26 giugno 2008

Ian McEwan


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Sistemando la mia libreria su Anobii mi sono reso conto che negli ultimi 10 anni ho letto un sacco di libri scritti da Ian McEwan. Ecco quindi una breve rassegna delle mie impressioni di lettura riguardo la produzione dell'autore inglese nel corso del tempo.





Racconti: Primo amore, ultimi riti - Fra le lenzuola, 1975-1978
McEwan è uno scrittore straordinario, i suoi personaggi escono dalle pagine del libro e prendono vita con tutto il loro cumulo di disagi e paranoie o semplice necessità di raccontarsi. Dopo averne letto tanto in giro non sapevo bene cosa aspettarmi, ma non mi è sembrato che l'autore spingesse troppo sul pedale del morboso o della violenza. A parte il racconto Farfalle (agghiacciante eppure avvincente), gli altri racconti mi sono sembrati soprattutto esemplari nella loro capacità di descrivere la "normalità" della vita dei loro protagonisti. E poi c'è anche un tocco di umorismo sornione che proprio non mi aspettavo, vedi per esempio Cocker.

Il giardino di cemento, 1978
La cronaca della vita quotidiana di una famiglia particolare. Conturbante e trasgressivo, ma al contempo pieno di umanità, Il giardino di cemento è un romanzo in cui McEwan rigira la morale comune come un guanto. Decisamente inquietante ma indimenticabile.

Cortesie per gli ospiti, 1981
Cortesie per gli ospiti è forse il romanzo meno convincente tra la sua produzione degli esordi. La tensione verso i confini della relazioni, della morale, dell'umanità dei suoi personaggi mi pare trattata qui in modo un po' troppo artificioso e dimostrativo, troppo astratto per i miei gusti.
La lettura rimane comunque avvincente, forse un po' troppo tesa a solleticare la morbosità del lettore, del resto il disagio che riusciva a trasmettere McEwan con questi suoi romanzi era una bella sferzata alla normalità circostante.

Bambini nel tempo, 1987
Agghiacciante se hai dei figli, ma in un modo molto molto inglese.
Comunque bellissimo.

Lettera a Berlino, 1989
Probabilmente il romanzo di McEwan a cui sono più affezionato. Anche in questo caso, nonostante le apparenze che lo avvicinano al tipico best-seller spionistico a la Ludlum, emerge preponderante una delle caratteristiche più significative dell'autore: la capacità ineguagliabile di esplorare i territori ambigui della morale con una lucidità senza compromessi che sfiora la morbosità, ma che è al contempo priva di qualsiasi compiacimento o moralismo. Rimanendo sempre e comunque profondamente morale.

Cani neri, 1992
Cani neri mi ha sorpreso, un deciso cambio di atmosfere rispetto ai romanzi precedenti.
McEwan inizia con questo romanzo a normalizzarsi, la scrittura è sempre limpida, analitica, inesorabile, ma i temi e le situazioni si fanno più vicini all'esperienza del suo lettore tipo.
Lo preferivo prima, ma oh… non si può avere tutto.

L'inventore di sogni, 1994
Di Ian McEwan conosco bene l'abilità di muoversi attraverso le più tenui sfumature della moralità, la sua capacità di affrontare il male che ci circonda e ci appartiene, di raccontare in maniera esemplare l'ambiguità dei rapporti e delle relazioni dei suoi personaggi. Per questo motivo ero piuttosto curioso di leggerlo nell'inconsueta veste di autore per ragazzi.
L'inventore dei sogni è il più classico dei libri dedicati all'nfanzia: quante volte abbiamo letto di ragazzini trasformati in gatti o che si ritrovano improvvisamente adulti, di storie di prepotenze scolastiche o di incomprensioni familiari. Ma nonostante tutto il peso dei libri passati, rileggere le stesse vicende raccontate da un autore con la sensibilità di McEwan ce le restituisce come nuove al piacere della lettura. Onore al merito, quindi. Ora sono davvero curioso di sentire i miei figli cosa ne pensano.

L'amore fatale, 1997
Ho trovato L'amore fatale un po' troppo artificioso: come se si sentisse troppo la voce dell'autore a scapito di personaggi e avvenimenti. È sempre McEwan, e quindi comunque buono, ma non al livello dei suoi romanzi precedenti.

Espiazione, 2001
Quando mi sono finalmente deciso a leggere Espiazione era da un po' di tempo che non frequentavo McEwan. Nel corso del tempo le tematiche e i personaggi che andava esplorando coi sui romanzi si sono via via allontanati da quelle che sono le mie preferenze di lettore.
Ma Espiazione me l'hanno regalato e così alla fine la curiosità ha prevalso.
Diciamolo subito, arrivare in fondo alla prima parte del romanzo è stata una vera sofferenza: il continuo procrastinare l'esplosione della vicenda, il perdere tempo con la descrizione di fatti e personaggi per cui il mio interesse era prossimo allo zero, il rimandare il lettore a relazioni e situazioni sempre più sfuggenti, beh… stavo davvero per mollare tutto.
Poi per fortuna il romanzo cambia registro. Il racconto della disastrosa ritirata di Dunkerque è tutt'altra cosa rispetto alla narrazione delle vicende iniziali e la parte finale nella Londra sotto i bombardamenti è un piccolo gioiello per come riesce a rimanere in miracoloso equilibrio tra il racconto delle possibilità e quello dei fatti, tra l'espiazione e la colpa, tra la tragedia personale e quella collettiva.
Non so se in fondo il romanzo mi ha soddisfatto, troppo diverse le sensazioni nel corso della lettura. Di certo mi pare che Ian McEwan si sia definitivamente imborghesito (si potrà dire definitivamente qui?). Io lo preferivo quand'era più cattivo, quando la sua sensibilità si rivolgeva ai lati più oscuri dell'esistenza, quando si sforzava di comprendere e trattare con le persone comuni piuttosto che con quella sorta di elitè culturale che progressivamente è diventata la protagonista dei suoi romanzi.


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