06 marzo 2012

Space Opera a confronto: Il tempo del vuoto, di Peter Hamilton / Matter, di Iain M. Banks

foto di Giorgio Raffaelli
Ho letto Il tempo del vuoto e Matter a poca distanza uno dall'altro, e no, non è stato un caso. Dopo aver concluso il romanzo di Peter Hamilton, che è poi il secondo della trilogia del vuoto (del primo avevo parlato qui), sentivo il bisogno di leggere qualcosa che riportasse la Space Opera a un livello più consono alle sue potenzialità di riflessione e speculazione sulla vita, l'universo e tutto quanto. Detto in altre parole, avevo bisogno della Cultura.

Prima che arrivi marco con un "te l'avevo detto io!", che è da parecchio che si prende gioco di me per le buone parole spese su Hamilton nel tempo, sarà forse il caso di giustificare in qualche modo la preferenza accordatagli (ad Hamilton, non a marco).
Ho scoperto Peter Hamilton grazie ai commenti entusiasti di più di una conoscenza on-line, ai tempi di it.cultura.fantascienza e della Fantascienza Mailing List. Quando Urania ha proposto in una dozzina di volumi la sua trilogia de L'Alba della Notte ne sono diventato un appassionato lettore. Sono tuttora convinto che  quel ciclo rappresenti uno dei migliori esempi recenti di fantascienza popolare: le dimensioni cosmiche della narrazione, la storia avvincente, la messe di meraviglie, i personaggi ben tratteggiati, le sorprese e le emozioni. In quei romanzi c'è tutto quel che serve per intrattenere il lettore, e poco importa se l'intrattenimento è l'unico risultato, mica sempre si ha voglia di  profondità e riflessione.
Viste le premesse, la notizia della pubblicazione di un nuovo libro di Hamilton mi ha trovato in prima fila, pronto ad immergermi nuovamente nell'universo dell'autore inglese. In effetti con Il sogno del vuoto, primo volume di questa nuova trilogia, la lettura non è filata proprio liscia, ma l'esperienza non è stata nemmeno così negativa da esaurire la linea di credito di cui Hamilton godeva. Ne Il tempo del vuoto le qualità e i difetti riscontrati nel volume precedente rimangono grosso modo gli stessi. Il plot principale in cui confluiscono le storie e le situazioni che costituiscono il cuore della vicenda assume (finalmente!) una sua forma, ma la lettura non riesce mai ad essere così avvincente da non lasciar scorgere ridondanze e difetti strutturali, che riguardano soprattutto la scarsa personalizzazione dei personaggi, e l'impressione di una bulimia creativa (tutto è sempre più grande, più potente, più incredibile) che appiattisce il potenziale meraviglioso delle invenzioni dell'autore in una massa narrativa informe  (e anche piuttosto ingombrante). Il libro si lascia comunque leggere e non escludo a priori l'acquisto della parte finale della storia, che stanti i difetti menzionati, Hamilton è comunque in grado di intrattenere il lettore. Se rimane l'incertezza sulle effettive capacità dell'autore di condurre in porto una vicenda di siffatte dimensioni, sono però curioso di leggere come andrà a finire il tutto.

Iain M. Banks invece… beh… Iain M. Banks è tutta un'altra cosa. Certo, in apparenza Matter ha più di un aspetto in comune con Il tempo del vuoto. Oltre a essere catalogabili come Space Opera, in entrambi i romanzi aspetti caratteristici della fantascienza più classica (scenari galattici, tecnologia postumana, intelligenze artificiali etc etc) spartiscono la scena con società arretrate e con una profonda immersione in quelli che a prima vista appaiono essere aspetti caratteristici dei più tradizionali romanzi fantasy.
Detto questo i due romanzi non potrebbero essere più diversi per costruzione, svolgimento, profondità.

