16 marzo 2012

Cyberpunk Redux

foto di Giorgio Raffaelli
Come un reduce da infinite discussioni ritorno, ancora una volta, a parlare di cyberpunk. L'occasione è data da un improvviso ritorno di fiamma di quella critica che tende a ridimensionare una delle pietre angolari su cui si fonda il sottogenere.

Ha cominciato Gianluca Santini con un post di apprezzamento su Neuromante di William Gibson, subito rintuzzato da Davide Mana, da sempre critico nei confronti dell'autore canadese, che ha proposto una lista di letture alternative ai soliti nomi tirati in ballo quando si parla di cyberpunk.

Su Strategie evolutive ho espresso qualche dubbio sulla bontà di alcuni dei titoli elencati e ho rimarcato i meriti di Gibson, ma per mancanza di tempo non sono riuscito ad articolare meglio il mio punto di vista. Ci riprovo ora.

Davide rimprovera due cose a Neuromante: l'essere il discendente brutto e noioso di un sacco di bella letteratura precedente, l'essere stato di moda.
Non posso contestare nessuna delle due affermazioni, la prima, per quando possa non condividerla, è del tutto legittima; la seconda, per quando io gli dia un segno positivo, non posso che riconoscerla come vera.

Quel che posso fare è cercare di riaffermare come mai, a me, Neuromante ha cambiato la vita (si fa per dire) e perché il cyberpunk, lungi dall'essere stato devastante, ha invece salvato la fantascienza.



Si era nella seconda metà degli anni '80. Dopo la scorpacciata adolescenziale avevo praticamente smesso di leggere fantascienza. In quelle storie piene di meraviglie, divertenti e magari pure intellettualmente stimolanti non mi ci trovavo più, o meglio, nelle pagine di quei volumi non riconoscevo il mondo che iniziavo ad esplorare in quegli anni. In Neuromante ho ritrovato, per la prima volta in un romanzo di  genere, le stesse suggestioni che mi regalavano romanzi che con la fantascienza avevano poco a che fare. Il romanzo di Gibson è stato forse il primo libro in cui sono riuscito a scorgere uno sprazzo di futuro che non pareva del tutto ipotetico o letterario, uno dei pochi testi in sintonia con la realtà extraletteraria di quegli anni (per come la percepivo io perlomeno).

Davide ha un bel da citarmi il nugolo di precursori che con tutti i loro meriti hanno spianato la strada al cyberpunk. Nel 1984 nessuno di quegli autori era ancora riuscito a creare quel mix perfetto di atmosfera, scrittura, visione e prospettiva che William Gibson ha messo in piedi nel suo primo romanzo. Prendiamo due nomi su tutti, due autori che ho apprezzato anch'io, uno più, uno meno, nel corso del tempo: Raymond Chandler e John Brunner.

Raymond Chandler è solitamente il primo nome a venir citato parlando di cyberpunk. Atmosfere e personaggi del noir hard-boiled rieccheggiano ripetutamente nelle pagine di Neuromante: il cavaliere con più di una macchia a sporcargli il soprabito ma col cuore immacolato, la fanciulla bella e letale, il potere corrotto e il male diffuso, la strada e la città al centro dell'azione. Appropriarsi di certi stilemi e riproporli in un contesto altro non è certo un crimine, soprattutto se all'adattamento logistico si somma una scrittura che oltre a far risuonare il cuore pulp del romanzo, non disdegna incursioni in territori parecchio diverso, tanto che all'epoca azzardai addirittura accostare la scrittura visionaria di William Gibson alla prosa beat di Jack Kerouac. Con il suo testo sfuggevole e obliquo, con il privilegiare atmosfera e invenzione e sensibilità, anche a dispetto della linearità della trama Neuromante ha dato una bella scossa a una fantascienza che, dal mio angolo di mondo, sembrava attraversare una decisa crisi creativa.

Se William Gibson si deve confrontare con il creatore di Marlowe sul piano stilistico, con John Brunner il confronto avviene sui contenuti.
Un decennio prima di Neuromante l'autore inglese aveva pubblicato The Shockwave Rider (intitolato in italiano Codice 4GH nell'edizione del 1979, Rete globale nel 1996), conquistandosi di diritto un posto nella storia per aver anticipato l'avvento di internet con tutti gli annessi e connessi del caso (connessioni, hacker, virus, etc etc). A prescindere da ogni considerazione sul valore predittivo della letteratura (ma davvero credete che sia compito della fantascienza quello di prevedere il futuro?), a me pare che sia a livello empatico che si notano tutte le differenze tra i due romanzi. Il mondo tratteggiato da Gibson mi appariva vero, vivo e vitale sia dalle prime battute, mentre il panorama di Brunner non riesce mai a sganciarsi dalla pagina scritta e intergrarsi con la realtà che mi circondava. Le problematiche personali e sociali che si agitano tra le righe di Neuromante non hanno un corrispettivo altrettanto credibile e profondo in Rete globale e per quanto l'approccio politico di Brunner sia apprezzabile, non regge in alcun modo il confronto con l'overload sensoriale cui Gibson costringe il lettore.  Neuromante riesce a reinventare il presente narrandone un futuro prossimo possibile, The Shockwave Rider, pur con tutta la buona volontà del suo autore non riesce a esser altro che un buon romanzo di fantascienza.

I motivi per cui Neuromante è diventato una sorta di spartiacque per la fantascienza dello scorso secolo non si limitano alle sue qualità letterarie. Neuromante è diventata la bandiera per tutta una nuova generazione di autori, che ne han fatto il simbolo di un approccio al genere più proletario e tecno-artistico (in teoria!), cercando di ottenere, sotto l'etichetta "cyberpunk", una visibilità che andasse oltre gli angusti corridoi della fantascienza tradizionalmente intesa. Se da un lato è innegabile che un pugno di autori sia riuscito nell'intento e abbia poi continuato a sfornare opere più o meno ricollegabili alle caratteristiche programmatiche del genere, è anche vero che la qualità delle stesse non sia stata, nella maggior parte dei casi, altrettanto memorabile, e che molti autori, nati come cyberpunker, si siano poi progressivamente distaccati da quello che è diventato una sorta di canone per rientrare in un ambito indistinguibile dalla fantascienza più tradizionale. Tanto che, se dovessi nominare oggi qualche titolo imprescindibile per tornare a immergersi nelle atmosfere cyberpunk, quelli che mi paiono tuttora tra i più significativi - penso in particolare a titoli come Snow Crash di Neal Stephenson o Necroville di Ian McDonald - appartengono alla decade successiva al fiorire del sottogenere e affrontano i temi e le situazioni care a Gibson e soci con una consapevolezza e una maturità che non apparteneva agli originali fautori del movimento.

