25 ottobre 2012

Silenzio

Inquadriamo il contesto.
Sono mesi che mio figlio mi frantuma i timpani con tutto l'hip-hop possibile: italiano, americano, francese, olandese… Sono mesi che provo a seguirlo nelle sue esplorazioni musicali, che può sempre capitare di ascoltare qualcosa di sorprendente.

Per quanto riguarda il rap dal resto del mondo, beh… sospendo il giudizio, che se il suono è mediamente superiore a quello proposto dai colleghi italiani la barriera linguistica non mi rende particolarmente  partecipe all'ascolto.
In questi mesi di full immersion una cosa però mi è diventata ormai piuttosto chiara: il rap italiano è tremendo. Se non hai più 14 anni da un po', per lo meno.
La musica suona troppo spesso come un assemblaggio casuale di effetti speciali prodotto da bimbi  tourettiani alle prese con un mixer iperdotato. Le parole, bah… quando va bene sono derivative e autoreferenziali, ma nella maggior parte dei casi esprimono una rabbia buona per MTV, grondano bad attitude e machismo d'accatto, con una sequela di lamentazioni su come il mondo ce l'abbia su con loro che dopo un po'… basta.

Ok. Sono vecchio, e mi mancano le schitarrate distorte con cui sono cresciuto. Mi manca quel senso di verità che certa musica riusciva a trasmettermi. Perché ok, la musica non mi piace, le parole non mi piacciono, ho una certa età, l'ho già detto, ma mi pare che quel che più manca nel rap che ascolta mio figlio sia l'autenticità, caratterizzato com'è da una rincorsa esasperata a modelli altri, trapiantati in un contesto locale che ne viene schiacciato, violentato, umiliato.
Ma probabilmente le stesse parole potrebbero essere detto per moltissime altre forme di espressione, giovanili o meno. Dopotutto lo dicevano già i buoni fantascientifici di una volta: il novanta per cento della produzione all'interno di un dato genere è spazzatura. Bisogna dunque mettersi a cercare le perle che emergono dalle sabbie mobili del pattume generale.
Queste perle per fortuna esistono. Un giorno forse parleremo di Salmo, che mi sembra abbia un approccio più maturo della media, un sentire più disperato, nella cui rabbia totale si percepisce - attitudine a parte - un'effettiva necessità di comunicare. Ma oggi voglio spendere due parole su Rancore & DJ Mike, che hanno fatto appena uscire Silenzio, un disco che sta al rap italiano come Iain Banks sta a Isaac Asimov.



Basta ascoltare i primi minuti di Capolinea per rendersi conto delle differenze sostanziali tra Rancore & DJ Mike  e la scena hip-hop nazionale. Dopo di che non rimane che calarsi nei ritmi e nelle dissonanze di Silenzio per capire quanto sia profondo il solco che separa l'attitudine pop-ruffiana della stragrande maggioranza del rap nostrano dalla ricercatezza e dalla complessità che emerge dalle canzoni di questo disco.
Silenzio è un progetto complicato, richiede un ascolto attento, vuole impegno e dedizione, è tutto tranne che facile. Rivela una consapevolezza e una narrativa parecchio distante dai modelli pedissequamente ricalcati dalle crew italiane. Partendo da una base condivisa si rivolge e si confronta e cerca un pubblico che non so quanto sia probabile esista là fuori.

Ho fatto molta fatica ad ascoltare Silenzio dall'inizio alla fine, un po' perché ormai assuefatto all'ascolto veloce e distratto che ultimamente caratterizza il mio rapporto con la musica, un po' perché, comunque la si voglia mettere, il rap non è il mio genere e l'ignoranza paga dazio. Ma le parole di Rancore mi hanno comunque catturato e costretto all'ascolto.
Non è un risultato da poco.

(28.10.2012 update: corrette un paio di frasi: pare che la definizione duo romano usata per decrivere la coppia Rancore & DJ Mike non corrisponda a verità.)

12 commenti:

  1. Non apprezzo assolutamente il rap. Ne da pischello, ne adesso, e ho paura che neanche in futuro. Ma non mi chiudo mai le porte da solo. Adesso ascolto e magari ne parliamo, no?

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    1. Il tuo mi pare l'atteggiamento migliore.

      Il rap non è mai stato in cima alle mie preferenze, però qualcosina ogni tanto l'ho ascoltato, e con buone soddisfazioni.

