18 gennaio 2011

Il mestiere di scrivere


Picture by Iguana Jo.
Che sia il laboratorio di un artigiano o lo studio di un artista, che si tratti del backstage di un film o delle quinte di un teatro, poter vedere, anche solo di sfuggita, un'idea prendere forma è una cosa che mi ha sempre affascinato. Per questo motivo ho apprezzato molto la serie di post che in questi giorni Davide Mana ha pubblicato su Strategie Evolutive riguardo al mestiere di scrivere.

Partendo dalla conferma delle potenzialità della letteratura di genere e dalla coerenza intrinseca che sempre dovrebbe caratterizzare la buona letteratura, a prescindere dall'utilizzo di particolari artifici narrativi (poco importa che se questi siano magia, (fanta)scienza o semplice mistero) (Indistinguibile dalla magia), si è arrivati a parlare di verità e verosimiglianza, e se sia l'esperienza personale la fonte primaria da cui attingere per la propria costruzione narrativa (senza barare mai).
A completare il quadro il post successivo sottolinea l'equilibrio che sempre dovrebbe esistere tra l'informazione e la tensione narrativa e le difficoltà insite nella gestione degli elementi informativi di una storia (equalizzazioni & aspettative).
Ma il bello deve ancora arrivare. Il post intitolato ricerca ricerca ricerca esemplifica in modo straordinario le possibilità e gli esiti di una storia in relazione alle ricerche fatte per formarsi un know-how minimo per la sua stesura. Ed è pure molto divertente!

Negli ultimi due post sull'argomento si passa invece a considerazioni più generali che riguardano il processo creativo, le decisioni e le conseguenze relative alla scelta di "cosa scrivere".
In Perché lo facciamo si cerca di capire cosa porta uno scrittore a percorrere la strada di in un genere piuttosto di un altro; nel post successivo (Cambiare il mondo) si risponde alla domanda fondamentale: perché scrivere?

Ma il senso di questo post non sta tanto nel fare un riassunto dell'encomiabile lavoro di Davide.
Il fatto è che da un paio di giorni non riesco ad accedere a Strategie Evolutive (maledetto firewall aziendale) e mi scappava di fare un'osservazione a quanto espresso in questa serie di post.
Io sono un lettore, e spesso mi chiedo cosa ci sia in quel che leggo che mi colpisce, cosa mi fa saltare dalla sedia o sorridere sotto i baffi quando sto lì con il mio bel libro in mano. La capacità di scrivere correttamente nella lingua che si è scelto di utilizzare è un prerequisito fondamentale. Immaginazione e creatività sono anch'essi aspetti importanti, così come il saper combinare insieme idee, personaggi e ambienti in una trama avvincente o quanto meno omogenea.
Ma secondo me c'è solo una caratteristica precisa che permette di chiudere il cerchio intorno al talento e sfornare con continuità racconti o romanzi capaci di colpire il lettore. Questa qualità è la consapevolezza di quel che si sta facendo.
Un autore è liberissimo di scrivere di qualunque cosa, perfino di centurioni e principesse egiziane, ma si deve ben rendere conto che la narrazione di una storia (di qualunque storia) veicola molto di più dell'insieme di accadimenti che si susseguono per tutta la durata del racconto. E che ogni parola potrà essere usata contro di lui.
Questo implica scelte e responsabilità, che sono poi ingredienti fondamentali in ogni genere di comunicazione.
Tutto questo per dire che io non credo ci si possa improvvisare scrittori, almeno non se si ha l'obiettivo di farsi leggere da un pubblico.
La scrittura necessita di disciplina, di applicazione, di esperienza.
Pensateci, voi che la fuori state scrivendo il vostro primo racconto.

4 commenti:

  1. Sì, ma lo sappiamo che alla fine Mana scrive un sacco di balle... ;-)

    Grazie per il post, per l'apprezzamento e per i commenti.
    Strana la facenda del firewall.

    Sulla consapevolezza, concordo in pieno e sottoscrivo, e non importa quale attività si stia svolgendo, senza consapevolezza è il nulla.
    Guarda i bambni quando giocano, come sono seri e concentrati (sì, ok, non è mia, è di Taisen Daishimaru).
    Io credo che in fondo uno dei motivi per cui così tanti elementi della nostra contemporaneità - dalla politica all'intrattenimento - risultano deludenti (dire "fanno schifo" sarebbe troppo radicale) è che sono orientati all'inconsapevoelzza.
    Non pensarci, che poi passa.
    Non pensarci, che ci pensiamo noi.
    E moltissimi sono pronti ad accettarlo, perché l'altra faccia della consapevolezza, naturalmente, è la responsabilità.
    E la responsabilità fa paura.

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  2. Postato di là, ma metto anche qua:
    da salon futura, una rivista online di nonfiction sf,
    un articolo sul genere a che prende le mosse da quello di Docx

    http://www.salonfutura.net/2011/01/what-is-genre-anyway/

    e una gran bella intervista a Grimwood, che quasi mi tranquillizza sul vampiro gnokko

    http://www.salonfutura.net/2011/01/in-conversation-with-jon-courtenay-grimwood/

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  3. Domani mi guarderò i link, però intanto Marco ti posso chiedere se hai ricevuto posta in questi giorni?

    Beh… ecco, una risposta sarebbe gradita. :-)

    (su Grimwood: mi ero tranquillizato un pochino anch'io dopo aver letto un commento sul romanzo non so più dove. PErò tanto prima che mi capiti in mano…)

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  4. Sì in effetti ho combinato un casino coll'account che mi smista in diverse caselle la posta in arrivo a seconda dei mittenti e i messaggi degli ultimi giorni mi erano sfuggiti.
    Comunque io arrivo in treno un po' prima di Elvezio e non ho problemi di sorta per il cibo ;)

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