A quasi trent'anni  di distanza da Neuromante non sono molti gli autori cyberpunk rimasti impressi nella memoria. Oltre a William Gibson e Bruce Sterling (di cui ho comunque apprezzato molto più i racconti dei romanzi), rimangono i nomi di Rudy Rucker e Pat Cadigan (anche se di quest'ultima non sono ancora riuscito a leggere alcun romanzo, i racconti letti mi son sembrati tutti decisamente sopra la media), mentre altri autori arrivati alla fama in quegli anni hanno abbandonato - se mai ne hanno fatto davvero parte - quel genere di fantascienza (penso a Lewis Shiner o a Lucius Shepard), hanno perso nel tempo parecchio del loro fascino (un nome su tutti penso possa essere quello di John Shirley) o hanno fatto perdere le loro tracce letterarie (Marc Laidlaw scrive per i giochi, Tom Maddox inegna).
Dalle ceneri del cyberpunk non sono emersi solo autori di genere, Ci sono due grandissimi scrittori, ormai del tutto avulsi da ogni connotazione di genere, che partendo da un substrato cyberpunk sono riusciti a produrre grande letteratura andando oltre ogni etichetta. Mi riferisco a Jonathan Lethem e Murakami Haruki: il cyberpunk non poteva lasciare eredità migliore.

47 commenti:

  1. Concordo con il tuo post, Neuromante è stato un libro manifesto di una cultura che cercava un'identificazione e una bandiera.

    Non gli affibbierei l'etichetta "moda" perché quella è più per lo steampunk.

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    1. No, beh… ai tempi il cyberpunk è stato anche moda: nel senso che - caso più unico che raro viste le sue origini letterarie minoritarie - è riuscito ad influire sulla cultura dell'epoca molto più di quanto i suoi stessi fautori potessero immaginare.

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  2. non ho vissuto "in diretta" l'avvento del cyberpunk (all'epoca dovevo ancora imparare a parlare, figuriamoci a leggere!), ma pur avendo letto "neuromante" a decenni dalla sua pubblicazione, mi trovo d'accordo con le tue considerazioni. il paragone con Brunner mi pare azzeccato: apprezzo moltissimo questo autore ("tutti a zanzibar" rientra probabilmente nella mia top 20), ma è vero che le sue storie, per quanto brillanti e appassionanti, non riescono a superare quel grado di credibilità che ti fa pensare che quello che leggi potrebbe avvenire intorno a te appena chiudi il libro. è anche vero che il cyberpunk in quanto movimento probabilmente è stato sopravvalutato, almeno guardandolo col senno di poi. l'innovatività delle produzioni è una caratteristica che viene meno molto presto, ma non per questo il genere merita di essere squalificato.

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    1. Il cyberpunk godette all'epoca di un'ottima strategia comunicativa. Altrimenti non si spiega il fatto che noi, qui, anno 2012, si stia ancora a discuterne, nonostante di romanzi memorabili non ne siano stati pubblicati poi molti.

      Ma non credo che sia stato sopravvalutato. Mi pare abbia decisamente influito sulla realtà circostante, molto più di quanto la fantascienza letteraria nel suo complesso sia mai riuscita a fare.

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  3. "ma davvero credete che sia compito della fantascienza quello di prevedere il futuro?"

    Prevedere il futuro sicuramente no, dare delle chiavi di lettura su cosa potrebbe accadere se si verificasse un dato evento quello probabilmente e dico probabilmente ci potrebbe stare.
    Tornando a NEUROMANTE, io credo che come romanzo in sè stesso sia stato sopravvalutato per molti elementi, ritengo però che, a livello storico, abbia davvero rappresentato uno spartiacque e che abbia riavvicinano molti lettori alla fantascienza all'epoca. Probabilmente ha anche rappresentato una moda per molti tra lettori e scrittori vedi ad esempio il successivo evaporare del genere, ma quando una qualsiasi cosa diventa di moda, beh amico mio, questo di norma è il primo segnale del decadimento.

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    1. "ma davvero credete che sia compito della fantascienza quello di prevedere il futuro?"

      La fantascienza che mi piace di più è quella che agisce da lente deformante sul nostro presente. Gli aspetti fantastici e/o speculativi sono interessanti in quanto permettono la sperimentazione, la riflessione, l'astrazione di particolari elementi e/o dinamiche già presenti qui e ora.
      Quando invece la fantascienza si prefigge di prevedere il futuro (coscientemente o meno) diventa spesso troppo seria e ingessata per risultare davvero interessante.


      Tornando a Neuromante, c'hai voglia di dirmi in che modo sarebbe stato sopravvalutato? Che a guardarsi intorno non è che si vedano poi tanti fan in giro.

      Sulla questione moda, hai probabilmente ragione quando dici che "di norma è il primo segnale del decadimento". È anche vero che se è diventato moda, signifa anche che qualche elemeno del cp è confluito nel patrimonio culturale comune al di fuori dei confini del ghetto. Il che è già di per sè un risultato che poca fantascienza può vantare.

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  4. Io non apprezzo molto la prosa di Gibson, il motivo è lo stesso per cui non apprezzo la prosa Kerouac - per quanto riguarda lo stile narrativo non per ciò che dicono. Un po' d'idiosincrasia la provo anche per Sterling. Però al contempo in Neuromante ci sono idee e anche passaggi splendidi. Poi i generi, boh lasciano il tempo che trovano dal mio punto di vista, servono per cavalcare il momento. funziona così anche nella musica

    P. S. Murakami in questo momento è tra gli autori che preferisco

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    1. "Poi i generi, boh lasciano il tempo che trovano"

      Però è molto interessante osservarne le dinamiche, cercando di capire a che esigenze rispondono, quali sono i motivi che hanno contribuito a farli nascere, cosa li ha uccisi, etc etc…

      Murakami rocks! :-)

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  5. Il cyberpunk è stato un momento importante per la SF "moderna" e sicuramente non si sbaglia nell'indicare in Neuromante uno dei capisaldi del genere in termini di vendite e impatto mediatico (mi sono sempre chiesto come mai non ci avessero fatto un film, poi ho pensato a Johnny Mnemonic e mi sono risposto).
    Come autore Gibson in seguito è calato, non saprei indicarne una ragione. Il linguaggio è rimasto immaginifico ma dopo l'esplosione del c-punk l'autore mi si è perso per strada, destino comune ad altri (tra cui quelli che hai citato).
    Quello che mi ha sempre sorpreso è come mai dal c-punk non si sia evoluto altro in seguito. Non sto pensando al connettivismo ma a un genere-sottogenere che abbia continuato a fare da collante tra presente e basso futuro.

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    1. Certo che arrivare al top con il romanzo d'esordio dev'essere stata un'esperienza un filo frastornante. E vedere continuamente paragonate le opere successive a Neuromante (l'ho fatto anch'io!) non aiuta. Io credo che più che in calo i romanzi di Gibson mostrino un'altalenanza di risultati indice di un percorso con poche certezze. Però oh… a me L'accademia dei sogni (Pattern Recognition) è piaciuto molto.

