19 febbraio 2008

Urania e la fantascienza. Parte seconda.


Picture by Aelle.
Spero che a Davide L. Malesi non dispiaccia se rispondo da qui al suo ultimo contributo alla discussione che si è sviluppata su Vibrisse bollettino in seguito alla pubblicazione del mio post precedente su Urania e fantascienza.

Scrive Davide: "Volendo, si può sintetizzare la mia opinione in questi termini: la SF è in crisi ovunque allo stesso modo, ma le dimensioni del mercato disponibile possono amplificare, o ridurre, gli effetti di questa crisi, tra cui l'offerta in termini di libri; laddove un mercato di modeste dimensioni sia colpito dalla crisi, i primi a scomparire dagli scaffali saranno gli autori un po' più impegnativi, quelli meno "commerciali", o semplicemente meno conosciuti."

Il ragionamento di Davide non fa una piega. Però secondo me i conti continuano a non tornare.
Stante una situazione di mercato che sembra analoga in tutti i paesi occidentali, lui sostiene che l'unica variabile che ha influito negativamente in italia in maggior misura rispetto agli altri paesi, e da cui deriva la situazione ancor più mediocre che contraddistingue il nostro mercato per quanto riguarda la pubblicazione e la diffusione di volumi fantascientifici in libreria è una generico "il mercato librario in italia è più modesto che altrove".
Boh… a me sembra una risposta che dice tutto e non dice nulla. Soprattutto perché Davide con le sue argomentazioni afferma implicitamente che la presenza di Urania non ha mai avuto alcuna influenza sul mercato italiano della fantascienza.
Sostenere che una pubblicazione con più di 50 anni di storia e con oltre 1500 volumi pubblicati non abbia contribuito in alcun modo all'idea di fantascienza del pubblico nostrano mi pare un po' miope.
Ma non voglio annoiare con la ripetizione dei motivi per cui secondo me l'influenza di Urania s'è rivelata negativa, chi vuole li può (ri)leggere nel mio post originale.
Qui voglio ribadire un punto che forse non ho sottolineato abbastanza.
Il lettore di sf consolidato (intendo quello che nei meravigliosi anni settanta comperava e leggeva sf in libreria) non è il soggetto principale del mio ragionamento (anche se mi vien da pensare che se non è scomparso, deve aver continuato a cercare unicamente la sf precedente al 1984…).
A me interessa di più chiedermi come mai non c'è stato alcun ricambio nel pubblico fantascientifico. Mi interessa capire come mai l'offerta di fantascienza in libreria sia andata via via sclerotizzandosi sui soliti quattro vecchi nomi. Come mai per il pubblico generalista la fantascienza scritta in italia non è Nord ne Fanucci, ma non è nemmeno Mondadori. È solo Urania, con tutti i pregiudizi del caso.

E mi sta bene il ragionamento sul cambio di sensibilità, sul fatto che il genere non tiri più come una volta, sulla generale compressione del mercato. Tutte cose che danno un'idea credibilmente globalizzata della crisi della fantascienza. Ma voler negare che l'unico elemento fattuale che distingue il nostro mercato da tutti i mercati stranieri non abbia avuto alcuna influenza beh… mi pare un voler negare l'evidenza.
Avete presente Occam?


9 commenti:

  1. Ma guarda che questo decantato elemento "fattuale" di differenziazione del nostro mercato, praticamente non esiste.
    Mi spiego: anche all'estero esistono, sono esistite, riviste di SF: e più o meno avevano lo stesso taglio di "Urania", e pubblicavano gli stessi autori. Faccio (per comodità) l'esempio degli USA, che per la SF era, ed è tuttora, il mercato più vasto. Le riviste americane di SF avevano lo stesso taglio di "Urania" (con un singolo caso di cambio di rotta, che poi dirò). Anzi, si può dire che "Urania" fosse per buona misura lo specchio di "Galaxy" (rivista gloriosa, defunta a metà dei Novanta) e - fino alla metà degli Ottanta - di "IASFM" ("Isaac Asimov Science Fiction Magazine"), che esiste ancora oggi. Ora, IASFM fino al 1985 aveva più o meno lo stesso taglio di "Urania" (e "Urania" prendeva da lì storie ed autori). Poi, nel 1985 arriva a IASFM un nuovo caporedattore, Gardner Dozois, che vuol dare al magazine un taglio più "letterario". Le vendite di IASFM (che erano già parecchio in discesa) crollano, dopodiché si stabilizzano e IASFM diventa una pubblicazione "di nicchia" (che però, in un mercato come quello USA, ha abbastanza fiato per sopravvivere, sia pure con una minima frazione dei lettori di una volta). In pratica, Dozois ha operato un cambio di target: ha "intellettualizzato" la rivista, per così dire. Un'operazione che ha pagato comunque cara, e che (sia pure in un mercato un po' più robusto del nostro) ha messo a rischio la sopravvivenza della rivista.

    E' interessante notare che per un certo periodo la IASFM del periodo di Dozois è uscita, tradotta, anche in Italia (e guardacaso pubblicava gente come Egan e compagni). Il risultato commerciale fu così scoraggiante che l'editore decise ben presto di desistere.

