26 febbraio 2008

Non è un paese per vecchi


Picture by Iguana Jo.
E così - sorpesa sorpresa - l'ultimo film del fratelli Ethan e Joel Coen ha vinto l'Oscar. Ma perché poi non avrebbe dovuto vincerlo? Dopotutto Non è un paese per vecchi è il classico thriller con psicopatico, uomo in fuga e un bel panorama. Roba americana al cento per cento insomma.
Certo, è girato con un estro artistico decisamente superiore alla media ed è fruibile a più livelli. Ma è anche un film molto attento a farsi piacere, infarcito com'è di tutti quei dettagli che fanno la gioia del cinefilo (l'assenza di qualsiasi colonna sonora musicale, l'elisione dei punti di maggior impatto narrativo, l'uso smodato di auto d'epoca), la necessaria suspence per il cosiddetto spettatore qualsiasi e, dulcis in fundo, la doverosa violenza richiesta da un film del genere in questo inizio di millennio. Insomma, c'è pane per i denti di gran parte del pubblico: c'è anche la possibilità di un coinvolgimento romantico!

In effetti il film è piaciuto assai anche a me.
Non è un paese per vecchi è cupo, massiccio e implacabile, con qualche raro sorriso che affiora e accompagna lo spettatore verso il lato più oscuro della provincia americana.
M'è piaciuto dicevo, però m'è rimasto qualche dubbio a cui non riesco a dare una spiegazione convincente.

- Perché il film (come del resto il romanzo di Cormac McCarthy da cui è tratto) si svolge nel 1980?
Dando per scontato che in una pellicola nulla accade per caso, l'unica risposta che mi son dato è sostanzialmente pratica: per permettere ai personaggi di utilizzare gli strumenti (le riceventi!) che fanno muovere la vicenda. Altri motivi? è così indispensabile che l'uomo in fuga sia un reduce del Vietnam? Naah…

Ambientare a quasi trent'anni dal presente un film che parla di cambio di valori e in cui la riflessione sul tempo passato è uno dei temi principali, m'è parso indebolire il discorso piuttosto che rafforzarlo. Lo stacco che si genera con l'attualità è così forte che non si avverte più il senso di tutte quelle chiacchiere sul tempo passato, sul cambiamento dei valori, sull'aumento della violenza...
A meno che il senso non sia proprio quello: come quando si sente dire che non esistono più le mezze stagioni, che un tempo era meglio, che non ci sono più i giovani di una volta.
Che è sostanzialmente quello che lo sceriffo ripete per tutta la durata del film.


- Dov'è questa profonda riflessione sul male cui tutti i critici fanno riferimento?
Il male nel film, ovvero il killer in caccia, è una presenza elementale. Non ha alcunché di umano, è riconosciuto ovunque per il pazzo scatenato che è. Ma se il male è tanto inesorabile, se è assimilabile a un cataclisma naturale, se non offre alcun appiglio alla pietà, alla razionalità, nemmeno alla cupidigia del suo attore, se il male è del tutto casuale, che riflessioni vuoi che offra?
In questo senso il film m'è parso decisamente immorale. Qualsiasi decisione tu possa prendere non avrai alcun controllo sulle sue conseguenze e nessuna responsabilità, alla fin fine.

- Perché i fratelli Coen hanno deciso di non farci vedere l'eliminazione di quei protagonisti della vicenda destinati a morire?
Non è che in fondo gli autori parteggino per il killer? Tutto lo sviluppo del film tende a far scivolare piano piano lo spettatore nelle vesti di Anton Chigurh, che è sì un pazzo omicida, ma è un pazzo privo di tutti quei difetti che rendono decisamente più umani tutti gli altri personaggi. Di più, il suo comportamento si situa al di là di qualsiasi possibilità di controllo o di giudizio morale, proprio a causa della follia che lo rende del tutto inumano e alieno a qualsiasi concetto di pietà o giustizia.
Fin dai primi assassinii, quelli commessi nel prologo della vicenda, gli autori fanno in modo che lo spettatore non si trovi davvero a empatizzare per le vittime, vuoi per l'ovvia insipienza della prima, vuoi per l'inconsueta modalità di esecuzione della seconda. Ma in generale, ovunque ci sia la possibilità che lo spettatore possa simpatizzare con la vittima, i fratelli Coen gli tolgono l'imbarazzo, non facendolo assistere al misfatto. Anzi, in uno dei momenti più genuinamente sorprendenti (parlo di quello che succede alla fine del film) l'immedesimazione del pubblico è sapientemente indirizzata verso l'inumano assassino, cui è destinata l'ultima emozione di stomaco del film.
Per questo forse alla fine del film non mi sono sentito del tutto soddisfatto.
M'è parso che nella messa in scena fosse presente una buona dose di morbosità, che non depone certo a favore degli autori, almeno dal mio punto di vista.


Mi piacerebbe che qualche visitatore del blog riuscisse a darmi risposte più convincenti, aiutandomi a capire meglio un film che così come l'ho visto s'è fatto piacere solo superficialmente, quando invece sono convinto che qualcosa, che probabilmente continua a sfuggirmi, si muovesse più in profondità.
Ah… non valgono risposte che tirino in ballo il romanzo di McCarthy, autore che leggerò a breve, ma che è comunque esentato da qualsiasi necessità di giustificare il film a cui ha dato origine.
(tra l'altro per quel che ho visto il film avrebbe potuto benissimo essere stato tratto da un qualche racconto di Joe R. Lansdale, almeno per l'oscura atmosfera texana che lo caratterizza.)