      "come mai dal c-punk non si sia evoluto altro in seguito."

      Forse perché tutta la fantascienza successiva è figlia del cyberpunk…
      Battute a parte, leggendo McDonald o Morgan o Stross o … è quasi inevitabile imbattersi in elementi nati ed evolutisi in quegli anni. Solo che chiamarlo ancora cyberpunk (o post-cyberpunk com'è successo per parecchio tempo) gli conferirebbe ormai il sapore di fantascienza d'antan. E beh… suonerebbe un pochino paradossale.

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  6. "The Shockwave Rider" è del '75 e necessariamente, quindi, è più fantascienza (di quella che, correttamente, non deve prevedere il futuro ma si scopre a posteriori che non ci andava lontana dal farlo) rispetto a un "Neuromante" (uscito una decina d'anni dopo) che risulta essere più ancorato alla realtà del lettore.
    Questo a prescindere dagli aspetti chandleriani del romanzo di Gibson.
    Personalmente ho fatto fatica ad apprezzare Gibson (ci sono riuscito alla rilettura) mentre ho avuto maggior soddisfazione alla lettura di Brunner).

    /f

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    1. Ciao Fabio!!! Benritrovato!

      ""The Shockwave Rider" è del '75 e necessariamente, quindi, è più fantascienza…
      Osservazione corretta. Però le stesse osservazioni che facevo su quel romanzo le potrei fare a Stand on Zanzibar, che per il tipo di storia è decisamente meno fantascienza.
      Secondo me la differenza tra Brunner e Gibson è questione di approccio alla materia più che di temi trattati.

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    2. Infatti per me "The Shockwave Rider" sta in perfetta compagnia di "Stand on Zanzibar" e "The Sheep Look Up": sono visioni di futuri possibili (più o meno distanti) osservati con un certo distacco.
      Gibson descrive possibili realtà già avendo un piede dentro.

      /f

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  7. Azzarderei, inoltre, che il cyberpunk (e Gibson in particolare) è un po' come il grunge (per mantenere il parallelo cito i Nirvana): entrambi definiscono un momento di rottura con la produzione precedente pur non essendo, sia Gibson che i Nirvana, il meglio della produzione di quel genere.

    /f

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    1. Il paragone è abbastanza azzeccato, ma faccio fatica a nominare un romanzo diverso da Neuromante a definire "il meglio della produzione di quel genere".
      Tu che titolo avevi in mente?

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    2. Direi decisamente "Snow Crash" di Stephenson.

      /f

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    3. Ma Stephenson non vale!
      È arrivato dopo, che il cyberpunk era già finito.

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    4. Se mi cassi Stephenson (comunque "Snow Crash" secondo me rimane un romanzo cyberpunk ancora alla "vecchia" maniera), direi che l'opera più rappresentativa del genere possa essere "La notte che bruciammo Chrome" (oh, stracazz! Ma è di Gibson!).

      /f

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    5. Decisamente azzeccato il paragone Neuromante/Nirvana, almeno dal mio punto di vista.

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  8. Bravo Iggy, condivido il tuo post dalla prima parola all'ultima.

    Trovo che molti critici di Gibson non capiscano un fatto che a mio avviso è assolutamente ovvio: non basta avere le idee, trovare suggestioni: occorre saperle scrivere bene! E Gibson, a mio avviso, è un bel palmo sopra a quasi chiunque altro. Anche quando scrive libri malriusciti e noiosi (Spook Country, per esempio, inutile e palloso) ogni singola frase, avulsa dal contesto, è da incorniciare.

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    1. Giusto!
      Hai fatto bene a sottolinearlo, che non è un particolare da poco.

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  9. Io sono poco obiettivo quando si parla di cyberpunk... è stato il mio "primo amore", ed soltanto grazie ad esso che mi sono davvero appassionato alla fantascienza.
    Lessi Neuromante una quindicina di anni dopo che era stato scritto... e rimasi "folgorato": oltre ad aver amato il romanzo in sé, quello descritto era un futuro che sentivo molto prossimo, anzi, per certi aspetti (magari quelli meno distopici... ;) ) era il futuro che _volevo_ vedere realizzato, in cui avrei voluto vivere.
    Passò un periodo in cui lessi soltanto Cyberpunk, poi (fortunatamente) capii che c'era e _c'era stato_ ben altro di importante nella letteratura fantascientifica.
    Col tempo, grazie a nuovi termini di paragone, ho ridimensionato parecchio tutti i libri letti in quel periodo... _forse_ inserirei Neuromante nella lista dei 10 romanzi di SF che preferisco, ma un po' lo farei "per dovere" e per motivi che vanno oltre il libro in sé. E, oggi, se dovessi salvare soltanto le opere di uno dei due, sceglierei a occhi chiusi Brunner e non Gibson! ;)
    Ma continuo a pensare che il Cyberpunk sia stato un fenomeno molto importante: di per sé, per la sua influenza sulla società, per me stesso (come spiegato) e _per la fantascienza_: so che molti non saranno d'accordo... il Cyberpunk è probabilmente stato imputato da molti di essere il responsabile della morte (una delle 1000 presunte tali) della fantascienza... ;)
    Fatto sta che secondo me in quegli anni ha contribuito a dare nuova forza al genere e a portarlo avanti, e che oggi, molti suoi elementi, anche se magari non esplicitamente riconosciuti sono _sottintesi_ in molti ambiti, non soltanto nelle nuove opere di fantascienza (scritta, o filmata).
    Comunque, quando avrò il coraggio di rileggere Neuromante ti farò sapere... spero mi piaccia ancora, anche soltanto la metà di quanto mi piacque allora! ;)
    Ciao ciao,
    Davide

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    1. Anch'io sono passato dall'ubriacatura cyberpunk e forse ne soffro ancora le conseguenze :-)
      Nonostante abbia iniziato a leggere fantascienza dai classici (o forse proprio per quello!) il cyberpunk m'era parso così nuovo, da far passare in secondo piano i suoi limiti.

      Col senno di poi credo si sia tutti d'accordo che il cyberpunk non abbia lasciato molti titoli memorabili, ma nonostante questo è riuscito a dare una bella scrollata all'ambiente e a cambiare in maniera tangibile, anche se probabilmente non sufficiente, la percezione della fantascienza al di fuori dei confini del genere.

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  10. Bravo, ottimo punto sulla situazione riguardante sia Gibson, sia Neuromante, sia il cyberpunk.

    Probabilmente il guaio di Gibson è stato di aver scritto con Neuromante la sua migliore opera. Ha dovuto abbandonare il genere per tirare fuori un altro romanzo vivido e vivo e ricco quale è L'Accademia dei Sogni.

