10 ottobre 2012

Via degli Dei. Appunti di viaggio, prima parte.

© giorgio raffaelli
Prima di partire per qualsiasi viaggio si hanno delle aspettative, ci si immagina eventi e situazioni, si spalancano occhi e cervello per accogliere la nuova esperienza. Poi si parte e succeda quel che deve succedere.
I miei cinque giorni sull'Appennino, per le strade e i sentieri della Via degli Dei, si sono rivelati piuttosto diversi da come me li aspettavo. Le sorprese positive sono state tante e soddisfacenti al di là di ogni previsione. C'è stato anche qualche risvolto negativo, e ne avrei fatto volentieri a meno, ma nel complesso ripartirei domani, tanto gli aspetti positivi han superato le sfighe lungo il cammino.

In questo post e nel prossimo cercherò di riassumere in qualche nota i ricordi che altrimenti evaporerebbero, un minimo di cronaca della camminata e qualche osservazione sorta qua e là, durante il cammino e dopo. Poi ci saranno le foto, chi mi conosce sa che non mi muoverei mai senza macchina fotografica, ma per vederle tutte ci vorrà ancora qualche tempo.

Salvo i dati logisitici, queste note non seguono uno schema fisso,  rispecchiano piuttosto l'approccio al cammino, che è cambiato di giorno in giorno, modificato dagli eventi e dagli incontri.


Prima tappa
Sasso Marconi - Prati di Mugnano - Monte Adone - Brento - Monterumici - Monzuno.
Distanza: 22 km ca. Partenza ore 9.20, arrivo ore 16.00.

Persone a zonzo, la maggior parte per lavoro, qualcuno con i bambini in ritardo per la scuola o ancora piccoli, altri a far la spesa. Io arrivo, parcheggio, tiro fuori lo zaino dal baule e parto. Occhiate curiose, ma da queste parte quanti ne avranno già visti.
Qualche centinaio di metri e sono fuori dal paese, tra viadotti, ponti e sottopassi, tra camion e rappresentanti che vanno di fretta. Dura poco ma è sufficiente a dare l'impressione che il sentiero che si dipana da quello sputo di bosco sporco ai margini della strada sia una vera e propria via di fuga dalla luce cruda del cemento, verso l'alto, nell'oscurità degli alberi. Un'avventura a misura di piedi, più che di mani sui volanti.
Mezz'ora di salita in un bosco che sa ancora di strada e città e poi - voilà! -  i prati di Mugnano, che sbucano improvvisi dopo un dosso, luminosi di erba e nuvole. Un prima sopresa: c'è una scolaresca a colorare una mattina che prevedevo completamente solitaria. Sguardi stupiti e sorrisi nel vedermi saltare fuori dal bosco, zaino in spalla e passo (ancora) svelto.
Più avanti sul sentiero arriva il regalo fotografico che non t'aspetti. Sono dalle parti di Poggio dell'Oca, sopra Badolo. Ai margini della strada bianca che sto percorrendo tra boschetti, villini e campi coltivati, spunta l'abitacolo rugginoso di non so quale veicolo, in giro da almeno sessant'anni. Non sono in grado di riconoscere marca o modello, ma datemi della ruggine, e sono già contento.

© giorgio raffaelli
Fino alle pendici del monte Adone il percorso è vario, si alternano tratti in terra battuta nel bosco,  strade sterrate, brevi tratti asfaltati. La giornata è ideale per camminare, calda senza essere afosa e ventilata. Mi ritrovo spesso a camminare con un sorriso idiota stampato in faccia.
Di quanto incontrato lungo la strada voglio ricordare le decine di microlucertole che attraversano il sentiero, praticamente ovunque, le urla delle scimmie, invero piuttosto inquietanti, che mi hanno accompagnato per tutto il perimento del centro fauna esotica di monte Adone, la salita verso la cima dello stesso (una salita anche qua che siamo quasi ancora in pianura! ripida! esposta! wow!), la discesa verso Brento, ringraziando il sole, che con quell'argilla liscia liscia e compatta sotto i piedi anche una pioggerellina rischia di diventare pericolosa. E poi il cerbiatto che mi ha attraversato la strada sotto il paese, e il verde alieno, brillante, praticamente psicotico, dell'erba all'inizio dello sterrato intorno a Monterumici.

E infine la nota negativa che va a coronamento di una giornata altrimenti perfetta: i quasi sei chilometri d'asfalto che separano Monterumici da Monzuno. È senza alcun dubbio o rimpianto l'unico tratto della Via degli Dei che, se tornassi indietro, rifarei aspettando una corriera o chiedendo un passaggio. Quel tratto di strada alla fine della tappa, sommato alla stanchezza che inizia a farsi sentire e all'averlo percorso con gli scarponi ai piedi, invece di infilami un paio di scarpe più leggere, mi ha regalato l'infiammazione al ginocchio che mi ha assillato nei giorni successivi. Ma ormai è andata così, ed arrivare a Monzuno è stata insieme una gioia e una liberazione.


