01 luglio 2011

Visioni: Shyamalan, Salvatores, Fincher, Amenábar.


Foto di Iguana Jo.

Questa settimana i figli sono in montagna e noi ne abbiamo approfittato per vedere alcuni film che erano lì, in attesa di un po' di tempo libero. Ecco quindi qualche nota veloce - che di recensioni acute intelligenti e profonde è piena la rete - per aiutarmi a ricordare i film di questa settimana.
Visto che si parlerà di pellicole recenti, recuperate dopo averle perse al cinema, ne approfitto per inserire nel post qualche nota su un film la cui visione mi era stata consigliata qualche mese fa in coda a questa discussione.

Lady in the Water di M. Night Shyamalan, 2006
Nelle mani di qualsiasi altro regista un progetto come Lady in the Water sarebbe fallito miseramente. Presi singolarmente, gli ingredienti che compongono la pellicola di Shyamalan sarebbero inammissibili, almeno per un film che abbia la pretesa di raccontare una storia in modo originale, complesso, corposo. Partendo dalla galleria di personaggi che rappresentano la fiera dello stereotipo, passando a un plot che prende le mosse da una situazione che più scontata e vista di così - per non parlare di mostri e caverne o di tragedie e risoluzioni - per arrivare ai dialoghi, che letti fuori contesto suonerebbero triti e retorici come non mai, non c'è un singolo aspetto del film capace di reggersi autonomamente.
Eppure il film di Shyamalan funziona e per me funziona alla grande. Non sono sicuro di aver capito in che modo ci riesca, ma Lady in the Water trasmette allo spettatore una fondamentale innocenza, un senso di realtà che a raccontarlo non ci credi. Lo fa mescolando il virtuosismo cinematografico di Shyamalan con la sua fondamentale umiltà, costruendo una storia che raccontando di miti ed alieni rimane vera e umana fino in fondo.


Happy Family di Gabriele Salvatores, 2010
Là fuori c'è un sacco di gente che Salvatores proprio non lo regge. A me invece è sempre stato simpatico, sarà per il suo approccio cinematografico americano a storie profondamente italiane, sarà per la costante leggerezza, sarà per la malinconia o il consolante sapore nostalgico e di molte sue cose. O forse perché ci ha regalato l'unico film italiano di fantascienza decente negli ultimi trent'anni…
Happy Family non fa eccezione. È un piccolo film, in cui magari si eccede nel virtuosismo, in cui si cercano ad ogni passo sottotesti metafilmici e complessità intertestuali. Ma Happy Family non ha nulla del film intellettualoide: è realizzato con una tale leggerezza, con tanto percepibile divertimento e grazia, da far passare in secondo piano ogni altro aspetto che non sia quello dell'immediato godimento offerto da una storia raccontata bene. E poi dite quello che volete, ma a me rivedere insieme la coppia Bentivoglio - Abatantuono fa quasi tenerezza.


il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, 2008
David Fincher è un altro dei miei registi preferiti. il curioso caso di Benjamin Button era l'unica pellicola della sua filmografia che ci mancava. L'avevamo tenuto indietro intimoriti un po' dalla durata un po' da qualche affidabile recensione non troppo entusiasmante.
Invece il curioso caso di Benjamin Button è un film sontuoso, una storia solida, densa di suggestioni e meraviglia. Come mi ha fatto notare Annalisa, il suo parente cinematografico più prossimo è probabilmente il Forrest Gump di Robert Zemeckis. Ma tanto quest'ultimo è rivolto all'esterno, a cercare continue conferme storiche della grandezza del secolo americano, quanto invece il film di Fincher volge lo sguardo all'interno, a indagare sul mistero dell'esistenza e sull'ineluttabilità del cambiamento. Entrambi condividono lo sguardo aperto, gioioso e stupefatto dei loro protagonisti maschili, che non potrebbero altrimenti essere più diversi, e quello avventuroso e in qualche modo disperato delle rispettive partner.
il curioso caso di Benjamin Button è una conferma del nuovo corso fincheriano inaugurato da Zodiac e proseguito con The Social Network, caratterizzato da una modalità di racconto cinematografico quasi letteraria nella sua densità e decisamente più sobria e pacata nella sua messa in scena. L'evoluzione dello stile di Fincher è esemplare: dai virtuosismi dei primi film, che privilegiavano la spettacolarità dell'inquadratura, quasi a voler cercare conferme dell'abilità del loro autore, all'esaltazione della narrazione degli ultimi, con il talento del regista messa al completo servizio della storia.