    Il guaio di chi spara a zero sul cyberpunk penso sia invece l'eccessivo attaccamento (affettivo?) alla fantascienza classica che i cyberpunk smantellano programmaticamente, ottenendo l'insofferenza incondizionata dei puristi. Credo dovrebbero essergli grati, perché il sottogenere, che è rimasto di nicchia, ha galvanizzato non poco il macrogenere nel suo complesso. Linfa nuova per rianimare una fantascienza che mostrava un po' la corda.

    Ad ogni modo mi aspettavo di trovare qualche riferimento a Burroughs, a cui Gibson ruba intere espressioni e, più in generale, attinge per le sue sinestetiche descrizioni degli stati pre e post psichedelici e non solo.

    Tra parentesi, la lettura di Neuromante ha fatto lo stesso effetto più o meno anche a me.

    Kraton

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    1. Ciao Kraton, benvenuto da 'ste parti!

      Ho scoperto Burroughs solo dopo Gibson, per questo motivo non ho colto eventuali riferimenti e/o similitudini.
      Ti ringrazio per averlo ricordato.

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  11. Non ho avuto tempo per commentare la settimana scorsa, ed ero lì lì per lasciar perdere, ma questo post sveglia il drago che dorme.

    Neuromante è un buon romanzo - non un capolavoro; il cyberpunk come moda ha portato ad un inflazionamento di opere mediocri che cercavano di sfruttarne l'onda e alla restrizione di spazi di mercato per altre, magari interessanti ma prive dei requisiti scenici minimi per "passare".
    Tu sei molto bravo nello spiegare perché per te è stato importante.
    Ho avuto esperienze simili in altri contesti; ci sono molte cose verso cui sono romantico, che vedo in una luce nostalgica, o che semplicemente mi piacciono e basta.
    Il problema è che anche se ogni tanto inserisci un "per me" un "da questo angolo di mondo", poi quando arrivi a frasi come "ha salvato la fantascienza" oppure "nessuno aveva mai fatto nulla di simile" suonano come affermazioni oggettive.


    Prendiamo tre assi cartesiani - il giudizio di "valore" , l'impatto personale, il successo (dentro e fuori il genere). Mi sembra che il tuo post sia una specie di nastro di Möbius, in cui il discorso inizia lungo una coordinata ma seguendolo ci si ritrova impercettibilmente lungo un altra. E l'impressione è che tu usi il secondo e terzo livello per rafforzare implicitamente il primo.
    Così p.e. il tuo ripetere "il cyberpunk ha rotto i confini del ghetto e influenzato la cultura mainstream come poca fantascienza è riuscita a fare"
    La prima metà degli anni ottanta aveva visto Tron e Automan, Spectrum e Commodore 64, un primo libro di discreto successo sugli hacker, un paio di nerd che creavano Kelly LeBrock con un programma per la donna ideale, infinite serie televisive o film d'azione che introducevano, come antagonista, aiutante o comprimario, il personaggio dello smanettone che infiltrava il sistema dei terroristi/cattivi o viceversa attentava alla sicurezza nazionale. Per dire, io mi ricordo una puntata del telefilm di Wonder Woman in cui il cattivo era sostanzialmente un hacker, e Wikipedia mi dice che è andato in onda dal 75 al 79. Anche un serial mainstream come Riptide ha avuto l'idea di affiancare il nerd coi computer ai soliti cazzottoni.
    Il Cyberpunk è esploso negli anni in cui il computer entrava a far parte della vita di tutti i giorni ma allo stesso tempo rimaneva magico e misterioso, qualcosa con cui sembrava che gli iniziati - anche semplici ragazzini con troppo tempo fra le mani - potessero far partire la Terza Guerra Mondiale, creare ologrammi viventi o fronteggiare ad armi pari governi o corporazioni. Ha avuto successo perché ha intercettato questa corrente e ne ha cavalcato e indirizzato l'onda, ma non l'ha creata. Per quanto riguarda la cultura mainstream poi, uno che continua da esercitare un influenza molto superiore, dall'alto al basso, da Matrix a Bolaño,è Philip K. Dick (molto più importante del cyberpunk anche per il tuo amico Lethem).
    Vorrei sapere se questo tipo di successo ha peso nel suo caso; se spiegando perché non ti piace, hai mai sentito il bisogno di sottolineare così tante volte questo tipo di medaglia al merito.

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    1. Sono almeno quindici anni che la fantascienza va per la maggiore al cinema, eppure nelle librerie non vedo alcuna fioritura di libri fantascientifici…

      E Dick… Dick non ha mai goduto in vita della visibilità di cui ha goduto - almeno qui da noi, altrove non so - dalla seconda metà degli anni '90 in poi. Ma allora il cyberpunk era già morto.
      Che Dick abbia avuto un'influenza profonda sul cp è comunque innegabile, ma l'ha avuta sugli autori che nel cyberpunk si sono cimentati, piuttosto che sui lettori che hanno decretato il successo di Gibson & Co. Lettori che molto probabilmente hanno letto Dick solo dopo aver letto Gibson.

      È vero che il cp è esploso contemporaneamente all'arrivo del pc, ci mancherebbe altro! Ma questo non è ne un merito ne un difetto, è un'ovvietà. Il punto, per me, è che ci sia stato! Che prima la fantascienza era - almeno per il grande pubblico - qualcosa con un sapore diverso.

      Non mi azzarderei mai a parlare di primogeniture, o di apripista. C'è che lo fa molto meglio di me.
      Il merito che riconosco al cyberpunk (quello che definivo "salvare la fantascienza") e che credo sia indubitabile, è stato quello di avvicinare un nuovo pubblico al genere.
      La "cultura mainstream" l'hai tirata in ballo tu, che io non mi sarei mai azzardato!

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  12. Ammetti il debito con Chandler ma dici che si avventura in territori diversi. Questo è il piano dei contenuti. Con Chandler ho dei problemi; ed è evidente che i suoi romanzi a livello di struttura e plot lascino spesso a desiderare.
    Ma consideriamo la lingua: in Neuromante Gibson utilizza una tecnica di sovraccarico sensoriale, impilando immagini incongrue.
    Questo ha una sua efficacia, non lo nego, ma non di rado le immagini suggestive emergono da frasi che sono leggermente disarmoniche, contorte, goffe, molto lontane dalla scorrevolezza ed eleganza con cui invece Chandler usa le similitudini inaspettate.
    Se davvero volessimo fare un confronto con Chandler sul piano dello stile - fluidità, musicalità della prosa - la vedrei molto dura.
    Capisco che lo stile di Gibson possa affascinare, ma ci sono parecchi scrittori più classicamente eleganti di lui (e dall'altro lato ci sono Ballard, Burroughs e tanti altri).
    Dire che come scrittura è una spanna sopra tutti, come fa Vanamonde, significa abbandonare il piano critico per quello della predilezione personale indiscutibile.

