03 luglio 2012

Letture: Alia, Robot, IASFM

© giorgio raffaelli
Tra un romanzo e l'altro cerco sempre di inserire tra le mie letture qualche volume di racconti. Negli ultimi mesi è toccato ad Alia Anglosfera, a un paio di numeri di Robot (il 61 e il 62) e a un vecchio numero dell'edizione italiana della Isaac Asimov Science Fiction Magazine (il numero 7 della gestione Phoenix). Quelle che seguono sono alcune note sui racconti contenuti nelle quattro pubblicazioni.

Partiamo da Alia Anglosfera, edizione del 2009.
Come già fatto nelle note agli altri numeri di Alia, la prima considerazione da fare appena terminata la lettura è notare quali risultati si riescano a raggiungere e cosa si riesca a realizzare se sufficientemente motivati, pur senza godere di budget significativi. Questo volume è stato infatti realizzato da un pugno di appassionati che risponde ai nomi di Davide Mana, Silvia Treves e Massimo Citi, che si sono occupati di ricerca e traduzione dei racconti, supervisione, impaginazione e stampa.
Alia Anglosfera contiene sette racconti a cavallo tra fantastico e fantascienza scritti da Ted Chiang, Lillian Csernica, Ellen Kushner, Michael Moorcock, Tim Pratt, Delia Sherman e Karl Schroeder.
Se conoscete questi nomi (io ne conoscevo solo qualcuno) potrete forse immaginare la varietà dei temi dei racconti e della scrittura, varietà che in effetti può lasciare spiazzato più di un lettore. Dal mio punto di vista la proposta variegata di Alia è un ottimo sistema per assaggiare una serie di piatti narrativi  che altrimenti non avrei mai provato. E mi ha confermato quel che in fondo già sapevo: mi devo procurare al più presto un romanzo di Tim Pratt.



E veniamo a Robot. Per qualche nota generale sulla rivista di Delos Book vi rimando a questo post. Stavolta mi voglio concentrare sui racconti contenuti negli ultimi numeri letti.
Nello specifico, il numero 61 di Robot contiene il racconto premio Hugo 2010 La sposa fredda di Will McIntosh, piccola storia dal respiro molto ampio, capace di raccontare da un punto di vista insolito l'evoluzione delle relazioni umane (o la mancanza delle stesse), a me è piaciuto. Di seguito Hidden di Luigi Rinaldi storia di una ricerca senza speranza, in una zona aliena. Il racconto ha il passo pesante di chi si trova a ripercorrere strade già frequentate da altri, e con ben diversi risultati, con la frenesia di dover dimostrare la propria originalità, e forse per questo motivo non mi è piaciuto.
Nelle pagine successive un altro racconto italiano, Vestiti usati a Treptow Markt di Marialuisa Amodia che è invece formidabile nel mescolare fantastico e quotidiano, con un'ottima gestione dell'ambientazione e una trama che mescola storia personale e mistero con grande equilibrio e leggerezza, senza per questo suonare accomodante o superficiale. Secondo me il punto più alto di questo numero di Robot e forse il miglior racconto italiano letto quest'anno.
Il racconto successivo è il recupero dai primi anni '70 de L’ultima giga di Remo Guerrini. Racconto solido e ben scritto ambientato in uno scenario post-apocalittico dal sapore spiccatamente fantasy. È il genere di storia che ha sicuramente i suoi meriti, ma che io faccio fatica ad apprezzare per quanto derivativa appare. Chiudono questo Robot due racconti, Alice davanti allo specchio di Sergio Cicconi e Pervertito di Charles Coleman Finlay che non mi sono piaciuti per motivi analoghi: un voler estremizzare situazioni e prospettive senza avere poi la capacità di portare la propria scrittura agli stessi punti di rottura che le loro storie richiederebbero, con il risultato di non riuscire a coinvolgere il lettore (questo lettore perlomeno).