The Others di Alejandro Amenábar, 2001
Non sono un frequentatore abituale del cinema horror (non so nemmeno se The Others è ascrivibile al genere. Però fa paura, quindi…) e dato che da queste parti passano dei Veri Esperti™ spero mi perdonino per le ovvietà o le inevitabili incomprensioni. Se c'è una cosa che accomuna il film di Alejandro Amenábar agli altri film qui sopra, è la solidità di una sceneggiatura che supporta una messa in scena personale ed efficace nel trasmettere suggestioni ed emozioni. Che è vero, in The Others sono anche troppo urlate rispetto al tono sommesso che circonda i protagonisti della vicenda, ma che proprio per la loro immediatezza e semplicità riescono inevitabilmente a colpire lo spettatore.
Se la sceneggiatura è senza dubbio il punto di forza del film, l'altro perno su cui poggia la rappresentazione è la prestazione di Nicole Kidman, che quanto a sguardi perfidi non è seconda a nessuno, ma che è pure capace di illuminare lo schermo con una presenza che mescola dolcezza, decisione e disperazione in una combinazione davvero esaltante.
Sulle sorprese e i ribaltamenti di prospettiva del film non anticipo nulla, che certo c'è ancora gente in giro che non l'ha visto, salvo constatare come sia abile Amenábar a trasformare il dramma in commedia, la tragedia in progetto di vita (!), in barba a morale cattolica e sensi di colpa vari.

10 commenti:

  1. Tutte ottime visioni. D'accordissimo su Salvatores, la coppia Abbatantuono- Bentivoglio dovrebbe lavorare assieme più spesso.
    The Others può tranquillamente considerarsi un Horror e Lady in the Water, nonostante qualche lungaggine tipica del regista è un gran bel film-

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  2. Totalmente in disaccordo su Salvatores. Per me "Happy Family" è un film pessimo, ma proprio pessimo. Parte da uno spunto già stravisto (il rapporto tra un autore e i suoi personaggi) e poi lo lascia cadere senza farci nulla (qualcuno sa spiegarmi perché la scena finale dovrebbe discendere dal resto del film, per esempio?). I personaggi sono tutti finti e monodimensionali, buoni per farci su qualche gag e basta, per il resto inverosimili, senza spessore, non spiegati. Il tutto nella solita cornice altoborghese che permette di sfoggiare interni patinatissimi, in cui si muore di cancro col sorriso sulle labbra in mezzo a lenzuola cos' bianche che più bianche non si può.
    Le uniche cose buone che ci sono nel film sono il videoclip su Milano notturna con musica di Chopin, e Abatantuono che fa ridere. Ma non si può promuovere un film solo perché ci sono due attori bravi. "Happy Family" non è un film leggero, è un film VACUO. E c'è tutta la differenza del mondo.

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  3. @ Nick: in effetti m'è venuta voglia di rivedermi Turné, che son passati aaaaaanni dall'ultima volta.