    Dici che il paragone con Brunner si svolge sul piano dei contenuti, ma in pratica poi lo riconduci a una questione di stile ed effetto personale: TSR non ti coinvolge, ti sembra "solo" un romanzo di fantascienza. Io non l'ho letto, ma se penso a Stand on Zanzibar e The Sheep Look Up un paragone nei termini in cui lo fai tu mi sembra poco sensato.
    Si tratta di opere costruite in modo molto diverso da Neuromancer, la cui struttura serve bene gli obiettivi.
    Il mondo di Neuromancer ti pare "vero, vivo e vitale"?
    Il romanzo si regge su una struttura di base già reiterata infinite volte, adopera convenzioni altrettanto artificiali, usa un linguaggio programmaticamente sopra le righe, è del tutto implausibile scientificamente. Quando dici che "reinventa il presente in un futuro possibile" o "si integra colla realtà che ti circonda" in realtà parli della sintonia di quel romanzo col tuo immaginario, di come quel mondo ti sembrasse "figo e cool".
    Quegli stessi elementi potrebbero per altri, al netto di qualsiasi giudizio di valore, bloccare qualsiasi immersione o interazione emotiva profonda, o impedire di dimenticare che quello che si sta leggendo è solo un "buon romanzo", qualcosa di costruito per l'effetto.
    E' un po' come quando Elvezio dice che Carver e i minimalisti gli sembrano "veri" e "umani" e i PynchonDeLilloFosterWallace freddi e artificiosi, mentre per te è il contrario. Se ne prende atto e si va avanti, ma rimaniamo sulla reazione a pelle.

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    1. Non posso confrontare la lingua di Gibson con quella di Chandler: ho letto entrambi in italiano. Però so bene l'effetto che mi hanno fatto. È su quello che baso il mio giudizio.

      Brunner io non l'avrei mai tirato in ballo se non stuzzicato da Davide. Che per me lui e Gibson giocano in due categorie diverse. Non meglio o peggio. Diverso.

      "Quegli stessi elementi potrebbero per altri, al netto di qualsiasi giudizio di valore, bloccare qualsiasi immersione o interazione emotiva profonda, o impedire di dimenticare che quello che si sta leggendo è solo un "buon romanzo", qualcosa di costruito per l'effetto."

      Assolutamente vero. Per questo motivo cerco di evidenziare la soggettività della mia esperienza di lettura.

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  13. Ma vabbè, fin qui, tutto sommato nulla di grave.
    L'altro giorno leggevo sul blog di Helen DeWitt (il cui esordio The Last Samurai è per me uno dei migliori romanzi *non di genere* degli ultimi vent'anni) le letture a cui torna più di frequente. Così, fra Omero (in greco)e Le Città Invisibili (in italiano) trovo questo: *Russell Hoban, Riddley Walker: Neglected equal of The Waste Land. I love this for the extraordinary invented language, the appropriation of technical terms, meaning lost, into explanatory myths; with most novels you can "see how it's done," but here I don't. Have read it three or four times, and admire it more fervently every time.
    Helen DeWitt non è certo la prima ad esprimere ammirazione incondizionata per quel libro o a citarlo fra i propri preferiti; in passato ho letto apprezzamenti simili da Will Self, J.M.Coetzee, Peter Carey, David Mitchell, Anthony Burgess, Harold Bloom.
    Era anche uno dei miei scrittori preferiti; se ricordi ho segnalato la sua morte su Google+, dove in media posto ogni sei mesi.
    RW non è "totalmente avulso da connotazioni di genere" - è fantascienza postapocalittica, e nel 1980 ha vinto il Campbell Award, il che significa che ha avuto più riconoscimenti "dal genere" di tutti i romanzi di Ballard, Disch e Russ messi assieme. Ma non ha bisogno di arditi paragoni con Kerouac o supposte progeniture per accostarsi alla "grande letteratura": è tranquillamente almeno una spanna sopra a qualsiasi cosa io abbia di letto di Lethem o Murakami. E' un romanzo postapocalittico come Moby Dick è un romanzo marinaresco.
    E se Hoban non era principalmente un autore di fantascienza, Riddley Walker non è certo l'unico capolavoro scritto prima del 1984. Visto che fra i meriti principali del cyberpunk ci sarebbe l'aver regalato Lethem alla letteratura, ti ricordo cosa diceva quest'ultimo in quell' articolo un po' farlocco che conosci bene. Dopo aver parlato della fantascienza d'avanguardia degli anni sessanta e settanta e prima di citare gli autori che continuavano a produrre opere paragonabili al meglio che si poteva trovare al di fuori del genere (qualche nome a cavallo dei due campi? Ballard, Disch, Russ, Delany, Tiptree Jr, Hoban, Pamela Zoline, D.G. Compton) c'è questo:
    "...la fantascienza fece un passo indietro, allontanandosi dalle sue più vaste aspirazioni letterarie. Non che negli anni seguenti non sia stata scritta della fantascienza di talento, ma con poche importanti eccezioni quei lavori vennero sopraffatti negli scaffali (e nelle votazioni dei premi) da una fantascienza reazionaria tanto orrenda artisticamente quanto comodamente familiare. Negli anni Ottanta, il cyberpunk fu considerato un segno di speranza, per il suo vigore, la sua raffinatezza, la prontezza sensoriale con cui aveva recepito il cambiamento delle nostre concezioni del futuro. Ma anche i migliori scrittori cyberpunk per la maggior parte spacciavano per trascendenza fantasie di ribellione sorprendentemente machiste e regressive, e il vigore e la raffinatezza erano bazzecole per quelli che ricordavano la matura profondità delle migliori opere dell'avanguardia." (bolded for emphasis)

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    1. "Negli anni Ottanta, il cyberpunk fu considerato un segno di speranza, per il suo vigore, la sua raffinatezza, la prontezza sensoriale con cui aveva recepito il cambiamento delle nostre concezioni del futuro. Ma anche i migliori scrittori cyberpunk per la maggior parte spacciavano per trascendenza fantasie di ribellione sorprendentemente machiste e regressive"

      Ma guarda che io sono totalmente d'accordo con quel che dice Lethem. Salvare Gibson non vuol dire salvare il cyberpunk.
      La speranza, il vigore, la raffinatezza e la prontezza sensoriale sono gli elementi che mi hanno attirato tra le pagine dei c-punker e che le distinguevano dalla fantascienza che avevo letto fino a quel momento.
      Che poi il movimento si sia avvolto su se stesso, perso o arenato su qualche piaggia dimenticata beh… evidentemente non ha saputo mantenere le luminose promesse delle origini.


