29 agosto 2008

In Irlanda del Nord: bandiere e inquietudine

Percorrendo la M1 da Dublino verso Belfast non ti accorgi del momento in cui entri in Irlanda del Nord fino a quando non esci dall'autostrada: niente posti di controllo, nessuna particolare segnalazione, solo il cartello che ti ricorda che da ora in avanti i limiti di velocità saranno espressi in miglia.
Poi ti capita di entrare nel primo villaggio/paese/cittadina e non puoi proprio evitare di incappare in una marea di bandiere rosse/bianche/blu, tante piccole Union Jack appese come festoni da un lato all'altro della strada, altre di misura regolamentare esposte in ogni spazio pubblico, appese fuori dalle finestre, su pennoni più o meno rimarchevoli nei giardini o sulle pareti di un pub, distribuite dal centro alla periferia senza soluzione di continuità.
(piccola digressione: non è che l'autore di queste note ha qualche pregiudizio sulla presenza di bandiere al di fuori di quella inevitabile negli spazi istituzionali? Ovviamente sì. La bandiera esposta afferma una determinata appartenenza, è un simbolo che sancisce un confine tra amici e nemici, una presa di posizione che esclude a priori la possibilità di un incontro tra uguali, quindi potete ben capire l'effetto che può avermi fatto in una terra con la storia che conosciamo).
L'effetto complessivo non è molto tranquillizzante, più che in un'Irlanda del Nord finalmente in pace, mi pare di essere entrato in un territorio pacificato, comodamente rintanato sotto la coperta britannica. Un paese in cui ogni occasione è buona per mostrare al visitatore (ma ovviamente anche all'avversario) dove si trova e con chi ha a che fare. Un luogo insomma dove la tensione continua a covare sotto la cenere e i miliardi di euro e sterline riversati a spegnere le fiamme più turbolente. Ovviamente queste sono impressioni da turista, non pretendo certo di essere un esperto della situazione nord-irlandese, certo che provenendo da un'altra terra altrettanto divisa e altrettanto affezionata ai suoi simboli come il Sudtirolo, beh… certe cose fanno effetto. Poi certo, è sicuramente meglio vedere sventolare qualche drappo colorato piuttosto che veder volare i proiettili, però ecco, non siamo ancora al finale e-tutti-vissero-felici-e-contenti.

La gita che abbiamo fatto a Belfast conferma la sensazione di tranquilla inquietudine. L'impressione è che tutti facciano davvero il possibile per scordare i problemi degli ultimi decenni. Ci sono cantieri ovunque, palazzi che vengono costruiti, quartieri interi pronti alla ristrutturazione, basta però girare l'angolo per ritrovarsi ancora tra le macerie di una guerra che non c'è mai stata, ma che ha lasciato comunque la sua bella quantità di rovine. Anche le zone più famose (o famigerate) vivono di un'atmosfera paradossale, con noi turisti quasi affannati a fotografare murales di gente armata fino ai denti, o esaltanti una qualche appartenenza politica/religiosa/nazionale, con la zona unionista decisamente più tenebrosa e quella cattolica con un'aria da santuario tra i pagani e intorno un sacco di gente che non so davvero cosa possa pensare di questa invasione di improvvidi stranieri ignoranti…

