08 marzo 2011

Un gelido inverno


Picture by Sam's Myth.

Ci sono film capaci da soli di riconciliarti con il cinema, la vita e tutto quanto. Forse perché gli ultimi film visti avevano un'apparenza eccessivamente patinata per colpire davvero, forse perché da troppo tempo vedo film in cui la realtà è sommersa dalla sua rappresentazione spettacolare, o forse, più semplicemente, perché mi sono ormai rassegnato alla funzione consolatoria della maggior parte del cinema popolare contemporaneo. Per tutti questi motivi vedere Winter's Bone (Un gelido inverno è il titolo con cui è stato malamente distribuito in Italia) mi ha fatto l'effetto di una salutare sferzata di vita, capace di colpire insieme occhi e stomaco, cuore e cervello.
Il film di Debra Granik non cerca compromessi o facili accomodamenti e conduce lo spettatore, senza cedere un passo a retorica e melodramma, nella vita di Ree Dolly, accompagnandola nella ricerca di un padre scomparso, con due fratelli e una madre a cui badare, nel deserto di relazioni che la circonda.

Occhi
Il Missouri fotografato da Michael McDonough riverbera la desolazione delle vite dei suoi abitanti. La miseria degli uomini fa da contraltare alla ricchezza documentaristica di dettagli, rovine e immondizia che riempiono i fotogrammi dedicati alla comunità rurale protagonista della vicenda, mentre quelli dedicati alla natura circostante spiccano per il rigore monocromatico dei toni e la rigidità di forme e movimenti. I colori sono gelidi: bianchi e azzurri e grigi, pronti a scaldarsi solo negli interni della famiglia di Ree, o durante il compleanno in Arkansas, a sottolineare i brevi momenti in cui il freddo delle relazioni si sbriciola nel calore di una vera casa.
E poi ci sono le facce. Miserabili. Perfette. Ognuna con tracciata sulla pelle la mappa delle privazioni di vite intere trascorse a sopravvivere al gelido inverno della loro stessa miseria.

Stomaco
Non c'è pudore nello sguardo di Debra Granik, ma c'è un'immensa compassione per tutte le donne che reggono le sorti del suo film. Donne che tagliano la legna e cucinano, donne che scuoiano cervi e sbudellano scoiattoli, donne che insegnano a sparare ai bambini e donne che picchiano altre donne, donne cani da guardia e donne malate, donne complici e donne ostinate. Gli uomini ci sono, la loro presenza è fondamentale: sono quelli che governano, sono la legge e l'ordine, il denaro e lo squallore. Concedono udienza, e qualche volta sono anche d'aiuto, per poi ammazzarsi di droga e violenza. Gli uomini passano e se ne vanno, sono le donne quelle che restano.

Cuore
Winter's Bone si regge tutto sugli sguardi e la testa dura di Jennifer Lawrence, che cede cuore e anima a Ree Dolly rendendola tanto vera, viva e disperatamente testarda da chiedersi se anche lei ha passato l'infanzia a caccia di scoiattoli, a combattere solo per farsi ascoltare, senza perdere per strada nemmeno un briciolo della tenerezza che il suo personaggio riserva a madre e fratelli.
A tener testa a Jennifer Lawrence c'è John Hawkes, l'attore che interpreta il ruolo di Teardrop, zio di Ree, che si dimostra abilissimo nel rendere insieme trasparente e tangibile l'evoluzione del suo personaggio. Teardrop è l'unico in tutta la vicenda ad accettare i rischi di un cambiamento, che si trasforma da topo di fogna, indistinguibile dalla massa dei suoi pari, in principe tossico e vendicatore, perfettamente conscio dell'inutilità di ogni azione, ma pronto ad esercitare comunque ogni oncia del suo potere di maschio.

Cervello
Abbiamo deciso di andare a vedere Winter's Bone dopo aver letto l'entusiastica recensione di Elvezio Sciallis. Ci siamo riusciti per un pelo, che il fine settimana appena trascorso è stato l'unico in cui il film veniva proiettato a Modena. Nel frattempo m'è capitato di leggere qualche commento nei blog qui vicino (quello di Giovanni De Matteo, per esempio, o quello di Anna Feruglio Dal Dan) tutti concordi nell'evidenziare l'eccezionalità di un film simile.
Io credo che Winter's Bone sia un film diverso dal solito per un particolare fondamentale: ci sono donne vere che fanno cose vere.
No. Winter's Bone non è un film femminista. Piuttosto Winter's Bone è un film che scopre - finalmente! - il ruolo femminile in un contesto da sempre dominato da figure maschili. Il contesto in questione non è né il western né il gotico (generi associati più volte al film della Granik, ma che si scorgono più nella resa dell'ambiente che non nello sviluppo della narrazione), quanto piuttosto il gangster movie più classico, virato questa volta nei già citati toni gelidi dell'inverno rurale.
In Winter's Bone ci sono i legami di sangue che si scontrano con l'economia illegale del clan, ci sono ruoli scolpiti nella roccia che solo la violenza è in grado di scalfire, ci sono spazi personali ridotti in funzione delle necessità del gruppo, ci sono rigorosi codici di appartenenza e punizioni esemplari se si sgarra. C'è la tribù indigena che protegge il confine dal nemico alle porte, c'è un senso di appartenenza irrinunciabile nonostante l'acuirsi dei contrasti personali.
In questo scenario Ree Dolly non è una rivoluzionaria, non rappresenta alcuna emancipazione, incarna semmai la forza disperata degli affetti che si scontra con l'insensibilità costruita su dollari e paura.
Non ci sono cattivi in questo film. Tutti i personaggi hanno ottime ragioni per fare quello che fanno.
C'è la miseria e la lotta per la sopravvivenza che uccide ogni sentimento e nessun futuro all'orizzonte. In effetti se l'esito della vicenda è un probabile punto di non ritorno per la vita di Teardrop, costituisce solo una parentesi nella vita di Ree, che non è difficile scorgere nei volti delle altre donne del film il suo stesso destino.
Speriamo che se la cavi.

