03 luglio 2008

William Gibson


Picture by FredArmitage.
Complice la compulsione alla catalogazione di cui sono vittima ultimamente per colpa di Anobii, ecco un'altra corsa sul binario delle letture passate.
Oggi tocca a William Gibson. Nell'attesa di leggere Guerreros riporto anche qui qualche nota sui suoi libri precedenti (e perdonate le ripetizioni, se potete):

Neuromante (Neuromancer), 1984
Una supernova per l'immaginazione. Dopo aver letto questo romanzo nessun'altra lettura è stata più la stessa. La luce in un mondo fantascientifico sempre più crepuscolare e asfittico.

La notte che bruciammo Chrome (Burning Chrome), 1986
In questo volume sono raccolti i racconti che hanno cambiato definitivamente la mia percezione della fantascienza.
Più che un libro, una leggenda.

Giù nel ciberspazio (Count Zero), 1986
Monna Lisa Cyberpunk (Mona Lisa Overdrive), 1988
Neuromante è forse il mio romanzo di fantascienza preferito, una di quelle letture capaci da sole di cambiare la percezione della realtà, per questo motivo ho lasciato trascorrere davvero molto tempo prima di leggere gli altri due romanzi che compongono la trilogia dello Sprawl. Avevo il timore che come spesso accade i seguiti non fossero all'altezza dell'originale.
In effetti questi romanzi non sono all'altezza di Neuromante: impossibile eguagliare l'impatto incredibile che quel romanzo ha avuto sull'immaginario collettivo e sul mio in particolare. Ciò nonostante sia Giù nel ciberspazio che Monna Lisa cyberpunk sono due ottimi libri, opere in cui all'esplorazione della matrice e delle sue conseguenze sul vivere comune si affiancano le storie di personaggi memorabili.
La trilogia dello Sprawl ha ridefinito i confini della fantascienza. Anche ora che il cyberpunk è morto e sepolto le tracce di Case, Bobby e compagni sono ben visibili in un sacco di romanzi contemporanei.
Qui trovate gli originali.

La macchina della realtà (The Different Engine), 1991
Ho poco da dire su questo libro: è l'unico romanzo di William Gibson che proprio non ho digerito. Colpa di Sterling, senza dubbio.

Luce virtuale (Virtual Light), 1993
Con questo romanzo Gibson inizia a ricalibrare la sua fantascienza su intervalli temporali più stretti, sperimentando una scrittura meno visionaria ma non per questo meno efficace per indagare una realtà in perenne mutamento.
La sua capacità di raccontare il prossimo futuro come fosse già avvenuto è micidiale, ma Luce virtuale soffre un po' troppo di questo cambio di registro e non tutto funziona come dovrebbe.
Certo, Chevette Washington è un gran bel personaggio, il ponte un'idea grandiosa resa in maniera perfetta, ma purtroppo la storia latita, e le dinamiche che legano i protagonisti suonano già sentite, quasi retoriche e insomma non all'altezza dei precedenti romanzi gibsoniani.
Un romanzo comunque buono, anche se non memorabile.

Aidoru (Idoru), 1996
Il mio giudizio del libro poteva essere viziato dal fatto che io ho adorato il Gibson della trilogia dello Sprawl e dei racconti de La notte che bruciammo Chrome. Tanto mi erano piaciuti quei libri tanto mi aveva deluso Luce Virtuale che sì, era un libro leggibile e anche piacevole, ma non era un libro all'altezza del William Gibson che ricordavo.
E invece vi dirò che arrivato in fondo, Aidoru mi è piaciuto veramente tanto. Ok, non raggiunge il livello della trilogia (impossibile del resto... troppe parole sono state scritte dai tempi dello Sprawl a oggi), ma riesce comunque a rendere benissimo l'idea di un futuro che per Gibson sembra già passato, vista la naturalezza con cui lo descrive.
Ecco, per Gibson la fantascienza forse è già realmente defunta. Lui descrive un presente solo leggermente scivolato in avanti. In effetti il maggior pregio del libro sta proprio nella capacità di Gibson di rendere reale e tangibile un domani ancora ipotetico. Anche se la storia in sé non ha niente di trascendentale, l'accuratezza del background e la profondità di campo della sua scrittura lo rendono comunque una lettura se non indimenticabile senz'altro superiore alla media.

American Acropolis (All Tomorrow's Parties), 1999
Prima di dire due cose sul American Acropolis devo fare una piccola premessa: Gibson è uno dei miei autori sf preferiti, di lui leggerei volentieri anche la lista della spesa. Detto giusto per evitare fraintendimenti... perche' ho avuto l'impressione che l'autore abbia scritto American Acropolis più per dovere che per comunicare qualcosa di nuovo.
Il romanzo si legge bene, Gibson è pur sempre Gibson, quello che manca è proprio la sostanza: la trama è quasi inesistente e infarcita da una parte di spudorate coincidenze, dall'altra di un mistero che rimane irrisolto; i personaggi, seppur tutti in qualche modo interessanti, sembrano muoversi un po' spaesati all'interno del volume.
Un libro senz'anima, e un bel passo indietro rispetto ad Aidoru.

