Se mi chiedeste quali sono i miei scrittori di fantascienza preferiti fino a qualche tempo fa non avrei esitato a infilare Samuel Delany nel mucchio. Ma le cose cambiano e ora non sono più tanto sicuro che lui rientrerebbe nel novero. Non che improvvisamente mi faccia schifo. Anzi. Solo che probabilmente era da troppo tempo che non lo (ri)leggevo e le sensazioni che mi ha lasciato il volume Stelle lontane, raccolta della più significativa produzione breve del nostro, non son state tutte positive.
Ovviamente la responsabilità è solo mia: non avevo mai notato quanto Delany tendesse verso una strana idea molto sixties dell'esistenza (per quel che vuol dire…).
Ok, lui negli anni sessanta c'è cresciuto e probabilmente le vibrazioni nell'aria erano quelle, ma a me è venuta un po' a noia vedermi ribadire più e più volte 'sta cosa della supremazia dell'arte, la costruzione barocca degli scenari e l'estetica del crimine accompagnata di pari passo all'esaltazione romantica della creazione artistica. In definitiva credo proprio di aver raggiunto il mio livello critico di saturazione nei confronti delle atmosfere tra il mistico e il decadente che costituiscono le caratteristiche dominanti della sua produzione dell'epoca.
Non che sia tutto da buttar via: le fantastiche creazioni propriamente fantascientifiche rimangono ancora degne di nota. Come rimane memorabile l'ardita costruzione metanarrativa di Stella Imperiale e alcune delle visioni davvero meravigliose di cui sono ricche le sue opere. Ma per quanto riguarda il puro piacere della lettura posso ormai tranquillamente affermare che il mio entusiasmo per il Delany di quegli anni era un filo eccessivo.
Non credevo che anche un autore come lui potesse risentire del passaggio del tempo, l'aura che lo circondava mi sembrava francamente inossidabile. Di certo rimane uno degli autori più importanti per quanto riguarda lo svecchiamento e il rinnovamento della fantascienza (e per questo s'è già guadagnato la sua fetta di effimera immortalità almeno tra i cultori del genere), molto più influente e decisivo di uno come Zelazny a cui spesso viene accostato. Ma anche lui ha fatto il suo tempo, che gli anni sessanta del ventesimo secolo sono ormai davvero lontani.
Mi rimangono le Storie di Neveryon e Triton come esempi indiscutibili di qualità letteraria, anche se dopo quest'esperienza il dubbio che anche il Delany del decennio successivo sia ormai solo un ricordo è effettivamente più tangibile. (rileggere o non rileggere questo è il problema!)
Una cosa comunque è sicura: le ore spese tra le sue pagine non sono mai state tempo perso e se di Delany m'è rimasto solo il ricordo, sono ancora pronto per lasciarmi stupire da qualcosa che sia altrettanto visionario e potente da scrutare tra i fantasmi di questo nuovo millennio.
…
Il culto per l'arte e una certa estetica decadente sono due caratteristiche tipiche di Delany, ma non sono l'uniche. Personalmente mi lascio ancora incantare dalla profondità vertiginosa che riesce a ispirare ai suoi personaggi, magari ipnotizzato da quei loro modi così innaturali e a volte incomprensibili. Delany continua a regalarmi sublimi ondate emotive con la sua brillante combinazione di meraviglioso e ricercatezza, la quintessenza della fantascienza.
RispondiEliminaMeno male che l'ho scoperto solo l'anno scorso... ;-)
X
sul leggere e rileggere mi sa che ci scrirverò un post...
RispondiEliminagià.
mi pare un argomento meritevole.
mgari ricordamelo, non ho più la memoria di una volta.
ovviamente non conosco questo autore di cui parli, come il 99% degli autori che nomini.
Lui
Ciao Iguana Jo,
RispondiEliminaho letto, una vita fa, "Storie di Neveryon". Ne ho, però, un ricordo molto appannato; mi è rimasta impressa la scena di un racconto nel quale il protagonista era ridotto in carcere, in catene.
E cercava di limare uno degli anelli della sua catena con una foglia...
Un'idea che di per sé valeva tutto il racconto e senz'altro qualcosina di più...
Dario
x: forse quando lo lessi la prima volta ero più giovane e certi atteggiamenti mi risultavano più affascinanti. Vedermeli riproporre ora, con diverse letture in più in saccoccia, non mi fanno più lo stesso effetto. Boh…
RispondiEliminaC'è comunque da dire che nelle sue opere successive questa sua infatuazione per l'Artista s'è andata via via stemperando e secondo me la qualità della scrittura ne ha guadagnato.
Lui: secondo me qualche libro di fantascienza ti piacerebbe pure, almeno a vedere quali sono i tuoi ultimi interessi: personalità virtuali, connessione, identità in rete etc. etc.
(Dai dai! Chiedimi qualche titolo che non vedo l'ora! :-))
Dario: nemmeno io ricordo i particolari di quei racconti, solo il fascino incredibile che mi avevano suscitato.
Dovrei proprio trovare il tempo per rileggermelo…
Ma la nozione di simplex-miltiplex-ccomplex è ancora talmente valida che la ritrovi ne La scienza dei maghi di Terry Pratchett. E a proposito di P.: quella di Tiffany Aching è una trilogia (come A me le guardie!,Uomini d'armi e piedi d'argilla). Speroben che tu, lettore robusto, li abbia divorati. Tutti e sei. Baci, Zoe di Sillabaria
RispondiEliminaCiao Zoe!
RispondiEliminaIn effetti zio Terry meriterebbe un trattamento migliore di quello riservatogli dal sottoscritto.
Delle due trilogie che citi ho letto solo il volume iniziale. Se Tiffany mi è piaciuta davvero assai non altrettanto posso dire per le guardie cittadine che sì, sono divertenti, ma non mi hanno entusiasmato.
(temo che c'entri molto il fatto che tradurre Pratchett sia davvero arduo. Vedi anche la differenza tra quella meraviglia di Good Omens e la sua versione italiana. E sì. mi piacerebbe prima o poi leggermi i libri del Mondo Disco in lingua originale, ma oh… prima dovrei riuscire a trovare una dimensione temporale più consona alle mie esigenze!)