8 commenti:

  1. Un grandissimo film, tra i migliori dei candidati dell'Academy e nelle visioni di questi primi mesi del 2011.
    Ottimo post, davvero.
    Ripasserò molto volentieri.

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  2. Gran bella recensione, Iguana.
    Degna di cotanto film.

    (applauso)

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  3. Curioso come si possa guardare lo stesso film con occhi diversi, ma a quanto pare provando la stessa emozione. Per me Un gelido inverno è un film senza buoni, con più ombre che luci, e le intenzioni che animano tutti i personaggi sono sempre strumentali, mai ideali. Nessuno agisce per principio, tutti lo fanno per semplice bisogno o per il proprio tornaconto personale (o familiare).

    La stessa Ree Dolly non esita a insegnare la legge della sopravvivenza ai suoi fratelli e si comporta come si comporta nel rispetto della stessa legge ("Sono una Dolly fatta e finita", dice al delegato del giudice) che fino alla fine non rinnega mai ("Tu la devi smettere di avere paura di un sacco di cose", dice al fratello minore).

    Concordo con te che la sua figura è tutto fuorché rivoluzionaria, perfettamente integrata nel contesto in cui agisce. Ne rappresenta anzi la celebrazione delle dinamiche, la dimostrazione matematica che solo esercitando una volontà superiore rispetto a quella di chi ci circonda e si oppone a noi possiamo raggiungere i nostri scopi.

    E' semmai rivoluzionaria la rappresentazione di questo quadro umano e sociale, così realistico e altrettanto spietato dell'occhio che lo immortala.

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  4. Mr. Ford, iu ar uelcom! :-)
    Grazie per l'apprezzamento e a presto, dunque.

    Un sentito ringraziamento per le belle parole anche ai visitatori dai pianeti limitrofi!


    Giovanni, tu invece mi sorprendi! :-)
    Per una volta che mi pareva le nostre visioni coincidessero mi dici che invece abbiamo visto due (ottimi!) film dversi?
    Io concordo con te sul motore tribale e quindi pragmatico che muove tutti i personaggi. È proprio questa constatazione che rende universale la storia narrata in Winter's Bone, che se anche ambientato negli Ozarks poteva essere riproposta identica in qualsiasi località depressa del nostro occidente.
    E Ree è perfettamente integrata in questa narrazione: come per gli altri personaggi tutte le sue azioni sono tese alla mera sopravvivenza, che visto il contesto è già un ottimo risultato. Quello che la differenzia, e che differenzierà progressivamente anche suo zio Teardrop, è il fuoco che la muove, che è lo stesso fuoco che muove la coppia protagonista de La strada.

    L'unico punto sul quale cui mi pare di avere un'opinione diversa dalla tua riguarda i motivi che rendono Winter's Bone un film eccezionale. Io credo non ci sia alcunché di rivoluzionario nell'approccio naturalistico della Granik al racconto (nel tuo post ricordavi The Wrestler, un altro film, che oltre alle indubbie similitudini fotografiche appiccica la macchina da presa al suo protagonista e non lo molla un attimo per tutta la durata della pellicola). Il fattore che rende diverso e unico Winter's Bone è la sua capacità di portare in primo piano un altro mondo, quello femminile che, seppur con connotati diversi, si dimostra altrettanto vivo e vitale di quello maschile. Realtà femminile che viene solitamente ignorata (o stereotipata, o ridotta ai minimi termini, e comunque sempre accessoria a quella del maschio del caso - vedi appunto the Wrestler) e che è invece capace di illuminare di nuovi significati anche i contesti cinematografici più frequentati.

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  5. Il fuoco che accomuna Ree e Teardrop è molto più vivo di quello che guida i protagonisti di The Road, che resta sempre confinato, fino al finale consolatorio, in una sfera metafisica. Al contrario di McCarthy, in Winter's Bone il fuoco fino alla fine è sì un motore, ma anche una minaccia, tant'è che il finale volutamente "irrisolto" lascia intuire che, laddove Ree è finalmente pacificata e può tornare a prendersi cura della sua famiglia, Teardrop potrebbe proseguire lungo la spirale della violenza, fino a rimanerne bruciato.

