15 novembre 2007

Best Off


Picture by Iguana Jo.
Best Off 2006. Letteratura e industria culturale è il volume di minimum fax che raccoglie nelle intenzioni del curatore Giulio Mozzi il meglio di quanto uscito sulle riviste letterarie italiane durante l'anno precedente.

Il volume si può dividere grosso modo in quattro sezioni: la più corposa si occupa del dibattito sullo stato dell'editoria italiana, dei meccanismi e delle dinamiche dell'industria culturale, degli intrecci tra promozione, critica, scrittura.
(Quasi) tutti gli interventi al proposito risultano interessanti, le opinioni espresse condivisibili, i pezzi stessi sono davvero una piacevole e partecipata lettura, la passione di chi scrive è evidente.
Detto questo ci sono però alcune cose che faccio davvero fatica a capire.
Da più parti si denuncia la cattiveria degli editori, rei di gestire i libri come se fossero una merce qualunque a prescindere dai contenuti e dalla valenza culturale che essi posseggono. Strade aperte quindi a distribuzione e promozione e vendite sicure (affermazione un pochino avventata!) per i romanzi commerciali, impossibilità di raggiungere le librerie per i libri "importanti". Queste sono a grandi linee le posizioni della stragrande maggioranza degli interventi.

Io però continuo a non capire. Negli stessi pezzi si afferma che mai come in questi ultimi anni si sono pubblicati autori esordienti e come nello stesso periodo il numero di novità pubblicate sia cresciuto a dismisura. Non essendo cresciute di pari passo le vendite, mi pare ci sia una certa frattura se non una bella contraddizione con quanto affermato più sopra.
Tra l'altro una cosa che risulta evidente è che tutti gli autori che protestano per lo stato di cose hanno avuto comunque i loro bei romanzi pubblicati (nulla è dato sapere sui dati relativi alle vendite).

Ma la cosa che mi lascia davvero perplesso è che in nessuno degli interventi di critici e/o scrittori e/o intellettuali vengono fornite informazioni fattuali, dati, numeri. Nessuno si sogna di citare le fonti da cui si possa desumere la situazione che denunciano.
Non ho grandi dubbi nel condividere le loro parole, ciò non toglie che sono altrettanto convinto che non si possa presentare un'analisi senza fornire informazioni. Insomma, come si può proporre un dibattito sulla situazione dell'editoria in Italia senza integrarlo con uno straccio di cifra? Come si può pretendere di essere presi sul serio se ci si basa unicamente sul sentito dire, sulle sensazioni, se si prendono le mere opinioni come dati di fatto?
A tal proposito l'unico articolo davvero illuminante, per quanto freddo e poco comunicativo nella sua scrittura, è quello di Gianni Crespi manager di svariate case editrici, che offre al lettore il polso della situazione editoriale italiana dal punto di vista economico/finanziario.

Infine c'è un'ultima cosa che non mi torna. Le proposte per cambiare lo stato delle cose dove sono?
Da più parti si chiede a chi gestisce le cose di mettersi una mano sul cuore, di impegnarsi, insomma di fare il possibile. Sembra uno scherzo, ma davvero di più non c'è.
E questi sarebbero gli intellettuali che producono cultura in Italia? Sono rimasto davvero basito.



Ma passiamo oltre.
La seconda sezione del volume è dedicata alla poesia. Non ho molto da dire. Non sono un consumatore di poesie, e mi sono anzi meravigliato nello scoprire che esistono collane dedicate alla produzione poetica nostrana.
Certo che se poi leggo gli strepiti di Andrea Raos di fronte alla scandalosa possibilità di efettuare una ricerca di mercato per verificare la possibilità di pubblicare e vendere poesia, beh… mi cadono francamente le braccia.
Insomma, se lo scopo è scrivere poesia e farla leggere allora ok, gli studi di mercato sono inutili. Il poeta può benissimo autoprodurre i suoi volumi, distribuirli in rete, spedirli ad amici e conoscenti, farne insomma ciò che più lo aggrada.
Ma se voglio vendere libri di poesia cosa c'è di male a voler verificare la possibilità che qualcuno li compri? O i poeti credono che gli stampatori debbano lavorare gratis per i loro preziosi volumi?
E questo è quanto per i poeti. Ma non ho mica finito, eh!



