiana, introvabile, era stata data alle stampe da Fanucci nel 1994) su Epix prima, in un Millemondi poi, mi sono disposto a una paziente attesa, che viste le traversie delle collane da edicola Mondadori non ero proprio certo che sarei mai riuscito a leggerlo. E invece eccolo, e oltre al primo romanzo, I draghi del ferro e del fuoco raccoglie anche l'altro romanzo di Michael Swanwick ambientato nello stesso universo narrativo, scritto quindici anni dopo il primo: I draghi di Babele.

Si sa, le aspettative possono giocare brutti scherzi. In questo caso le premesse per un'ottima lettura c'erano tutte e nei primi capitoli de La figlia del drago di ferro ho ritrovato quanto ricordavo dalla lettura del vecchio racconto: l'atmosfera cupa, i personaggi oscuri, il senso di oppressione e poi la fabbrica e i draghi…
Purtroppo la tensione che Michael Swanwick ha sapientemente alimentato nella prima parte del romanzo evapora con la fuga di Jane dalla fabbrica e la sua trasformazione da bimba operaia in ragazza in carriera. Col passaggio dai confini della prigione/fabbrica agli spazi del mondo esterno, che la vedranno Jane alle prese con crisi adolescenziali, società repressiva e sesso magico, l'autore pare perdere il controllo della sua creatura, soprattutto delle relazioni che instaura con gli altri personaggi del romanzo.
Michael Swanwick scrive bene, non c'è dubbio: personaggi e ambiente colpiscono il lettore e rimangono nella memoria. Quello che ho trovato via via sempre più irritante è la progressiva supponenza (non saprei come meglio descriverla) della costruzione narrativa messa in piedi dall'autore, che se ne frega di linearità ed equilibrio e coerenza, in nome di una qualche aspirazione superiore che continua però a sfuggire per tutto il corso della lettura. Tanto che non so decidermi se La figlia del drago di ferro rappresenti più un esercizio di stile sfuggito al controllo o il tentativo di scrivere il Grande Romanzo Fantasy degli anni '90, che in effetti la sua miscela di economia turbo-capitalista, politica mago-fascista e potere sessual-arcano rendono il romanzo di Swanwick piuttosto originale. Gli ingredienti per un gran bel romanzo c'erano tutti, quel che forse è mancata è solo un pizzico di umiltà.
Con I draghi di Babele la lettura procede più lineare e compatta. Anche il disordine, che forse è la caratteristica più evidente nella progressione della storia di Jane ne La figlia del drago di ferro, è notevolmente ridimensionato. La storia di Will, giovane protagonista del romanzo, procede tra sussulti e colpi di scena, meraviglie e inganni fino all'agognato finale. Rispetto al suo predecessore la costruzione della trama, pur mantenendo costante una certa complessità nello sfondo, scorre in modo più tradizionale, e anche se l'autore incappa in quello che per me è un peccato capitale (tutta una grossa porzione della vicenda si risolve con un oh… era solo un sogno…), lo spettacolo che mette in scena regge tranquillamente fino a fine lettura. I draghi di Babele non è un capolavoro, ma è comunque un buon romanzo di urban-fantasy.


Cory Doctorow - X
Negli ultimi post si parlava di romanzi che hanno contribuito a formare una certa visione, un certo approccio all'esistenza. Ecco, se da giovin fanciullo mi fosse capitato in mano un volume come X forse il mio percorso sarebbe stato diverso. Non che questa ipotesi sia dimostrabile, ma il libro di Cory Doctorow sembra essere stato scritto apposta per suscitare certe reazioni: X è un manuale di resistenza geek alle forse oscure del potere in forma di romanzo. Un raro esempio di letteratura per ragazzi che unisce un qualche intento pedagogico all'attualità politica di questi anni, senza perdere un briciolo delle sue attrattive romanzesche.
Raccontando le (dis)avventure del suo giovane protagonista Cory Doctorow non fa mistero delle sue idee riguardo privacy e lotta al terrorismo, uso della rete e sorveglianza urbana. Quello che manca in profondità d'analisi (ehi! è un romanzo per ragazzi!), Doctorow lo recupera in esperienza pratica sul campo, ciò che latita a livello di proposta politica, lo rimpiazza con il più classico pragmatismo yankee.
Forse il difetto principale di X è il suo essere irrimediabilmente americano, nel bene e nel male, ma è un difetto su cui è facile sorvolare, che non è facile trovare un romanzo in cui si respiri una tale passione civile, un tale coinvolgimento, tanto che è difficile restarne indifferenti.
Fatelo leggere ai vostri figli, ai nipotini o ai cuginetti, credo ve ne saranno grati! Altrimenti leggetelo voi, e poi fatemi sapere.


