10 giugno 2013

Iain Banks (1954-2013)

© giorgio raffaelli
I necrologi non li sopporto, ma ieri Iain Banks è morto e se anche preferirei il silenzio, due parole gliele devo, nonostante già sappia che queste note saranno insoddisfacenti, che non riuscirò mai a descrivere quanto importante sia stato Banks per me e per la fantascienza tutta. Come si fa a ricordare e rendere merito a colui che è stato il più grande scrittore di fantascienza abbia mai avuto la fortuna di incontrare?
Ci sono molti altri scrittori che apprezzo, ma nessuno è mai riuscito a regalarmi con la stessa continuità dell'autore scozzese l'ebbrezza dell'incontro con il senso del meraviglioso, che nelle sue storie si fonde sempre alla capacità di riflettere su etica e morale, delle società e degli individui. Ho letto tanta fantascienza ma nessun autore è stato capace come Banks di offrirmi cibo per la mente mescolandolo a esplosioni e astronavi, grandiosi panorami galattici e stupefacenti pianeti alieni.

Iain Banks è stato il primo scrittore che ho scoperto grazie alla FML (la mailing list storica del fandom italiano), all'epoca in cui c'era ancora chi si firmava Elethiomel. Ho alimentato la curiosità per anni prima di iniziare a leggerlo, che allora - si era alla fine degli anni '90 - i suoi romanzi erano esauriti e praticamente introvabili, ma nonostante le aspettative altissime, quando finalmente ho recuperato i suoi libri, Iain Banks non mi ha deluso, anzi.
In quegli anni l'unico suo libro facilmente reperibile era il suo romanzo d'esordio, La fabbrica degli orrori, che se anche non era fantascienza aveva comunque molte delle peculiarità che avrebbero caratterizzato la produzione successiva. Ricordo ancora l'entusiasmo al termine della lettura, mescolato a dubbi e varie inquietudini che riverberavano dal testo. E poi, quando finalmente sono riuscito a recuperare i romanzi del ciclo della Cultura, ah… è stato come ritornare in un posto che conoscevo benissimo pur senza averlo mai frequentato. Una specie di casa. Una speranza per il futuro.

Se William Gibson mi ha riavvicinato alla fantascienza, sono Banks prima e McDonald poi gli autori che mi hanno definitivamente legato al genere. Rendersi conto che non ci saranno più romanzi di Iain M. Banks è terribile, soprattutto quando all'orizzonte non si vede nessuno capace di prenderne il posto.

Io e Giovanni De Matteo abbiamo incontrato Iain Banks a Verona, qualche anno fa. Ricordo l'aria sorridente, l'affabilità e la gentilezza dell'uomo (nonché la sua pazienza, visto quel paio di domande piovute dal pubblico che beh… si vedeva quanto poco quel pubblico lo conosceva) e la sua disponibilità a rispondere a quell'improvvisata intervista che gli facemmo.
Di quell'incontro una cosa soprattutto che mi è rimasta impressa. Quando gli chiedemmo del rapporto tra umanità e intelligenza artificiale lui ci rispose che, se c'è una cosa che ci distingue dalle macchine, per quanto evolute e intelligenti queste possano diventare, è la nostra capacità di divertirci, di giocare.
Iain Banks mi ha sempre dato l'idea di sapersi divertire, pur sapendo bene che la festa prima o poi sarebbe finita. Ora che se n'è andato tocca proseguire un po' più soli, augurandoci di non perdere la voglia di giocare, con gli occhi bene aperti alle meraviglie e agli orrori che sempre ci circondano.

5 commenti:

  1. Come sai non conosco l'autore, ma da come ne hai sempre parlato capisco il dispiacere.

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    1. Già, è strano come ci si affezioni a certe persone, pur senza conoscerle, solo grazie a quel che ti hanno regalato le loro storie.

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  2. Troppo presto, troppo giovane.

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