06 novembre 2007

Vibrazioni diverse


Picture by Iguana Jo.
Un mese fa ero in una villa abbandonata, un vecchio palazzo di Carpi lasciato a se stesso. Eravamo in cinque con le nostre macchine fotografiche a documentare lo stato dell'edificio e a lasciarci suggestionare dall'atmosfera particolare tipica di questi luoghi desolati.
In un mese si ha tutto il tempo per riflettere e riconsiderare, per capire quali sono le sensazioni che rimangono dopo un'esperienza simile. Queste sono alcune note, utili forse per aiutarmi a tracciare una mappa tra ricordi e suggestioni.

Subito la differenza, il difetto: una villa abbandonata non offre le stesse sensazioni di una fabbrica, di una colonia, o di un ospedale. Le emozioni non mancano, ma non sono paragonabili a quelle avvertite durante l'esplorazione dei luoghi nati per essere pubblici.
Ci sono differenze sostanziali nel vagabondare tra stanzoni vuoti e mura scrostate di ambienti così diversi, pure se arrivati ormai allo stesso grado di degrado e desolazione. Questi diversi sapori, non saprei come altro definirli, non ti colpiscono immediatamente, ma solleticano la tua coscienza un passo alla volta. Nei primi momenti passano quasi inosservati, impegnato come sei a curiosare, esplorare, ad immergerti in questo nuovo ambiente. Solo proseguendo la visita, quando alla novità del luogo subentra la consapevolezza della sua diversità, della sua unicità, che si verifica quasi inconsapevolmente uno scarto tra quello che racconta un edificio come questo rispetto agli altri luoghi che ti è capitato di visitare.
Negli spazi con un passato pubblico si avvertono vibrazioni e memorie, la storia di tensioni e passaggi che invece rimangono più sopite e tranquille all'interno di un palazzo destinato ad abitazione. Queste vibrazioni sono probabilmente distinte per ogni visitatore: alcuni luoghi entrano in risonanza con gli echi di storie e memorie già introiettate e digerite dalla nostra immaginazione, altri non riescono ad evocare gli stessi fantasmi, rimangono semplice spazi da frequentare, ambienti da scoprire, stanze in cui praticare il gioco dello stalker. Evidentemente nel mio immaginario non ho molto spazio per antiche dimore abbandonate o vecchi palazzi in sfacelo, trovo molto più ricche di suggestione ed esperienza le zone di passaggio, i luoghi di transito, quegli spazi che hanno visto il raduno di persone e storie, lo scatenarsi di tensioni, la nascita di idee o il confronto con la Storia. Non che queste cose non succedano (non siano successe) nelle case in cui abitiamo, ma solitamente la vita domestica è gravida di avvenimenti, tensioni e idee soprattutto nella testa di chi vi risiede e i luoghi non sempre ne portano le tracce. Anche in questo fabbriche e ospedali differiscono profondamente da ville o palazzi, nei primi le poche tracce private che vi si scorgono (che siano vecchi abiti, cartelle cliniche, strumenti di lavoro o cura) evocano storie di persone e comunità nel contesto sociale e geografico che le hanno viste passare, nei secondi le cose che restano rimandano solo a se stesse, all'ambito privato in cui è normale siano collocate.

Ma non di sole vibrazioni metastoriche vive l'uomo, che qualunque siano le sensazioni evocate ogni luogo abbandonato ha comunque il suo fascino. Sarà lo spirito del tempo trascorso o il buon vecchio fanciullesco richiamo dell'avventura, ma vagabondare tra le stanze di una vecchio casermone disabitato qualche spunto interessante lo offre sempre. C'è il piacere puramente estetico, la possibilità di scoprire bellezza nei posti più impensati: la vegetazione che penetra da tutte le finestre del primo piano, gli affreschi e i decori che arricchiscono pareti e soffitti in alcuni ambienti (belli? mica tanto, però suggestivi, colorati e fuori luogo nel contesto di desolazione che li circonda), gli scaloni esagerati e i giochi luminosi del sole che si fa spazio tra i listelli di un'imposta dissestata… tutto sembra studiato apposta per l'occhio del fotografo. Vagabondando e curiosando tra i vari piani del palazzo sorgono poi anche altri pensieri.
Per esempio: com'è che esclusi bagni e cucine non c'è stanza che non abbia almeno due uscite? com'è che spesso le stanze non danno su alcun corridoio e non ci sono separazioni nette tra i vari ambienti della casa? come viveva (e in quanti?) chi abitava in questo palazzo? Quali erano le stanze comuni e quelle private? Non ho abbastanza esperienza per generalizzare questi dubbi, ma avendo visitato altri palazzi simili direi che questa situazione è comune, anche se non riesco a darmi una spiegazione esaustiva dei motivi che hanno portato nel tempo da stanze così mescolate e aperte alle stanze chiuse delle nostre abitazioni odierne.
Ho provato a cercare in rete qualche informazione al riguardo, nulla… Forse qualche architetto con la passione per la storia potrebbe darmi qualche risposta (o qualche storico specializzato in vita domestica, perché no). O forse basterebbe chiedere a qualche anziano con frequentazioni abitative simili.
Voi avete qualche risposta?

5 commenti:

  1. Buon caro, vecchio, Iguana :)

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  2. sono d'accordo con te per quanto riguarda la sensazione che un edificio abbandonato provoca in noi. non condivido del tutto la differenza che fai tra luogo pubblico e privato. penso che siano talmente differenti le emozioni che si provano visitando questo tipo di edifici che è difficile tracciare una linea di separazione netta... inserirò foto da farti vedere..
    ciaooo
    ale
    continua così!

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  3. Ciao Ale! (ci conosciamo?)

    Ognuno di noi vive le cose in maniera diversa, è normale quindi che le sensazioni evocate da questi posti siano molto soggettive.

    Dove sono le tue foto?

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  4. Si tratta, per caso, di Villa AMRI?
    Potrei avere informazioni a riguardo.. scrivimi su pierhidebass@hotmail.it

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