      Sulla questione che esistano scrittori decisamente migliori, beh… sfondi un'altra porta aperta.
      Ma mi pare che questi scrittori siano accessibili al lettore "di genere" solo dopo attente ricerche e/o frequentazioni con letture altre. In altre parole non sono scrittori popolari.
      A proposito di fantascienza post-apocalittica, ho appena finito di leggere Specchi Neri, e mi son chiesto come ho fatto a non aver mai sentito nominare Arno Schmidt fino all'altro giorno.
      Sia il tedesco che Russell Hoban sono scrittori di cui il pubblico dei lettori di fantascienza non ha mai sentito pronunciare il nome. È un peccato, ma è così.

      E comunque, anche se ora non avrei grossi dubbi su cosa sia meglio, credo che il mio io di vent'anni fa avrebbe continuato a preferire Gibson a Schmidt.

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  14. A me non disturba particolarmente che romanzi di quel tipo siano stati bypassati dai premi, abbiano venduto 25 copie e siano andati fuori stampa o non abbiano raggiunto chi avrebbe potuto apprezzarli. Ancora Lethem: "Se la scrittura di qualità viene trascurata a causa delle barriere fra i generi, pazienza – la scrittura di qualità resta non letta per un mucchio di ragioni."
    Però ecco, che poi Neuromante venga poi fatto passare per 'sta gran rivoluzione no, eh. Tantopiù che, nonostante si siano venduti come i grandi innovatori che rompevano con Campbell e Gernsback e la fantascienza ammuffita, loro Ballard, New Worlds e le opere della New Wave se l'erano imparate a memoria, come hanno ampiamente confermato Sterling e Gibson in interviste successive in cui tra l'altro citavano autori anche più oscuri di quelli che elencati. Quando parli, per Neuromante, di scrittura visionaria che privilegia l'atmosfera rispetto alla linearità, si tratta in realtà di roba molto convenzionale rispetto, per esempio, ad Ice di Anna Kavan (1967), che è come Ballard riscritto da Sylvia Plath, con una storia minimale e instabile e un continuo slittare fra spazio interiore e realtà esteriore.
    Il paragone col grunge è calzante; vedere il cyberpunk come una ventata di novità dipende dal contesto. Se il tuo giudizio sulla musica si basava su Videomusic e l'Hit Parade di Tv Sorrisi e Canzoni, il Grunge poteva essere un entusiasmante ventata di freschezza. E magari ha "salvato la musica" : dopo su Mtv potevi trovare Korn e Green Day, wow!. Se invece già ascoltavi Sonic Youth, Pixies, Violent Femmes, Hüsker Dü (per citare solo nomi relativamente famosi) il grunge non era, in sè, proprio nulla di speciale, indipendententemente dal valore dei singoli gruppi. Il punto, attenzione, non è che bisogni conoscere queste cose per forza, o che io sia più figo. Recentemente mi è piaciuto molto All Men of Genius, un fantasy/steampunk leggero e brioso; e m'importa sega se secondo Lethem sarebbe conservatore o regressivo.
    Ma il nucleo di verità è che nella fantascienza trovi Scalzi accanto a Delany, Asimov accanto a Ballard. Scalzi è gradevole, ma non vedo nessun motivo per cui abbia più diritto ad "uscire dal ghetto" della fantascienza di quanto ne abbia Louise Penny di uscire dal "ghetto" del giallo all'inglese. Se, come ripeti spesso, ti interessa quella fantascienza innovativa che non si racchiude nell'orticello e si apre all'esterno e punta in alto e bidibum, devi cercartela come il cane da tartufi, e non basarti su premi, sottogeneri di moda, impatto mainstream o classifiche di vendita.

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    1. Spero di riuscire a risponderti al più presto. Per ora accontentati di un enorme grazie!.
      Un contributo come il tuo vale 10 dei miei post.
      Grazie.

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    2. Be, allora sbrigati a totalizzare 10 nuovi post, se vuoi un altro contributo come questo, hai un mucchio di recensioni arretrate, :)
      Grazie a te, comunque, ma non è vero.

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    3. C'hai ragione c'hai… :-(

      Ma vedrai che a breve qualche recensione arriva. (Almeno spero…)

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  15. E Dick… Dick non ha mai goduto in vita della visibilità di cui ha goduto - almeno qui da noi, altrove non so - dalla seconda metà degli anni '90 in poi.

    Intendo dire che Dick continua ad essere letto, è citato e presente nell'immaginario al di fuori della fantascienza, oggi. Ha un influenza (culturale, mainstream) superiore e continuativa, il cyberpunk no.
    E' un po' come chi oggi parla del Noir (termine peraltro spesso usato a sproposito) come narrativa sociale privilegiata, e giù centinaia di libri a bollino noir ambientati da Voghera a Acitrezza, ficsciòn su Montalbani, Giovani Montalbani, Romanzi Criminali. Passerà, non condurrà verso altri tipi di approccio al genere, non cambierà nel lungo termine le abitudini dei lettori.

    Il merito che riconosco al cyberpunk (quello che definivo "salvare la fantascienza") e che credo sia indubitabile, è stato quello di avvicinare un nuovo pubblico al genere.

    Cosa è rimasto del pubblico del cyberpunk? E se uno si è avvicinato al cyberpunk solo perché sembrava una narrativa "al passo con i tempi" o un salto di qualità rispetto alla fantascienza (=Asimov) che leggeva a quattordici anni, una volta che (ben presto) il cyberpunk ha iniziato a mostrare la corda, non sarà stato ancor più confermato nell'idea che in fondo non valesse la pena leggere fantascienza?

    E se non parli di progeniture o apripista, che senso ha quel richiamo a Lethem e Murakami?


    A proposito di fantascienza post-apocalittica, ho appena finito di leggere Specchi Neri, e mi son chiesto come ho fatto a non aver mai sentito nominare Arno Schmidt fino all'altro giorno.

    Azz...sei stato fulmineo. Visto, ordinato e letto!
    Arno Schmidt non sembra aver avuto molta fortuna editoriale fuori dalla Germania, nonostante sia conisderato uno dei maggiori scrittori tedeschi del secondo Novecento.

    Sia il tedesco che Russell Hoban sono scrittori di cui il pubblico dei lettori di fantascienza non ha mai sentito pronunciare il nome. È un peccato, ma è così.

    Ecco, allora visto che pochi mesi fa ho letto che il traduttore diceva che ne erano state vendute circa 80 copie, fai la tua parte e posta una recensione per spargere il verbo!

    Per curiosità, quanti degli autori che metto nel mio blog conosci, indicativamente, finora? C'è qualcosa che stuzzica la tua curiosità?

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    1. "Intendo dire che Dick continua ad essere letto, è citato e presente nell'immaginario al di fuori della fantascienza, oggi. Ha un influenza (culturale, mainstream) superiore e continuativa, il cyberpunk no."