Il numero 62 di Robot si apre con una copertina davvero invitante ad opera di Brian Despain, forse una delle più azzeccate della storia recente della rivista. I racconti stranieri presenti nel volume sono tutti made in Canada, così come il contenuto redazionale che è dedicato per la gran parte alla produzione del paese nordamericano (spicca a questo proposito l'articolo di Salvatore Proietti dedicato alla fantascienza locale, davvero ricco e informato). La narrativa italiana è rappresentata dall'ultimo racconto scritto da Vittorio Curtoni. Procedura empatica ripercorre i temi e le sensazioni più care a Vittorio, con quella vena di amarezza mescolata insieme a un esile speranza e all'eterno pessimismo che è forse il tratto distintivo dell'autore. A me la sua fantascienza non ha mai convinto: troppo autoreferenziale e involuta per i miei gusti, ma questo racconto rappresenta una testimonianza unica di quel che è stato l'ultimo periodo di Vittorio Curtoni e per questo merita comunque il massimo rispetto.
Dicevamo degli autori canadesi presenti in questo Robot. Sono Peter Watts con L'isola, una storia piuttosto ambiziosa che racconta insieme di esplorazione, alienazione, famiglia e lotta di potere. L'isola è un racconto complesso e interessante, pieno di suggestioni e interrogativi. Forse un po' troppo freddo nel suo essere spietatamente analitico, ma ce ne fossero…
Non altrettanto interessanti gli altri racconti di Tanya Huff (Una volta conoscevo un tipo) e Robert J. Sawyer (Questione di tempo) che battono piste già battute un milione di volte prima di loro. Eentrambi lo fanno però con garbo e mestiere, lasciandosi leggere fino in fondo.
Per dovere di completezza vanno segnalati anche Il significato del Natale di Riccardo Restelli e Distacco da Garics di Maurizio Del Santo, il primo è un  racconto nostalgico e melenso che vorrebbe magari suonare fiabesco ma che invece appare solo terribile nei contenuti come nello svolgimento, il secondo è un racconto di primo contatto con tutte le sue cose al posto giusto, ma che per un motivo o per l'altro non è riuscito ad appassionarmi quanto avrebbe dovuto.



Concludo questa carrellata con un tuffo nel passato prossimo delle pubblicazioni che hanno portato in italia la fantascienza più innovativa e dirompente. Sto parlando dell'unica, indimenticabile, incredibile, Isaac Asimov Science Fiction Magazine, che in una manciata di numeri usciti tra il 1993 e il 1995, sotto l'etichetta di Telemaco prima e Phoenix poi, ha tentato di dirottare la fantascienza nazionale su una strada diversa da quella percorsa dagli editori dell'epoca.
Il numero 7, uscito nel novembre del 1994, è una raccolta antologica a tema, dedicata in toto alla realtà virtuale. Leggendo i vari racconti raccolti nel volume (sono 9, ad opera di Mary Rosenblum, Robert Silverberg, Geoffrey A. Landis, Nancy Kress, Pat Cadigan, Eileen Gunn, Sonia Orin Lyris, Jonathan Lethem e Cherry Wilder) la prima cosa che salta agli occhi è quanto velocemente invecchi la fantascienza che cavalca la moda del momento. Fantascienza che all'epoca colpiva per l'approccio user friendly a materie magari esotiche, ma che senza il supporto di una scrittura all'altezza perde in fretta il suo pregio migliore che è quello della novità. E come sia facile (soprattutto col senno di poi!) riconoscere invece quegli autori capaci di lasciare un segno indelebile nella memoria, Nel caso di questo numero della IASFM i racconti che si leggono tuttora con autentico piacere sono Chip runner di Bob Silverberg, solida fantascienza classica ma potente, Post mortem di Pat Cadigan, un racconto che più anni '80 di così è difficile immaginarlo (ma in senso buono!) e "Per Sempre" disse il papero di un giovane Jonathan Lethem, allora ancora alle prese con i dintorni della fantascienza, che ci da dentro come suo solito.
Ritrovarsi a leggere queste vecchie storie (si fa per dire…)  che hanno già un paio di decenni sulle spalle è comunque esperienza interessante. Aiuta a mettere meglio a fuoco il presente, e non solo quello fantascientifico. Esperimento da ripetere.

13 commenti:

  1. Una volta ad una Comcon a Napoli, sarà stato il 1998 più o meno ebbi la fortuna di incontrare Daniele Brolli, all'epoca editore della Phoenix, parlammo a lungo anche della IASFM, mi confessò la sua delusione per il fallimento dell'esperimento italiano della rivista. Discutemmo a lungo anche delle tendenze della fantascienza letteraria: l'uomo aveva capito che i gusti stavano cambiando; però -considerazione mia, tanti scrittori invece non ebbero la stessa lungimiranza di Brolli.
    Le cose cambiano anche nella SF...
    Però sarebbe bello poter riavere anche in Italia una rivista come la IASFM.

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    1. A Brolli la perseveranza non manca di certo. Credo di aver visto il suo nome su tutte o quasi le pubblicazioni che seguivo nei '90, dai fumetti StarComics e le traduzioni cyberpunk, a Cyborg, alla IASFM, al primo Lansdale targato Phoenix/Fanucci, a Bompiani, fino al progetto Vertigo di Einaudi, e chissà quanta altra roba mi sto scordando…

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  2. Anche io compravo la IASFM di Brolli e ne ho un bel ricordo. Gli articoli di Filippo Scozzari erano semplicemente favolosi, fra le cose più belle della rivista.