      E comunque mai dire mai, che c'è sempre spazio per nuove scoperte.

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    2. Molto grunge. Davvero notevole. Grazie per avermelo fatto conoscere. La storia sembra un mix tra l'idea di città di Mieville e la disperazione di D'J Pancake.
      Base breakbeat bellissima e la voce di Rancore è molto Italiana e fuori standard rispetto ai rapper di moda.
      Yo bro! ;)

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    3. Son davvero contento ti sia piaciuto.

      Per quel che ti conosco forse questa l'apprezzi ancor di più: solletica il cinefilo che è in te… :-)

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  2. Non è poi così male l'hip hop italiano. Scopiazzato da quello US, è vero, ma talvolta capace di immagini e momenti potenti. Non lo ascolto spesso, ma mia figlia a suo tempo mi ha praticamente obbligato ad ascoltarlo e ho dovuto ammettere - mia figlia è particolarmente testarda - che qualcuno dei musicisti e dj cha ascoltava non erano poi tanto male. In ogni caso il tempo finisce per fare giustizia di molte illusioni. Adesso mia figlia ascolta i Radiohead e i Beatles e solo raramente ascolta l'hip hop, con un minimo di nostalgia per quei suoi anni perduti. Tutto è relativo. Adesso mia figlia ha vent'anni, allora ne aveva quindici.

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    1. Ascolto sempre volentieri quel che mi propone mio figlio, anche se non sempre (eufemismo!) provo il suo stesso entusiasmo. Però a volte capita ed è una bella soddisfazione (per entrambi).

      Non so dove lo porteranno gli ascolti futuri, spero tenga gli occhi bene aperti (e le orecchie!) e coltivi la curiosità.

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  3. rap/hiphop e derivati fanno parte di quei generi che non riesco proprio ad apprezzare. o meglio: essendo comunque un sottoprodotto dell'elettronica, riesco a volte ad apprezzare le basi in breakbeat, ma la parte vocale è sempre troppo stucchevole per me, non la sopporto.

    in compenso, c'è da dire che i rapperacci sfigati che mettono i video dei loro pezzi su youtube sono davvero spassosi.

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    1. Capisco il giudizio complessivo sul genere, per fortuna ci sono delle notevoli eccezioni.
      Dopotutto il panorama musicale (dell'hip hop come di qualunque altro genre) non è così monolitico come appare dall'esterno.

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  4. L'hip hop, il rap e il reggae mi lasciano completamente indifferenti, probabilmente per una questione generazionale (sigh). Però ho ascoltato il brano che proponi e si, effettivamente è interessante (il testo è molto bello) e si nota lo sforzo di combinare qualcosa di originale.
    Il fatto è che trovo questo tipo di musica/arte così profondamente "americano" che ogni tentativo di trasporlo in qualunque altra lingua mi suona sempre come uno scimmiottamento sterile. Non riesco nemmeno ad ascoltare praticamente nulla di rock o pop italiano, per quanto possa essere ben suonato. Eppure ascolto davvero di tutto (a parte i suddetti generi), da Giacinto Scelsi a Linda Rostadt passando per i Penguin Café Orchestra. Amo Dvorjak. E il country e il free jazz. Proprio tutto. Ma l'unico pezzo hip hop che davvero amo è questo che adesso ti linko che campiona un pezzo di Neil Young, il mio super idolo assoluto da quando avevo 12 anni (ne ho già 47!) di cui ascolterei un live a base di rutti traendone gran godimento, e quindi qualunque cosa faccia riferimento a Lui è degno di nota e di essere segnalato a chi tu pensi possa apprezzare :)))
    Praticamente tutto questo panegirico per farti sentire questo pezzo qua che io trovo davvero bellissimo nonostante sia hip hop o qualcosa di simile.
    murgen
    http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=lGt54Ozo8LQ

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  5. A me spiace davvero dirlo, ma oh… non sono mai riuscito ad apprezzare Neil Young. Lo so lo so, non aggiungere nulla. Son messo così… :-)

    Sul genere del pezzo di Redlight King potresti provare ad ascoltare Everlast. Mica male, no?

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  6. Si, Everlast mi piace.
    Ma sappi solo che ogni volta che qualcuno dice "non apprezzo Neil Young" muore una fata.
    Murgen

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