Stephen King - I lupi del Calla
La saga della Torre Nera mi tiene ormai compagnia da un paio d'anni. Mi rendo conto che, arrivato al quinto capitolo, le cose da dire non sono poi molto diverse rispetto a quelle già scritte per i volumi precedenti. Stephen King è Stephen King, con tutti i pregi e i difetti già rilevati nel corso del tempo. I lupi del Calla non si discosta qualitativamente da La sfera del buio: western e metaletteratura pop, con una buona gestione della trama, qualche lungaggine di troppo, personaggi ben delineati e un sacco di riferimenti ad uso e consumo dei fan del Re.
Buon intrattenimento insomma, per un romanzo che leggi più per vedere come va a finire che per il piacere della scrittura o per il gusto di divagazioni ed episodi. E a forza di ritorni e citazioni, Stephen King m'ha fatto (quasi!) venir la voglia di leggermi Le notti di Salem.

12 luglio 2011

Ricordare i fondamentali

Irish Sky and Me by Iguana Jo
A photo by Iguana Jo.
Come siamo diventati ciò che siamo?
Certo: la genetica, l'ambiente.
E poi gli incontri, le scelte, le sfighe.
Tutto quanto lì fuori, e qui dentro, contribuisce a cambiare la nostra forma mentale, il nostro modo di porci, il modo in cui vediamo e ci raccontiamo il mondo.
La mia specifica realtà personale si è costruita anche grazie ai libri che ho letto nel corso del tempo. E quindi, prendendo spunto dall'ultimo post di Nick che ci ricorda i suoi libri preferiti, è ora di una nuova top-ten!



Quelle che seguono sono le storie che ritengo siano state fondamentali nel mio percorso di crescita. Se son messo come sono messo è (anche) colpa loro.

Jack London - Il richiamo della foresta
Prima di Jack London sono passati Verne e Salgari, che ancora oggi per me rappresentano l'Avventura. Ma Il richiamo della foresta è forse il primo romanzo che mi ha lasciato qualcosa di più di una generica voglia di avventure ed esplorazioni. Tante sono le suggestioni seminate da quel libro. Forse la più importante è stata il ritrovare, per la prima volta riprodotto su carta, qualcosa che sentivo vicino e familiare: una natura che non era più semplice cornice, ma che mi circondava indifferente e meravigliosa. Buck e la foresta mi sono rimasti dentro, in profondità.

Isaac Asimov & Martin H. Greenberg (a cura di) - Le grandi storie della fantascienza
Ancor più dei singoli romanzi fondanti il genere, la collana de Le grandi storie della fantascienza è stata la serie di volumi che più ha influito sui miei gusti in fatto di letture. Dai tempi delle medie a oggi ho avuto magari qualche momento di pausa, ma la fantascienza ha sempre accompagnato il mio percorso, regalandomi una visione laterale della realtà. Tanto da non poterne più fare a meno.

Konrad Lorenz - L'anello di re Salomone
Questo libro credo mi sia stato regalato in terza media. Rappresenta bene il rapporto che ho instaurato con la scienza da lì in poi, che è un insieme di fascino, di curiosità e di approccio singolare alla materia. Più avanti avrei scoperto Stephen Jay Gould, che rimane il migliore esempio di scrittore di scienza io abbia mai incontrato. Ma prima di tutti è arrivato Konrad Lorenz, con le sue oche, i suoi cani e le sue taccole.