Quel che Hamilton cerca di ottenere per continua addizione e moltiplicazione (di scenari, personaggi, invenzioni ed esplosioni) Banks lo ottiene catalizzando l'attenzione del lettore su una manciata di personaggi e sulla meravigliosa e progressiva rivelazione dei legami tra i mondi e i protagonisti, rivelazioni che costituiscono l'asse portante della narrazione. Matter si svolge per la maggior parte su un enorme pianeta artificiale stratificato, con livelli che si sovrappongono concentrici uno sull'altro, alcuni abitati, altri deserti, altri con funzioni sconosciute o dimenticate. Su uno di questi livelli vivono e properano i Sarl, una razza umanoide strutturata in una società a mezza via tra un passato di stampo tardo medievale e i primi passi di un'era industriale, società che nonostante l'evidente gap tecnologico è ben conscia dell'esistenza, al di fuori del proprio mondo, di un universo frequentato da razze e culture infinitamente più potenti se non altrettanto progredite. Per una serie di eventi che pescano dalla tradizione più classica degli scenari letterari (tradimento, usurpazione, guerra) i Sarl, nello specifico alcuni appartenenti della famiglia reale al governo, si trovano coinvolti in uno scenario galattico che sfugge alla loro piena comprensione ma che non di meno influisce attivamente sulla loro esistenza.

Matter è l'ottavo romanzo di Iain M. Banks in cui compare la Cultura. Come sempre accade con l'autore scozzese, il fulcro della vicenda sta nel confronto tra la visione Culturale dell'esistenza e quella del resto dell'universo, che si esplicita nell'incontro tra individui cresciuti in contesti differenti, costretti a confrontare visioni etico/morali spesso antitetiche o comunque problematiche (per il lettore, se non per i personaggi stessi).
Sulla Cultura stessa ci sarebbero parecchie cose da dire. In un estremo tentativo di sintesi direi che la società distribuita inventata da Banks è uno dei rari casi di utopia funzionante che non si risolve in una semplice stasi sociale, ma che rimane dinamica e vitale grazie alla molteplicità di voci diverse che la animano e al confronto, spesso tutt'altro che pacifico, con il resto dell'universo. La Cultura è un'anarchia ricca, fondata sull'assunto dell'abbondanza di risorse e sull'amministrazione delle stesse da parte di intelligenze superiori (le Menti) che convivono con una molteplicità di esseri viventi (soprattutto umanoidi) che si adattano al codice morale della Cultura stessa.
(Oltre alla lettura dei romanzi, un punto di partenza consigliato per esplorare la Cultura potrebbero essere queste "note sulla Cultura" scritte da Iain Banks qualche anno fa).

Da quando ho iniziato a leggere fantascienza la Space Opera non è mai stata in cima alle mie preferenze. Le meraviglie con cui preferivo confrontarmi erano quelle che riguardavano tecnologia e società, piuttosto che quelle cosmiche e impalpabili dello spazio profondo, rese magari concrete e appetibili a suon di battaglie spaziali, astronavi e alieni assortiti. Iain M. Banks è riuscito a convincermi delle potenzialità che anche la Space Opera possiede di approfondire temi e situazioni decisamente più vicine alla vita quotidiana di questo spicchio di esistente. Il merito principale che riconosco all'autore scozzese è quello di essere riuscito a portare al centro della narrazione un dilemma etico, piuttosto che uno scontro tra visioni politiche contrapposte o le conseguenze che qualsiasi scelta morale porta con sè, miscelandolo senza soluzioni di continuità con i più incredibili, meravigliosi, colossali scenari cosmici, riuscendo a rendere appassionanti, divertenti e coinvolgenti le più complesse tra le interazioni sociali, creando, romanzo dopo romanzo, una serie di personaggi indimenticabili, da Bora Horza Gobuchol, fino a Djan Seriy Anaplian, passando per tizi del calibro di Jernau Morat Gurgeh o dell'uomo conosciuto come Cheradenine Zakalwe.
Non fossero sufficienti i mirabolanti contenuti dei suoi romanzi, ai pregi di Iain Banks vanno aggiunti una sapiente costruzione delle vicende narrate e una ricchezza stilistica che è riscontrabile in pochissimi altri autori di genere (Gene Wolfe e Ian McDonald sono gli unici che mi vengono in mente). La produzione fantascientifica di Iain M. Banks (che ha all'attivo anche tredici romanzi mainstream, a firma Iain Banks) è stata abbondantemente tradotta in italiano fino alla fine del secolo scorso, mancano purtroppo all'appello i tre romanzi usciti dopo il 2000.