L'accademia dei sogni (Pattern Recognition), 2003
L'accademia dei sogni rappresenta un grosso passo in avanti rispetto agli ultimi romanzi di Gibson e un enorme passo avanti rispetto ad American Acropolis. Una lettura adatta a questi tempi, uno sguardo lucidamente fantascientifico sulla nostra realta'.
Alcune note sparse:
- il romanzo parte come fosse la versione narrativa di No Logo, e un po' si rimpiange il deragliamento verso qualcosaltro, verso i confini di logoland;
- nonostante una scrittura freddissima, quasi chirurgica, Gibson non lesina emozioni al lettore. E la fantascienza (assente di fatto, ma aleggiante in spirito) lo aiuta non poco.
- i personaggi di Gibson sono sempre piu' evanescenti, vengono definiti quasi solo da quello che li circonda. Da cio' che li veste;
- i veri protagonisti del romanzo, gli elementi cui Gibson infonde il suo personale soffio vitale non sono persone, sono le citta', i luoghi reali o quelli solo immaginati. Londra Tokyo Mosca diventano percepibili come mai prima. Gli scorci di architettura post industriale, le luci e, ovunque, i marchi, definiscono le identita' e le differenze. Globalizzazione vs. localismo.
- Gibson non rimpiange il passato, ma una qualche nostalgia forse c'e'. Come spiegare altrimenti le visiere cromate, i Case nel testo, i giubbotti scuri?
- Io invece rimpiango un pochino le storie dal basso: in questo romanzo c'e' tutto un dispiegarsi di piani alti, lusso consumistico e ricchezza sfrenata. Alla lunga lo sfoggio e' quasi irritante.
- Gibson cede qualcosa al nuovo corso Stephensoniano. Altrimenti i Curta che ci stanno a fare? Pero' i suoi crittografi sono molto piu' scoppiati.
- Gli hacker dello Sprawl si sono trasformati in cacciatori semiotici. Non so bene cosa significhi, se sia bene o male, ma ok, di storie come questa ne voglio ancora.
- Non c'e' un solo pc in tutto il romanzo!


8 commenti:

  1. Come? Su Neuromante appena 3 righe? Ok, forse una volta che si è detto che è un capolavoro resta poco altro da aggiungere... ;-)

    Per il resto, concordo con quasi tutto. Fatto salvo American Acropolis, che non mi è affatto dispiaciuto, anzi... ma qui ci addentriamo nel campo del gusto individuale.

    Quanto a L'accademia dei sogni, però, non credo che i personaggi siano più evanescenti rispetto alle opere precedenti. Al contrario, pur intrappolati nella gabbia delle marche e dei loghi, si vede che Gibson si sforza di costruire per ciascuno di loro una storia. Un passato che torna nel loro ricordo, fino a diventare ossessivo...

    Il tuo post mi ha fatto anche notare una cosa, però. Guerreros si svolge interamente in Nord-America e segna una sorta di ritorno alla base dopo le avventure di Cayce Pollard tra Europa, Russia ed Estremo Oriente. Niente di che, però...

    Ciao!
    X

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  2. Ciao Jo! Personalente non concordo affatto col tuo giudizio e, a quanto leggo, anche quello del buon X sulla macchina della realtà. Ovvio, degustibus:-)
    Un salutone da Simone e buone vacanze.

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  3. Io invece ho scarsa stima di Gibson, ma se n'e' gia' parlato altre volte altrove, quindi non ti tedio oltre! :)

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  4. Ops... Avevo saltato La Macchina della Realtà. A mio giudizio è un libro davvero buono. Non il migliore di Gibson, ma molto, molto intrigante.

    Perdonate la mia amnesia... Non ho più l'età :-)
    X

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  5. Non farlo mai più X! :-)
    Un abbraccio dall'abate

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  6. Quanta bella gente! :-)
    Son contento di vedere che a nominare Gibson spuntate tutti fuori come funghi dopo la tempesta (sì, ieri ha piovuto e copiosamente :-))

    Due precisazioni:

    - Neuromante.
    Mi piacerebbe riuscire a dilungarmi su Neuromante come meriterebbe. Purtroppo le mie note o le scrivo a libro appena concluso oppure, ahimé, mi tocca di essere estremamente sintetico: i dettagli della lettura sfumano, rimane solido il gusto e le sensazioni provate. Roba in definitiva non troppo interessante da tramandare ai posteri. :-)

    - La macchina della realtà.
    Ho letto la macchina della realtà parecchi anni fa, allora la parola steampunk non l'avevo ancora mai sentita nominare, e la mia esperienza di lettore fanta/ucronico era davvero scarsa. Magari rileggendo il romanzo qui e ora il mio giudizio sarebbe diverso, magari sarebbe perfino peggiore, chi lo sa.
    Il ricordo di quel romanzo però non è certo dei migliori.
    (Quella su Sterling è solo una battuta, che la mia antipatia per il texano è molto più recente. Ai tempi per me lui era solo uno dei due padri del cyberpunk, e il mio rispetto per lui era ENORME!)

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  7. OK, lo ammetto.
    Neuromante non mi ha detto granché, e Gibson in generale mi lascia molto molto tiepido.
    Mi piacciono certi suoi vecchi sarticoli apparsi su Wired.
    E "La Notte che Bruciammo Chrome".

    Il resto, spiacente, proprio no.
    Ma io sono uno a cui piaceva Zelazny ;-)

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  8. Davide, molte persone che stimo, di cui apprezzo scelte letterarie e culturali, amici perfino! che Gibson proprio non lo reggono.
    Pazienza…
    Del resto trovare un autore che piaccia proprio a tutti credo sia impossibile (e per fortuna!)

    Pensa che c'è in giro anche chi apprezza la pomposa riscrittura dei miti messa in atto in maniera programmatica da certi virtuosi e soppravvalutati autori americani dello scorso secolo (di cui però non possiamo non apprezzare la scelta di traferirsi a vivere nel New Mexico)! :-)

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