    @ Vanamonde: Oh! là, finalmente l'occasione per una bella discussione! :-)
    A me pare che tu dia una lettura molto parziale e limitata del film. Quel che dici di personaggi e ambientazione è verissimo, con l'unico scarto, evidentemente mal percepito, che sia personaggi che ambientazione sono programmaticamente finti e macchiettistici. Riflettono secondo me a) il mondo della rappresentazione cinematografico/televisiva attuale, che presenta personaggi analoghi prendendoli maledettamente sul serio (il Bentivoglio di Salvatores è lo specchio fedele di quello visto in non so più come s'intitolava quel film infame di Muccino); b) la semplificazione cui sono stati oggetto da parte di pubblico e critica gli stessi personaggi di Salvatores nel tempo (in questo senso sono significativi l'uso smodato di canne che si fumano nel film e più di uno scambio di battute tra i personaggi); c)l'estetizzazione imperante del quadro sociale a discapito di verità e realismo (l'uso del colore, bellissimo e sì, certo, volutamente vacuo, a determinare la cifra stilistica delle scene).
    Non per nulla l'unico momento vero del film - e sicuramente emozionante - è quel viaggio per milano, fotografato benissimo e musicato altrettanto bene, che mostra la faccia reale della città, e che - di nuovo, programmaticamente - non ha nulla a che fare con il testo, fasullo, del film.

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  4. Quello di Salvatores non l'ho visto.
    Lady in the water è l'ultimo film VERO di Shamalayan prima di "impazzire" ;)
    David Fincher è un mito e lo ha confermato con Benjamin. The others ha aperto le porte al moderno horror spagnolo.
    Gran belle visioni, uomo!

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  5. Iggy, non riesco a capire il tuo punto di vista. Ammettiamo pure che Salvatores abbia messo in scena di proposito personaggi finti e macchiettistici. Ma quale sarebbe il punto? Se voleva essere una parodia, alla "Boris", per dire, penso che almeno il 90% del pubblico non l'abbia colta (io, sicuramente, non l'ho colta). Altrimenti, qual è il senso dell'operazione?

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  6. @ Eddy: in compenso ieri ci siam visti "I guardiani del destino" al cinema, e beh… era da tempo che non vedevo un film così irritante.

    @ Vanamonde: Per cominciare mi rimangio il macchiettistico, che effettivamente non rispecchia la mia idea dei personaggi e vado al punto.
    No, Happy Family non è una parodia, come non è una satira. Happy Family è una commedia. Una commedia in cui i personaggi non sono persone ma maschere. In quanto tali perdono effettivamente qualsiasi pretesa di tridimensionalità e diventano funzionali unicamente al loro ruolo nel film.
    Di conseguenza nessun personaggio del film ha una personalità che vada oltre il suo ruolo specifico: Bentivoglio è la sua malattia, Abatantuono il suo farsi le canne. Non c'è profondità, salvo che nell'intreccio con l'autore, e tale profondità è giocosa più che complessa, popolare più che intellettuale.

    Non credo che il film avesse alcuna pretesa di realismo, non per nulla l'irruzione del reale - l'intermezzo in bianco e nero - è così evidente ed emozionante.
    Tutto nel film urla la sua essenza "fantastica": dall'uso dei colori, alla già ricordata riduzione dei personaggi a maschere, alla rappresentazione cartolinosa di una Milano davvero incredibile. Fin dalla presentazione di Fabio De Luigi si capisce che il film esplorerà un mondo surreale fatto di memorie e suggestioni personali piuttosto che di cronaca e realtà.
    A me è piaciuto molto l'approccio che bandisce ogni seriosità senza rinunciare all'intelligenza della messa in scena, che per me è percepibile soprattutto nella gestione del doppio piano narrativo, i cui incroci scorrono sciolti e credibili, e nell'ideazione di personaggi che nonostante la loro monodimensionalità riescono a riflettere qualcosa di più della loro leggerezza.

    Con questo non voglio dire che il film di Salvatores sia un capolavoro, solo non m'è parso in alcun modo il film pessimo che dici. È una piccola commedia che non aggiungerà nulla alla storia del cinema, ma che si guarda ben più volentieri del 90% (sto stretto) delle commedie che passano al cinema di questi tempi. (A tal proposito accetto suggerimenti, che è da tempo che non vedo una commedia memorabile…)

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  7. (A me come commedia comica è piaciuta Parto col folle ma temo in quel campo di essere, stranamente, di bocca buona, mi ha ricordato tipo un Jerry Lewis Dean Martin 2.0)

    E quoto Eddy su Shyamalan, l'ultima cosa bella prima della rovina. Il film sull'erba ribelle è atroce, devi prenderlo sul comico per sopportarlo.

