Rieccomi con la cronaca delle mie letture mensili. Dato che Marzo è saltato per motivi indipendenti dalla mia volontà (si dice così, no?) eccovi una doppia razione di storie, osservazioni e critiche sparse…
- Crash di James G Ballard
Tecnopornografia dall'era della macchina. Psicopatologia della periferia urbana, tra grigi casermoni, serpentoni di automobili in coda e gente senza meta. Non credo che un libro simile possa piacere, certo che la visione ballardiana delle tensioni animali alla periferia del nostro vivere civile è estremamente interessante. Degna di nota anche la prefazione dello stesso Ballard specialmente nei passi in cui spiega la sua scelta di darsi alla fantascienza per descrivere il malessere dell'uomo tecnologico.
- L'amuleto di Samarcanda di Jonathan Stroud
Sull'onda del fenomeno Potteriano una trilogia decisamente più oscura rispetto alla saga della Rowlings. Nell'Inghilterra di Stroud una dittatura della magia domina e opprime la maggioranza non magica. In questa società decisamente più tetra cresce Nathaniel, quasi il gemello oscuro di Harry Potter. Il romanzo non è niente male, grazie soprattutto alla presenza del demone Bartimeus, unico contatto di Nathaniel con la realtà fuori dalla porta di casa, che illumina di allegro sarcasmo tutta la vicenda. I seguiti sono in coda di lettura. A breve nuove impressioni sull'evoluzione del personaggio.
- Revenant di Giovanni De Matteo.
Dei racconti di Giovanni De Matteo ho già parlato qui. Vi consiglio di dargli una possibilità, specie se volete provare la via italiana al postumanesimo.
- Sotto il culo della rana. In fondo a una miniera di carbone di Tibor Fischer
La lettura migliore del bimestre. La cronaca tragicomica del periodo 1944/1956 nell'Ungheria comunista, con il regime che mostra la sua faccia più cinica e spietata e un protagonista che tenta in tutti i modi di godersi i suoi vent'anni scansando gli ingranaggi del sistema. Durissimo e avvincente, scanzonato e commovente. Un gran bel romanzo.
- L'imperatore di Gondwana di Paul Di Filippo
Nei racconti che compongono l'antologia si passa dalla storia alternativa ai viaggi spaziali, dalla fantascienza più scanzonata all'avant-pop più provocatorio, il tutto condito da una leggerezza che è forse la cosa migliore dell'autore. Una nota di demerito per il curatore di Urania che ha deciso di eliminare alcuni dei racconti presenti nella versione originale dell'antologia lasciandone però un paio già editi in italia, uno dei quali uscito pochi mesi fa proprio per Urania.
- Senza tregua di George Alec Effinger
La delusione del mese. Erano anni che cercavo questo romanzo dopo averne sentito cantare le lodi da diversi lettori fantascientifici. Il romanzo si legge senza opporre resistenza, certo, però mi aspettavo sinceramente di più. L'ambientazione araba del Budayeen è originale e riesce a catturare il lettore, ma il protagonista, di origini magrebine, è fin troppo debitore al modello chandleriano dell'investigatore privato per risultare vivo e reale in quel contesto. Inoltre il lato fantascientifico della vicenda, che doveva apparire decisamente originale all'epoca dell'uscita del romanzo, risulta oggi quanto meno datato, lasciando all'esilissima trama gialla l'arduo compito di reggere da sola il peso del romanzo.
Ho già da tempo i due seguiti di questo romanzo, che faccio? Gli do una possibilità o sono allo stesso livello di questo?
- Stark di Edward Bunker
Questa invece è stata una bella sorpresa. Non mi aspettavo molto, dopotutto Stark è solo un inedito giovanile di Bunker, una delle sue prime prove di scrittore. Ma nonostante i difetti questo romanzo si legge d'un fiato, tanta è la vita, l'esperienza, la passione che Bunker riesce a mettere nella vicenda. Stark ha tutte le caratteristiche del romanzo pulp, con personaggi scolpiti nella pietra, avvenimenti che si susseguono senza tregua, sorprese e sangue e pistole spianate. E poi ancora sesso e droga e locali malfamati.
Da leggere prima di uscire per una birra con gli amici. E chissà come concluderete la serata…
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Ciao Iguana!
RispondiEliminaCrash è un autentico trip urbano. La lettura di quel romanzo mi ha estromesso dal mondo cosciente per tutta la sua durata, proiettandomi in una specie di limbo letterario meta-narrativo e meta-organico. Dopo aver letto questo e La mostra delle atrocità (a parer mio il vero capolavoro di Ballard), è difficile continuare a vedere la nostra società di strade, tv e internet con gli stessi occhi...
