Un po' in ritardo, eccomi ad annotare le mie letture del mese di febbraio.
In questo mese l'unica lettura che varrebbe la pena ricordare è La Fortezza della sollitudine di Jonathan Lethem. Ma su questo meraviglioso romanzo mi sono già dilungato abbastanza qui . Purtroppo nessuno degli altri libri letti si può paragonare nemmeno lontanamente all'epopea brooklyniana dell'autore americano.
Vediamo i titoli. in rigoroso ordine di lettura:
- I fabbricanti di universi, di Philip J. Farmer. Esempio tipico di tutti quegli stereotipi per cui ancora oggi la fantascienza è ritenuta cosa da bambini, o quasi. Nel romanzo non c'è altro che un continuo susseguirsi di scontri e avventure con nemici sempre più grandi sempre più cattivi sempre più sorprendenti. Un racconto ad accumulo progressivo in cui la caratteristica più saliente è la magnifica muscolatura del protagonista, il suo rapporto virile con i compagni di viaggio, la stoica sopportazione dei disagi da parte della donzella in pericolo. Tutto qua.
La fantascienza dovrebbe trattare di idee, ma in questo romanzo le invenzioni originali latitano completamente (o sono troppo naif per essere menzionate), a meno che come idea non si intenda la descrizione di panorami esotici e delle improbabili comunità che vi risiedono, che di queste ce n'è invece in abbondanza.
Sembra incredibile che lo stesso autore abbia scritto uno dei miei racconti favoriti in assoluto, quel Riders of the Purple Wage (Il salario purpureo) che riesce a fondere magistralmente lo spirito dei sixties con uno sviluppo fantascientifico memorabile. Ma tant'è: nel caso de I fabbricanti di universi è tranquillamente dimenticabile.
- Futureland, di Walter Mosley. Con questo volume di racconti passiamo invece alla fantascienza più nuova e attuale. O almeno questo è quello che la data di pubblicazione e le note di copertina vorrebbero farci credere. In realtà la visione politica e la capacità di speculazione dell'autore sembrano nutrirsi dei luoghi comuni più frequentati dalla fantascienza di questi ultimi decenni: la megalopoli, il controllo delle corporation, l'uomo disumanizzato; con in più una serie di personaggi e situazioni che riporta ancora più indietro l'orologio fantascientifico, con la presenza del geniale e cattivissimo scienziato-capitalista di turno, l'eroina che proviene dal sottosuolo, l'afflato mistico della ribellione.
La sensazione più immediata è che ci si trovi di fronte allo Shirley di Eclipse in salsa afroamericana, in cui è evidente fin da subito chi siano i buoni, chi i cattivi, chi ha ragione chi ha torto… Intendiamoci, il volume si fa leggere molto volentieri, se non vi si cercano significati profondi e lo si può trovare anche divertente se non si presta troppa attenzione alla sottile vibrazione razzista sempre presente in sottofondo.
Ma ecco, da un libro promosso come un'opera visionaria tra le più rivelatrice del panorama contemporaneo mi aspettavo qualcosa di più.
- Hedrock l'immortale, di A.E. Van Vogt. Non so perché mi ostini a dare un'altra possibilità a Van Vogt. Probabilmente perché voglio arrivare a capire cosa ci abbiano trovato tutti gli ammiratori di cui gode ancora oggi la sua opera, che senz'altro, letta a 15 anni negli anni '40 doveva risultare davvero emozionante.
Del resto l'incessante susseguirsi di colpi di scena, di scenari sempre più esagerati, il mettere in gioco ogni volta il destino dell'universo, il basare il tutto sulle emozioni più basilari e i rapporti umani più semplici sono gli stessi meccanismi che decretano oggi il successo di miriadi di film d'azione ad alto budget. Probabilmente dunque sono io che ho aspettative troppo elevate e che non riesco a leggere nella dovuta prospettiva storica l'opera dell'autore canadese.
Vabbé, forse è il caso che ci rinunci…
Per il prossimo mese aspettatevi qualche escursione nel fantasy, almeno due righe su Crash e qualche nota connettivista.
…
Come non concordare su Futureland... la più grossa delusione dello scorso anno. Riassumi magnificamente il mio pensiero quando dici che sembra spostare indietro le lancette dell'orologio atomico della SF.
RispondiEliminaLeggerò Lethem presto (non troppo, diciamo nel giro del prossimo annetto, il prossimo mattone che mi impegnerà sarà Susanna Clarke, approfittando dell'edizione economica ;-)). Anche Farmer ce l'ho a casa, ma dovrò dare la precedenza ad altri UC (La Luna è una severa maestra, Signore della luce e I figli della notte).
Quanto a van Vogt, a volte mi viene un sospetto: forse per apprezzarlo bisogna davvero averlo letto da piccoli e restare contagiato dal virus empatico di certe trovate bizzarre e stravaganti, per dimenticarsi delle ingenuità che dissemina a piene mani nei suoi romanzi.
Io ho in lettura i Biplani di Masali. Gran bel libro, per il momento, con il giusto mix di avventura, stile e speculazione (IA che governano i viaggi nel tempo... geniale!). Da Lucone non mi aspettavo di meno ;-)
Ciao!