      Ma anche Gibson continua a essere letto. E credo che l'influenza del cp sia stata addirittura più significativa - fuori dal contesto fantascientifico - del suo valore letterario (pensa alla figura dell'hacker nell'immaginario, giusto per fare un esempio immediatamente evidente).
      Credo poi che senza il cp a fare da effetto volano alla sua produzione, Dick non godrebbe del riconoscimento che gli viene attribuito in questi ultimi decenni.

      Penso insomma che mettere a confronto cp e Dick non ha molto senso, che si muovono nella stessa corrente, alimentandosi reciprocamente.

      (oh… a proposito di riferimenti, non trovi interessante che pure un autore laterale come Van de Stroos citi il cyperpunk nelle sue canzoni?)



      Citavo Lethem e Murakami come figli del cyperpunk, per concludere in bellezza il post.



      "sei stato fulmineo. Visto, ordinato e letto!"

      Merito di amazon prime :-)
      Avevo voglia di leggere qualcosa di rapido, profondo, e stimolante come il libro di Schmidt. Peccato che gli altri romanzi non siano diponibili (ma ora mi metto in caccia…)
      La recensione arriverà, anche se ormai ho accumulato ritardi inenarrabili…



      "quanti degli autori che metto nel mio blog conosci, indicativamente, finora?"

      Pochissimi! Ogni volta che posti un nuovo pezzo non fai altro che aggiungere un nuovo livello al pozzo della mia ignoranza!
      La curiosità c'è, ma fortunatamente (si fa per dire…) i post sono troppo decontestualizzati perché si concretizzi in qualcosa di più di una vago interesse.

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  16. Ah, le traduzioni italiane vecchie di Chandler - che alcune ne avevo - sono agili come gatti di pietra.

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    1. Credo di aver letto la prima volta Chandler nelle edizioni curate da Oreste Del Buono.
      Quelle che ho a casa sono però le edizioni Feltrinelli che hanno traduttori diversi per ogni romanzo (o quasi): Del Buono, Veraldi, Oddera, Trevisani, Omboni. Che poi magari sono le stesse che lessi nei bei tempi andati…

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  17. Al di fuori dell'ambiente fantascientifico, Dick continua ad essere conosciuto e citato ovunque - a volte quasi come se fosse l'unico autore di fantascienza "serio". Il Cyberpunk, per chi non ha vissuto la sua esplosione in prima persona o non legge fantascienza, oggi sembra antiquariato.

    Citavo Lethem e Murakami come figli del cyperpunk, per concludere in bellezza il post.

    E' un po' fuorviante. Hanno scritto un paio di romanzi che si muovono in quella direzione, ma le influenze principali erano altre fin dall'inizio. Mi sembra che entrambi continuino a parlare molto più di Chandler che di Gibson o del cyberpunk in sè e per sè, per cui più che altro hanno ripreso l'idea di trasferire il mood chandleriano in un contesto futuribile.

    "quanti degli autori che metto nel mio blog conosci, indicativamente, finora?"

    Pochissimi! Ogni volta che posti un nuovo pezzo non fai altro che aggiungere un nuovo livello al pozzo della mia ignoranza!
    La curiosità c'è, ma fortunatamente (si fa per dire…) i post sono troppo decontestualizzati perché si concretizzi in qualcosa di più di una vago interesse.


    Bè ma... potresti contestualizzare da te! Google Is Your Friend :)
    Sono un po' insoddisfatto anch'io, ma non so bene cosa farci.
    Su alcuni di questi (Virginia Woolf, per esempio) sono stati scritti oceani; altri sono molto più oscuri, ma anche così non mi viene naturale comprimere in poche righe l'essenza di un opera o la sua importanza per me.
    Però ho aggiunto i Tag, che almeno una qualche indicazione fuorviante sul contenuto la danno.

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  18. "Il Cyberpunk […] oggi sembra antiquariato."

    Non so, secondo me invece è tra le poche cose sopravvissute praticamente indenne agli anni '80 e, al contrario di te, credo che suoni come antiquariato soprattutto a chi frequenta il genere. Fuori dal ghetto è termine ancora spendibile. Ma oh… son sensazioni, che non ho fonti da citare o altri esempi - a parte il Van de Sfroos beccato per caso - da mostrare)

    Su Lethem e Murakami.
    Li citavo non perché abbiano scritto cyberpunk (ok, Lethem l'ha fatto con ottimi risultati e no, non sto parlando del romanzo del canguro in cui più che calcare le orme di Chandler cerca di distruggerlo), ma perché nei loro romanzi m'è parso di cogliere più di un eco delle atmosfere e dei soggetti tipici del filone. (cfr quel che scrivevo a proposito de La fine del mondo e il paese delle meraviglie)
    E no, Chandler - canguro escluso - lo vedo molto poco nei romanzi dei due autori.

    "Sono un po' insoddisfatto anch'io, ma non so bene cosa farci."

    È difficile dalle poche righe che posti- che danno spesso l'impressione di essere piuttosto casuali (lo so, non è così, ma l'impressione rimane) - farsi un'idea dei motivi per cui il dato scrittore è così importante e/o significativo.
    Spesso leggendo gli estratti la domanda che mi pongo non è "chissà come prosegue", ma "chissà perché l'ha postato".

    Una qualche nota introduttiva su opera e/o autore aiuterebbe.

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  19. Non so, secondo me invece è tra le poche cose sopravvissute praticamente indenne agli anni '80 e, al contrario di te, credo che suoni come antiquariato soprattutto a chi frequenta il genere. Fuori dal ghetto è termine ancora spendibile.

    Dipende dal livello di frequentazione del genere. Se uno ha una frequentazione abbastanza estemporanea può ritenerlo un salto di qualità rispetto a, poniamo, Clarke o Asimov. Se invece è un appassionato, può tendere a ridimensionarne l'importanza rispetto all'hype percepito. "Fuori dal ghetto" a me sa che è visto come un fenomeno degli anni ottanta, alla stregua di Claudio Cecchetto o dell'Edonismo Reganiano ;-)



    ... m'è parso di cogliere più di un eco delle atmosfere e dei soggetti tipici del filone. (cfr quel che scrivevo a proposito de La fine del mondo e il paese delle meraviglie)
    E no, Chandler - canguro escluso - lo vedo molto poco nei romanzi dei due autori.


    Dal poco che so Murakami ha parlato spesso dell'ammirazione che ha per Chandler, ha tradotto i suoi romanzi, ha scritto saggi su di lui.
    Mi ricordo un intervista in cui lo citava fra i suoi numi tutelari assieme a Kafka e Dostoyevsky.
    E quel romanzo è del 1985, per cui una influenza diretta del Cyberpunk pare improbabile. Lo stesso vale per Lethem - gli ho sentito citare Chandler o Highsmith o Himes fra le letture importanti, non Gibson. Mi sembrano più casi di evoluzione parallela che d'influenza diretta. Soprattutto nel tuo parlare di "figli del cyberpunk" vedo un tentativo di dare importanza a quest'ultimo per luce riflessa, che mi disturba sia perché lo trovo dubbio, sia perché, come ho detto, anche la fantascienza è capace di esprimere "grande letteratura" senza scomodare Lethem e Murakami.

