02 gennaio 2006

Un banchetto per i corvi

Dopo averlo atteso per più di tre anni ho finalmente letto il quarto volume delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George RR Martin.
Non mi era mai capitato di nutrire un'attesa così spasmodica per un libro. Del resto non ho letto altri cicli con lo stessa tensione, la stessa capacità di avvincere, con personaggi così reali che ti sembra di conoscerli da sempre.
Chi conosce le Cronache mi capisce. A chi non ha mai letto Martin basti dire che è merito (o colpa, dipende dai punti di vista) di questa saga se ho iniziato a leggere in inglese. Ho fatto il mio primo ordine su Amazon proprio per poter far fronte alla crisi d'astinenza che m'aveva preso al termine del primo volume edito in italiano, a cui non faceva seguito alcuna traduzione dei successivi.
Poi è successo che mentre leggevo il terzo volume, già pregustando la prossima uscita del quarto, si sono diffuse voci secondo cui il buon Martin ne avrebbe rimandato l'uscita causa problemi nello sviluppo della storia stessa. Aaarggh!!!
Era il 2002. Si sperava in un ritardo di qualche mese, poi le cose gli sono evidentemente scappate di mano e ci siamo ritrovati alla fine del 2005 con questo A Feast For Crows, che nonostante le sue 700 pagine esce dimezzato nel suo contenuto: metà delle vicende e dei personaggi protagonisti dei volumi precedenti saranno protagoinisti della seconda parte in uscita il prossimo anno, si spera.

Ma com'è il romanzo? Valeva la pena aspettare tutto 'sto tempo?
Sì.
E no.

Sì. Perché ritornare a Westeros dopo tutti questi anni è stato fantastico. Ritrovarsi nella trama che filo dopo filo Martin sta tessendo, riconoscere una situazione, rivedere una faccia, rivivere un momento. Tutto molto bello. Avvincente e drammatico come ricordavo.
Però questo non mi basta. Oltre al panorama, allo sfondo, sarebbe bello avere anche un qualche primo piano, dei protagonisti all'altezza. Purtroppo in questo quarto volume i personaggi lo sono solo in parte. Leggendo fino in fondo il grosso tomo ci si rende benissimo conto delle difficoltà che l'autore deve aver attraversato nella stesura: la difficoltà di riempire con degli avvenimenti un momento interlocutorio della storia; la necessità del climax ogni tot pagine; il bisogno di far crescere alcuni personaggi e farne sparire degli altri.
Per questo ben vengano gli excurus turistico/geografici (sebbene conditi con un indigesto eccesso di genealogia e araldica). Ecco allora Dorne o Bravoos, le periferie delle città e i paesaggi di campagna. Ben vengano anche i peregrinaggi di Brienne e compagnia, ben vengano perfino le tetre riunioni degli uomini di ferro. Ma la sostanza manca, manca la presenza di un personaggio memorabile (c'è solo Jamie che con qualche alto e basso tiene comunque botta, che la dolce sorellina con tutta la sua (over)dose di stronzate e cattiveria non è più la regina che tutti ricordavamo), manca un qualche evento catalizzatore per tutta la storia. Insomma manca un centro, c'è qualche ghiotto accenno a quel che succederà, si gettano le premesse per cambiamenti epocali, si seminano indizi e si stuzzica l'immaginazione del lettore. Tutto bene con qualche riserva quindi, che per tutto il libro ho sentito la mancanza di personaggi come Daeneris, come Tyrion, anche di Catelyn, tanto per dire. Speriamo dunque che il prossimo capitolo esca al più presto, che da Martin siamo abituati ad aspettarci sempre qualcosa di più.

1 commento:

  1. Vedo solo ora questa tua recensione, e direi che la condivido in pieno.
    Martin ha davvero pasticciato questa sezione centrale (che nei suoi piani iniziali non doveva nemmeno esserci!), conto però che il libri conclusivi funzioneranno meglio.

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