JRR Tolkien - Il signore degli anelli
Il signore degli anelli rappresenta ancora l'esempio migliore di fuga dal mondo e di controllo del reale. Quando l'ho incontrato ci sono rimasto dentro, attratto come una mosca dal miele. Un intero universo narrativo si apriva all'esplorazione: gente normale che parlava con maghi, re e cavalieri, un male oscuro che si diffonde, la lotta e la resistenza e la malinconia della fine. Dirlo qui e ora sembra forse esagerato, ma per me, allora, era il massimo della meraviglia.

Michail Bulgakov - Il Maestro e Margherita
Poi si cresce e si cercano altre suggestioni. Il Maestro e Margherita è stato per molto tempo (e a volte lo è ancora) il Miglior Romanzo io abbia mai letto. Nel libro di Bulgakov vedevo finalmente quell'incrocio tra quotidiano e fantastico che avevo sempre sospettato ma mai incontrato davvero. Una pietra di paragone con cui tutte le mie letture successive han dovuto fare i conti.

Heinrich Böll - Opinioni di un Clown
Credo di aver letto Opinioni di un Clown intorno ai diciassette anni. L'età perfetta perché questo romanzo potesse fare il maggior danno possibile. Credo che buona parte della mia visione politica dell'esistenza derivi dalla lettura del racconto della vita di Hans Schnier. Non so se questo libro mi ha salvato la vita o me l'ha complicata. So che gli devo molto, anche se da allora non ho più avuto la forza di rileggerlo. Forse quando sarò un po' più vecchio…

Raymond Chandler - Il lungo addio
Philip Marlowe è il mio eroe e Raymond Chandler il suo profeta. Dovendo scegliere una guida morale per la mia esistenza credo che l'investigatore di Bay City sarebbe stato il candidato ideale. Aveva tutto per affascinare e colpire il mio io più giovane. E poi Chandler scriveva da dio.

Jack Kerouac - Sulla strada - Big Sur
E poi ho lasciato casa e sono partito. Per lungo tempo Sulla strada è stata la mia guida, tra le sue pagine potevo ritrovare le sensazioni di quelle giornate trascorse sotto la pioggia ad aspettare un passaggio, degli incontri lungo la strada che si potevano trasformare in settimane di festa, in delusioni o in semplici racconti di vita, il sapore dell'ignoto e la gioia di essere vivo. La consapevolezza che il viaggio è tutto ciò che conta.
Poi è arrivato Big Sur, in cui la fiamma si spegne, e c'è il ritorno, la resa alla consuetudine e alla normalità. Un tocco di amaro, per ricordarsi i propri limiti e non scoppiare del tutto.

William Gibson - Neuromante
In questo elenco Neuromante rappresenta la sintesi tra la lettura d'intrattenimento e il resto. Un libro che mi ha condotto a quello che, vista col senno di poi, è stata probabilmente il momento in cui ho raggiunto una sorta di maturità nella mia vita da lettore. Il romanzo di William Gibson è quello in cui ho scorto per la prima volta le potenzialità letterarie della scrittura di genere. Mi ha aperto gli occhi, illuminando tutto un nuovo mondo, riuscendo da solo a farmi riconsiderare per intero la narrativa di genere letta fino a quel momento. Un'epifania.



E così siamo arrivati intorno ai venti/ventidue anni.
Non che dopo non ci siano più state letture fondamentali, ma è vero, più si invecchia meno malleabili si diventa. E se qualche volume è stato certo importante, nessuno credo possa superare l'impatto che questi dieci libri hanno avuto sulla mia vita.
Io però me lo auguro sempre, di trovare un libro capace da solo di far scattare quella molla, di indurre una svolta o semplicemente di sorprendermi. Per fortuna succede, anche più spesso di quanto io stesso non immagini. Bello leggere.

11 luglio 2011

L'orrore. l'orrore!

Che poi pare davvero che io abbia gettato il sasso e nascosto la mano. E c'avreste anche ragione: dopo la fatidica domanda sono scomparso dalla scena, e avevo pure promesso un approfondimento…


Oltre a scusarmi per la condotta inqualificabile, mi tocca almeno provare a rimediare.
Quindi ecco qua, beccatevi 'sto post sul mio rapporto con l'orrore.