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  2. Il crollo di vendite pero' ha interessato tutti i magazine americani (e inglesi) non solo IASFM. E comunque Egan ha pubblicato su Interzone, e solo molto dopo, quando gia' era famoso, su IASFM.

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  3. Mah… faccio fatica a trovare tutte queste similitudini tra Urania e la situazione riviste all'estero.

    - Negli ultimi 50 anni la quantità di riviste presenti contemporaneamente sul mercato americano è sempre stato incomparabilmente maggiore rispetto a quella disponibile nelle nostre edicole. Ma questo si può giustificare con le dimensioni del mercato.
    Quello che invece risulta meno ovvio è che nessuna delle testate storiche americane ha mai raggiunto una posizione dominante paragonabile a quella di Urania nei confronti di iniziative analoghe comparse in Italia. Penso a Galassia, o a Robot, fino al tentativo relativamente recente di Solaria. Queste testate se le ricordano solo gli appassionati. Urania è patrimonio comune. Si può dire lo stesso per una qualche rivista americana?

    - Per quel che so (ma potrei sbagliarmi) le riviste americane vengono distribuite in maniera completamente diversa rispetto ad Urania. Il canale principale di distribuzione non è l'edicola ma l'abbonamento. Questo comporta una visibilità decisamente minore al di fuori dei circuiti degli appassionati.

    - La differenza più sostanziale comunque è un'altra. Da che storia è storia, il percorso generico di pubblicazione degli autori americani ha privilegiato la rivista per poi portare all'approdo in volume da libreria. Da noi, salvo casi eccezionali (negli ultimi vent'anni mi viene in mente solo Evangelisti, forse Douglas Adams), è sempre stato l'opposto.
    Se hai pubblicato qualche romanzo e hai avuto successo puoi aspettarti la successiva pubblicazione su Urania (penso a Gibson o a Simmons). Se invece hai la ventura di essere pubblicato in primis su Urania sei semplicemente fottuto. Hai avuto la fortuna di beccare qualche lettore attento? Bene, almeno il tuo nome non sarà dimenticato del tutto. Ma comunque sia andata alla fine del mese addio, e grazie per tutto il pesce…

    - Io non mi auguro un cambio di strategia editoriale da parte di Urania. Concordo con te: sarebbe fallimentare.
    Quello che mi piacerebbe provare a vedere è la sostituzione di Urania con una collana di tascabili da libreria nella fascia di prezzo tra gli 8 e i 10 euro.
    Non che abbia qualche speranza, ma personalmente non vedo altre soluzioni praticabili per rilanciare in qualche modo la fantascienza in Italia.

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  4. Veramente, per mia esperienza (posso dirlo perché frequento soprattutto non-lettori) la maggior parte delle persone sotto i quaranta-quarantacinque anni non sanno nemmeno cosa sia, Urania. Magari l'hanno vista in edicola un sacco di volte di striscio, ma non sanno che c'è e non sanno cos'è. Credo che Urania sia stata un patrimonio comune, forse, molto tempo fa: ma ha cessato di esserlo da un pezzo.

    IMHO quello che tu proponi per Urania sarebbe un suicidio: Urania campa di rendita su quelli che furono i suoi lettori "storici", o meglio: su quel che ne è rimasto. Il che le garantisce un risultato che va sulle sette-ottomila copie vendute, talvolta anche di più. Nessuna collana di SF potrebbe raggiungere questi numeri in libreria. Urania perderebbe lo zoccolo duro di lettori che le restano, e poi morirebbe.

    Ad ogni modo, secondo me non ha senso parlare di "rilancio della fantascienza" in Italia facendo conto su autori eccessivamente "letterari", la cui pubblicazione, oggi, rischia di essere scoraggiante per gli editori stessi, che già sono diffidenti. Faccio un esempio: recentemente è stato ripubblicato il ciclo degli Chtorr di Gerrold. Ecco, quello è un tipo di autore, e di libro, che può funzionare: ci sono i mostri belli grossi venuti dallo spazio, i soldati con le armi fighe, la guerra totale, qualche subplot di alleggerimento (le vicende amorose di McCarthy). Oppure, gente come Dan Simmons. Prosa sciolta, poche pretese stilistiche, buone trame. Secondo me, questi qua si possono vendere (e in effetti si vendono). Se uno riuscisse a reperire una dozzina di autori stranieri di questo tipo, inediti in Italia, potrebbe pensare a metter su una collana di SF.

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  5. "Veramente, per mia esperienza (posso dirlo perché frequento soprattutto non-lettori) la maggior parte delle persone sotto i quaranta-quarantacinque anni non sanno nemmeno cosa sia, Urania."

