Cogliendo lo spunto da qui volevo proseguire nel discorso sul Gap in un viaggio parallelo al suo. Tanto il territorio è infinito e c'è spazio per tutti...
Il gap (ma chiamiamolo Zona che, concordo, è meglio) è qualcosa che mi ha sempre affascinato. La prima volta credo di averlo incontrato in Ballard (la sua foresta di cristallo ha un che di zonale come del resto molti degli altri suoi paesaggi, primo tra tutti il suo mondo sommerso), ma forse tutte le opere dell'autore inglese sono collocabili in qualche area della Zona, dall'isola di cemento al condominio, dai pianeti deserti alle piscine abbandonate...
A parte Ballard, mi sembra di aver visitato la Zona anche in qualche vecchio racconto di Lucius Shepard (a propo'... si vedrà mai una nuova edizione di Settore Giada?) o nei vagabondaggi del protagonista di Amnesia Moon e probabilmente l'elenco potrebbe proseguire ancora a lungo.
Del resto la Zona è sempre intorno a noi, appena al di là della sguardo, ai margini della percezione. La Zona è uno stato d'animo che prende dimensione geografica, lo spazio per un'esplorazione personale, una mappa in bianco per tracciare lo spazio interno.
La Zona è un ovunque personale, un luogo altro, una fuga, un rifugio, un sogno o un incubo. La verità sta negli occhi di chi lo osserva, di chi ha il coraggio di penetrarne gli oscuri e luminosi anfratti. La Zona ci penetra e ci circonda. La Zona siamo noi, da soli nel nostro mondo singolare.
Buon viaggio, attenti a non perdervi.
Ciao Giorgio!
RispondiEliminaSu questo discorso potremmo continuare per mesi, se non per anni... :-) Comunque, conconcordo con questa tua definizione, che mi pare riassumere bene il senso della Zona/Gap:
"Del resto la Zona è sempre intorno a noi, appena al di là della sguardo, ai margini della percezione."
Quando invece scrivi:
"La Zona è uno stato d'animo che prende dimensione geografica"
potrei obiettare: e se non fosse invece, al contrario, una dimensione geografica che muta in stato d'animo? La mia percezione diretta, come scrivevo, è proprio questo che mi ha ispirato... Almeno al primo stadio, vale a dire nell'elaborazione del concetto di zona. Dopo, può benissimo verificarsi il contrario, ma in prima istanza io direi la seconda...
Comunque, ti ringrazio per i validi consigli di lettura. "Foresta di cristallo" è uno dei Ballard che mi mancano (a proposito, sto terminando il primo volume della sua raccolta di racconti definitiva...). Lo recupererò al più presto!
Ciao,
X
Ciao X!
RispondiEliminaParto dal fondo: quelli citati non erano tanto consigli di lettura, quanto tentativi di risalire il corso della memoria alla ricerca di porzioni di Zona disponibili all'esplorazione. Non so se consiglierei la lettura de La foresta di cristallo, dopotutto è forse il minore tra i romanzi apocalittici di B, certo consiglierei invece la lettura di Shepard (a trovarlo, ma a breve da Delos qualcosa arriva) e di Lethem.
Ma torniamo nella Zona.
Io rimango dell'idea che la Zona segua il nostro peregrinare piuttosto che originarlo. Non indica da dove vieni, ma è tracciata sulle carte dei nostri futuri possibili. In questo senso la Zona ha una funziona antitetica alla generazione del mito, serve piuttosto a distruggerlo, è liberatoria.
(ho trovato un esempio di corrispettivo mitopietico della Zona ne La foresta dei Mitago di Robert Holdstock, e non è che mi abbia troppo appassionato...)
Se fosse come dici "una dimensione geografica che muta in stato d'animo" sarebbe troppo comoda e accessibile, sarebbe forse troppo facilmente rintracciabile. Entrare nella Zona sarebbe in quel caso un viaggio nel passato invece che un tuffo nel futuro.
Ma poi non so... magari la tua Zona è davvero così, chi lo sa?
(ma quanto mi diverto a sparar sentenze Zonali? :-))