Seconda tappa
Monzuno - Monte Galletto - Madonna dei Fornelli.
Distanza: 11 km ca. Partenza ore 9.20, arrivo ore 14.00.

© giorgio raffaelli
Dopo una prima tappa piuttosto impegnativa, almeno per i miei standard, avevo deciso di tenermi una tappa più breve per il secondo giorno. Scelta migliore non potevo farla: con il ginocchio malandato che mi son ritrovato al mattino, una tappa riposante era quel che ci voleva per prepararmi ai giorni a venire.
I sentieri che collegano i due comuni dell'Appennino bolognese scorrono in un morbido saliscendi tra noccioli e castagneti, per sbucare poi tra i colli spelacchiati del monte Galletto dove l'impianto eolico che caratterizza la cima è in via di ristrutturazione/ricostruzione. La presenza di un cantiere a cielo aperto in cima al monte non è certo la migliore introduzione a Madonna dei Fornelli, Poi però la discesa tra casolari e campi con qualche albero a far ombra al viandante e la vista che si spande a tutta l'alta valle del Savena riescono a risollevare lo spirito e a far dimenticare in fretta i camion e le betoniere incontrati poco prima.

A 'sto punto bisognerebbe forse spendere qualche parola sugli alberghi che ospitano gli escursionisti lungo la via. Il giudizio sull'ospitalità fornita dalle strutture che ho visitato è senz'altro positivo: stanze pulite, letti comodi, bagni minimi ma adeguati alle necessità del viaggiatore. C'è però da aggiungere che la visita in questi periodi fuori stagione, con le sale da pranzo pressoché deserte, le luci basse per non sprecar corrente, l'arredamento d'antan e la televisione sempre accesa mettono una tristezza notevole. Immagino che poter cenare al bar, sempre presente in questi alberghi, con i tavoli pieni di giocatori di carte e il resto della varia fauna indigena che frequenta 'sti posti sarebbe stata esperienza più interessante.
Ma probabilmente queste son fisime da viaggiatore solitario, come si vedrà nel prossimo post.

(segue…)

6 commenti:

  1. "C'è però da aggiungere che la visita in questi periodi fuori stagione, con le sale da pranzo pressoché deserte, le luci basse per non sprecar corrente, l'arredamento d'antan e la televisione sempre accesa mettono una tristezza notevole". Comprendo appieno. Mi fa venire a mente - tra le tante esperienze di viaggiatore solitario - l'anno scorso, quando andai alle Canarie a inizio dicembre. Dormivo in un ostello praticamente privo di ospiti. Faceva un certo effetto vedere tutti quei tavolini vuoti in sala da pranzo, e le sdraie appoggiate al muro là fuori accanto alla piscina, e il silenzio delle notti, e, e, e.

    Comunque leggo assai volentieri i racconti di esperienze simili.

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    1. Però è vero, basta essere anche solo in due che l'effetto melanconico/inquietante di quei luoghi si riduce immediatamente.
      Probabilmente da soli riserviamo troppa attenzione al contesto che influisce, anche più del dovuto, sul nostro stato d'animo.
      D'altra parte quando viaggi in solitaria noti dettagli e particolari che in compagnia non saresti mai in grado di cogliere.

      Grazie per l'apprezzamento, btw.

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  2. Bel post, belle foto (di più, di più).
    E bella trovata.
    Io credo farò qualcosa del genere, in un mix auto/bus/piedi, prima dell'arrivo della neve, qui su e giù per la Valle Belbo.
    E concordo - da soli è completamente diverso.

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    1. Le foto arriveranno nel finesettimana, spero. Lasciami finire di comporre la seconda parte di 'ste note, che in questi giorni faccio una fatica bestia a trovare il tempo per fare tutto.
      (Saran gli strascichi della camminata? Boh… di certo sono mooolto tranquillo :-))

      Parti, gira, esplora, cammina! L'autunno è l'ideale per queste attività (non che le altre stagioni siano sconsigliate, ma ok, ci siamo capiti :-))

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  3. Ma che bel resoconto...solo che mi aspettavo TUTTA LA STORIA e adesso ne voglio di più!!!! E anche altre foto!!!!!!!!
    Spero che tu abbia fotografato qualche animaletto :)
    A quando il seguito?????

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    1. Salvo intoppi, il seguito arriva domani.

      Ma per gli animaletti dovrai attendere ancora un paio di giorni. :-)

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