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Son contento del sapere che leggerai la Clarke. E sono davvero curioso di conoscere la tua opinione al riguardo.
RispondiEliminaSu Lethem ho poco da aggiungere. Prima era uno dei miei scrittori di fantascienza preferiti. Ora è uno dei miei scrittori preferiti. ;-)
Riguardo alla fantascienza retrò ti posso dire che anche per quest'anno ho rinnovato l'abbonamento a Urania Collezione, nonostante le sue proposte siano per la maggior parte troppo datate per risultare davvero interessanti.
Ma la speranza che inizino a riscoprire almeno gli anni '70 è dura a morire…
Salve, mi riferisco al tuo commento a van Vogt. Ma anzitutto lascia che te lo dica: il tuo blog e' molto bello e creato con gusto; le foto sono eccellenti. Complimenti. Non scrivo questo per ingraziarmi nessuno ma perche' mi piace dire quello che penso, ovviamente disposto al dialogo. Sara' che i gusti "non si discutono", ma pur ammettendo che van Vogt sia molto invecchiato, o che "ai suoi tempi probabilmente... ecc.", personalmente continuo a trovare (vero che non lo leggo da qualche anno) nelle sue pagine, insieme a parecchi noti difetti, un "qualcosa" di molto personale, che altri autori non hanno. Forse - non so - è quel qualcosa su cui tu ti interroghi e che magari per te, per il tuo modo di vedere e sentire (di cui prendo ovviamente atto) non fa scattare alcuna "risonanza". Insomma di vV mi hanno sempre affascinato due elementi. Anzitutto, nelle sue pagine migliori, il far percepire un universo sconfinato, tridimensionale, ricchissimo di potenzialita' d'ogni genere; in questo ha parte essenziale il continuo sottofondo d'una scienza evolutasi fino a vette impensabili: da qui la capacita' che hanno certe storie di catapultare, anzi scaraventare totalmente il lettore in un mondo a suo modo "meraviglioso"; è come se si avesse sempre presente una profondità cosmica delle cose, tutte insieme. A ciò si aggiunge un bombardamento di "immagini" che sono vere schegge archetipiche. Credo giustamente, Riccardo Valla ha poi scritto che in vV gli scontri tra le parti sono, piu' che fisici, "concettuali": battaglie di idee combattute contrapponendo altre idee. Per esempio: in "Crociera nell'infinito" i protagonisti si salvano grazie alla messa in pratica di un'idea, il "connettivismo" (o nexialismo), fanta-scienza che sarebbe una fusione di varie specializzazioni preziose ma che nella realtà risultano chiuse in compartimenti stagni; in "Anno 2650" è l'applicazione della semantica di Korzibsky, anche se in effetti su come ciò accada l'autore resta piuttosto nebuloso. Ma ciò, e altre inverosimiglianze o incompletezze, contano poco (e questo è un gioco possibile, nella narrativa): importa l'effetto complessivo. Non si tratta quindi, secondo me, di una riproposizione aggiornata di una superfantascienza alla "Doc" Smith, ma di una sua filiazione più elaborata, ricca ed evoluta. Scoprii van Vogt leggendo i primissimi "Romanzi di Urania", cioe' non avevo neanche quindici anni. Chiaro che col tempo i miei gusti sono mutati completamente, ma mentre non riuscirei più a leggere molti autori degli anni '40 (se non con spirito... archeologico), per van Vogt, per le sue pagine più riuscite, non devo tuttora applicare alcun "filtro". Ciao! Vittorio
RispondiEliminaCiao Vittorio!
RispondiEliminaPrima di risponderti nel merito lasciami dire che sono davvero lusingato di vederti su queste pagine. …e grazie per i complimenti!
Ma torniamo a Van Vogt. Credo di capire quello che cerchi di comunicare. Il punto è che con simili autori o stabilisci un immediato contatto "a pelle" oppure non c'è storia che tenga, non scatta - e non scatterà più - alcuna "risonanza", come giustamente scrivi anche tu.
Se da un lato mi spiace, che l'entusiasmo che traspare dalle tue parole è evidente, dall'altra non so proprio che farci: Van Vogt non mi sembra uno di quegli autori che una volta spiegato riesci ad apprezzare di più.
btw rimango dell'idea che gli innamoramenti adolescenziali ti rimangano nel cuore a prescindere dalla reale importanza degli incontri che li han fatti sbocciare.
Poco imoprta che siano esseri umani e/o romanzi di fantascienza :-)
Mi è montata una certa rabbia per la facilità di giudizio espresso sui Fabbricanti di Universi di Farmer.Rispetto ovviamente la tua opinione. Non so quanti anni tu abbia, nè ho voluto indagare da quando leggi fantascienza, fatto sta che la tua ignoranza su Farmer è palese. Uno stereotipo per diventare tale deve essere qualcosa che viene ripetuto sotto varie forme negli anni da autori su autori rimescolando sempre la stessa minestra(vedi le recenti uscite librarie che emulano Il Codice da Vinci già a sua volta scopiazzato da libri più datatai come Il Santo Graal). Credo tu abbia sorvolato sul punto che quelli che a te oggi possono sembrare stereotipi c'è qualcuno che ha avuto il carisma e il coraggio di inventarli. Fa ridere sentire parlare di Farmer come se fosse quasi qualcuno che copia gli scrittori di oggi. Come mia figlia che sentendo Your Song cantata nel film da Ethan Hawke su Moulin Rouge e poi la versione originale di Elton John pensava che quella di quest'ultimo fosse una cover. Beata ignoranza.