31 commenti:

  1. Non avendo letto MATTER non posso fare il confronto.
    Su Hamilton, invece posso parlare. Ho finito di leggere da poco IL SOGNO DEL VUOTO, e in molti punti l'ho trovato estremamente noioso e ridondante.
    la parti su Querencia potevano anche scorrere bene, lì sembrava di leggere uno Space fantasy, sia pure molto scontato e "telefonato"; ma le parti nel nostro continuum erano eccesivamente strapiene di personaggi e lunghe.
    Penso che comprerò il capitolo finale della trilogia (più che altro per motivi di completezza) ma non so se in futuro acquisterò altro di Hamilton.
    Ciao.

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    1. Metti il dito su un altro dei difetti della Trilogia del Vuoto: a fronte di una quantità esagerata di effetti speciali, le sorprese latitano e lo svolgimento delle varie vicende è spesso assai prevedibile.

      Sembra quasi che Hamilton sia rimasto prigioniero del successo (meritato!) de L'alba della notte e non sia riuscito a uscire da quella forma di narrazione.

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  2. Oh, finalmente un articolo critico. Purtoppo non sono in grado di aggiungere nulla a quanto scrivi, mi mancano entrambi i libri all’appello per poter intervenire nello specifico. Permettimi però di spezzare una lancia a favore del sotto genere space opera; per come lo vedo io è sempre stato un perfetto modo di allargare al massimo il raggio d’azione di una vicenda e di trasporre nella SF gli stilemi degli altri generi narrativi. Poi ce ne corre, a secchiate, da come scriveva A.E. Van Vogt rispetto allo Iain Banks di oggi; non a caso sono passati cinquant’anni, con tutto quello che è cambiato nel frattempo. Anche i lettori sono cambiati e le loro aspettative riflettono le inquietudini di questi tempi con tutto quello che ne consegue.

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    1. Massimo rispetto per la Space opera, ci mancherebbe! Solo non avrei mai immaginato sarebbe diventata una delle mie letture preferite.

      Io comunque non sarei mica così sicuro che tutto il tempo trascorso da Van Vogt a oggi sia servito a sfornare prodotti più consapevoli. Perché è vero, a scrivere Space Opera ci sono ora i Banks e gli Egan, ma a me pare che un autore come Hamilton scriva le stesse cose di un tempo, solo adattate al gusto attuale.

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    2. Non considero Hamilton un autore di punta. Assolutamente no.

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    3. Nemmeno io, però sembra esserlo dal punto di vista commerciale* (un po' come Reynolds del resto). E mi stavo chiedendo se dopotutto i romanzi di Hamilton non siano l'equivalente di quelli di un Van Vogt. Come se i sessant'anni che li separano fossero trascorsi solo dal punto di vista tecnico, quando invece i contenuti sono rimasti praticamente invariati.

      * per quel che vale, trattandosi di fantascienza, oggi.

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  3. "il tempo del vuoto" è in attesa, ma se urania rispetta i tempi a breve dovrebbe uscire l'ultima parte, e magari me li leggo tutti insieme. il primo non mi era dispiaciuto, ma era un libro con un "peso specifico" molto basso.

    Banks in effetti devo riprenderlo, dopo "the algebraist" non ho letto altro... mi sa che farò un giretto su amazon a breve.

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    1. A pensare di leggere i tre romanzi del vuoto uno dietro l'altro mi sale un po' d'angoscia! :-)

      Mi pare invece un ottimo proposito quello di recuperare il Banks perduto: hai solo l'imbarazzo della scelta.

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  4. A proposito di preferenze, fa un certo effetto vedere il mio non-blog nel blogroll...

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    1. Credevo di avercelo infilato da tempo, e invece ieri dando una controllata all'elenco mi sono accorto che ancora mancava…
      (BTW, mi piacerebbe capire come e perché scegli quel che pubblichi.)