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    1. Non ho dubbi che entrambi ammirino Chandler (non ho ancora letto di alcun autore che lo disprezzi! :-))
      Dico solo che non mi pare che Lethem o Murakami lo emulino, lo citino, gli assomiglino in alcun modo (canguro escluso, ovviamente!).

      E no, non li citavo per infondere qualche luce sulle ombre del cyberpunk, ma per convinzione profonda. Del resto Lethem il cp lo ha frequentato eccome, cfr Come entrammo in città e come ne uscimmo (How We Got in Town and out Again), in a Ovest dell'infero, per citare uno tra i tanti racconti significativi.
      Non vedo nessuna contraddizione tra questo accostamento e la capacità della fantascienza di esprimere "grande letteratura". Del resto citavo i due nomi autori non in contrapposizione al genere, anzi: legavo la loro grandezza alla parentela fantascientifica, che quando si sono mossi all'interno di quel contesto hanno prodotto alcune delle loro cose migliori.

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  20. Spesso leggendo gli estratti la domanda che mi pongo non è "chissà come prosegue", ma "chissà perché l'ha postato".

    Bè, tutto sommato non è una cattiva reazione. Non intendono essere "hook". Visto che si tratta (quasi esclusivamente) di prime righe/paragrafi, ho trovato interessante vedere i diversi modi in cui si relazionano al testo nel complesso. Solo quello di Sallis mi sembra sia l'inizio che vuole catturare il lettore. Altri, come quelli di Herta Müller (Tutto quel che ho, lo porto con me) o p.e. in futuro Uwe Johnson o Ann Quin, sono singole frasi ad effetto. Altri, come quelle di Nabokov o Coetzee, sono uno sguardo straniato su cose che appaiono "banali" - una pozzanghera, occhiali da sole - non in relazione diretta col resto del romanzo, ma ne impostano il tono generale. Alcune funzionano da controcanto ironico - l'inizio di Der Zauberberg, La Montagna Incantata: "un giovane uomo era partito nel pieno dell'estate da Amburgo, sua città natale, per Davos nel cantone dei Grigioni. Andava in visita per tre settimane." E poi, quasi come un ripensamento: "Da Amburgo a lì però il viaggio è molto lungo; troppo, forse, per una permanenza così breve". (Hans Castorp va come ospite al Sanatorio e ci rimane come paziente sette anni, La Montagna Incantata è piena zeppa di anticipazioni che vengono rovesciate o realizzate in maniera ironica). Alcuni di questi incipit acquistano un senso particolare se si ha letto il libro, magari perché allo stesso tempo anticipano e nascondono qualcosa, come quello di Pedro Paramo o Max Havelaar. Altri ancora sono semplici inizi.

    È difficile dalle poche righe che posti- che danno spesso l'impressione di essere piuttosto casuali (lo so, non è così, ma l'impressione rimane) - farsi un'idea dei motivi per cui il dato scrittore è così importante e/o significativo.

    Per autori che vale davvero la pena leggere, penso sia impossibile farsi un idea di questi motivi sulla base di poche righe, comunque scelte.

    Una qualche nota introduttiva su opera e/o autore aiuterebbe.

    Effettivamente, se non una recensione vera e propria o una biobibliografia in stile Wikipedia, un due righe su perché quell'opera e/o autore sono importanti per me o come li ho incontrati non dovrebbe essere impossibile e non è una cattiva idea (potevo pensarci prima, eh?) Non mi va di partire ex abrupto con i prossimi post però, inizierò a scriverle partendo dal primo e le caricherò tutte assieme editando i vecchi post quando saranno pronte, per poi continuare man mano.
    Spero di farcela entro la fine di aprile.

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    1. "un due righe su perché quell'opera e/o autore sono importanti per me o come li ho incontrati non dovrebbe essere impossibile e non è una cattiva idea"

      Eh! Credo che però dovresti inaugurare un blog vero e proprio, che tumblr non si presta molto a eventuali commenti e/o chiacchiere sul post.
      Io ovviamente mi auguro che tu lo faccia.
      Anche perché la tua ultima citazione (quella di Stella Benson) mi incuriosiva, e sarei curioso di saperne di più.

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    2. Eh, ma avevo scelto Tumblr proprio per postare brevi assaggini.
      Un Blog normale richiede articoli lunghi, e una recensione/articolo critico vero e proprio per molti di questi libri richiederebbe parecchio tempo, altro che un post ogni martedì e venerdì!
      (Senza contare che alcuni sono stranoti ed è già stato detto tutto, e altri vanno molto al di là della mia capacità di dire qualcosa di coerente, come il grandissimo capolavoro postato questo martedì)

      Living Alone è nel public domain e si può scaricare da Internet, qui per esempio:
      http://www.gutenberg.org/ebooks/14907
      Poco dopo queste prime righe entra in scena una strega, a cavallo di una scopa di nome Harold. E il romanzo continua su questa falsariga. Moltissime osservazioni o descrizioni come quelle del primo scorcio; è un libro da cui ti verebbe voglia di ricopiare centinaia di frasi, per come suonano taglienti, accurate e divertenti. Dall'altro lato, frequenti sforamenti nell'assurdo e nel nonsense. Ad un certo punto durante un attacco aereo tedesco (siamo durante la Prima Guerra Mondiale) c'è uno scontro fra la strega e una strega tedesca, prima era stato introdotto un personaggio che parla solo in strettissimo dialetto cockney, con esiti esilaranti.
      Sembra procedere senza un vero filo logico, ma alla fine alcune cose tornano. Al di là della strega, è principalmente la storia della sesta donna - quella di cui "the less said the better" - e nonostante sia un romanzo costantemente leggero e spumeggiante, lascia un sapore parecchio amaro alla fine.
      Tutto ciò non avrebbe il diritto di funzionare, ma funziona molto bene ;-)

      Buona Pasqua!

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  21. "Un Blog normale richiede articoli lunghi"

    Ma chi l'ha detto?
    Io sarei già soddisfatto di vedere la solita citazione accompagnata da due righe che aiutino a capire i motivi per cui quell'autore/opera è significativa per te.
    Se poi il ritmo dovesse diventare settimanale piuttosto di quello attuale, beh… me ne farei una ragione, che visti i miei tempi in rete non sarebbe neanche un'ipotesi così disprezzabile.
    E non sottovalutare lo spazio commenti, che può essere utile per eventuali ulteriori approfondimenti.

    Living Alone l'ho doverosamente segnato, che mi ispira proprio.

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