Per finire una nota curiosa: venerdì sera a vedere il film la sala era piena per tre quarti e l'età media si aggirava intorno ai 60 anni. Vorrà dire qualcosa?

(il discorso ha avuto un seguito in questo post)

11 commenti:

  1. ecco, lo sapevo che non dovevo venire qui. Ho dato solo una sbirciatina a quello che hai scritto eppure adesso ho fretta di vedere quasto film. maledetto! :-)
    Ma non ci casco più

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  2. eheheh!!!

    Dai, vallo a vedere, che magari poi mi risolvi i miei, di dubbi.

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  3. Ieri sera sono andato a vederlo. avevo sonno (lo spettacolo era quello dell 10 e 30) e stavo quasi per appisolarmi. poi il film è iniziato e mi sono dimenticato del mio sonno. non ho accusato la stanchezza e il film è scivolato via. quando sono uscito dalla sala ero decisamente titubante: bello, si certo, ma non solo. staccatomi dalla poltrona avevo portato con me un senso di angoscia che a parole non saprei descrivere. avevo la certezza che non avrei avuto scampo. oggi ho iniziato ad analizzare tutti quei particolari del film che mi sono risultati poco chiari e cercando sono finito sul tuo blog. Tu poni delle domande di non facile risposta. Il perchè dell'ambientazione temporale è un mistero, sicuramente il "muro della vergogna" non era stato ancora costruito anche se questo particolare non credo che possa influenzare la vicenda. ma leggedo il tuo post mi è tornato immente una cosa che lessi su Reagan (che fu eletto nel 80), in campagna elettorale lui diceva: "state meglio oggi, o 4 anni fa?" Quindi è possibile che l'ambientazione temporale sia stata dovuta proprio al fatto che si volesse eliminare il tempo. un non-tempo per far riflettere le persone sedute al cinema sul fatto che ieri non era meglio di oggi e che domani non sarà tanto dissimile a quello che vediamo o sentiamo adesso. (ovviamente queste sono solo mie supposizioni). Per quanto riguarda il "male" presente nel film, io non parlerei di immoralità. I Coen hanno voluto solo descriverlo in maniera esasperata e assurda. ma se giri la televisione o leggi il giornale non trovi che alcuni fatti siano così paradossali da poter quasi sminuire gli accadimenti narrati nel film? il male è spietato e alcune volte si affida al lancio di una moneta. L'ultima tua domanda è anche la più complessa da rispondere e credo che devo pensarci ancora per un pò...

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  4. Grazie per la visita investigatore!

    Riguardo il "male", non so, a me pare che negare che il male corrisponda a una scelta, (il killer non sceglie, lui è pazzo) è un facile alibi per allontanare il dubbio, per accettare supinamente qualsiasi evento ci si trovi ad assistere.
    Che è esattamente quello che fanno la tv e la maggior parte degli altri media tutti i giorni.
    Dai Coen mi aspetterei qualcosa di più.

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  5. Beh se devi fare un ritratto del male non pensi che renderlo simile a quello che ci viene proposto tutti i giorni sia una soluzione geniale?
    Comunque non tutti acccettano supinamente il male, vedi la moglie di Llewelyn, che decide di ribellarsi e non affidare il suo destino al caso, ma anche lei non riesce a salvarsi.

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  6. Beh se devi fare un ritratto del male non pensi che renderlo simile a quello che ci viene proposto tutti i giorni sia una soluzione geniale?

    Non particolarmente.

    Ma mi pare che ci stiamo inoltrando in un terreno in cui è terribilmente facile scrivere banalità assolute spacciandole per indubitabili verità. Spero che tu non ci rimanga male se preferisco fermarmi qui.


    Comunque non tutti accettano supinamente il male, vedi la moglie di Llewelyn, che decide di ribellarsi e non affidare il suo destino al caso, ma anche lei non riesce a salvarsi.

    Appunto…

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  7. alla fine l'ho visto ma non l'ho capito; però la fotografia è davvero fantastica.
    Durante la visione volevo parteggiare per i buoni ma.. anche il ragazzino altruista del finale si trasforma non appena ha il denaro in mano

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  8. Ottime riflessioni.
    Personalmente rimango della mia pur sintetica opinione. Ma per onestà intellettuale proverò ad integrare la visione del film con la lettura del romanzo e la visione del dvd, quando uscirà.
    Magari capirò meglio quello che potrebbe essermi sfuggito. O magari capirò che alla fine il giudizio su un film dipende veramente da quello che si è mangiato

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  9. "O magari capirò che alla fine il giudizio su un film dipende veramente da quello che si è mangiato"

    Sai che è una cosa che ho pensato spesso anch'io? :-)

    Sono pure convinto che difficilmente (per non dire mai…) un film possa tirare fuori dallo spettatore (o colpirlo con) quello che lui non ha già dentro.

    Comunque McCarthy ce l'ho in coda di lettura anch'io, vedremo un po' com'è.

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  10. nella vita bisogna donarsi al lavoro e lo sceriffo non lo ha fatto, era in attesa di niente, i soldi sono la distruzione della mente umana

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