      Tornando a 'sto post, non mi sembra di averti mai sentito esprimere la tua opinione su Banks.
      C'hai voglia di rimediare? Grazie!

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    2. Non capisco bene quello che intendi. L'idea era di evidenziare autori o libri che sono stati importanti per me, che ammiro o trovo interessanti. In alcuni casi la scelta è obbligata - magari hanno scritto un solo libro, o solo una cosa che per me è significativa.
      In caso di autori più famosi o di cui mi piace quasi tutto mi sento in diritto di evidenziare talvolta opere magari minori o ironiche; oppure scegliere qualcosa di appropriato per una data occasione o che si lega bene con i post vicini. Per esempio ho scelto The Crying of Lot 49 perché, essendo un romanzo sull'entropia che parla di una donna che vede la propria vita sfaldarsi, si accompagnava bene a The Heat Death of the Universe, che è un racconto (molto diverso, peraltro) che potrebbe essere descritto negli stessi termini. Ho cercato di organizzare molti rimandi di questo tipo.
      Ci saranno anche autori più leggeri o meno indispensabili, ma l'obiettivo è di esaurire tutti gli autori che apprezzo - ho già buttato giù i nomi ed ho in mente ancora 200 post circa.

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    3. No beh… non mi riferivo tamto alla scelta di titoli e autori (immaginavo che fossero tra i tuoi preferiti), quanto alla scelta della porzione di testo che citi.

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    4. Ah... Quando ho fatto il primo post, quello su arte vita etc.
      http://jelimarco.tumblr.com/post/10975306995/life-art-truth-story
      avevo abbastanza chiaro quello che volevo metterci e le citazioni si sono organizzate quasi da sole, ma per farlo in maniera sistematica dovrei rileggerli tutti, per cui mi limito alle prime righe/paragrafi (saltando o meno prologhi ed introduzioni a seconda dei casi) e anche lì se devo scegliere fra diversi romanzi magari scelgo le prime righe più efficaci o citabili.

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    5. A parte quando invece scelgo una frase da metà della seconda pagina, come oggi ;)

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  5. Eccomi qui e grazie per l'invito sul tuo blog. Perchè non vado d'accordo Banks ed Hamilton dunque.
    Anni fa lessi un paio di romanzi di Banks, Inversion e Cryptosfera, e mi erano abbastanza piaciuti soprattutto il primo mentre del secondo, a distanza di tempo, ho un ricordo di una certa confusione nella narrazione; tant'è che la storia la ricordo pochissimo anzi quasi per niente mentre la confusione sì.
    Di recente ho provato a leggere The Algebraist, anche grazie alla TUA recensione su aNobii ;-), e l'ho abbandonato. Avrei dato il veleno al Luseferous, io adoro i malvagi ma questo era talmente malvagio da sembrarmi una caricatura, e buttato tra i gas di Nasqueron il protagonista, così risolveva il suo dubbio amletico una volta per tutte, per di più sono allergica agli alieni umanizzati (ma stranamente sopporto quelli di Vinge, stranezze dei miei gusti distorti). Insomma da un lato non ho amato la caratterizzazione dei personaggi dall'altro ho trovato Banks un po' ripetitivo, due volte il ciclo di vita dei Dwellers, nonché invadente, nella sbrodolata di Fassim sul vivere o morire (il dubbio di cui sopra) ho sentito troppo Banks che filosofeggiava. La ripetitività l'ho trovata anche in The Wasp factory, non l'ho abbandonato però, ho solo saltato le pagine centrali.
    Stilisticamente non trovo Banks difficile, così come non lo è Hamilton, giusto per passare all'altro autore, il quale invece trovo eccessivamente verboso; la sua cura maniacale nel descrivere ogni minimo dettaglio uccide senza pietà il mio sense of wonder.
    Con molte meno parole Ian McDonald, per citare un autore che piace a entrambi, presenta storie, ambientazioni e personaggi con molta più efficacia e raffinatezza nonostante uno stile ben più complesso.
    Ecco, ora spero di non venire asfaltata per avere massacrato Banks e Hamilton :-)