La mia esperienza con il genere horror è piuttosto limitata: qualche romanzo, qualche film, spesso ai confini del genere. L'idea che me ne son fatto è sicuramente parziale, e certo difettosa, vissuta più da turista, che da frequentatore abituale.

Il motivo della distanza che mi separa dal genere è presto detto: a me l'orrore fa paura.
Visto che la vita la fuori è già abbastanza dura e la mia immaginazione non ha grossi freni, perché farsi del male anche al cinema o tra i libri?
Poi certo, c'è anche l'orrore divertente o quello poco spaventoso, that's entertainment !, ma allora che orrore è? Insomma, per sgombrare il campo da possibili equivoci, anche a me piacciono chessò Shaun of the Death o La notte del Drive-In, ma mica me li considererete veri horror, no?

L'orrore, per quella che è la mia esperienza, è un genere anche troppo semplice (ok, fanboyz, non picchiatemi troppo forte). Si muove tra le emozioni più ancestrali, quelle più facili da suscitare, quelle più difficili da controllare. Detto in altre parole: ho sempre avuto l'impressione che spaventare sia molto più facile che strappare una risata o infondere vita e spessore a un dialogo.
Ma oltre a questa facilità d'accesso, c'è anche da considerare che il contesto in cui si muove molta (la maggior parte?) della produzioni di genere è quello del soprannaturale, del mostruso, e quindi dell'alieno. Ma mentre nella fantascienza (tanto per dire) il confronto con il diverso ha (generalmente!) un'intento narrativamente costruttivo, quando ci si muove nell'ambito della narrativa della paura il fine ultimo è (di nuovo: generalmente!) distruttivo.
E sappiamo tutti che distruggere è molto più semplice e immediato che non costruire.

Poi certo, c'è tutto il filone nobile dell'orrore, quello che da un lato si coniuga alla critica sociale, o dall'altro, all'inquietudine personale, che è territorio contiguo ma diverso a quello della paura. Ma credo che, almeno per quanto riguardo l'aspetto perturbante di queste narrazioni, i confini con il mainstream siano davvero evanescenti, frutto più di un'affezione del singolo lettore/recensore, più che di effettive differenze. E queste sono comunque differenze qualitative di "secondo livello" rispetto a quella soglia minima di contenuti spaventosi necessari per riconoscere come horror la determinata opera.

Per ora mi fermo qui. Mi rendo conto che quanto scritto sopra possa apparire saccente, se non addirittura arrogante: come mi permetto di sparare giudizi così netti su qualcosa che conosco così poco?
Lo ripeto per l'ennesima volta, quanto detto qui sopra rappresenta la summa selle sensazioni che si sono progressivamente consolidate negli anni in quella che è attualmente la mia considerazione per il genere horror. Non ha alcuna pretesa di verità e anzi, ha lo scopo di capire meglio un genere che è frequentato da persone che stimo moltissimo, di cui mi affanno a voler comprendere meglio background e riflessioni.


Per tornare più specificamente alle domande poste su Malpertuis, noto come il percorso di molti appassionati del genere horror sia simile al mio: scoperta in tenera età, passione alimentata passando da cinema a letteratura e viceversa, con molti passaggi tra fumetti e tv. Il mio percorso di scoperta ha avuto come destinazione la fantascienza, i motivi sono forse intuibili da quanto scrivevo più sopra, ma alcune tappe sono analoghe: i romanzi di Stephen King, gli spaventi infantili (per me i primi incubi sono arrivati dalla visione di un film di fantascienza in cui alieni provenienti dal sole (!!!) - vagamente simili a lampade da salotto sferiche anni '70, incenerivano ignari terrestri, e poi ci fu quella puntata di Spazio 1999 con la creatura nel cimitero d'astronavi che si pappava gli abitanti della base Alpha per poi risputarli mummificati…).

Se poi mi permetto queste domande indiscrete è proprio perché non capisco il gusto che si prova a lasciarsi terrorizzare da una finzione narrativa (che ok, fino a qui posso arrivarci) per poi rimanerci dentro e volerne sempre di più (è questo che mi lascia basito).
E sono curioso, e voglio capire. O almeno provarci.