Che poi in effetti è davvero difficile parlare di queste cose con i locali, riuscire a capire dall'esterno i segnali che determinano un'appartenenza, intercettare un'opinione o farsi un'idea di cosa significhi davvero vivere in Irlanda del Nord.
((giustificazione alla percepibile supponenza di tali affermazioni: c'è da dire che ci vuole una bella faccia tosta a voler pretendere di capire qualcosa di una terra complessa come questa visitandola per quattro giorni in gita di famiglia, con la pretesa non solo di ammirarne gli spettacolari panorami ma anche di penetrarne la quotidianità. La presunzione delle intenzioni può essere scambiata per arroganza, il fatto è che mi sarebbe davvero piaciuto poter capire qualcosa di più di questa terra che, a costo di ripetermi per l'ennesima volta, a me pare tanto simile a quella da dove provengo e che - apparentemente almeno - è stata curata con la stessa medicina utilizzata per la mia. Non sarà bello, sarà poco idealista e troppo pragmatico, ma spero davvero che i soldi riescano a portarsi via col tempo anche tutti i rancori accumulati, mi auguro che non finiscano troppo presto e che non si trasformino in un'ulteriore fattore di divisione.)
Probabilmente, come ci ha fatto notare Anna qualche giorno più tardi a Dublino, gli abitanti nell'Ulster non amano particolarmente parlare della situazione politica del loro paese - con gli stranieri! - non tanto per timidezza o pudore o per qualche sorta di tabù (che in effetti faccio fatica ad immaginare un irlandese timido), quanto piuttosto per evitare al visitatore ignorante di mettersi lui per primo in situazioni imbarazzanti, magari con affermazioni altisonanti o dichiarazioni di simpatia fatte nel contesto meno indicato. …e anche in questo caso non posso fare a meno di pensare che anch'io ho iniziato a parlare del Sudtirolo con gli stranieri solo dopo essermene andato.

Per fortuna l'Irlanda del Nord non è solo politica e gli irlandesi qui come in tutto il resto dell'isola sono davvero affabili e disponibili. Nella fattoria in cui ci siamo fermati (la Dieskirt Farm, consigliata se pensate di fare una puntata da quelle parti) abbiamo toccato con mano la proverbiale ospitalità di questi luoghi, oltre ad avere un primo assaggio dei panorami che avrebbero accompagnato la nostra vacanza. Da qui siamo ripartiti dopo 4 giorni e tra pioggia, pecore, impervie scogliere e bicchieri di birra il nostro viaggio è proseguito senza scossoni verso la prossima meta: il Donegal.

5 commenti:

  1. Il tuo racconto quasi dipinge la vicenda, è molto concreta, pero mi chiedo (spero qualche giorno andarci anch'io -almeno in Irlanda del sud- dato che musicalmente è una delle terre che mi attira di piu)come mai nei tempi che corrono, che un nome vale l'altro, che si creano paesi a dismisura, un paese con quelle note differenze, continua a mantenere lo stesso nome, obbligando al turista a fare tutte quelle ipotesi da te fate, al non comprendere dalla bandiera all'abiso di differenze che separano nord e sud?
    Loro che hanno battezato perfino terre non di loro proprietà, qui manca quel distacco che eviterebbe anche il piccolo esitamento di capire dov'è che si vuole andare, in Irlanda del nord o del sud?

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  2. Vivide impressioni di viaggio. 4 giorni non basteranno a sviscerare vicende storiche e ragioni, ma di certo permettono di cogliere vibrazioni utili. Davanti alle tacite contraddizioni irlandesi da te riportate, viene da domandarsi quanti altri posti vivano lo stesso disagio.

    Non è meglio abolirli definitivamente, i confini?
    X

    PS: Visto che non ne hai parlato, desumo che l'appostamento dietro la porta di Ian McDonald sia poi sfumato...

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  3. Ciao solediva, ma oh… sai che non ho mica capito cosa vuoi dire? :-/


    Sai x, sono sempre più convinto che a volte i confini siano un male necessario, la soluzione più pratica per evitare che la gente si sbrani…
    Una cosa che non sapevo sopravvivesse nella Belfast pacifica(ta) di questo ultimo decennio sono le cosiddette "peace lines" (un nome su cui è anche troppo facile fare dell'ironia): veri e propri muri che separano quartieri cattolici e unionisti. La quintessenza della separazione, la riproposizione in terra occidentale - e quindi ipso facto più civile del resto del mondo - del muro di Berlino, di quello israeliano, di quello tra USA e Messico. Rivedere queste barriere a Belfast non mi è sembrato così scandaloso. Sono brutte, sono infami, sono magari anche vergognose. Ma se servono a impedire ulteriori violenze, forse è meglio sopportare la vergogna di un muro in più, che piangere poi il prossimo cadavere.
    Più che ai confini, bisognerebbe saper rinunciare alle proprie bandiere, spogliarsi dei propri simboli. I confini sparirebbero di conseguenza.