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    1. Ciao Klytia! Grazie a te per aver accettato l'invito!
      Mi sento un po' in colpa per The Algebraist, ma mi consola vedere che almeno su Inversion e Criptosfera siamo d'accordo.
      In effetti Banks filosofeggia parecchio nei suoi romanzi e posso ben capire che se non si apprezza il suo approccio alla lunga risulti ripetitivo. A me l'autore scozzese piace invece proprio per il suo continuo sovrapporre un metatesto filosofico/morale tendente al pessimismo (o almeno a una certa amarezza di fondo) all'avventura più sfrenata e divertente sia dato di leggere. Per cui certo, molti dei suoi personaggi sono sopra le righe (per non parlare dei droidi!), ma credo che sia una scelta consapevole dell'autore, un modo per rendere sopportabili situazioni altrimenti intollerabili. Se non altro il suo filosofeggiare non prende mai la forma dell'infodump ma è sempre ben integrato nella narrazione.

      La fabbrica degli orrori è costruito piuttosto meccanicamente, è vero, e lavora più di colpi allo stomaco che di ricercatezza stilistica. Però è breve e offre più di un motivo di riflessione. Insomma, ai tempi a me piacque parecchio.

      Lo stile di Banks non è difficile, ma ricco: usa un sacco di parole diverse, in modo creativo, strutturando in modo piuttosto complesso la narrazione, sia a livello più ampio dello svolgimento della storia, sia a quello più minuto della presentazione e costruzione dei personaggi. Non avrà il senso del ritmo di Ian McDonald, ma l'autore di Belfast mi sembra comunque il più vicino a Banks, oltre che per la qualità della scrittura anche per i temi e le suggestioni dei suoi romanzi, cambia il setting delle storie, ma le fondamenta sono le stesse.

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  6. Non ho letto l'ultimo Hamilton e devo ammettere di non aver letto niente di Banks. Azzardo invece un confronto di Hamilton (trilogia dell'alba della notte) con i due romanzi di Alastair Reynolds usciti in Urania, sempre in un'ottica di ambito space operistico (o space operaio?).
    Parrebbe esista una scuola inglese (tutti i termini sono non miei ma mesiati dalle quarte di copertina) di nuova space opera alla quale i due vengono fatti appartenere.
    Questo tanto per partire con le etichette di cui Urania fa ampio uso (temo che sarò inevitabilmente polemico).
    Reynolds è stato accostato ad Hamilton per la frequentazione degli stessi territori e le dimensioni extralarge dei suoi libri. In aggiunta Lippi lo colloca un gradino più sopra, mi pare di aver capito, per via della profonda ricerca escatologica di cui intesse i suoi testi.
    Personalmente ho preferito Hamilton per il senso di divertissement che pervade la trilogia e il piacere dell'invenzione che lo apparenta abbastanza a Farmer, per certi versi.
    Reynolds, al contrario, e paradossalmente, tratta temi cosmici raccontandoci cosa succede in uno sgabuzzino, dal punto di vista di una scopa e di uno straccio.
    Se Hamilton tratteggia superficialmente i personaggi che sono solo veicoli per l'avventura (l'opera), Reynolds profonde complessità psicologiche che, in primis, non gli riescono perché, a mio parere, sono artifici voluti e preparati a tavolino da inserire meccanicamente, secondariamente, Reynolds non ha la complessità umana per rendere credibili aspetti che non comprende bene a sua volta. Questo difetto appartiene spesso agli scrittori con estrazione scientifica (per non parlare dei nuovi geeks fanta-informatici); pure Egan che a me piace moltissimo perché ha introdotto a piene mani come forse nessuno la speculazione (fanta) scientifica, ma, a differenza di Reynolds, in Egan ho trovato onestà. Penso che da Egan la trattazione delle idee e della direzione in cui ci possono portare sia un fenomeno legato alla persona e non un escamotage letterario da preparare a tavolino (questo non ha nulla a che fare con il lavorìo e la limatura del testo).
    Reynolds sceglie, a mio avviso, un tema che non gli appartiene, come sensibilità; non ho mai avuto la sensazione di un passaggio fluido tra le varie "sezioni" del romanzo. Tecnica che Hamilton padroneggia meglio. Hamilton non ha la pretesa di far sentenziare i suoi personaggi, cosa che Reynolds fa, invece.
    Ed è qui che casca l'asino: i dialoghi e le motivazioni vengono incastrati nella storia come se uno volesse risolvere un cruciverba inventandosi le risposte alle definizioni, basta che stiano nel numero preciso di caselle.
    Hamilton, come dice, è bulimico e procede per addizione. Se vende bene, più scrive, più lo pagano (credo che questa sia una considerazione da tenere sempre presente).
    Cosa mi consigli per cominciare con Banks?