Dopo una parentesi sul confronto recensorio tra due pesi massimi (ohibò!) della scena letteraria italiana si arriva ad un nuovo cambio di argomento con la sezione di Best off 2006 che ha come protagonista il fantastico.
Approffittando dell'uscita dell'ultima fatica di Gianni Celati, Enrico De Vivo prima, l'autore stesso poi, propongono qualche riflessione sulla letteratura fantastica.
In questo caso le cose che vengono dette sono piacevoli e intriganti, offrendo più di qualche spunto di riflessione sulla materia, sul ruolo della fantasia, sull'importanza dell'immaginazione, etc etc.
Sarebbe stato tutto ancora più condivisibile se non per la fastidiosa presenza di un paio di particolari fuori luogo.
Per introdurre il discorso sul fantastico di Celati Enrico De Vivo prende come pietra di paragone per il suo libro di fanta-antropologia Fata Morgana, nientedimeno che Il signore degli Anelli, ma attenzione! non il romanzo di Tolkien, quanto piuttosto il film di Peter Jackson, che viene tacciato di escapismo e spettacolarismo senza contenuti. Da qui a generalizzare poi tale acuta analisi a tutta la produzione odierna il passo è breve ed ecco quindi il De Vivo sistemare in cinque righe tutta la letteratura fantastica degli ultimi tempi.
Insomma, come intro per un articolo serio sulla letteratura fantastica siamo già partiti col piede sbagliato.

L'altro dettaglio che mi ha lasciato quanto meno perplesso riguardo ai discorsi su fantastico, antropologia e letteratura dell'intervento di De Vivo (ma anche in quelli successivi) è l'assenza di qualsiasi riferimento a qualcosa di più recente di tre secoli fa (Calvino escluso, ci mancherebbe!). E dire che di materiale prodotto nel XX secolo non ne manca certo. Senza nemmeno tirare in ballo la fantascienza, che altrimenti precipitiamo in vortice senza fine.



Le cose migliori questo Best off 2006 le tiene comunque per il finale. I tre contributi che chiudono il volume sono forse i più interessanti dell'intero progetto.

Il primo, di Gregorio Vasta, ci offre una panoramica della situazione urbanistica delle nostre città vista attraverso i meccanismi burocratici che ne regolano lo sviluppo. La situazione che i dispiega pagina dopo pagina è allucinante, perversa, agghiacciante. Un ulteriore esempio dello sfacelo che governa la nostra vita pubblica.

Di tutt'altro tenore l'intervento di Angela Barlotti dal mondo delle carceri, un accorata e complessa riflessione, per quanto frammentaria, sulle virtù del viaggio, inteso come occasione di liberazione, crescita e conoscenza.

E per finire una meravigliosa e inquietante full immersion nelle palestre della penisola in compagnia di Giorgio Vasta. Un ritratto originale e sudato di ciò che rende questo paese e questo tempo unico e irripetibile (speriamo!).



Ma com'è alla fine questo Best off 2006? Se da un lato il lavoro di Giulio Mozzi è esemplare per obiettività e ampiezza della proposta, dall'altro il panorama della scena letteraria italiana che emerge non è certo dei più rosei. Inoltre, dal mio punto di vista di semplice lettore, dispiace notare come tra tutte le figure che si muovono intorno all'editoria in genere, e alla letteratura in particolare, quella del lettore sia forse la meno citata in tutto il volume.
In ogni caso la lettura di Best off 2006 si è rivelata decisamente istruttiva, spero quindi che minimum fax prosegua con la buona abitudine e ci proponga un'antologia simile anche quest'anno.

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