    Ho rinunciato a cercare di contattare Ian McDonald: viaggiando con la famiglia al seguito, e avendo i giorni contati, bisogna saper rinunciare ai propri vizi! :-)

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  4. Sono anch'io sudtirolese e sicuramente le vicissitudini storiche sono piuttosto analoghe all'Alto Adige, però mi riesce davvero difficile che l'Irlanda del Nord ti abbia ricordato il sud Tirolo. Qui a parte delle isolate eccezioni vedo semplicemente risentimenti nei confronti della politica italiana, come potrebbe averne un qualsiasi italiano di buon senso.Ma odio etnico
    e via dicendo; proprio poco; certamente meno di un tempo. Soprattutto tra le nuove generazioni.
    Vorrei saperene di più a proposito di queste analogie con l'Alto Adige
    che hai avuto occasione di vedere.
    Grazie e complimenti per l'afferrabile descrizione.
    Saluti da Laives.
    Corrado

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  5. Ciao Corrado e benvenuto da 'ste parti!
    Paragonare l'Irlanda del Nord alla provincia di Bolzano è immediato per chi proviene dall'Alto Adige, ma questo non significa che le due realtà siano sovrapponibili.
    Quando parlo di analogie tra i due territori penso soprattutto ad un fatto geografico e culturale: due popolazioni di cultura diversa costrette a convivere nello stesso territorio.
    Da questo punto di partenza le cose si fanno poi molto diverse. In Alto Adige la storia della convivenza tra gruppi etnici diversi ha meno di 90 anni, i problemi dell'Irlanda del Nord hanno un'origine decisamente più lontana, con tutto lo scomodo bagaglio di risentimenti e rivendicazioni che una storia di secoli porta con se.

    Ma le bombe e i morti (pochi per fortuna) ci sono stati anche da noi. Sono convinto che se a quella fiammata di terrorismo autonomista non è seguito nulla di più grave lo si deve soprattutto alla montagna di soldi e privilegi con cui è stata coperta la potenziale grana sudtirolese.
    Se Bolzano non si è trasformata in una piccola Belfast lo si deve soprattutto alla ricchezza che contraddistingue la nostra terra a cui si sono aggiunti gli ulteriori vantaggi dell'Autonomia. L'Irlanda invece è stata fino a pochi anni fa una delle aree più povere d'Europa e solo negli ultimi decenni c'è stato uno sforzo serio per risollevare le sorti economiche della regione.

    Non so quanto odio circoli per l'Irlanda, di sicuro noi che eravamo solo in visita abbiamo percepito molto forte la necessità di marcare il territorio, ma nemmeno a Bolzano ho mai visto l'odio, piuttosto una sconcertante indifferenza per tutto quanto appartenesse alla controparte e la continua lamentazione dei privilegi e delle insofferenze che contraddistinguono sempre l'altro, generalizzando e alimentando nel migliore dei casi l'eterno pregiudizio per ciò che non si conosce anche vivendoci fianco a fianco.
    È poi vero che negli ultimi anni l'atmosfera che si vive in città è molto migliorata rispetto a quando ero costretto a passarci le giornate. Negli ultimi vent'anni i progressi sono stati notevoli, e credo anch'io che il risentimento ora sia più canalizzato verso il potere in senso lato piuttosto che verso una parte specifica dello stesso. Staremo a vedere quello che ci riserva il futuro, inutile dire che mi auguro per l'Irlanda del Nord lo stesso percorso dell'Alto Adige.
    Diamogli tempo, teniamo le dita incrociate e nel frattempo beviamoci una Guinness alla loro salute!

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