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    1. Innanzitutto grazie per il tuo corposo contributo. Direi che hai inquadrato molto bene le differenze tra Hamilton e Reynolds, sul quale mi pare di poter dire abbiamo opinioni simili (cfr questo post ). Ma non sarei così spietato nei confronti dell'autore gallese, al quale forse va concessa l'attenuante dell'opera prima, che in effetti in quel paio di racconti letti - successivi a Revelation Space - m'è parso decisamente più maturo.
      Per quanto riguarda Iain M. Banks, la scelta dipende anche dalla possibilità di leggerlo in originale o dover cercare le traduzioni italiane. Nel primo caso io partirei da Use of Weapons e poi via, verso l'infinito :-)
      Nel caso tu lo voglia leggere in italiano prova a vedere se trovi Pensa a Fleba (Fanucci, precedentemente edito come La mente di Schar dalla Nord, quest'ultimo pressoché introvabile), oppure Volgi lo sguardo al vento (sempre Fanucci). In italiano erano usciti a suo tempo per la Nord anche Player of Game (L'impero di Azad), Use of Weapon (La guerra di Zakalwe) ed Excession (L'altro universo), ma sono tutti di difficile reperibilità. Più facili da trovare in edizioni Nord più recenti sono Criptosfera, L'arma finale e Inversioni. I primi due non sono romanzi della Cultura, mentre Inversioni è un ottimo romanzo, ma lo apprezzerai molto di più dopo aver letto qualche altro romanzo Culturale.

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    2. Grazie per i suggerimenti, acquisterò e cercherò di mettere ai primi posti della coda.
      Un solo ulteriore appunto: ma perché per un'opera prima si parte con la costruzione delle piramidi?

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    3. Ho letto la tua recensione e mi trova in perfetto accordo.
      La dinamica da videogioco è veramente irritante. Credo che il difetto di questi nuovi scrittori sia quello di correre dietro al business della fantascienza per adolescenti (non) cresciuti.
      In questi giorni ho cominciato "L'anno del sole quieto" e, pure con le dovute considerazioni di ambito storico-culturale che ne hanno informato lo stile di scrittura, pur facendone la tara, non può non saltare all'occhio la maturità con ottima tecnica al suo servizio.
      La sua scrittura mi ha ricordato, lo stile de "I tre giorni del condor". Lineare, asciutto, attente descrizioni funzionali all'inquadratura della scena senza che mai queste prevalgano sulla efficacia della narrazione.
      Purtroppo (l'edizione è Urania Collezione) non è mancata la marchetta editoriale con l'aggiunta di un'inutile sceneggiatura di Altieri che all'epoca era direttore editoriale (per un film mai girato!) che così si è sgravato di un plico vendendoselo in casa.

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    4. Non posso che condividere la tua opinione su L'anno del sole quieto (ne ho parlato qui, tocca scorrere a fine post). Quel romanzo è stata una delle migliori sorprese di Urania Collezione e no, non mi è dispiaciuto trovarci anche la sceneggiatura di Altieri. Dopotutto il costo del volume non è certo cambiato, e poter confrontare due visioni diverse dello stesso soggetto è comuque cosa interessante.

