16 maggio 2014

Letture: L'inconfondibile tristezza della torta al limone, di Aimee Bender

Torniamo a parlare di libri con un volume che a fine lettura m'ha lasciato un po' così, in bilico tra scetticismo e genuino entusiasmo. Forse buttar giù qualche nota mi aiuterà a chiarire le idee. Si parla del secondo romanzo di Aimee Bender, L'inconfondibile tristezza della torta al limone.

© Aelle

Primo spunto: non avrei mai letto un libro con un titolo simile e la sinossi che lo accompagna, se non avessi avuto ben presente cosa aveva combinato in precedenza la sua autrice. Aimee Bender mi ha colto alla sprovvista qualche anno fa con le sue Creature Ostinate (una delle migliori letture dell'epoca) e si è poi confermata ottima narratrice con l'altra sua antologia (che è stata scritta prima, ma che io ho letto dopo), quel Grida il mio nome edito prima da Einaudi e ripubblicato di recente da minimum fax con il titolo La ragazza con la gonna in fiamme.
Con i racconti di Aimee Bender vado sul sicuro, che la sua scrittura sembra fatta apposta per esaltarsi sulla breve distanza. La dimensione del romanzo, che richiede allo scrittore un approccio diverso, quasi da passista della narrazione, non potendo esaurire la sua corsa in poche pagine, mi sembrava invece poco adatta alle caratteristiche dell'autrice. Per questo motivo me ne son tenuto ben distante. Fino ad ora.

Secondo spunto: racconti e romanzi, trova le differenze…
Aimee Bender ha immediatamente conquistato la mia attenzione grazie alla combinazione tra una prosa intensa e leggera, spesso malinconica e le invenzioni esplosive, conturbanti e in generale parecchio strane che illuminano le sue opere. Questa miscela funziona a meraviglia nello spazio del racconto, ma temevo non fosse abbastanza resistente da reggere la lunghezza di un romanzo.
Risultato? mah…  L'inconfondibile tristezza della torta al limone si legge che è un piacere, ma il peso specifico delle stranezze (passatemi il termine), rispetto agli aspetti più tradizionali del racconto della vita quotidiana della solita famiglia della classe media americana (avvertite anche voi una certa ostilità all'argomento? bene) ha portato questo lettore a chiedersi più di una volta se non fosse il caso di abbandonare il volume in favore di testi che rispondessero meglio alla propria esigenza di meraviglie e turbamenti.
Però no, dai, sarei ingiusto con la Bender. Il romanzo è scritto bene, e le meraviglie cui mi ha abituato (chiamatele fantastiche, fantascientifiche, surreali, la definizione dipende dai territori letterari che vi sono più congeniali) sono funzionali alla storia, le danno un senso e una complessità che altrimenti si sarebbe persa. Certo, forse semplificano la vita dell'autrice, ma rendono l'esperienza della lettura più ricca e affascinante e quindi, perché lamentarsi?
Il mio problema è che le vite dei personaggi de L'inconfondibile tristezza della torta al limone non mi interessano più di tanto e quindi… E quindi arriviamo al

Terzo spunto: personaggi e interpreti.
Perché è vero, i personaggi sono resi in maniera magistrale: Rose e Joseph, i loro genitori, gli amici e gli incontri. Tutto ottimo, se vi interessa il genere. Io invece faccio fatica a comprendere 'sti ragazzi per cui il college è la normalità e non andarci sintomo di una disfunzione psico/sociale, assuefatti come sono a una vita preconfezionata che nemmeno l'irrompere dell'impossibile riesce a turbare. Molto più interessanti, dal mio punto di vista, gli scorci di una Los Angeles normale, osservati spesso dalla prospettiva del pedone piuttosto che dai finestrini delle auto o degli autobus che attraversano la città, che offrono al lettore una prospettiva  parecchio diversa dall'immutabile iconografia della metropoli che Hollywood ci impone ormai da tempo immemore. Sono questi gli attimi - insieme ai momenti dedicati al cibo e ai ristoranti - in cui il racconto mainstream mi appassiona, pur mancando di quegli effetti speciali che continuano ad essere il richiamo più forte che mi attira tra queste pagine.
I turbamenti adolescenziali della giovane Rosie, le turbe del fratello, l'autismo ipnotico della vita del padre e quella sempre sull'orlo di una qualche crisi della madre: Aimee Bender offre al lettore un ritratto perfetto della middle class californiana (ecco, se fossi un recensore serio, questo è quello che dovrei scrivere!), ma a me interessa la magia della narrazione, quel che la Bender ha già dimostrato di saper fare nei racconti. E no, alla fine non rimango deluso: le pagine in cui cibo ed emozioni (risentimento, dolore, gioia o allegria) si mescolano nella bocca di Rosie, quelle - purtroppo troppo rare - in cui Joseph perde corpo e sostanza soffocato dal suo stesso mistero, le porte degli ospedali che rimangono chiuse, le nonne lontane e sconosciute, ma vicine negli oggetti, rotti e strapazzati che siano.
C'è molto di buono ne L'inconfondibile tristezza della torta al limone, magari un pochino diluito, ma c'è. Ed è qualcosa che è difficile dimenticare, nonostante tutto.

13 commenti:

  1. Che coraggio... ;) Non credo che riuscirei ad affrontare una lettura del genere neanche se mi costringono col fucile.
    Magari se mi pagano... :)

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    1. ps: Ma la foto (che è uno spettacolo) l'hai preparata apposta per l'articolo?

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    2. Già, in effetti non credo sia il tuo genere. Però non è detto, che c'è del buono in quel che scrive la Bender, di quel genere di buono che interessa anche te.

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    3. Ah… dimenticavo, la foto! No, non è stata fatta apposta. È una vecchia foto di Annalisa che mi sembrava adatta ad illustrare il post.

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  2. Nemmeno se mi pagano riuscirei ad affrontare un libro del genere, niente contro la scrittrice ma non è il mio genere.

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    1. Eh! Ci sta, Nick, però non di sola fantascienza vive il lettore!
      (questo lettore, perlomeno.)

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  3. Eh, gli è che questi qui sopra sono troppo machi, sentono di torte al limone e vita familiare e scappano sulle colline.
    A me come sai era piaciuto ancora meno, anche se la recensione mi pare onesta. Un giorno leggerò i racconti.

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    1. Ehilà! Chi si rivede!
      Non ricordavo che la Bender non ti era piaciuta, posso chiederti cos'hai trovato di così riprovevole nel suo romanzo?

      (oh… non è che farai un salto all'Italcon la prossima settimana? Dai che ci si vede!)

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    2. Forse avendo letto più romanzi mainstream americana di questo tipo mi è sembrata la solita famiglia disfunzionale scontata, con quel tocco di realismo magico/metaforico che peraltro ormai è un sottogenere affermato in questo tipo di narrazioni.

      Eh, sono spalmato parecchio sottile in questi giorni. Buon divertimento e buona conquista dell'Italicon

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  4. A me i racconti di La ragazza con la gonna in fiamme erano piaciuti parechcio, questo però mi attirava meno, e non è che la tua recensione mi incoraggi...

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    1. Allora leggi Creature Ostinate, che secondo me è ancora meglio de La Ragazza… (tutte le qualità della prima raccolta risultano ancora più nitide e brillanti).

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