    Murgen

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    1. Io invece in quegli anni avrò letto solo tre o quattro numeri della IASFM, che all'epoca avevo smesso di seguire la fantascienza scritta.

      Ma con calma li sto recuperando tutti, che si scoprono cose notevoli.

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  3. Pur non avendo letto e comparato gli stessi numeri di Robot e dello IASFM, posso dire di avere, grosso modo, sensazioni simili, dato che anch'io ho molti arretrati da smaltire (brutto verbo).

    La mia idea è che all'epoca dello IASFM, pur con tutti i vincoli che la proposta di una testata americana e la sua propria dotazione di racconti imponeva alle libertà di scelta, le condizioni erano più "sperimentali", dato che la gestiva Brolli con tutta la sua storia e che, con tutti quelli che a me appaiono "difetti" ideologici e di poetica, dava maggiore respiro di quanto non si avverta in ROBOT.

    Forse erano i tempi, forse le persone.

    Ho letto che Sosio ha sostituito Viviani alla conduzione di Odissea: sai per caso il motivo di questo avvicendamento?

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    1. Secondo me è lo spirito con cui sono realizzate le due riviste ad essere diverso: la IASFM cercava di proporre quella che negli anni '90 era la fantascienza più innovativa per temi e scrittura. Robot nella sua versione Delos Books nasce come rivista rivolta ai vecchi lettori e ha uno spirito decisamente più conservatore.
      (può piacere o meno, ma almeno Robot è ancora viva, la IASFM è solo un bel ricordo…)

      Non ho idea dei motivi che hanno portato all'avvicendamento nella conduzione di Odissea. Purtroppo negli ultimi anni c'è stato un deterioramento nei miei rapporti con Silvio Sosio, che ha portato a una riduzione della frequentazione dell'ambiente vicino a Delos.

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  4. Il termine "conservatore" che usi credo che rivesta il maggior grado di rilevanza nell'impostazione di Robot (anche se pare che verranno operati alcuni cambiamenti).

    Con maggiori "distanze" tra i varii operatori (curatori, scrttori, critici e recensori) si supererebbe il famoso provincialismo all'italiana e forse si vedrebbero idee nuove e magari persone nuove.

    Ma questo è un problema che ha radici nel nostro familismo, credo.

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    1. Quello che scrivi è sacrosanto.

      Considera però questi elementi:
      - il lettore di robot è un vecchio lettore, sia anagraficamente che come frequentazione del genere. Il problema (uno dei problemi) della fantascienza scritta è il ricambio generazionale, in questi ultimi decenni soprattutto.
      - le persone che si occupano di fantascienza in italia sono poche decine. Vuoi che non si conoscano tutte tra loro e che non si creino quindi sinergie (quando va bene) o piccole cosche (nella peggiore delle ipotesi)?

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  5. Sono sempre combattuto tra realistica accettazione dello stato delle cose e idealismo.

    Da lettore e amante della migliore sf mi sento più tradito oggi.

    Ai tempi delle diatribe, oggi quasi naif, tra Malaguti, De Turris & Fusco, Montanari e Nati e Pergameno poi, la sf (ma oserei dire lo stato culturale della sf) era più stimolante.

    Naturalmente, l'oggi e lo ieri vanno contestualizzati.

    Mi sembra di avvertire aria stantia e calo di qualità e, forse, rassegnazione "fatale", alle condizioni del mercato in quanto Mercato tout court.

    Sosio è senz'altro preparato e professionale.

    Però ho la sensazione che ci si muova per format culturali, il più imperante dei quali è quello derivativo dal mondo informatico e di come questo mondo (che ho frequentato culturalmente e lavorativamente) in-formi troppo pervasivamente la sf, nella visione, nel linguaggio e, in ultima analisi, nella capacità speculativa e di qualità narrativa.

    Forse questi "applicati" stanno facendo danno alla sf così come i geometri hanno danneggiato il patrimonio architettonico italiano (ma qui ci si allargherebbe anche agli architetti, quindi l'analogia non è poi così calzante con le mie intenzioni).

    In pratica la sf smette di essere letteratura, diventa vieppiù "prodotto" letterario, laddove l'aggettivo letterario sta diventando quasi un'appendice cieca.

    Sto molto attento a non cadere nella nostalgia di una sf che non c'è più perché credo che la sf debba, per sua natura, ampliare ogni forma e concetto di cui si è nutrita e "muoversi".

    Per farla breve, cercando qualità, oggi trovo soprattutto prodotti.

    Secondo me, ignorante del mercato cartaceo e non, se il lettore medio di Robot è (e rimane) un vecchio lettore, questa conduzione poco illuminata, fino ad ora, ne decreterà la fine.

