08 marzo 2006

Arrivederci amore, ciao


Originally uploaded by framino.
(il post che segue è già apparso in forma simile su it.discussioni.giallo)
Un amico (ciao Fabio!) ben noto frequentatore di i.d.g. mi ha convinto a leggere Arrivederci amore, ciao di Massimo Carlotto.
Non sono un particolare cultore di noir e simili, ma il romanzo mi è piaciuto, è certamente interessante e conturbante. Ma discutendo alcuni particolari dell'opera con il suddetto ben-noto-frequentatore siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Il fatto è che Carlotto mi è stato presentato come scrittore eminentemente politico (almeno all'interno della nicchia noir nostrana). Detto questo, arriviamo al succo di questo post, ovvero: ha senso parlare di romanzo politico a proposito di Arrivederci amore, ciao?

A questo proposito vi propongo qualche pensierino sparso sul romanzo:
Appena terminata la lettura mi sono chiesto: e allora? Dopo aver letto 'sta storia cosa si aspetta l'autore? Che mi ci sia divertito? Che abbia preso coscienza che il mondo, e l'italia, è pieno di merda? Che la gente è cattiva?

Forse il mio mancato entusiasmo nei confronti del romanzo si può in effetti riassumere nel fatto che non riconosco il mondo che racconta l'autore come il mio mondo, che sento la mancanza di un riferimento altro rispetto all'immoralità di tutti i personaggi del romanzo.
Per questo critico politicamente il romanzo: per la mancanza di dialettica interna all'opera. Non ci sono confronti di posizione, ne sono possibili dibattiti morali sulla natura dei protagonisti. Per questo motivo dico che in fondo il mondo descritto da Carlotto non è il mio: fortunatamente è solo una porzione del nostro quotidiano.
In Arrivedervi amore, ciao tutto è solido e assoluto come un mattone in faccia. Fa male, ma c'è poco da chiedersi perchè o percome...

Anche quella che si potrebbe definire la strategia politica che porta alla scrittura di un romanzo come questo, non mi convince in toto: troppo cinica e distruttiva per i miei gusti.
Di più: una strategia politica che tende, forse, a fare il gioco del potere, che ci vuole spaventati e immobili, soggetti passivi e indirizzabili verso il cattivo di turno.

Il protagonista del romanzo di Massimo Carlotto. è imbattibile perchè totalmente cattivo dentro. Non è malato, non è vittima di un trauma ne del sistema, non ha motivazioni morali. È irrecuperabile. L'unica soluzione sarebbe l'eliminazione, ma cazzo, noi siamo i buoni :-) e quindi è impraticabile, ne consegue che nessuna vittoria è possibile.
In altre parole: il protagonista non è un nemico politico, è un nemico morale, proprio a causa della sua immoralità.
Narrando come Carlotto fa (e molto bene) di un vuoto morale, si svuota la realtà di qualsiasi possibilità politica. Nel romanzo è evidente che dove non ci sono più valori c'è solo la sopravvivenza, e a quel punto la dialettica politica non ha più senso.

Ma senza morale ha senso parlare di intenzioni politiche del romanzo?
Forse questo è un punto fondamentale per relazionarsi al romanzo.

Ed è su questo argomento che mi piacerebbe avere un sereno scambio d'opinioni con chi ha letto il romanzo.

3 commenti:

  1. Che bella recensione O_O
    Mi hai quasi convinto a leggerlo, ma solo se lo trovo in biblioteca... :D Ti farò sapere. Miao!

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  2. Grazie Sara :-)
    In biblioteca lo trovi senz'altro. Son proprio curioso di sentire poi la tua opinione.

    Ah... Lo Stralisco il libreria non l'ho mica trovato.
    O meglio, l'ho trovato solo nell'edizione per ragazzi. Ma la ricerca è solo all'inizio :-)

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  3. Uff, lo Stralisco è etichettato come libro per ragazzi. Che io non sia poi tanto d'accordo, è un'altra questione... e l'edizione illustrata è bel-lis-si-ma.
    Sìssì.

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