Michael Swanwick - I draghi del ferro e del fuocoErano anni che aspettavo di leggere
La figlia del drago di ferro, almeno da quando ho scoperto essere l'espansione di
Ferro freddo cuore d’acciaio, uno dei migliori racconti mai apparso sul'
Isaac Asimov Science Fiction Magazine edito dalla Phoenix nei lontani anni '90 del secolo scorso.
Quando finalmente ne è stata annunciata la ristampa (una prima edizione italiana, introvabile, era stata data alle stampe da Fanucci nel 1994) su Epix prima, in un Millemondi poi, mi sono disposto a una paziente attesa, che viste le traversie delle collane da edicola Mondadori non ero proprio certo che sarei mai riuscito a leggerlo. E invece eccolo, e oltre al primo romanzo,
I draghi del ferro e del fuoco raccoglie anche l'altro romanzo di
Michael Swanwick ambientato nello stesso universo narrativo, scritto quindici anni dopo il primo:
I draghi di Babele.
Si sa, le aspettative possono giocare brutti scherzi. In questo caso le premesse per un'ottima lettura c'erano tutte e nei primi capitoli de
La figlia del drago di ferro ho ritrovato quanto ricordavo dalla lettura del vecchio racconto: l'atmosfera cupa, i personaggi oscuri, il senso di oppressione e poi la fabbrica e i draghi…
Purtroppo la tensione che
Michael Swanwick ha sapientemente alimentato nella prima parte del romanzo evapora con la fuga di Jane dalla fabbrica e la sua trasformazione da bimba operaia in ragazza in carriera. Col passaggio dai confini della prigione/fabbrica agli spazi del mondo esterno, che la vedranno Jane alle prese con crisi adolescenziali, società repressiva e sesso magico, l'autore pare perdere il controllo della sua creatura, soprattutto delle relazioni che instaura con gli altri personaggi del romanzo.
Michael Swanwick scrive bene, non c'è dubbio: personaggi e ambiente colpiscono il lettore e rimangono nella memoria. Quello che ho trovato via via sempre più irritante è la progressiva
supponenza (non saprei come meglio descriverla) della costruzione narrativa messa in piedi dall'autore, che se ne frega di linearità ed equilibrio e coerenza, in nome di una qualche aspirazione superiore che continua però a sfuggire per tutto il corso della lettura. Tanto che non so decidermi se
La figlia del drago di ferro rappresenti più un esercizio di stile sfuggito al controllo o il tentativo di scrivere il Grande Romanzo Fantasy degli anni '90, che in effetti la sua miscela di economia turbo-capitalista, politica mago-fascista e potere sessual-arcano rendono il romanzo di Swanwick piuttosto originale. Gli ingredienti per un gran bel romanzo c'erano tutti, quel che forse è mancata è solo un pizzico di umiltà.
Con
I draghi di Babele la lettura procede più lineare e compatta. Anche il
disordine, che forse è la caratteristica più evidente nella progressione della storia di Jane ne
La figlia del drago di ferro, è notevolmente ridimensionato. La storia di Will, giovane protagonista del romanzo, procede tra sussulti e colpi di scena, meraviglie e inganni fino all'agognato finale. Rispetto al suo predecessore la costruzione della trama, pur mantenendo costante una certa complessità nello sfondo, scorre in modo più tradizionale, e anche se l'autore incappa in quello che per me è un peccato capitale (tutta una grossa porzione della vicenda si risolve con un
oh… era solo un sogno…), lo
spettacolo che mette in scena regge tranquillamente fino a fine lettura.
I draghi di Babele non è un capolavoro, ma è comunque un buon romanzo di urban-fantasy.
Cory Doctorow - XNegli ultimi post si parlava di romanzi che hanno contribuito a formare una certa visione, un certo approccio all'esistenza. Ecco, se da giovin fanciullo mi fosse capitato in mano un volume come
X forse il mio percorso sarebbe stato diverso. Non che questa ipotesi sia dimostrabile, ma il libro di
Cory Doctorow sembra essere stato scritto apposta per suscitare certe reazioni:
X è un manuale di resistenza
geek alle forse oscure del potere in forma di romanzo. Un raro esempio di letteratura per ragazzi che unisce un qualche intento pedagogico all'attualità politica di questi anni, senza perdere un briciolo delle sue attrattive
romanzesche.
Raccontando le (dis)avventure del suo giovane protagonista
Cory Doctorow non fa mistero delle sue idee riguardo privacy e lotta al terrorismo, uso della rete e sorveglianza urbana. Quello che manca in profondità d'analisi (ehi! è un romanzo per ragazzi!), Doctorow lo recupera in esperienza pratica sul campo, ciò che latita a livello di proposta politica, lo rimpiazza con il più classico pragmatismo yankee.
Forse il difetto principale di
X è il suo essere irrimediabilmente americano, nel bene e nel male, ma è un difetto su cui è facile sorvolare, che non è facile trovare un romanzo in cui si respiri una tale passione civile, un tale coinvolgimento, tanto che è difficile restarne indifferenti.
Fatelo leggere ai vostri figli, ai nipotini o ai cuginetti, credo ve ne saranno grati! Altrimenti leggetelo voi, e poi fatemi sapere.
Stephen King - I lupi del CallaLa saga della Torre Nera mi tiene ormai compagnia da un paio d'anni. Mi rendo conto che, arrivato al quinto capitolo, le cose da dire non sono poi molto diverse rispetto a quelle già scritte per i volumi precedenti.
Stephen King è Stephen King, con tutti i pregi e i difetti già rilevati nel corso del tempo.
I lupi del Calla non si discosta qualitativamente da
La sfera del buio: western e metaletteratura pop, con una buona gestione della trama, qualche lungaggine di troppo, personaggi ben delineati e un sacco di riferimenti ad uso e consumo dei fan del Re.
Buon intrattenimento insomma, per un romanzo che leggi più per vedere come va a finire che per il piacere della scrittura o per il gusto di divagazioni ed episodi. E a forza di ritorni e citazioni,
Stephen King m'ha fatto (quasi!) venir la voglia di leggermi
Le notti di Salem.
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