RispondiEliminaehm… kevin1963, perché prima di darmi dell'ignorante non provi a rileggere quanto scrivevo riguardo a Fabbricante di Universi?
RispondiEliminaMi dici in che maniera quello che ho scritto riguardo al romanzo è sbagliato? o in che punto ho dimostrato la mia ignoranza di Farmer (cavoli, non ho quasi parlato di Farmer!) descrivendo lo svolgersi della vicenda?
Grazie.
Mi scuso con te per la pragmaticità e l'impeto con cui ho esordito, figli di una passione sviscerata per Farmer sin da ragazzino. Pensa che è con I Fabbricanti di Universi che mi sono avvicinato alla fantascienza. Ho riletto meglio il tuo post e approfondito la lettura di alcune parti del tuo blog. (che mi riprometto di frequentare perchè molto interessante e ben realizzato). Ritiro sicuramente l'attacco ingiustamente duro, così come ritengo di aver dato un giudizio affrettato sulla tua esperienza nel campo...ma rimane il mio dubbio comunque (rispettabilissima l'opinione ripeto) sul giudizio da te dato al libro in questione. Ti incollo velocemente i primi tre commenti trovati a tre link a te ben noti. Nulla da eccepire sul fatto che ognuno ha diritto e DEVE gridare la sua di voce...Ritienilo solo una sottolineatura dovuta alla cara nostalgia attuale e alla vibrante passione per l'avventura di allora che questo romanzo sbrigliato e i suoi cieli verdi hanno evocato in me tanti anni fa ;-)
RispondiEliminaWikipedia
Il fabbricante di universi tocca vette elevate nell'immaginazione fantascientifica proponendo contemporaneamente diversi temi che altri svilupperanno singolarmente in una molteplicità di libri: Il viaggio nel tempo, gli universi paralleli, la modificazione genetica, l'immortalità, la discrezionalità degli dei ed il loro interferire nelle cose terrene ed ancora...
www.fabbricantidiuniversi.it
Ciò che Farmer realizza con questo suo ciclo dei Fabbricanti di Universi è un’apoteosi dell’immaginazione, dove i veri protagonisti sono i mondi partoriti dalla fantasia dello scrittore.
www.fantascienza.com
Primo di sei romanzi dedicati al ciclo dei Fabbricanti di Universi, questo romanzo è una rutilante galoppata tra le idee che Farmer sparge a ogni pagina, con cambiamenti di scena continui e avventure sfrenate.
Non vengono affrontate tematiche particolari, quello che interessa Farmer è divertire, e lo fa alla maniera della fantascienza dei pionieri...
Ehi Kevin1963, potevi ben dirlo che per te Farmer era una religione! :-)
RispondiEliminaA parte gli scherzi, quello che scrivo non ha alcuna pretesa di verità oggettiva, è semplicemente l'opinione di un lettore a cui non interessa troppo attribuire un valore storico alle sue letture quanto piuttosto divertirsi con i libri che gli passano per le mani.
Che Farmer sia un ottimo conoscitore delle dinamiche avventurose, dei miti letterari (e non) che ci accompagnano dalla notte dei tempi importa solo se uno si mette a fare un'analisi critica della sua produzione, ma come dicevo sopra io sono solo un lettore mica un esegeta farmeriano ;-)
E ribadisco, checche ne dicano Wikipedia o fantascienza.com a me quel romanzo non è piaciuto, che ci devo fare?
Comunque la pensi mi ha fatto piacere rivederti sul blog, e spero che su altri romanzi si possano trovare delle convergenze di giudizio. (oppure no, però nel caso se ne può sempre discutere)
A presto!
Ah, Farmer... Da tirarsi dietro quando le circostanze permettono solo lettura frammentata - viaggi aut similia. Non parlo per me, che l'ho letto e non lo leggo più, e che ormai lo apprezzo solo come spurio Kilgore Trout. Quando lo leggevo ciò che mandava avanti le pagine del Cosmo Oro nella mia mano poco entusiasta era semplicemente la curiosità di vedere la prossima sterzata, la prossima trovata. Divertimento quasi niente. E ogni tanto,lo confesso con una certa vergogna, saltavo qualche paragrafo.
RispondiEliminaFarmer mostra tanto, sottointende poco; e io penso che la maggior parte dell'interesse di un testo risieda nel sottotesto, o meglio nella sua evocazione - resa possibile dalla qualità della scrittura più che dai temi trattati.
Cesso di occuparmi di PJF, e vado a caccia delle tue etichette (solo dieci minuti ancora, giuro a me stessa...)