    Ne prendo atto, io però facevo riferimento al mondo dei lettori (i non-lettori in questo contesto non li prendo nemmeno in considerazione :-))


    "IMHO quello che tu proponi per Urania sarebbe un suicidio"

    Certo! È dall'inizio che lo dico. Per dare una possibilità alla fantascienza dobbiamo fare dei sacrifici :-)
    Senza Urania ma con i tascabili si potrebbe avviare un processo virtuoso che porterebbe alla ricomparsa della fantascienza in libreria. Nuovi e vecchi editori potrebbero proporre materiali che al momento sono esclusivo appannaggio uranico. Collane come Odissea della Delos Books potrebbero finalmente pubblicare opere più corpose e uscire da quella sorta di clandestinità che ne caratterizza l'esistenza attuale.
    È un sogno, me ne rendo conto. Ma non costa niente immaginare un futuro migliore :-)


    "Ad ogni modo, secondo me non ha senso parlare di "rilancio della fantascienza" in Italia facendo conto su autori eccessivamente "letterari""

    Sono totalmente d'accordo con te e non mi sembra di avere mai affermato cose diverse. Ma con la diversificazione dell'offerta ci sarebbe spazio per tutti, credo. Se si permettesse alle opere di autori come Egan o MacDonald di vivere in libreria credo che il problema non ce lo porremmo neppure.
    In un'altro commento citavo Peter Hamilton, autore britannico di ottima fantascienza d'intrattenimento. L'hai mai sentito nominare?
    Io credo di no. Sai perché? In Italia è passato unicamente su Urania.
    Come scrivevo sopra, non si può pretendere che con un mese appena di vita queste opere possano sfondare il muro dell'ignoranza che le circonda.
    Credo sarai d'accordo con me che il passaparola è il metodo migliore per promuovere i libri di qualità. Beh… ti pare possibile che funzioni nel giro dei 30 giorni dal momento dell'uscita a quello della resa?

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  6. Devo dire una cosa: la situazione fuori dal mercato di fantascienza e' ancora piu' disperante. Per gli ultimi due anni della mia carriera di traduttore ho collaborato con una piccola casa editrice "di qualita'".
    La differenza era sconvolgente: redazione che leggeva i libri, e POI le traduzioni, e le rivedeva, e faceva riunioni di redazione per la quarta di copertina, e per le schede per i distributori, e per i comunicati stampa...
    Sicche', a me capitava di passare sei mesi, nove mesi a tradurre un libro, sempre ovviamente per la stessa cifra che avrei preso a tradurre un libro per Urania.

    Finalmente il libro va in libreria e....

    ...


    ...scompare. Vende cento, duecento copie. Nessuno lo recensisce a parte il Manifesto, che nota la buona traduzione. Nessuno lo compra.

    Dopo due o tre episodi del genere, credimi, passa la voglia di scrivere, di leggere, di credere. Viene la voglia di urlare "Ve lo meritate, Alberto Sordi" e andarsene sbattendo la porta.

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  7. Non faccio fatica a immagine la frustrazione.

    Ma almeno ti rimane la certezza che in fondo qualcuno ai libri che produce ci tiene davvero.

    Che a vedere quello che viene distribuito (e come viene distribuito!) dalle grandi case editrici c'è da chiedersi se c'è rimasta qualche differenza tra un volume di storie e un fustino di detersivo…

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  8. Leggere è faticoso, leggere fantascienza ancora di più, leggere fantascienza di qualità implica uno sforzo mentale e culturale che pochi sono disponibili o in grado di fare. Meglio la playstation, o il film di will smith, chi lo vede ritiene inutile leggere il romanzo da cui è tratto, anche se è tutta un'altra cosa. E' passato il tempo in cui il libro era uno dei pochi passatempi. Ora l'offerta è più vasta, clienti e fornitori si sono adeguati. Dobbiamo tenerne conto, quando si discute dei motivi per cui la lettura è in crisi. Urania: ha fatto il suo dovere, il 20-30 % dei romanzi pubblicati è di buona qualità, alcuni sono anche dei capolavori. Ha anche fatto conoscere alcuni autori nostrani che altrimenti avrebbero fatto fatica ad avere una certa visibilità. Ma la competizione tra libri e resto del mondo è durissima, retaggio di una casta di nostalgici che non vuole perdere il contatto con il suo passato che argomentava di tanti possibili futuri, nessuno dei quali si è avverato (forse per fortuna). E' il mercato, ragazzi.

    ciao
    Vittorio

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  9. Ciao Vittorio!
    Quello che scrivi è corretto, però io non sono poi così sicuro che la lettura attraversi una crisi di tale portata.
    È probabile che si legga meno di trent'anni fa, ed è sicuro che come attività d'intrattenimento la lettura sia surclassata da altre attività. Però le librerie son sempre piene di gente, i libri si continuano a pubblicare.
    È chiaro che se confronti gli spettatori di un qualsiasi blockbuster hollywoodiano con il numero di libri venduti il confronto non regge. Ma non sono per nulla sicuro che questi valori siano cambiati così profondamente negli anni.

    Detto questo e vista la sconfortante situazione della sf in Italia, concordo con te quando dici che Urania ormai il suo dovere l'ha fatto. È dunque ora che passi la mano.
    Io credo che come lettori avremmo tutto da guadagnarci.

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