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    5. La questione sta nel fatto che questa è una pura marchetta, ne più ne meno: basta leggere l'introduzione di Lippi quando parla di "vulcanico, entusiastico scrittore" riferendosi ad Altieri. Che, secondo me, è un modo sottile per non dire apertamente che è uno scrittore da poco; un pò come si dice di una donna brutta che è simpatica e che ha dei begli occhi. Chissà se Altieri se ne è accorto.
      Direi quasi che si tratta di estorsione non petita di pizzo dato che Altieri si insedia proprio in quei giorni come direttore editoriale.
      Sul costo del volume: sono disposto a pagare di più per avere pagine in meno ma di qualità migliore; preferisco cento pagine in meno ed un albero vivo in più.
      Se Lippi voleva fare una bella operazione curatoriale poteva cercare qualche intervista con Tucker, qualche racconto, qualche bel saggio.

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    6. Sei libero di pensarla come credi.
      Da parte mia posso solo dirti che non è mia abitudine giudicare le intenzioni, quanto piuttosto i risultati. A me la presenza di quella sceneggiatura non ha dato alcuna noia, e non m'è parsa forzata. Questo a prescindere da ogni giudizio sulla qualità della scrittura d Altieri, che a me non ha mai fatto impazzire, ma che gode di parecchi ammiratori fuori e dentro la rete.

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    7. Sono stato senz'altro un pò troppo diretto nell'espressione del mio disappunto ma credo che vi siano pochi dubbi sull'operazione fatta.
      Prova a rileggere la presentazione e fammi sapere cosa ne pensi.
      Il giudizio mi sento in diritto di darlo come acquirente che spende dei soldi e si sente insultato nella sua pur non eccelsa intelligenza.
      Al di là delle preferenze e opinioni personali credo che si possa definire quando un'operazione è di scarsa qualità e commerciale.
      Forse è vero che la qualità in Italia non paga, anche per motivi di gigantismo e/o nanismo editoriale; senza contare la potenza politica dei distributori e addetti culturali che fanno il bello e cattivo tempo e che in Italia decretano vita e morte di qualsivoglia iniziativa cada sotto la loro scure. . Credimi, ho molti dubbi su moltissime cose ma che questa sia una marchetta e un chiaro abuso di conflitto di interessi credo che non ci piova.

      Detto questo mi scuso se ho esagerato e chiudo la polemica.

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    8. Non c'è bisogno di scusarsi, dopotutto mica abbiamo litigato.

      Tu hai espresso al tua opinione, io la mia, e se c'è qualcuno che può sentirsi ferito/offeso/colpito non è certo il sottoscritto, no?

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  7. I difetti che riscontri nel nuovo Hamilton sono quelli che mi avevano infastidito nel primo, portandomi a mollare la lettura non senza una certa esasperazione.
    Inizialmente la scala "alla Doc Smith" delle sue invenzioni appare impressionanti, ma alla fine si tratta di una colossale meringa - vasta, candida, e composta prevalentemente di aria.
    Il che equivale ad un "te l'avevo detto".

    Ritengo tuttavia che confrontare Hamilton con Banks sia una carognata ;-)
    I due non solo giocano in categorie diverse, ma forse non giocano neanche allo stesso gioco.
    Il problema, casomai, è che alcuni (presenti esclusi) si erano convinti che fossero nella stessa lega.

    Comunque fidati - la space opera sta bene, ed il fardello di mantenerla viva non pgrava solo sulle spalle scozzesi di Banks.
    Fra un paio di giorni ti dico...

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    1. "Ritengo tuttavia che confrontare Hamilton con Banks sia una carognata"

      In effetti… è che mi piace vincere facile! :-)

      La Space opera non è il mio genere di fantascienza preferito, ma oltre a Banks ed Egan, già abbondantemetne citati, ricordo con piacere un paio di romanzi di Stross, quello della pecora di Scalzi e poi, beh… poi c'è Miles Vorkosigan! (Lo so lo so, a te non fa impazzire, ma oh… che ci posso fare?)

      Rimango attesa di nuovi nomi da impilare sullo scaffale!