    Per il resto, concordo sulla centralità del ruolo della donna, ma in fondo anche la spogliarellista di The Wrestler forniva un ritratto efficace, per quanto il suo ruolo fosse appunto subordinato a quello dell'Ariete. A rendere ancora più interessante e singolare Winter's Bone è l'assoluta derubricazione di ogni slancio di sensualità dal copione della Granik: come se il film volesse davvero isolare in maniera definitiva la donna dal ruolo a cui lo sguardo maschile, irrimediabilmente, finisce sempre e comunque per ridurla.

    Oltre alla veridicità del suo personaggio, in fondo Ree Dolly si fa ammirare anche per questo suo distacco quasi sovrannaturale.

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  6. Il fuoco che muove Ree non è quello che la lega a Teardrop, ma il legame molto più stretto e sentito e potente con i fratelli e la madre, e quel fuoco è molto molto simile a quello di cui si fanno portatori il padre e il figlio de La strada (a scanso di equivoci, mi riferisco al romanzo di McCarthy, che il film non l'ho visto).
    Tra Ree e Teardrop c'è solo amore residuale, quel poco che riesce a sopravvivere ai guai di una vita spesa a rinnegarlo o almeno a dargli un'interpretazione totalmente pragmatica. C'è una necessità reciproca che lega i due personaggi: Teardrop ha bisogno della forza di Ree, Ree ha bisogno di un aggancio nel mondo degli uomini. Questa necessità si trasforma infine in rispetto reciproco, che chiamarlo affetto è forse eccessivo, ma solo dopo che Teardrop ha deciso da che parte stare.

    Non mi pare che in Winter's Bone manchi l'attenzione alla sfera sessuale: i primi approcci di Teardrop a Ree sono minacciosi tentativi di seduzione, che servono alla Granik a stabilire il canone dei rapporti tra uomini e donne che si svilupperà per tutto il corso della pellicola.
    Poi certo, il discorso sui rapporti tra uomini e donne si sposta verso altri ambiti, ma solo dopo aver mostrato come la possibilità di qualsiasi rapporto umano si sia del tutto atrofizzata.

    Per quanto riguarda The Wrestler, posso dirti che per quanto abbia apprezzato la straordinaria interpretazione di Marisa Tomei, lo sviluppo delle relazioni dell'Ariete con il suo personaggio e con la figlia sono, secondo me, l'unico difetto di una pellicola per il resto davvero notevole. In un film anti-retorico come quello di Aronofsky ho trovato quasi insopportabile lo smaccato svolgimento melodrammatico di quei rapporti.

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  7. Confermo l'impressione che i nostri rispettivi approcci al film sono stati antitetici :-)

    Io non ci ho visto nulla di "minacciosamente" sessuale nel rapporto tra Teardrop e Ree, nemmeno nei primissimi, difficoltosi contatti tra i due. E anche parlare di affetto, per quanto residuale, mi sembra eccessivo (quale parvenza di affetto può sussistere in un uomo che offre anfetamine alla nipote?).

    Il canone dei rapporti obbliga invece Teardrop a non dimostrarsi da meno di Ree, nei confronti della memoria del fratello scomparso. E' questo che per me lascia sottintendere il finale: Ree è pacificata, può tornare con senso pratico alla cura della casa che è riuscita coraggiosamente a salvare; Teardrop invece non sa ancora se riuscirà a fermarsi, tanto è forte il vincolo sociale che lo obbliga a proseguire nella faida. Non è nemmeno una battaglia ideale, la sua, quanto l'incapacità di accettare qualcosa che eccepisce alle dinamiche relazionali a cui è stato educato.

    E in effetti, per come ho visto io il film, tutto Winter's Bone è la storia di un processo di educazione sul campo: ma la lezione che apprende porta Ree a una maturità diversa da tutti i Dolly maschi che l'hanno preceduta.

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  8. Ma guarda che sulla lettura del finale siamo invece del tutto concordi (cfr quel che scrivevo nel post).

    Sulla questione affetto/amore, beh… eri tu più sopra che legavi Ree a Teardrop in un rapporto decisamente più profondo (il fuoco de La strada) di quel che a me era apparso nel film.
    Io credo invece che il loro legame si sviluppi in un crescendo man mano che la vicenda procede verso la sua conclusione: quello tra Ree e Teardrop è l'unico rapporto che evolve e si trasforma nel corso del film.
    Che poi tu gli riconosca valenze solo pragmatico/tribali e io ci legga una sfumatura sentimentale, beh… ci sta. Questo è uno di quei dettagli che è inevitabile ognuno legga a modo suo.

    E in fondo credo anch'io che Winter's Bone sia la storia di un'educazione. Solo che per me il personaggio che arriva ad una maturità diversa non è Ree, ma Teardrop.

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