Il punto di forza delle cose di Effinger è senz'altro l'ambientazione: il Budayeen, con il suo sottobosco umano variegato, i rituali criminali che vi si intrecciano, e tutto il resto. Non saprei che dirti. Se il personaggio ti ha deluso, non so se riusciresti a immedesimarti una seconda volta nelle sue avventure. Se vuoi provare qualcosa di simile, ma molto più allucinato (del tipo che piacerebbe a Burroughs, per intenderci), ti consiglio invece di provare Libidissi del tedesco Georg Klein (Marsilio Black).
Non ho ancora finiti DiFilippo, ma come dicevo su Supernova Science Fiction è da leggere. Assolutamente.
Ciao!
(E grazie per la possibilità ;-))
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Leggere Crash, come pure la Mostra delle atrocità, è come sfogliare un meraviglioso e fondamentale resoconto fotografico del '900 occidentale, tante sono le immagini archetipe che Ballard riesce a ricreare e a trasmettere al suo lettore. Più che un'esperienza letteraria quei due libri rappresentano un grandioso viaggio visuale tra i fantasmi del nostro progresso tecnologico. O almeno, è per questo motivo che mi sono rimasti indelebilmente impressi.
RispondiElimina…
Riguardo Effinger: sì, il Budayeen è un gran bel setting, ma da solo non mi basta. Vorrei un protagonista che fosse un po' più arabo, e una trama un po' più robusta. Ecco. Tutto qua. :-)
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Non sei il primo a consigliarmi Libidissi, prima o poi mi toccherà trovarlo! (mi spaventava un po' la traduzione dal tedesco, che se non sbaglio era farina dello stesso sacco che ha prodotto le terribili traduzione Eschbachiane per Fanucci.)
Tibor Fisher!! Era uno degli autori di cui ho parlato nella mia tesi di laurea, che riguardava la traducibilita' - o meno - dello stile di scrittura... Mica facile, lui! L'unico suo testo che lessi interamente fu "The Thought Gang" (spettacolare) ma acquistai vari suoi testi per poterli leggere in seguito... Io faccio cosi'. Prima o poi ci arrivo. Beh, vorra' dire che comincero' da Sotto il culo della rana! Ci vediamo alla prossima, Giorgio. Complimenti per il tuo lavoro e buon divertimento per Fiuggi. Ciao, cristina
RispondiEliminaCiao Cristina!
RispondiEliminaLa gang del pensiero è piaciuto parecchio anche a me, ma di Fisher non ho poi letto altro.
C'è un'altra cosa che però mi preme chiederti… ma tu fai la traduttrice???
Ho riletto pe la terza volta Viaggio al termine di una stanza (sì, amo le riletture) di Tibor Fisher, che Antonia Byatt definisce in copertina "feroce, divertente, amaro, incalzante". Lo è. All'inizio par floscio, e la storia c'è e non c'è, ma ragazzi, la qualità della scrittura! Che emerge pur nella traduzione, che non è immonda, di Iacobacci. L'ho trovato ancor più soddisfacente de La gang del pensiero, che pure ho consigliato a cani e porci.
RispondiEliminaCiao Zoe!
RispondiEliminaNon conoscevo Viaggio al termine di una stanza, ma se pure la Byatt lo commento in quei termini mi sa che me lo devo proprio segnare!
De La gang del pensiero ho un ottimo ricordo (diavolo, il mio primo incontro con la zetetica!) che però sfuma sui particolari.
Ai tempi non tenevo un blog dove appuntarmi le sensazioni di fine lettura e un po' lo rimpiango…
Il romanzo di Effinger ha il problema di tradire la propria premessa a metà corsa, grippando le aspettative del lettore.
RispondiEliminaA me, letto anni or sono in originale, non era dispiaciuto, soprattutto per l'ambientazione, e perché era uncyberpunk più "sporco" di quello di Gibson.
Credo che le cose migliori del Budayeen siano i racconti brevi, che tuttavia uscirono postumi (nel volume Budayeen Nights) e non credo siano mai stati tradotti.
Credo anch'io che il Budayeen di Effinger renda meglio sulla breve/media distanza piuttosto che nella forma romanzo.
EliminaC'è comunque da aggiungere che negli anni trascorsi dalla lettura del romanzo di Effinger m'è capitato di incrociare le ambientazioni arabo/islamiche di Grimwood e McDonald e davvero, non c'è confronto.
Nei romanzi dei due autori europei le città nordafricane della trilogia arabesca e la Istanbul della Casa del derviscio sembrano vive vere vitali come mai, in nessuna pagina, m'è parso il Budayeen.