    The Others mah, mi ha annoiato ma non ricordo molto, dovrei rivederlo, anche se tu hai sta capacità di analisi/sintesi che ti ho sempre invidiato perché uscirsene fuori con "tragedia come progetto di vita" manda all'asilo ventimila mie recensioni affannose e lungherrime, che bella intuizione, davvero!

    Io Salvatores boh non lo vedo da minimo dieci anni, mai piaciuto, quindi non saprei che dire...

    Iguana, devi recuperare (ma vedere da solo, mi raccomando) Dogtooth: le riflessioni che fa sul potere della parola ecc ecc ti provocheranno un post epocale...

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  8. "Nessun personaggio del film ha una personalità che vada oltre il suo ruolo specifico". Appunto. Quello che tu citi come un pregio, o comunque come una caratteristica non negativa, per me non è solo un difetto. E' IL difetto. E' la singola cosa che mi fa più incazzare quando vedo un film. E' il motivo per cui vado raramente a guardare film italiani.

    Io non ho nulla in contrario a guardare al cinema una commedia leggera.
    En passant, bisogna dire che, a meno che tu non sia un genio, sarebbe opportuno che per fare una commedia leggera scegliessi temi leggeri. Se il tuo scopo è far vedere Abatantuono e Bentivoglio che si fanno le canne tiri in ballo il cancro, è piuttosto difficile essere leggeri senza apparire anche vacui (come di fatto è avvenuto).
    Ma il punto è un altro, e cioè che non bisogna confondere, come mi pare tu faccia, la profondità dell'argomento con la qualità della realizzazione. Se fai una commedia leggera, questo non significa che tu sia autorizzato a fare personaggi privi di spessore. E' esattamente il contrario: proprio perché manca un tema "forte", per reggere il film i personaggi hanno ancora maggiore bisogno di essere ben definiti.
    Bada bene: non sto dicendo "realistici" ma "ben definiti". Per attenerci al film in questione, non è un male in sé che lo spunto di partenza sia che due sedicenni hanno deciso di sposarsi contro la volontà delle famiglie. Non importa se è una situazione non realistica, ma paradossale. Quello che importa, però, è che tu come autore mi dia una qualsiasi motivazione per cui i personaggi hanno questo desiderio. Non necessariamente una motivazione realistica, ma comunque una premessa da cui quel comportamento discende, in modo che io spettatore mi possa calare nella logica del film e dei personaggi, e avere delle aspettative che possano essere soddisfatte o frustrate, perché tutto il piacere del cinema e della narrativa sta lì.
    In "Happy Family" non c'è nulla di tutto questo. I ragazzini stanno lì perché il loro ruolo è quello di essere la scusa che permette ad Abatantuono e Bentivoglio di farsi un sacco di canne. Delle loro ragioni non ci viene detto nulla, perché sono un mero pretesto narrativo. E infatti, una volta entrate in scena le canne di Bentivoglio e Abatantuono, la questione del matrimonio crolla come un castello di carte senza aver destato il minimo interesse nello spettatore, che non ha avuto alcun appiglio per decidere se al matrimonio si sentiva favorevole o contrario.

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  9. Di recente ho riguardato la commedia di Gene Saks "Fiore di Cactus", con Walther Matthau, Ingrid Bergman e Goldie Hawn. E' un film di quarant'anni fa, ma è ancora un piccolo gioiello. E' una commedia leggerissima su un dentista che racconta un sacco di balle alla fidanzata. E me la potrei guardare una volta la settimana e continuare ad apprezzarla, perché i personaggi, anche quelli minori che appaiono solo in un paio di scene, sono costruiti benissimo, hanno una personalità, degli obiettivi, dei legami con gli altri personaggi, che li fanno diventare "reali", anche in un contesto da pochade come quello del film.
    Di molti personaggi di "Happy Family", invece, non ricordo nulla di nulla. Perché sono inesistenti, e perché tutto il film si esaurisce nella frase "Abatantuono e Bentivoglio si fanno un sacco di canne anche se sono invecchiati al punto che uno di loro sta per morire". Tutto il resto è fuffa messa lì a fare da sfondo senza nessuna cura. Ed è purtroppo il difetto capitale di tantissime commedie italiane di oggi: manca un tessuto che le tenga insieme, c'è un'esile idea centrale che non viene sviluppata, non viene sviscerata in ogni dettaglio, per impegnata o leggera che sia. Si usano invece personaggi minori che servono gag di contorno svincolate dal contesto o che fungono da "stampelle" per mantenere in pista la trama al di là di ogni coerenza logica (Un esempio: tempo fa ho visto "La Passione" di Mazzacurati: stessi difetti di "Happy Family"). Ecco, a film italiani del genere io ho dichiarato guerra.