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  8. Mi piaceva di più una decina di anni fa. Ho letto molti dei primi romanzi, Cultura e mainstream, e l'impressione è che negli ultimi anni i ritorni siano stati sempre minori.
    Il mio amico irlandese rugbyista è abbastanza un fan, e non è rimasto molto soddisfatto di Transition e Surface Detail, per cui un po' mi conferma il trend al ribasso negli ultimi libri. Matter è in attesa, sembrerebbe un ritorno di forma; probabilmente mi piacerà, dubito che mi farà saltare sulla sedia.
    Per quanto riguarda lo stile, gli riescono spesso frasi ad effetto, ma anche passaggi meno efficaci; per quanto concerne la sapiente costruzione, molti dei suoi romanzi avrebbero bisogno di una decisa sfoltita qua e là, ed anche a livello di struttura non mi sembrano perfetti; gli alieni non sono davvero alieni ma umani travestiti (e in genere esistono come trasposizione di tendenze politico/religiose).
    Per quanto riguarda i dilemmi etico-politici, mi sembrano abbastanza teleguidati; inoltre problemi con le premesse di base - cioè la possibilità dell'esistenza della Cultura, per come la riassumi tu nell'articolo, ma anche sulla sua sostanziale immobilità accettate le premesse. La Cultura non è uno scenario in cui estrapolare tendenze per dire qualcosa di interessante o originale, come nella migliore fantascienza sociale, ma piuttosto per offrirne una drammatizzazione, come in serie TV tipo quella degli avvocati anni fa o in The Wire.
    Dire che è uno degli autori più ricchi stilisticamente o interessanti dal punto di vista etico/filosofico in un genere che ha avuto Joanna Russ, Thomas Disch o Samuel Delany (e mi fermo qui, su quelli che conosci) mi sembra alquanto grossa, certo se lo paragoni a Sawyer o Hamilton è un altro discorso. Detto ciò la combinazione di avventura e dilemmi etici è avvincente, e i difetti probabilmente veniali se incontra i tuoi gusti. Però The Player of Games e Use of Weapons facevano pensare a qualcosa di meglio di quello che è venuto in seguito. Ed anche quelli hanno risentito un po' nel ricordo, forse anche a causa dei romanzi successivi.

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    1. Se c'è una tendenza negli ultimi libri di Banks mi pare di coglierla nel progressivo trasferire le istanze etico/politiche dei primi romanzi a dilemmi di natura più individuale, più morale. In questo senso è vero, questo cambiamento può leggersi come un calo nella tensione e nell'interesse che i testi possono generare al di fuori del contesto specifico in cui sono collocati. Ed è altrettanto vero che i primi romanzi suonassero più urgenti, più necessari, quando invece negli ultimi si percepisce spesso il mestiere e l'esperienza.

      Ma alla base rimane sempre un fondo di qualcosa che non saprei come meglio definire se non come pura gioia: la meraviglia, la leggerezza, il divertimento, che sono nel testo, ma mi paiono essere soprattutto nell'approccio di Banks alla scrittura.

      È quest'aspetto che lo distingue da autori quali i pezzi da novanta che citi, che sono senza dubbio più complessi dell'autore scozzese, ma al contempo poco inclini al godimento, che mi pare invece essere un tratto essenziale della fantascienza banksiana.

      Per Banks NON siamo nati (solo) per soffrire.
      E per me è una distinzione apprezzabile.

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    2. ma al contempo poco inclini al godimento,

      Non è poi così vero; ad esempio come ti confermerà Davide, molti dei racconti di Joanna Russ sono tremendamente divertenti. Detto ciò, s'è capito che Banks ti fa godere e non sarò certo io a sindacare i tuoi gusti :)

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    3. "molti dei racconti di Joanna Russ sono tremendamente divertenti"

      riuscissi a trovarli / mi ricordassi di cercarli…


      BTW non è tanto il divertimento quello che mi offre Banks (certo, c'è anche quello) ma la sensazione di vivere in universo in cui godere non è sbagliato, è anzi cosa buona e giusta e fonte di salvezza, quando invece l'argomento è affrontato in modo titubante (se non rifiutato a priori) da un sacco di altra gente la fuori.

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