    La mia idea sarebbe addirittura che Robot dovrebbe rivoluzionarsi un pò.

    Nella grafica, nella ripetitività delle rubriche e della loro collocazione, nei collaboratori, nelle idee e nell'attingere a mercati letterari un pò diversi.

    Non so se hai letto i pochi numeri di Solaria usciti in edicola.

    A me ha colpito il tentativo di ricerca e proposta di autori nuovi ed interessanti che Urania, ad esempio, aveva magari solo toccato di striscio.

    Per me, nel suo piccolo e con tutti i suoi difetti, Solaria, dal punto di vista della qualità letteraria, dimostrava che c'è cibo fresco in giro e che si può rinnovare.

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    1. Io credo che il grosso cambiamento avvenuto negli ultimi 20/30 anni nel panorama fantascientifico nostrano, cambiamento da cui son derivati tutti i problemi conseguenti (svuotamento degli scaffali nelle librerie, aria soffocante nel ghetto, mancanza di prospettive, ecc. ecc.) è uno solo.
      La scomparsa del lettore di fantascienza.

      Sui motivi di questa scomparsa ne abbiamo dibattuto n lungo e in largo in passato (vedi qui per una buona base di partenza: 1, 2 e 3) e francamente non ho molta voglia di tornarci sopra.

      Io sono d'accordo con tutto quel che scrivi qui sopra. Ma ognuna delle tue osservazioni si scontra con la tragica evidenza della scomparsa dei lettori: hai voglia a chiedere agli editori questo e quello, chi pubblica i libri non è un ente di beneficenza.
      Perché dovrebbe farlo?

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  6. Provocazione: non sarà scomparso il numero dei lettori di fantascienza perché è aumentato il numero degli scrittori?

    In un tuo intervento parli di format e credo che questo sia, se non il punto principale, uno dei punti.

    Il format è una forma di condanna culturale predigerita che presuppone una somministrazione a priori di un bolo alimentare.

    L'industria, storicamente, si è sempre appropriata della cultura.

    Adesso ha deciso di aver capito come "produrla" e quindi ne anticipa quelle che immagina, secondo i propri studi commerciali, possano essere i passi a venire.
    Questo fa sì che si soffochino altri modi di vedere e di proporre.

    Un bel print on demand, ad esempio?

    Una raccolta anticipata di adesioni su possibili pubblicazioni di certi autori? (Un pò quello che ha permesso a Robot di rinascere).

    Nella rete, mai come oggi si parla di sf.

    Si parla di rete di imprese per affrontare il mercato globale, potrebbe essere un punto su cui discutere anche per gli editori di sf.

    Credo anch'io che il lettore in Italia stia barcollando sul divano.

    Mi domando a questo punto, su quale base prospettica di vendita e di sopravvivenza il far rinascere una rivista come Robot e avviare collane varie da parte di Delos.

    Da un'intervista a Sosio leggo che le cose non vanno bene soprattutto con i vampiri che dovrebbero dare agio alle altre collane per sopravvivere.

    Questo dice che l'effimero dura poco, per tautologia.

    Premetto che il punto dirimente per me sarebbe sempre quello di poter andare a vedere nei numeri di vendita. E i dati storici di vendita, anno dopo anno.

    Almeno metà chiave di lettura sta lì.

    Credi, sono convinto che il problema della sf sia dei "somministratori", pigri esecutori di un paradigma di cui non hanno più voglia di mettere in discussione le basi. Giustamente devono portare a casa la pagnotta.
    Non hanno nemmeno più voglia di provarci.

    A differenza tua sono convinto che ci siano lettori che si approvvigionerebbero volentieri a nuovi menu mentre l'inerzia è salita perchè ci tocca sempre la solita trattoria finto rustico.

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    1. Beh… Sosio diceva anche delle difficoltà di Odissea e della fantascienza in generale. Questo per dire che comunque la si pensi, non credo che Delos si sia messa a pubblicare fantascienza per diventare ricca. Credo insomma che non debba mai essere sottovalutata la passione che anima certe iniziative.

      Poi ok, ognuno di noi ha le sue idee su come si potrebbero rivitalizzare le sorti della fantascienza, qui e ora. Ma a parlare siamo buoni tutti.
      È fare le cose che è più complicato.

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  7. È vero che criticare è facile; d'altronde, visto che ci si spende tempo e denaro il diritto di critica è quasi implicito. Pensa però a questo: Lippi sono trent'anni che bene o male sta lì e Sosio si sta allargando in maniera impressionante.
    Dalle mie parti si dice: hai voluto la bicicletta.... ora pedala!

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