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  10. @ Elvezio: Parto col folle me lo sono segnato, soprattutto per il paragone con con la coppia Jerry Lewis Dean Martin. Quei due hanno segnato la mia infanzia, altro che Dario Argento & Stephen King! :-)

    E sì, mi son segnato pure Dogtooth, che sembra davvero un film potente. Prima o poi ne riparliamo…


    @ Vanamonde: provo a ripetere con altre parole quel che ho provato a dire più sopra.
    Il fulcro della storia, il motivo per cui vedere 'sto film, non sono i personaggi, che è vero, non hanno alcuna pretesa di profondità (ma che magari apprezzi per quel che ti ricordano gli attori), ma lo svolgimento della vicenda che è divertente per come gioca, mescola e ricombina i vari livelli narrativi.
    Dire che i personaggi sono funzionali al loro ruolo non rende necessariamente il film vacuo, sposta semplicemente il fuoco della pellicola su altro rispetto a quel che probabilmente cercavi / hai visto tu.

    Uno di punti cui accennavo più sopra è il rapporto di questo film con gli altri prodotti analoghi che si realizzano in italia. I personaggi della commedia italiana standard, anni 2000, televisiva o cinematografica che sia, sono per la maggior parte dei casi privi di spessore, vacui, se non addirittura fasulli nelle loro premesse e nelle relazioni che instaurano.

    Sono questi personaggi, presentati e raffigurati come "persone" vere, reali, credibili, a costituire il più grosso limite, il "problema" che abbiamo qui da noi, che è un problema di narrativa condivisa, di rappresentazione della realtà che abbia qualche aggancio con la vita vera qui fuori (i primi film di Virzì ci riuscivano, gli ultimi che visto, mah…).

    In Happy Family questi personaggi sono isolati dal contesto. non toccano mai davvero terra, non rappresentano la realtà, ma la fantasia di un autore, lui sì peronaggio/persona, che non brilla certo per personalità o coscienza o profondità.
    (del resto, basta pensare al titolo stesso del film).

    (e come nel film, piazzo a metà strada qualche domanda: Perché ti ha colpito tanto quello stacco documentaristico su Milano? Perché Salvatores ce lo ha infilato? Qual è la funzione di quell'inserto in bianco e nero?)

    Tutte le relazioni che i personaggi/maschera di Salvatores instaurano nel film sono funzionali a narrare il nulla che ci circonda. Non solo non è data alcuna risposta ai motivi del mancato matrimonio tra i due ragazzi, ma nessun'altra questione trova risposta: dal menù lasciato in sospeso dalla madre dell'avvocato, al rapporto di quest'ultimo con la moglie, ai problemi di relazione sociale dell'altra moglie del navigatore, fino al cattivo odore della "ragazza carina". E poi è vero, c'è il tema fondamentale della morte, talmente artefatto e surreale e fantastico da perdere qualsiasi potenziale drammatico.

    Quello che forse si può rimproverare al regista è un'eccesso di gentilezza nei confronti del pubblico, che tutto nel film è così "carino" che si rischia davvero di confonderlo con la realtà illusoria trasmessa dalle televisioni nazionali.


    Sul discorso commedie: è possibile che per trovare una commedia memorabile si debba andare indietro a metà del secolo scorso?
    Secondo me qualcosa di decente sì è visto anche più di recente, o no?

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