05 luglio 2011

40 km, quattro giorni

Domani, finalmente, si parte.
Quello che vedete qui sopra è il profilo altimetrico dell'escursione che ci terrà impegnati per i prossimi quattro giorni. Si parte da Selva Gardena e si finisce ad Ortisei, attraversando il massiccio del Sassolungo, arrivando sullo Sciliar per poi tornare a valle attraversando l'Alpe di Siusi. In totale sono quaranta chilometri da percorrere zaino in spalla. appoggiandosi per la notte ai rifugi disposti lungo il cammino. È un percorso faticoso, ma non impossibile, tarato per poterlo percorrere in compagnia di bambini e adulti, tutti con un po' di allenamento nelle gambe, ma magari non troppo avvezzi alla montagna.



Abbiamo iniziato a parlare di un'escursione di più giorni l'anno scorso, dopo un magnifico fine settimana a spasso intorno al Catinaccio. Quella camminata, organizzata per far assaggiare la montagna alle famiglie di un paio di amici padani, era stata un successo e quando gli stessi amici mi hanno chiesto di preparare un giro più lungo per quest'anno ne son stato ben felice, che ogni occasione è buona per tornare tra le mie montagne. Ho deciso di portarli in Val Gardena perché da quelle parti ci sono un buon numero di rifugi, i sentieri non sono troppo duri e i panorami meritano. E poi io non sono mai stato sullo Sciliar e questa mi sembrava un'ottima occasione per farci un salto.
Stasera si finiscono di preparare gli zaini, domani all'alba si parte.

Mentre noi si è in giro a scarpinare voi fate a modo.
Ci si rilegge la prossima settimana.


(Mappa e altimetria arrivano da Escursioni in Alto Adige, una risorsa perfetta per organizzare camminate da quelle parti.)

03 luglio 2011

Cercasi umani, scopo compagnia

Bestia (la micia rimasta a casa della cucciolata dell'anno scorso) ha avuto tre piccoli alla fine di aprile. Ora i due che son rimasti a casa cercano un umano da adottare.







Se vi sentite pronti per l'esperienza contattatemi, che sia il Bestino Giallo che il Bestino Nero non vedono l'ora di conoscervi.

01 luglio 2011

Visioni: Shyamalan, Salvatores, Fincher, Amenábar.


Foto di Iguana Jo.

Questa settimana i figli sono in montagna e noi ne abbiamo approfittato per vedere alcuni film che erano lì, in attesa di un po' di tempo libero. Ecco quindi qualche nota veloce - che di recensioni acute intelligenti e profonde è piena la rete - per aiutarmi a ricordare i film di questa settimana.
Visto che si parlerà di pellicole recenti, recuperate dopo averle perse al cinema, ne approfitto per inserire nel post qualche nota su un film la cui visione mi era stata consigliata qualche mese fa in coda a questa discussione.

Lady in the Water di M. Night Shyamalan, 2006
Nelle mani di qualsiasi altro regista un progetto come Lady in the Water sarebbe fallito miseramente. Presi singolarmente, gli ingredienti che compongono la pellicola di Shyamalan sarebbero inammissibili, almeno per un film che abbia la pretesa di raccontare una storia in modo originale, complesso, corposo. Partendo dalla galleria di personaggi che rappresentano la fiera dello stereotipo, passando a un plot che prende le mosse da una situazione che più scontata e vista di così - per non parlare di mostri e caverne o di tragedie e risoluzioni - per arrivare ai dialoghi, che letti fuori contesto suonerebbero triti e retorici come non mai, non c'è un singolo aspetto del film capace di reggersi autonomamente.
Eppure il film di Shyamalan funziona e per me funziona alla grande. Non sono sicuro di aver capito in che modo ci riesca, ma Lady in the Water trasmette allo spettatore una fondamentale innocenza, un senso di realtà che a raccontarlo non ci credi. Lo fa mescolando il virtuosismo cinematografico di Shyamalan con la sua fondamentale umiltà, costruendo una storia che raccontando di miti ed alieni rimane vera e umana fino in fondo.


Happy Family di Gabriele Salvatores, 2010
Là fuori c'è un sacco di gente che Salvatores proprio non lo regge. A me invece è sempre stato simpatico, sarà per il suo approccio cinematografico americano a storie profondamente italiane, sarà per la costante leggerezza, sarà per la malinconia o il consolante sapore nostalgico e di molte sue cose. O forse perché ci ha regalato l'unico film italiano di fantascienza decente negli ultimi trent'anni…
Happy Family non fa eccezione. È un piccolo film, in cui magari si eccede nel virtuosismo, in cui si cercano ad ogni passo sottotesti metafilmici e complessità intertestuali. Ma Happy Family non ha nulla del film intellettualoide: è realizzato con una tale leggerezza, con tanto percepibile divertimento e grazia, da far passare in secondo piano ogni altro aspetto che non sia quello dell'immediato godimento offerto da una storia raccontata bene. E poi dite quello che volete, ma a me rivedere insieme la coppia Bentivoglio - Abatantuono fa quasi tenerezza.


il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, 2008
David Fincher è un altro dei miei registi preferiti. il curioso caso di Benjamin Button era l'unica pellicola della sua filmografia che ci mancava. L'avevamo tenuto indietro intimoriti un po' dalla durata un po' da qualche affidabile recensione non troppo entusiasmante.
Invece il curioso caso di Benjamin Button è un film sontuoso, una storia solida, densa di suggestioni e meraviglia. Come mi ha fatto notare Annalisa, il suo parente cinematografico più prossimo è probabilmente il Forrest Gump di Robert Zemeckis. Ma tanto quest'ultimo è rivolto all'esterno, a cercare continue conferme storiche della grandezza del secolo americano, quanto invece il film di Fincher volge lo sguardo all'interno, a indagare sul mistero dell'esistenza e sull'ineluttabilità del cambiamento. Entrambi condividono lo sguardo aperto, gioioso e stupefatto dei loro protagonisti maschili, che non potrebbero altrimenti essere più diversi, e quello avventuroso e in qualche modo disperato delle rispettive partner.
il curioso caso di Benjamin Button è una conferma del nuovo corso fincheriano inaugurato da Zodiac e proseguito con The Social Network, caratterizzato da una modalità di racconto cinematografico quasi letteraria nella sua densità e decisamente più sobria e pacata nella sua messa in scena. L'evoluzione dello stile di Fincher è esemplare: dai virtuosismi dei primi film, che privilegiavano la spettacolarità dell'inquadratura, quasi a voler cercare conferme dell'abilità del loro autore, all'esaltazione della narrazione degli ultimi, con il talento del regista messa al completo servizio della storia.


The Others di Alejandro Amenábar, 2001
Non sono un frequentatore abituale del cinema horror (non so nemmeno se The Others è ascrivibile al genere. Però fa paura, quindi…) e dato che da queste parti passano dei Veri Esperti™ spero mi perdonino per le ovvietà o le inevitabili incomprensioni. Se c'è una cosa che accomuna il film di Alejandro Amenábar agli altri film qui sopra, è la solidità di una sceneggiatura che supporta una messa in scena personale ed efficace nel trasmettere suggestioni ed emozioni. Che è vero, in The Others sono anche troppo urlate rispetto al tono sommesso che circonda i protagonisti della vicenda, ma che proprio per la loro immediatezza e semplicità riescono inevitabilmente a colpire lo spettatore.
Se la sceneggiatura è senza dubbio il punto di forza del film, l'altro perno su cui poggia la rappresentazione è la prestazione di Nicole Kidman, che quanto a sguardi perfidi non è seconda a nessuno, ma che è pure capace di illuminare lo schermo con una presenza che mescola dolcezza, decisione e disperazione in una combinazione davvero esaltante.
Sulle sorprese e i ribaltamenti di prospettiva del film non anticipo nulla, che certo c'è ancora gente in giro che non l'ha visto, salvo constatare come sia abile Amenábar a trasformare il dramma in commedia, la tragedia in progetto di vita (!), in barba a morale cattolica e sensi di colpa vari.